Sentenza di Cassazione Penale Sez. 5 Num. 29841 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 5 Num. 29841 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 21/05/2025
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
NOME nato in Bangladesh il 01/01/1996
avverso la sentenza del 04/01/2025 del TRIBUNALE di CATANIA udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME
lette le conclusioni del Sostituto Procuratore Generale COGNOME che ha chiesto l’inammissibilità del ricorso
RITENUTO IN FATTO
Con l’ordinanza impugnata, il Tribunale del Riesame di Catania ha rigettato l’istanza art. 310 cod.proc. pen. proposta dalla difesa di RAGIONE_SOCIALE avverso il provvedimento applic nei suoi confronti della misura cautelare della custodia in carcere, disposto dal GIP pres Tribunale di Catania il 16.12.2024, in quanto indagato dei delitti di associazione per delinq riduzione in schiavitù, sequestro di persona a scopo di estorsione e violenza sessuale di grupp tutti aggravati ai sensi dell’art. 61-bis cod. pen., commessi ai danni di NOMECOGNOME che lo ha individuato come uno dei suoi carcerieri e torturatori del centro di detenzione ove era imprigionato in Libia. Indagato e vittima hanno nazionalità del Bangladesh, mentre al appartenenti al gruppo di torturatori e trafficanti, cui è accusato di appartenere NOME libici.
Ha proposto ricorso l’indagato, tramite il difensore di fiducia, deducendo due div motivi di censura.
2.1. La prima critica all’ordinanza custodiale è incentrata sul vizio di violazione di lamenta la sua mancata traduzione, al momento dell’interrogatorio di garanzia, in lingua no all’indagato, cittadino del Bangladesh che non parla né comprende la lingua italiana.
L’ordinanza è stata tradotta e comunicata all’indagato soltanto successivamente.
Si sarebbe, pertanto, realizzata una nullità, con ricadute sull’intera sequ procedimentale.
2.2. Il secondo motivo di ricorso eccepisce violazione dell’art. 273 cod. proc. pen., val l’insussistenza dei gravi indizi di colpevolezza a carico dell’indagato.
Il ricorrente sarebbe egli stesso vittima di sequestro di persona, come risulta da al elementi di prova in atti e dal suo racconto, ritenuto inattendibile.
Secondo la ricostruzione difensiva, egli, inconsapevole di quanto gli sarebbe accaduto, e partito dal Bangladesh ed era giunto in Libia, ove era rimasto vittima di criminali dediti al di migranti e ha dovuto pagare ingenti somme di danaro per ottenere la propria liberazion come attesta la documentazione contabile prodotta all’autorità giudiziaria.
La moglie ha denunciato quanto da lui subito in Libia alle autorità di polizia del Bangla ed esistono alcuni file audio, consegnati anche al Tribunale del Riesame, dai quali si senton grida e le richieste di aiuto provenienti da Atikul e rivolte ai parenti per indurli a pagare l richieste dai suoi sequestratori.
Ad ulteriore riprova della veridicità di tale ricostruzione, il ricorso pone la circosta ricorrente si trovava anche lui nell’hotspot di Pozzallo, insieme alla vittima che lo ha denun
La difesa, poi, contesta la valenza degli elementi indiziari evidenziati dall’ord impugnata (le foto che lo ritraggono sorridente in compagnia del gruppo di sequestratori; il v che lo mostrerebbe mentre percuote la persona offesa con un tubo di gomma, ritenuto privo di capacità individualizzante, poiché non mostra le fattezze dell’autore della condotta; i mess
vocali recuperati sul telefono cellulare rinvenuto in suo possesso, di cui sostiene di non e proprietario e di averlo ricevuto prima di partire per l’Italia, sicchè i messaggi non eran a lui).
Il ricorso contesta, altresì, che sussistano gravi indizi dell’aggravante della transnazio alla luce del racconto della vittima dei reati dei quali è accusato il ricorrente: la perso ha dichiarato semplicemente di aver pagato 3.000 euro in Bangladesh ad un soggetto non meglio conosciuto, per poter giungere in Libia, ove vi era accordo che sarebbe rimasto a lavorare, non vi è alcuna prova di collegamenti tra criminali di diverse nazionalità e di un disegno un tra nsnaziona le.
Il Sostituto Procuratore Generale della Corte di cassazione ha chiesto con requisitor scritta l’inammissibilità del ricorso.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso è infondato.
Il primo motivo di censura non ha basi solide, alla luce anche delle affermazioni rinven nella giurisprudenza di legittimità.
Le Sezioni unite di questa Corte hanno recentemente statuito, infatti, che, in materi misure cautelar’ personali, l’ordinanza di custodia cautelare emessa nei confronti di un imput o indagato alloglotta, ove sia già emerso che questi non conosca la lingua italiana, è affet caso di mancata traduzione, da nullità ai sensi del combinato disposto degli artt. 143 e 292 c proc. pen. Ove, però, non sia già emerso che l’indagato o imputato alloglotta non conosca l lingua italiana, l’ordinanza di custodia cautelare non tradotta emessa nei suoi confronti è v fino al momento in cui risulti la mancata conoscenza di detta lingua, che comporta l’obbligo di traduzione del provvedimento in un congruo termine, la cui violazione determina la null dell’intera sequenza di atti processuali compiuti sino a quel momento, in essa compres l’ordinanza di custodia cautelare (Sez. U, n. 15069 del 26/10/2023, dep. 2024, COGNOME, R 286356 – 01).
Nel caso di specie, il GIP ha disposto la traduzione dell’ordinanza cautelare che ha colpi ricorrente una volta appreso, nel corso dell’interrogatorio di garanzia del 19.12.2024 (l’ordi è stata emessa in data 16.12.2024), che questi non comprendeva né parlava la lingua italiana.
In sede di interrogatorio, infatti, l’indagato era stato assistito da un interprete per consuete e frequenti, di cautela, di fronte a soggetti di nazionalità straniera in casi sop di primo arrivo in Italia; un interprete cui il giudice, una volta constatao che il ricor comprendeva la lingua italiana, ha affidato l’incarico di traduzione in quella sede e c provveduto nei termini fissati (come risulta dall’ordinanza impugnata).
Vi è prova, quindi, che la mancata conoscenza della lingua italiana da parte dell’indag non fosse una circostanza nota al giudice contestualmente all’adozione della misura cautelare ma che tale consapevolezza sia sopravvenuta rispetto al momento dell’emissione del provvedimento – né il ricorrente ha fornito elementi che smentiscono tale conclusione – sic legittimamente è stata disposta la traduzione dell’ordinanza cautelare solo una volta raggiu tale consapevolezza in sede di interrogatorio di garanzia.
Deve essere sottolineato, altresì, che il ricorrente ha avuto ampia traduzione dei conte dell’ordinanza cautelare sin dal suo interrogatorio ed ha potuto fornire al GIP, in quella tutte le spiegazioni che ha ritenuto utili in sua difesa: ciò emerge dalla ricost dettagliatissima che l’ordinanza impugnata ricava dal verbale di tale atto.
Nel corso dell’interrogatorio, peraltro, la difesa non ha eccepito alcunchè riguardo traduzione dell’ordinanza cautelare e ciò rileva ai fini dell’intempestività dell’odierna ecc in considerazione del fatto che, secondo le Sezioni Unite, la nullità che si genera dalla man traduzione è, in ogni caso, di natura intermedia.
È utile aggiungere che Sez. U, COGNOME ha, altresì, rilevato, in motivazione, che l’intere dedurre la nullità in conseguenza della tardiva traduzione dell’ordinanza sussiste soltanto se quanto il soggetto alloglotta abbia allegato di avere subito (§ 7 del considerato in dir conseguenza dell’ordinanza non tradotta, un pregiudizio illegittimo.
Il principio è stato affermato espressamente da Sez. 6, n. 2714 del 04/12/2024, dep. 2025 Medina, Rv. 287455, nonché da Sez. 1, n. 44251 del 6/10/2024, COGNOME, Rv. 287282, che ha sottolineato come l’interesse da dedurre deve essere concreto, attuale e verificabile, non essen sufficiente la mera allegazione di un pregiudizio astratto o potenziale.
Il Collegio intende ribadire tali approdi nel caso di specie, in cui il ricorso si rivela a in quanto il ricorrente non ha dedotto, né tantomeno dimostrato, di aver subito alcun pregiud per il diritto di difesa, tanto più in considerazione del fatto che un interprete ha assist interrogatorio di garanzia e non si eccepisce che tale momento cruciale abbia rivelato cadute deficit di assistenza e comprensione delle contestazioni che gli sono mosse nel procedimento anzi, risulta dal testo del provvedimento impugnato, come si è già messo in luce, che in t interrogatorio il ricorrente ha potuto esprimere tutte le proprie tesi difensive, confron ampiamente con il quadro indiziario a suo carico, contenuto nell’ordinanza custodiale.
Il secondo motivo di ricorso è complessivamente infondato, con alcuni aspetti significa di inammissibilità.
La difesa del ricorrente propone, di fondo, una ricostruzione alternativa del significato indizi, che non è consentita in sede di legittimità (cfr. ex multis, Sez. 4, n. 18795 del 02/03/2017, Rv. 269884 – 01).
Inoltre, deduce l’assenza dei presupposti indiziari per ritenere sussistente l’aggravante d transnazionalità con argomenti privi di pregio.
3.1. Sotto il primo profilo, l’ordinanza impugnata dà conto ampiamente e con argomenti logici del grave quadro indiziario a carico dell’indagato.
Il tragico racconto della vittima, purtroppo colmo di particolari raccapriccianti sulle subite, è supportato da messaggi audio di riscontro e da fotografie che ritraggono il ricor in evidente situazione di primazia e privilegio rispetto ai migranti “prigionieri”, vessati e e conduce ad individuare con certezza l’indagato come uno dei suoi quattro principali, viol torturatori, nel corso della detenzione di fatto subita in Libia per circa un mese.
La vittima offre dettagli delle azioni criminali realizzate dal ricorrente, in specie confronti (anche di violenza sessuale) e lo individua come uno dei componenti dell’organizzazion criminale che reclutava uomini in Bangladesh, poi trattati come “schiavi” e sequestrati in c di detenzione illegale, da dove non potevano allontanarsi fino a quando non venivano avviati Italia, previo pagamento di riscatti in danaro.
La credibilità ed attendibilità della persona offesa sono state adeguatamente motivate d Tribunale di Catania, che si è soffermato anche sul passaggio in cui emerge la casuali dell’incontro con il suo torturatore nel centro di Pozzallo, a cui sono seguiti il riconoscime decisione di denunciarlo, nonostante le sue richieste di tacere, e sulla circostanza che la v ha già svolto un incidente probatorio, in cui, finalmente, è riuscita a parlare anche delle um violenze sessuali subite.
Le torture, secondo quanto risulta, erano funzionali a far pagare riscatti ai familiar vittime, ai quali venivano inviati video pietosi, nei quali si mostravano le violenze contro cari, per costringerli a inviare danaro (erano stati pagati, per la “salvezza” della persona in due occasioni, quasi 10 lask, la valuta bengalese).
L’ordinanza impugnata ricostruisce tutte le circostanze di fatto in modo assolutament soddisfacente, ripercorrendo le dichiarazioni, credibili e circostanziate, della persona off merito alla sua individuazione dell’indagato come autore dei reati denunciati; nonché il conten dei file-audio e dei video acquisiti alle indagini; la prova documentale dei bonifici di pag del riscatto; le cicatrici sul corpo della vittima, segno delle torture subite.
Viene esaminato, altresì, con adeguata giustificazione, insindacabile in sede di legitti il racconto difensivo dell’indagato, ritenuto confuso e poco attendibile, puntellato da elem riscontro neutri, che non ne avvalorano la ricostruzione alternativa.
3.2. Quanto alla configurabilità, nel caso di specie, dell’aggravante della transnazionalit reati, vi è da ricordare come costituisca orientamento stabile ritenere che l’aggravante spec della transnazionalità presuppone che la commissione di un qualsiasi reato in ambito nazionale purchè punito con la reclusione non inferiore nel massimo a quattro anni, sia stata determin o anche solo agevolata, in tutto o in parte, dall’apporto di un gruppo criminale organiz impegnato in attività illecite in più di uno Stato (Sez. U, n. 18374 del 31/01/2013, Adami 255033 – 01).
Ai fini dell’applicazione dell’aggravante speciale di cui all’art. 61-bis cod. pen., è sufficiente che le attività illecite siano realizzate in diversi Stati e che all’estero possa trovarsi
soltanto dei componenti del gruppo, chiamato a svolgere un’attività essenziale per perpetrazione degli illeciti, in quanto sono le attività criminali consumate in più di uno St
qualificano come transnazionale il gruppo criminale (Sez. 2, n. 11957 del 27/01/2023, NOME
Rv. 284445 – 01).
Il gruppo criminale organizzato sussiste in presenza della stabilità dei rapporti fra gli di una organizzazione seppur minimale, della non occasionalità o estemporaneità della stessa, e
della finalizzazione alla realizzazione anche di un solo reato e al conseguimento di un vantag finanziario o comunque materiale (Sez. 5, n. 500 del 06/11/2014, dep. 2015, COGNOME,
Rv. 262217 – 01; Sez. 4, n. 3398 del 14/12/2023, dep. 2024, COGNOME, Rv. 285702 – 02).
Il Tribunale del riesame ha reso una motivazione del tutto congrua rispetto ai parame ermeneutici indicati dalla giurisprudenza di legittimità (cr. pag. 10 del provvedi
impugnato), sottolineando che l’indagato operava quale anello di una catena criminale be organizzata e transnazionale (tra il Bangladesh, la Libia e, in ultimo arrivo, anche l’
strutturata con modalità non occasionali.
La persona offesa aveva pagato un soggetto in Bangladesh per l’organizzazione del viaggio in Libia, finalizzato a trovargli lavoro; quindi un amico di questi lo aveva condotto a Tr insieme ad altri tre migranti, a Zuara, in un centro di detenzione gestito da un comp trafficante bangladese; nel centro erano detenute circa 600 persone e lì, ove era rimasto mesi, era stato picchiato e torturato; infine, era stato “venduto” insieme ad altri connazio capo dell’organizzazione di trafficanti di uomini, COGNOME, di cui l’indagato era un fede collaboratore al quale era affidato il compito proprio di torturare i migranti.
Dal racconto emerge il collegamento transnazionale tra il Bangladesh, terra di “reclutamento” delle vittime, dove i trafficanti di uomini contattavano le future vittime, f pagare con la promessa di un lavoro in Italia, e la Libia, ove queste venivano illegalme trattenute tra violenze e torture, con il miraggio di un futuro migliore e da dove, a pr riscatti richiesti alle famiglie, venivano poi trasportati in Italia.
Il ricorso, pertanto, deve essere rigettato e al rigetto segue la condanna del ricorre pagamento delle spese processuali.
In caso di diffusione del provvedimento dovranno essere omesse le generalità e gli altri d identificativi a norma dell’art. 52 del d. Igs. 196 del 2003 in quanto imposto dalla legge.
P. Q. M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali. Manda alla Cancelleria per gli adempimenti di cui all’art. 94, co. 1 ter, disp. att. In caso di diffusione del provvedimento omettere le generalità e gli altri dati identif dell’art. 52 del d. Igs. 196 del 2003 in quanto imposto dalla legge. Così deciso il 21 maggio 2025.