Sentenza di Cassazione Penale Sez. 1 Num. 32868 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 1   Num. 32868  Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 16/09/2025
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME nato il DATA_NASCITA
avverso l’ordinanza del 23/04/2025 del GIP TRIBUNALE di PRATO udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
sentite le conclusioni del PG NOME COGNOME che si è riportato alla requisitoria scritta già depositata chiedendo dichiararsi l’inammissibilità .
udito il difensore, avvocato NOME COGNOME, che ha chiesto l’accoglimento del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
Con l’ ordinanza indicata nel preambolo il Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Padova – investito della richiesta del Procuratore della Repubblica del Tribunale di Prato di convalidare il fermo e disporre la misura cautelare nei confronti di COGNOME, ritenuto gravemente indiziato del reato di concorso in tentato omicidio – ha dichiarato la propria incompetenza territoriale e, per l’effetto, ha disposto la trasmissione degli atti al Procuratore della Repubblica di Prato, applicando provvisoriamente la misura cautelare.
Con ordinanza resa in data 23 aprile 2025, il Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Prato, ritenuta la sussistenza sia dei gravi indizi di colpevolezza che delle esigenze cautelari, ha applicato nei confronti di NOME COGNOME la misura della  custodia  cautelare  in  carcere  per  il  medesimo  titolo  di  reato  oggetto dell’ordinanza provvisoria.
Ricorre per cassazione, ai sensi dell’art. 311, comma 2, cod. proc. pen., NOME COGNOME, per il tramite del difensore di fiducia, articolando un unico motivo con  cui  deduce,  ai  sensi  dell’articolo  606,  comma  1  lett.  c),  cod.  proc.  pen. violazione degli articoli 178, comma 1, lett. c), 143 comma 2, 292 cod. proc. pen. nonché degli artt. 24, secondo comma, Cost. e 6 par. 3 lett. a) Conv. EDU.
Evidenzia che, nonostante dal verbale di identificazione e dal verbale di udienza tenutasi ex art. 391 cod. proc. pen., risultasse che egli non comprendeva la lingua italiana, l’ordinanza impugnata non è stata tradotta nella lingua cinese a differenza di quella emessa Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Padova ai sensi dell’art. 27 cod. proc. pen., che, invece, è stata tradotta sia pure oralmente dall’interprete presente senza tuttavia ricorrere alla forma scritta, peraltro espressamente richiesta dal difensore presente.
Deve, di conseguenza, trovare applicazione il principio affermato dalle Sezioni unite della Corte di cassazione, nella sentenza n. 15069 del 26/10/2023, secondo cui qualora l’ ordinanza di custodia cautelare emessa nei confronti di un indagato di cui è nota la mancata conoscenza della lingua italiana è affetta, in caso di mancata traduzione, da nullità a regime intermedio ai sensi degli artt. 143 e 292 cod. proc. pen. sempreché l’indagato deduca un interesse a ricorrere concreto attuale e verificabile.
Nella specie risulta evidente che la mancata traduzione scritta dell’ordinanza emessa in rinnovazione di quella del G.i.p, dichiaratosi incompetente, ha determinato per COGNOME un concreto pregiudizio consistito ‘ nella mancata possibilità di prendere cognizione, attraverso la lettura di un testo scritto e non già di una mera traduzione orale, delle ragioni poste a sostegno dell’adozione della misura cautelare di massimo rigore e, perciò, di poter rappresentare alla difesa tecnica l’i llegittimità da far valere mediante richiesta di riesame ex art. 309 cod. proc. pen.’ 
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è fondato per le ragioni che seguono.
 Le  Sezioni  Unite  di  questa  Corte  si  sono  occupate  del  tema  del  vizio configurabile  in  ipotesi  di  ordinanza  non  tradotta  in  una  lingua  conosciuta all’indagato  alloglotta  con  la  sentenza  n.  15069  del  26/10/2023,  dep.  2024, Niecko, Rv. 286356 – 01.
Dopo avere rilevato che la necessità di una traduzione dell’ordinanza cautelare chiara, completa e celere trae il suo fondamento sistematico dal combinato disposto dell’art. 24, secondo comma, Cost. e dell’art. 6, par. 3, lett. a), CEDU, in quanto il provvedimento che dispone una misura cautelare personale produce i suoi effetti tipici sin da subito, incidendo direttamente sulla libertà personale dello straniero che non conosce la lingua italiana, il massimo organo nomofilattico ha osservato che «nel caso in cui il destinatario della misura restrittiva sia un cittadino straniero che non conosce la lingua italiana, l’art. 292 cod. proc. pen. -che definisce i requisiti contenutistici dell’ordinanza applicativa di una misura cautelare a pena di nullità -deve essere letto in correlazione sistematica con l’art. 143 cod. proc. pen., che disciplina le modalità con cui deve essere eseguita la traduzione degli atti fondamentali. Dal combinato disposto delle due norme deriva un obbligo di traduzione del provvedimento restrittivo della libertà personale emesso nei confronti del soggetto che ignora la lingua italiana, la cui violazione determina, qualora nell ‘ ambito del procedimento sia già emerso che questi non conosce la lingua italiana, una nullità a regime intermedio, in linea con l’opzione ermeneutica risalente, che ritiene tale inquadramento corroborato dal fatto che il citato art. 143 non prevede alcuna sanzione processuale per le ipotesi in esame (tra le altre, Sez. 4, n. 27347 del 13/06/2001, Sharp, Rv. 220040 – 01; Sez. 3, n. 882 del 12/12/1998, COGNOME, Rv. 213068 – 01; Sez. 1, n. 2228 del 10/04/1995, COGNOME, Rv. 201461 – 01; Sez. 1, n. 4179 del 02/10/1994, COGNOME, Rv. 199465 – 01)».
Ricondotta l’ipotesi di omessa traduzione dell ‘ ordinanza cautelare disposta nei confronti di indagato o imputato di cui è nota l ‘ ignoranza della lingua italiana alle nullità a regime intermedio, le Sezioni Unite Niecko si sono anche espresse circa l’individuazione  dell’interesse  che  deve  sorreggere  l’impugnazione  del  soggetto alloglotta.
In questa prospettiva hanno chiarito che «il soggetto alloglotta che lamenta la violazione delle sue prerogative difensive, per effetto della mancata traduzione del provvedimento restrittivo adottato nei suoi confronti, non può semplicemente limitarsi a dolersi dell’omissione, ma, in coerenza con la natura generale a regime intermedio delle nullità, che, nella specie, vengono in rilievo, ha l’onere di indicare l’esistenza di un interesse a ricorrere, concreto, attuale e verificabile, non rilevando, in tal senso, la mera allegazione di un pregiudizio astratto o potenziale (tra le altre, Sez. 2, n. 33455 del 20/04/2023, Modellari, Rv. 285186 – 01; Sez. 4, n. 4789 del 19/02/1992, Sità, Rv. 189947 – 01). L’interesse a dedurre una tale
patologia processuale, infatti, sussiste soltanto se ed in quanto il soggetto alloglotta abbia allegato di avere subito, in conseguenza dell’ordinanza non tradotta, un pregiudizio illegittimo in conformità al pacifico orientamento secondo cui la nozione di interesse a impugnare, deve essere ricostruita «in una prospettiva utilitaristica, ossia nella finalità negativa, perseguita dal soggetto legittimato, di rimuovere una situazione di svantaggio processuale derivante da una decisione giudiziale, e in quella, positiva, del conseguimento di un’utilità, ossia di una decisione più vantaggiosa rispetto a quella oggetto del gravame, e che risulti logicamente coerente con il sistema normativo». Sez. U, n. 6624 del 27/10/2011, dep. 2012, COGNOME, Rv. 251693 – 01
2. Nel caso in esame è pacifico che il Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Prato, pur essendo già emerso che NOME COGNOME non conosceva la lingua italiana, tanto che nel procedimento concluso con l ‘ ordinanza ex art. 27 cod. proc. pen. il Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Padova aveva ritenuto necessaria la nomina di un interprete, non ha provveduto alla traduzione dell’ordinanza applicativa della misura cautelare in una lingua conosciuta all’ interessato come imposto dal vigente testo dell ‘art. 143 comma 2 cod. proc. pen. (« L’autorità procedente dispone la traduzione scritta, entro un termine congruo tale da consentire l’esercizio dei diritti e della facoltà della difesa, … dei provvedimenti che dispongono misure cautelari personali »).
E ‘ dunque  configurabile  la  patologia  processuale  sanzionata  dalla  nullità  a regime intermedio nei termini precisati dalla citata sentenza a Sezioni Unite.
Tale nullità è anche rilevabile in questa sede non solo perché dedotta ai sensi degli artt. 178, lett. c), e 180 cod. proc. pen., alla prima occasione utile, subito dopo l’emissione del provvedimento, attraverso l’atto di impugnazione – il ricorso per saltum – che la difesa aveva certamente facoltà di proporre,- ma anche perché risulta allegato nel ricorso il pregiudizio in concreto subito dell’indagato a causa della mancata traduzione dell’ordinanza applicativa della misura cautelare.
Al  riguardo  il  ricorrente  ha  evidenziato  di  non  essere  stato  in  grado  di interloquire  con  il  difensore  confrontandosi  con  un  testo  scritto  redatto  in  una lingua a lui comprensibile, anche  perché l’ordin anza emessa  dal Giudice dichiaratosi incompetente, dal contenuto non interamente sovrapponibile a quella impugnata, era stata tradotta soltanto in forma orale.
Il vulnus denunciato è senz ‘ altro idoneo a compromettere il regolare esercizio del diritto di difesa se si considera che, come ricordato da Sezioni Unite Niecko, « l’intervento dell’indagato o dell’imputato nel procedimento in cui è sottoposto a una misura cautelare, rilevante ex art. 178, comma 1, lett. c), cod. proc. pen., implica  una  “partecipazione  attiva  e  cosciente”,,  che  presuppone  la  garanzia
effettiva delle prerogative difensive del soggetto processuale, come affermato, anche in tempi recenti, da questa Corte (Sez. 5, n. 20885 del 28/04/2021, H., 281152 – 01). Né potrebbe essere diversamente, atteso che, come stabilito da questa Corte in una risalente pronuncia, la nozione di intervento dell’imputato di cui all’art. 178, comma 1, lett. c), cod. proc. pen. «non può essere intesa nel senso di mera presenza fisica dell’imputato nel procedimento », comportando «la partecipazione attiva e cosciente del reale protagonista della vicenda processuale, al quale deve garantirsi l’effettivo esercizio dei diritti e delle facoltà di cui lo stesso è titolare » (Sez. 1, n. 4242 del 20/06/1997, Masone, Rv. 208597 – 01) ».
In questa direzione depongono gli insegnamenti della Corte costituzionale e le norme euro unitarie.
Il Giudice delle leggi nella sentenza n. 10 del 1993 ha definitivamente chiarito che  l’art.  143,  comma  1,  cod.  proc.  pen.  trova  il  suo  fondamento  sistematico nell’ad. 24, secondo comma, Cost., che assicura la difesa come «diritto inviolabile in  ogni  stato  e  grado  del  procedimento»,  prefigurando  un  diritto  soggettivo perfetto direttamente azionabile dall’imputato o dall’indagato alloglotta.
L’art. 6, par. 3, lett. a), CEDU,  dispone che «ogni accusato ha diritto  a essere informato, nel più breve spazio di tempo, nella lingua che egli comprende e in maniera dettagliata, della natura e dei motivi dell’accusa a lui rivolta »
Non può sostenersi nemmeno la superfluità della traduzione dell’ordinanza di custodia cautelare emessa dal Giudice competente ex art. 27 cod. proc. pen. nella lingua  conosciuta dall’indagato per  essere  la  stessa  meramente  riproduttiva  di quella già emessa dal Giudice per le Indagini Preliminari dichiaratosi incompetente, peraltro  nemmeno avvenuta nelle forme previste dall’art.  143,  comma  2,  cod. proc. pen. ma solo in forma orale.
Al riguardo è sufficiente rammentare che il provvedimento pronunciato ai sensi dell’art. 27 cod. proc. pen. assume completa autonomia rispetto a quello precedente, disposto interinalmente dal giudice incompetente, e non può essere definito di conferma o di reiterazione di esso, essendo emesso da altro giudice sulla base di un’autonoma valutazione delle condizioni richieste e di un distinto apprezzamento degli elementi che ne sono a fondamento, suscettibile di ulteriore verifica in sede di impugnazione (cfr. Sez. 2, n. 19718 del 23/04/2008, Rv. 239800, Sez. 6, n. 1972 del 16/05/1997, Rv. 210043).
Si impone per quanto sin qui osservato l’ annullamento senza rinvio della ordinanza impugnata.
A tale annullamento consegue la cessazione della misura cautelare in corso, con la conseguente liberazione del ricorrente, dato che il provvedimento restrittivo
iniziale emesso dal Giudice dichiaratosi incompetente è ormai perento per il decorso dei termini di cui all’art. 27 cod. proc. pen. senza che sia intervenuta un ‘ ordinanza del giudice competente valida ed efficace e che, pertanto, non può neanche disporsi il rinvio del procedimento al Giudice per le indagini preliminari competente affinché provveda alla notificazione a COGNOME della ordinanza cautelare previa traduzione della stessa in lingua a lui comprensibile (cfr. Sez. 1, n. 4841 del 09/07/1999 Zicha Rv. 214495 -01; Sez. U, n. 6 del 17/04/1996 Pagnozzi Rv.205254 – 01.
La Cancelleria provvederà alla comunicazione prevista dall’art. 626 cod. proc.
P.Q.M.
Annulla senza rinvio l’ordinanza impugnata e dispone l’immediata liberazione del ricorrente se non detenuto per altra causa.
Manda alla cancelleria per gli adempimenti di cui all’art. 626 cod. Proc. Pen. Così deciso, in Roma 16 settembre 2025.
Il Consigliere estensore                                                Il Presidente NOME COGNOME                                                      NOME COGNOME