Sentenza di Cassazione Penale Sez. 1 Num. 3694 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 1   Num. 3694  Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 01/12/2023
SENTENZA
sul ricorso proposto da NOME COGNOME, nato a Benin City (Nigeria) il DATA_NASCITA, avverso la sentenza RAGIONE_SOCIALEa Corte di appello di RAGIONE_SOCIALE in data 5/04/2023; visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal consigliere NOME COGNOME; udito il Pubblico ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale, NOME AVV_NOTAIO, che ha concluso chiedendo il rigetto del ricorso; udito, per la parte civile, l’AVV_NOTAIO, che ha depositato conclusioni scritte e nota spese, chiedendo la declaratoria di inammissibilità o il rigetto del ricorso e la conferma RAGIONE_SOCIALEa sentenza impugnata; udito, per l’imputato, l’AVV_NOTAIO, che ha concluso chiedendo l’accoglimento del ricorso. 
RITENUTO IN FATTO
Con sentenza in data 5 aprile 2023, la Corte di appello di RAGIONE_SOCIALE ha confermato la sentenza del Tribunale di Ivrea in data 28 aprile 2022 con la quale NOME COGNOME era stato condannato alla pena di 10 anni di reclusione in quanto riconosciuto colpevole, con le attenuanti generiche, del delitto previsto dagli artt. 56, 575 cod. pen.
Avverso la sentenza di appello ha proposto ricorso per cassazione lo stesso COGNOME per mezzo del difensore di fiducia, AVV_NOTAIO, deducendo sette distinti motivi di impugnazione, di seguito enunciati nei limiti strettamente necessari per la motivazione ex art. 173 disp. att. cod. proc. pen.
2.1. Con il primo motivo, il ricorso lamenta, ai sensi RAGIONE_SOCIALE‘art. 606, comma 1, lett. b) ed e), cod. proc. pen., la inosservanza o erronea applicazione degli artt. 143, 177, 178, 179, 185, 429, 601, commi 3 e 6, 604 cod. proc. pen., 1, d.lgs. 4 marzo 2014, n. 32 e dir. 2010/64/Ue, con conseguente nullità del decreto di citazione per il giudizio di appello.
Si censura, innanzitutto, l’omessa traduzione in lingua inglese/nigeriana del decreto di citazione del giudizio di appello e il rigetto RAGIONE_SOCIALEa relativa questione preliminare, con conseguente nullità ex art. 185 cod. proc. pen. degli atti successivi e conseguenti. E ciò tanto più che erano stati oggetto di traduzione in inglese la richiesta di convalida RAGIONE_SOCIALE‘arresto e di applicazione di misura cautelare e le relative ordinanze, la richiesta di giudizio immediato, il decreto che dispone il giudizio immediato, la sentenza di primo grado e l’ordinanza di sospensione del termine di durata RAGIONE_SOCIALEa misura cautelare; e che era stato nominato un’interprete di lingua inglese per l’udienza di convalida e per il processo di primo grado, avendo l’imputato dichiarato all’ufficio matricola del carcere di non comprendere e di non parlare la lingua italiana. Secondo la Corte torinese, tuttavia, la traduzione non sarebbe stata necessaria, atteso che dalla documentazione prodotta dallo stesso imputato sarebbe emerso che egli aveva partecipato a corsi che attestavano la sua conoscenza RAGIONE_SOCIALEa lingua italiana; e ciò benché la stessa Corte, pur essendo già in possesso di tali attestati, aveva comunque nominato un interprete di lingua inglese, non ritenendo che gli attestati fossero idonei a comprovare detta conoscenza, peraltro smentita dal fatto che l’imputato aveva chiesto, tramite l’Ufficio matricola, la traduzione del decreto di citazione in appello. Inoltre, la Cort di appello non avrebbe svolto alcuna indagine, ad esempio, come richiesto dalla giurisprudenza, ponendo RAGIONE_SOCIALEe domande all’imputato, come ritenuto dalla giurisprudenza. Inoltre, l’affermazione secondo cui l’imputato avrebbe reso dichiarazioni in lingua italiana senza l’ausilio di un interprete non sarebbe vera, posto che all’interprete sarebbero stati liquidati gli onorari per attività «traduzione simultanea». Quanto alla richiesta del detenuto/imputato di accedere alla traduzione del «foglio di notifica», si opina che egli abbia appreso che si trattava RAGIONE_SOCIALEa «citazione per il giudizio di appello» dall’agente di polizia giudiziari che aveva effettuato la notifica (o magari da altri detenuti o comunque per intuito, non avendo altri processi pendenti), per cui non si potrebbe trarre da tale circostanza la conoscenza RAGIONE_SOCIALEa lingua italiana. Inoltre, l’imputato non avrebbe compreso gli avvisi contenuti nell’atto notificatogli, tanto è vero che avrebbe formulato richiesta di traduzione in inglese senza consultarsi con il difensore, a Corte di Cassazione – copia non ufficiale
riprova RAGIONE_SOCIALEa genuinità RAGIONE_SOCIALEa richiesta. E che essa non avesse finalità dilatorie sarebbe dimostrato dal fatto che la Corte, alla data in cui ha espresso diniego, era nei termini per effettuare la notifica del decreto per l’udienza del 5 aprile 2023.
In secondo luogo, gli attestati posti dalla Corte a fondamento RAGIONE_SOCIALEa conoscenza RAGIONE_SOCIALEa lingua italiana, indicherebbero il livello A2 del quadro comune europeo, consistente nel «riuscire a leggere testi molto brevi e semplici»; mentre l’attestato del CPIA 4 RAGIONE_SOCIALE non sarebbe stato in precedenza ritenuto dimostrativo RAGIONE_SOCIALEa conoscenza RAGIONE_SOCIALEa lingua italiana.
La mancata traduzione del decreto di citazione non avrebbe consentito all’imputato di esercitare la facoltà prevista dall’art. 599-bis cod. proc. pen., né d venire a conoscenza RAGIONE_SOCIALEa ‘facoltà di accedere ai programmi di giustizia riparativa, di presentare personalmente memorie fino a 5 giorni prima RAGIONE_SOCIALE‘udienza o di accedere al rito cartolare ai sensi RAGIONE_SOCIALE‘art. 598-bis cod. proc. pen.
2.2. Con il secondo motivo, il ricorso censura, ex art. 606, comma 1, lett. c) ed e), cod. proc. pen., la inosservanza o erronea applicazione degli artt. 96, 177, 453, 438, 444, 464-bis cod. proc. pen., 24, secondo comma, 111 Cost., 6 Cedu, già dedotta con i motivi di appello, ove era stato evidenziato che l’imputato non era stato messo nelle condizioni di esercitare le prerogative difensive previste da tali disposizioni, non essendo stato notificato al difensore di fiducia il decreto d giudizio immediato e non essendo stato nemmeno citato nel giudizio di appello, con conseguente nullità assoluta ex artt. 178, comma 1, lett. c) e 179, comma 1, cod. proc. pen. La Corte di secondo grado, in motivazione, farebbe riferimento al succedersi di nomine dei difensori di fiducia da parte RAGIONE_SOCIALE‘imputato; laddove dagli accertamenti effettuati dalla difesa presso l’Ufficio matricola risulterebbe che, alla data del 10 marzo 2022, l’imputato era difeso unicamente dall’AVV_NOTAIO e non dall’AVV_NOTAIO, revocato sin dal 26 novembre 2021. E dal momento che COGNOME sarebbe ininterrottamente detenuto dal 24 settembre 2021, le nomine non sarebbero che quelle attestate dall’ufficio matricola del carcere, sicché anche l’istanza di ammissione al patrocinio a spese RAGIONE_SOCIALEo Stato avrebbe dovuto essere ritenuta tamquam non esset, atteso che la nomina RAGIONE_SOCIALE‘AVV_NOTAIO, ivi indicata, non risultava dall’Ufficio matricola. Pertanto, sarebbe inconferente l’affermazione che l’AVV_NOTAIO avrebbe comunque ricevuto, nei termini, la notifica RAGIONE_SOCIALE‘avviso di udienza quando l’AVV_NOTAIO non era (ancora) difensore. Corte di Cassazione – copia non ufficiale
2.3. Con il terzo motivo, il ricorso denuncia, ai sensi RAGIONE_SOCIALE‘art. 606, comma 1, lett. b) ed e), cod. proc. pen., la inosservanza o erronea applicazione degli artt. 516, 517, 521, 522, 598 e 604 cod. proc. pen. attesa l’applicazione «di fatto» RAGIONE_SOCIALEa circostanza aggravante RAGIONE_SOCIALEe sevizie e RAGIONE_SOCIALEa crudeltà prevista dall’art. 61, primo comma, n. 4, cod. pen., mai indicata nel capo di imputazione, ove era stato contestato un tentato omicidio “semplice”.
La Corte territoriale, pur riportando la pena base prevista per il delitto non circostanziato, pari a 7 anni di reclusione, riterrebbe che la pena individuata dal primo Giudice in 14 anni di reclusione fosse pienamente congrua; e dal momento che essa sarebbe, in realtà, la pena massima prevista per la forma non circostanziata, la Corte di appello, al fine di «raggiungere» la pena-base di 14 anni, avrebbe ritenuto sussistente, richiamandola in motivazione, la circostanza aggravante ai sensi RAGIONE_SOCIALE‘art. 61, primo comma, n. 4), cod. pen., in realtà mai contestata nel capo di imputazione, anche con lo strumento RAGIONE_SOCIALEe contestazioni suppletive di cui agli artt. 516 e ss. cod. proc. pen. Per tale ragione, in base ai principi affermati da Sez. U, n. 24906 del 4 giugno 2019, Sorge, non essendo stata enunciata in forma chiara e precisa la circostanza aggravante, si sarebbe dovuto procedere, anche alla luce RAGIONE_SOCIALE‘art. 6, comma 3, lett. a), CEDU, a informare l’imputato, nel più breve tempo possibile, in una lingua a lui comprensibile e in modo dettagliato, RAGIONE_SOCIALEa natura e del motivi RAGIONE_SOCIALE‘accusa elevata a suo carico (Sez. 1, n. 6903 del 25/02/2022; Sez. 5, n. 48205 del 10/09/2019). E non esséndosi mai provveduto in tal senso, dovrebbe essere dichiarata la nullità RAGIONE_SOCIALEa sentenza di secondo grado.
2.4. Con il quarto motivo, il ricorso deduce, ex art. 606, comma 1, lett. b) ed e), cod. proc. pen., la inosservanza o erronea applicazione degli artt. 1, 62-bis, 69, 133, 56, 575 cod. pen. e 7 Cedu con riferimento alla determinazione sia RAGIONE_SOCIALEa pena-base, sia RAGIONE_SOCIALEa pena finale pari a 14 anni di reclusione. Quest’ultima sarebbe stata determinata in violazione degli artt. 56 e 575 cod. pen., che punisce il delitto tentato con la pena stabilita per il delitto consumato diminuita da un terzo alla metà e, quindi, entro un range compreso tra i 7 e i 14 anni di reclusione. La sentenza di secondo grado errerebbe nell’affermare che la pena-base di 14 anni sia più prossima al massimo edittale di 16 anni di reclusione, atteso che, in realtà, quella di 14 anni di reclusione costituirebbe il massimo edittale, peraltro incompatibile con le riconosciute attenuanti generiche. Dunque, la pena-base sarebbe illegale in quanto fissata in misura addirittura superiore alla pena di 12 anni di reclusione, prevista «se la pena stabilita è l’ergastolo». Inoltre, anche la pena finale sarebbe illegale, considerata l’omessa applicazione RAGIONE_SOCIALEe attenuanti generiche, attesa la determinazione RAGIONE_SOCIALEa pena nel massimo edittale, che avrebbe richiesto una più congrua motivazione.
2.5. Con il quinto motivo, il ricorso lamenta, ex art. 606, comma 1, lett. b), c) ed e), cod. proc. pen., la inosservanza o erronea applicazione degli artt. 191, 192, 526 cod. proc. pen. e 56 cod. pen., nonché la contraddittorietà RAGIONE_SOCIALEa motivazione e il travisamento RAGIONE_SOCIALEa prova in RAGIONE_SOCIALE alla configurabilità del recesso attivo.
La Corte avrebbe escluso il recesso attivo sostenendo che l’imputato non avrebbe chiamato i Carabinieri e che la chiamata al “NUMERO_TELEFONO” non avrebbe sortito effetto alcuno al fine di impedire l’evento. Secondo il costante indirizzo
giurisprudenziale, affinché si configuri il recesso attivo è necessario che l’agente volontariamente ponga in essere una controazione tale da impedire che l’evento si realizzi, laddove secondo la Corte territoriale l’imputato non avrebbe chiamato i soccorsi, non allertando né i Carabinieri, né il “NUMERO_TELEFONO“. Tale assunto sarebbe in contraddizione con quanto affermato dalla stessa Corte, ovvero che l’imputato avrebbe allertato il “NUMERO_TELEFONO” e che, tuttavia, la telefonata era in idonea a scongiurare l’evento, non considerando che la giurisprudenza richiede, semplicemente, che l’agente si sia concretamente attivato, ma non che abbia impedito l’evento. In ogni caso, la Corte territoriale avrebbe apoditticamente attribuito finalità «simulatorie» al fatto che l’imputato avesse richiamato i Carabinieri dal balcone e avesse prontamente aperto loro la porta.
2.6. Con il sesto motivo, il ricorso censura, ex art. 606, comma 1, lett. c) ed e), cod. proc. pen., la inosservanza o erronea applicazione degli artt. 125, 191, 192 cod. proc. pen., nonché la mancanza, contraddittorietà e manifesta illogicità RAGIONE_SOCIALEa motivazione in relazione alla rinnovazione RAGIONE_SOCIALE‘istruzione dibattimentale, chiesta in relazione alle dichiarazioni RAGIONE_SOCIALEa persona offesa circa all’arma utilizzata, superabile con una perizia medico-legale mai disposta, che avrebbe superato i dubbi rimasti dopo che il personale del “RAGIONE_SOCIALE” aveva annotato la presenza di ferite inferte con arma «da punta e da taglio». Anche lo stato psicofisico RAGIONE_SOCIALE‘imputato, accertato dalla cartella clinica di COGNOME dopo la sentenza di primo grado, avrebbe imposto la rinnovazione ex art. 603, comma 2, cod. proc. pen., la quale, pur richiesta, non avrebbe avuto risposta, violando l’art. 125 cod. proc. pen.
2.7. In subRAGIONE_SOCIALE alle precedenti censure, la difesa formula istanza di rimessione nel termini per violazione RAGIONE_SOCIALE‘art. 606, comma 1, lett. c) ed e), cod. proc. pen. in relazione agli artt. 143, 177, 178, 179, 522, comma 1, cod. proc. pen. anche in ragione RAGIONE_SOCIALE‘omessa traduzione RAGIONE_SOCIALEe motivazioni RAGIONE_SOCIALEa sentenza ritualmente richiesta. Da tale omissione sarebbe derivato che l’imputato, non conoscendo la lingua italiana, non si sarebbe potuto confrontare con il difensore in sede di redazione del ricorso, la cui presentazione, secondo la giurisprudenza, non avrebbe efficacia sanante. Per tale ragione, la difesa formula, in subRAGIONE_SOCIALE, istanza ex art. 175 cod. proc. pen. Sotto altro profilo, si prospetta un ulteriore motivo di censura ex artt. 175, 606, comma 1, lett. c), cod. proc. pen., atteso che la Corte torinese si sarebbe sottratta all’obbligo di chiedere all’imputato se rinunciava alla traduzione del dispositivo di condanna e RAGIONE_SOCIALEe motivazioni RAGIONE_SOCIALEa sentenza. Traduzione del dispositivo di cui non vi sarebbe traccia documentale, tenuto conto dei tempi brevissimi di lettura del dispositivo RAGIONE_SOCIALEa sentenza.
In data 15 novembre 2023 è pervenuta in Cancelleria una memoria difensiva contenente motivi nuovi, con cui sono state ribadite e ulteriormente articolate le
censure già espresse nel ricorso introduttivo, con particolare ai motivi primo, secondo, quarto e sesto.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1.  Il ricorso è infondato e, pertanto, deve essere respinto.
Muovendo dall’analisi del primo motivo, con il quale il ricorso lamenta la mancata traduzione del decreto di citazione in appello nella lingua RAGIONE_SOCIALE‘imputato, osserva il Collegio che la censura deve ritenersi infondata.
2.1. In argomento va premesso che, come osservato dalla difesa, i più recenti arresti giurisprudenziale di legittimità ritengono sussistente, a pena di nullità ex art. 178, comma 1, lett. c), cod. proc. pen., l’obbligo di traduzione del decreto di citazione destinato all’imputato alloglotta, non irreperibile, né latitante, anche nel caso in cui egli abbia eletto domicilio presso il difensore, avendo quest’ultimo solo l’obbligo di ricevere gli atti destinati al proprio assistito, ma non anche quello d procedere alla loro traduzione (Sez. 1, n. 4474 del 2/02/2023, NOME, non massimata; Sez. 4, n. 4168 del 13/12/2022, dep. 2023, COGNOME, non massimata; Sez. 1, n. 28562 del 8/03/2022, Alì, Rv. 283355 – 01; Sez. 6, n. 30143 del 7/07/2021, Li Min, Rv. 281705 – 01).
Nondimeno, la Corte di appello ha motivatamente respinto l’eccezione difensiva, rilevando che, nel verificare la capacità RAGIONE_SOCIALE‘imputato di comprendere la lingua italiana, era emerso come, malgrado che in primo grado egli fosse stato assistito da un interprete e che gli atti del procedimento fossero stati tutti tradotti egli conoscesse la lingua italiana, avendo partecipato a corsi di lingua che ne attestavano tale conoscenza, come attestato dalla stessa documentazione prodotta dalla difesa; e soprattutto come l’imputato avesse rilasciato dichiarazioni spontanee nel corso del dibattimento senza l’ausilio di un interprete.
Tale accertamento di fatto appare insindacabile in sede di legittimità, essendosi al cospetto RAGIONE_SOCIALEa valutazione di una circostanza che il Collegio di merito ha avuto modo di riscontrare direttamente, in specie per quanto concerne le dichiarazioni spontanee rese in udienza, e rispetto alla quale ha fornito idonea motivazione. Non significativa appare la circostanza che la documentazione attestante la conoscenza RAGIONE_SOCIALEa lingua italiana fosse presente prima RAGIONE_SOCIALEa nomina RAGIONE_SOCIALE‘interprete, ben potendo ammettersi una rivalutazione alla luce di documenti che evidentemente non erano stati letti in precedenza e, soprattutto, dopo le dichiarazioni spontanee RAGIONE_SOCIALEo stesso COGNOME. Queste ultime, peraltro, rendono meramente fattuale l’osservazione critica secondo cui gli attestati sarebbero inidonei ad accertare la conoscenza RAGIONE_SOCIALEa lingua.
2.2. Dalla infondatezza del primo motivo consegue, logicamente, l’infondatezza RAGIONE_SOCIALEa stessa richiesta di restituzione in termini formulata con il settimo motivo, non sussistendo, per le ragioni esposte, la lamentata violazione del diritto di difesa.
Il secondo motivo, attraverso il quale la difesa denuncia la nullità RAGIONE_SOCIALEa sentenza di primo grado in conseguenza RAGIONE_SOCIALEa omessa notifica al difensore di fiducia del decreto di giudizio immediato, è parimenti infondato.
Va, infatti, premesso che la notifica al difensore del decreto di giudizio immediato non è normativamente prevista, essendo il relativo adempimento richiesto con riferimento al solo imputato, onde consentirgli la conoscenza RAGIONE_SOCIALE‘imputazione e RAGIONE_SOCIALEa facoltà di richiedere riti alternativi ed essendo contemplata per il difensore unicamente la notifica RAGIONE_SOCIALE‘avviso RAGIONE_SOCIALEa data fissata per il giudizio. (Sez. 6, n. 24321 del 22/03/2023, Addis, Rv. 284877 – 01; Sez. 3, n. 24257 del 27/05/2010, Rv. 247701 – 01).
In ogni caso, va rilevato che l’AVV_NOTAIO, indicato in ricorso come il difensore di fiducia RAGIONE_SOCIALE‘imputato, era presente in udienza e che, tuttavia, non risulta avere formulato alcuna specifica eccezione, di tal che, anche accedendo alla tesi difensiva RAGIONE_SOCIALEa nullità conseguente alla ommessa notifica del decreto, essa sarebbe rimasta perfettamente sanata, secondo il disposto generale RAGIONE_SOCIALE‘art. 182, comma 2, cod. proc. pen.
Con il terzo e quarto motivo di doglianza la difesa assume che la Corte territoriale abbia, in fatto, riconosciuto la circostanza aggravante RAGIONE_SOCIALEa crudeltà e che la pena inflitta fosse, dunque, illegittima.
4.1. Quanto alla circostanza RAGIONE_SOCIALE‘avere agito con crudeltà o adoperando sevizie, la Corte territoriale ha ben spiegato come l’aggravante in parola non fosse stata, in realtà, contestata, pur emergendo nitidamente dagli atti un complesso di elementi fattuali idonei a configurarla. Dunque, l’affermazione secondo cui essa sarebbe stata ritenuta sussistente pur in assenza di contestazione risulta smentita dalla piana lettura RAGIONE_SOCIALEe sentenza impugnata.
Tuttavia, valorizzando le emergenze fattuali in questione sotto il profilo RAGIONE_SOCIALEa concreta gravità del delitto accertato e del giudizio di personalità RAGIONE_SOCIALE‘imputato, i Giudici di secondo grado hanno ritenuto congrua l’applicazione di una pena prossima al massimo edittale, nella specie individuabile nella misura di 16 anni di reclusione (determinabile partendo dal massimo edittale previsto per il delitto di omicidio non aggravato, pari a 24 anni, diminuito nella misura minima di un terzo). La motivazione resa, sul punto, dalla sentenza impugnata appare del tutto congrua, avuto riguardo al puntuale riferimento alle efferate modalità RAGIONE_SOCIALE‘aggressione, alla gravità RAGIONE_SOCIALEe lesioni riportate dalla vittima e al tempo di
commissione del reato, sicché essa si sottrae a qualunque possibilità di sindacato in sede di legittimità.
Con il quinto motivo, il ricorso prospetta un travisamento RAGIONE_SOCIALEa prova in RAGIONE_SOCIALE alla configurabilità del recesso attivo del delitto di tentato omicidio.
5.1. La sentenza di secondo grado ha, invero, evidenziato come la morte RAGIONE_SOCIALEa vittima non si fosse verificata unicamente in ragione RAGIONE_SOCIALE‘intervento RAGIONE_SOCIALEe Forze RAGIONE_SOCIALE‘RAGIONE_SOCIALE, opportunamente allertate dai vicini, donde l’evidente insussistenza del recesso attivo per mancanza del requisito RAGIONE_SOCIALEa volontarietà del recesso, previsto dall’art. 56, quarto comma, cod. pen.
5.2. Quanto, poi, alla richiesta rinnovazione dibattimentale, finalizzata alla escussione RAGIONE_SOCIALEa persona offesa onde superare i dubbi sullo strumento utilizzato per l’offesa ovvero al conferimento di una perizia sulla capacità di intendere e di volere RAGIONE_SOCIALE‘imputato, le censure difensive sono infondate.
Infatti, la sentenza impugnatck ha ben chiarito la irrilevanza di una puntuale ricostruzione RAGIONE_SOCIALEe modalità con cui ciascuna ferita era stata inferta, essendo indubbio che alcune di esse erano state procurate con un coltello e altre con del vetro, assumendo rilevanza, nella specie, non tanto l’esame di ogni singolo colpo sferrato, quanto il complesso RAGIONE_SOCIALE‘aggressione, agita in tre momenti distinti, ciascuno dei quali idoneo a cagionare la morte RAGIONE_SOCIALEa persona offesa, che si sarebbe certamente verificata ove le Forze RAGIONE_SOCIALE‘RAGIONE_SOCIALE non fossero tempestivamente intervenute.
Quanto, poi, alla richiesta perizia sulla capacità RAGIONE_SOCIALE‘imputato, la sentenza impugnata ha sottolineato, in maniera esaustiva, come non fosse emerso da alcun atto istruttorio che l’imputato si fosse trovato, in un qualche momento, in una situazione di incapacità di intendere e di volere (si vedano, sul punto, le pag. 22 e 23). Ne consegue l’infondatezza anche di questo profilo di censura.
Alla luce RAGIONE_SOCIALEe considerazioni che precedono, il ricorso deve essere rigettato, con condanna del ricorrente al pagamento RAGIONE_SOCIALEe spese processuali. L’imputato deve essere, inoltre, condannato alla rifusione RAGIONE_SOCIALEe spese di rappresentanza e difesa sostenute nel presente giudizio dalla parte civile ammessa al patrocinio a spese RAGIONE_SOCIALEo Stato, nella misura che sarà liquidata, ai sensi degli artt. 82 e 83, d.P.R. n. 115 del 2002, dalla Corte di appello di RAGIONE_SOCIALE con separato decreto di pagamento, disponendosi il pagamento in favore RAGIONE_SOCIALEo Stato.
PER QUESTI MOTIVI
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento RAGIONE_SOCIALEe spese processuali. Condanna, inoltre, l’imputato alla rifusione RAGIONE_SOCIALEe spese di rappresentanza e difesa
sostenute nel presente giudizio dalla parte civile ammessa al patrocinio a s RAGIONE_SOCIALEo Stato, nella misura che sarà liquidata dalla Corte di appello di Torin separato decreto di pagamento ai sensi degli artt. 82 e 83 d.P.R. 115/20 disponendo il pagamento in favore RAGIONE_SOCIALEo Stato.
Così deciso in data 1 dicembre 2023
Il Consigliere estensore
Il Presidente