Sentenza di Cassazione Penale Sez. 1 Num. 45891 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 1 Num. 45891 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 11/09/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da
D. R. GLYPH
nato ai
om issis
avverso l’ordinanza della Corte d’Appello di Cagliari – sezione distaccata di Sassari del 21.12.2023
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal consigliere NOME COGNOME letta la requisitoria del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale NOME COGNOME che ha chiesto l’annullamento con rinvio dell’ordinanza impugnata;
RITENUTO IN FATTO
Con ordinanza in data 21.12.2023, la Corte d’Appello di Cagliari – sezione distaccata di Sassari, in funzione di giudice dell’esecuzione, ha provveduto su una di applicazione della disciplina
istanza, proposta nell’interesse di RAGIONE_SOCIALE D. R. GLYPH della continuazione ai reati giudicati con le seguenti quattro sentenze di condanna: 1) sentenza del Tribunale di Cagliari del 28.6.2015 (irrevocabile il 10.1.2017); 2) sentenza della Corte d’Appello di Cagliari del 7.12.2016 (irrevocabile il 12.9.2017);
3) sentenza della Corte d’Appello di Cagliari del 21.4.2021 (irrevocabile il 6.6.2021); 4) sentenza della Corte d’Appello di Cagliari del 21.3.2022 (irrevocabile il 18.4.2023).
Premettendo che tra le sentenze di cui ai nn. 1) e 2), il Tribunale di Cagliari avesse già emesso il 24/1/2018 una ordinanza di applicazione della disciplina del reato continuato (rideterminando la pena complessiva in cinque anni e quattro mesi di reclusione e 1.200 euro di multa), l’ordinanza ha riconosciuto la sussistenza del vincolo della continuazione tra queste due sentenze e quella di cui al n. 3) della Corte di Appello di Cagliari del 21/4/2021, avente ad oggetto un’evasione commessa in Villacidro il 15/5/2015, e pertanto in data prossima al reato di evasione pure commesso in Villacidro il 29/8/2015 per il quale D.R. era stato già condannato con la sentenza della Corte di Appello di Cagliari del 7/12/2016 (n. 2). Di conseguenza, l’ordinanza ha ravvisato l’unicità del disegno criminoso, in quanto i fatti sono stati commessi nel medesimo contesto spaziotemporale.
E’ stata rigettata, invece, la richiesta del condannato in relazione ai fatti oggetto della sentenza di cui al n. 4) della Corte di Appello di Cagliari del 21/3/2022, integranti i delitti di estorsione e di lesioni, commessi nella casa circondariale di Uti in danno di altri detenuti, e di minacce a personale della Polizia penitenziaria. L’unico elemento di congiunzione di questi fatti – secondo la Corte d’Appello – è che siano stati commessi nello stesso luogo del reato sub 1), ma senza che sia ravvisabile l’unicità del disegno criminoso, quanto piuttosto una deprecabile inclinazione a non rispettare le regole interne del carcere e le persone dei pubblici ufficiali che vi prestano servizio.
Avverso la predetta ordinanza, ha proposto ricorso GLYPH D.R. GLYPH per il tramite dei suoi difensori, articolandolo in cinque motivi.
2.1 Con il primo motivo, deduce la violazione dell’art. 671 cod proc. pen. per la omessa valutazione del precedente riconoscimento del vincolo della continuazione tra le sentenze di cui ai punti 1) e 2) dell’ordinanza.
Censura che l’ordinanza, pur facendo riferimento alla circostanza che anche i fatti di cui alla sentenza al punto 1) fossero stati commessi nella casa circondariale di Uti, abbia poi escluso che la continuazione potesse essere estesa ai fatti di cui alla sentenza n. 4), a maggior ragione se si considera che tra tali sentenze vi sono numerosi altri elementi di collegamento (attinenti sostanzialmente a condotte di danneggiamento), rappresentati nelle memorie difensive che erano state depositate il 9/12/2023.
2.2 Con il secondo motivo, deduce la violazione dell’art. 671 cod. proc. pen. per l’omessa valutazione dello stato di tossicodipendenza documentato nell’istanza.
Nonostante sia stato ampiamente documentato uno stato di tossicodipendenza del condannato, il giudice dell’esecuzione ha omesso totalmente la motivazione sul punto, pur gravando a suo carico un obbligo di valutazione di tale elemento come indice sintomatico del disegno criminoso.
2.3 Con il terzo motivo, deduce la violazione degli artt. 671 e 125 cod. proc. pen. “in relazione alla mancata valutazione della concomitanza degli evenéi collegati allo stato di tossicodipendenza rispetto agli altri indici sintomatici del disegno criminoso”.
2.4 Con il quarto motivo, deduce la violazione dell’art. 671 cod. proc. pen. “in relazione alla mancata valutazione di tutti gli elementi concomitanti nella valutazione del ipotesi nel medesimo disegno criminoso”.
2.5 Con il quinto motivo, deduce la violazione dell’art. 671 cod. proc. pen. per l’omessa valutazione della richiesta di applicazione in sede esecutiva della sentenza n. 120 del 2023 della Corte costituzionale in relazione ai fatti giudicati con la sentenza di cui al n. 4) dell’ordinanza.
Rappresenta, in particolare, che, avendo la Corte costituzionale, dopo il deposito dell’istanza introduttiva dell’incidente di esecuzione in data 9/6/2023, dichiarato in data 12/6/2023 la illegittimità costituzionale dell’art. 629 cod. pen. nella parte in cui non prevede l’ipotesi di lieve entità, era stata chiesta nelle successive memorie difensive anche la rideterminazione del trattamento sanzionatorio per il delitto di tentata estorsione di cui alla sentenza n. 4): tuttavia, sul punto l’ordinanza impugnata è rimasta silente.
Con requisitoria scritta del 25/6/2024, il Sostituto Procuratore generale ha chiesto l’annullamento con rinvio dell’ordinanza impugnata, in ragione della mancata valutazione della condizione di tossicodipendenza e dell’ulteriore istanza difensiva di cui all’art. 673 cod. proc. pen.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è fondato per le ragioni che di seguito saranno esposte.
E’ opportuno muovere dall’esame del secondo, del terzo e del quarto motivo di ricorso, che, lamentando tutti in sostanza la omessa valutazione dello stato di tossicodipendenza del condannato, possono essere trattati unitariamente.
Censurando tali motivi la totale pretermissione, dal ragionamento del giudice dell’esecuzione, di uno degli elementi che ex art. 671 cod. proc. pen. devono essere presi in considerazione in sede di applicazione della disciplina del reato continuato, il loro esame deve precedere logicamente quello del primo motivo, con cui il ricorrente si duole sostanzialmente dell’esito della, avvenuta, valutazione nell’ordinanza in ordine alla sussistenza di altri indici sintomatici della unicità del disegno criminoso (in particolare, identità spaziale e omogeneità dei beni giuridici lesi).
Deve ritenersi, infatti, che, ove si ritenessero fondati i motivi relativi alla tossicodipendenza del condannato, il ‘primo motivo verrebbe a perdere la sua autonomia, nel senso che il sindacato da esercitare sulla valutazione operata in concreto dal giudice dell’esecuzione richiede / prima ancora / di stabilire se siano stati presi in considerazione tutti i necessari elementi di giudizio.
Il riconoscimento della continuazione, infatti, esige la verifica della sussistenza di tutti i concreti indicatori. E lo stato di tossicodipendenza, pur non comportando automaticamente il riconoscimento dell’unicità del disegno criminoso, può giustificarlo con riguardo ai reati che siano collegati e dipendenti da tale stato, sempre che sussistano anche le altre condizioni individuate dalla giurisprudenza per la sussistenza della continuazione (Sez. 2, n. 22943 del 21/3/2019, Rv. 275420 – 01; Sez. 1, n. 50716 del 7/10/2014, Rv. 261490 – 01).
Solo ove superato questo vaglio, potrebbe poi affrontarsi la questione del complessivo apprezzamento, da parte del giudice dell’esecuzione, della unicità del disegno criminoso.
Ciò posto, va innanzitutto rilevato che il presupposto della doglianza difensiva articolata con i motivi in questione – e, cioè, che prima dell’udienza camerale in sede di esecuzione fosse stata prodotta documentazione relativa allo stato di tossicodipendenza del condannato – trova riscontro negli atti.
Risulta, infatti, che ad una memoria presentata il 9/12/2023 fossero state allegate una certificazione di tossicodipendenza del SERD dell’ASSL di Sanluri dell’8.10.2018 (alleg. 4.12), una relazione di sintesi della Casa circondariale di Nuoro del 12.10.2018 in cui si dava atto dell’uso di sostanza stupefacente da parte del ricorrente (alleg. 4.14), una ordinanza di affidamento terapeutico ex art. 94 DPR n. 309 del 1990 del 18.10.2018 e una certificazione del 18.5.2023 dell’ASL Mediocampidanio relativa alla tossicodipendenza di D.R. (alleg. 4.16).
Ciò nonostante, l’ordinanza impugnata non ha in alcun modo preso in considerazione questo elemento, così contravvenendo . al principio, più volte affermato dalla giurisprudenza di legittimità, secondo cui, in tema di riconoscimento della continuazione in sede esecutiva, viola l’obbligo di motivazione su circostanza rilevante ai fini della decisione il giudice che ometta di considerare
lo stato di tossicodipendenza del condannato, specificamente dedotto e corroborato da idonea documentazione (Sez. 1, n. 4094 del 3/12/2019, dep. 2020, Rv. 278187 – 01), ed escluda totalmente l’analisi di tale fattore dal discorso giustificativo (Sez. 1, n. 50686 del 18/9/2019, Rv. 277864 – 01).
Di conseguenza, i motivi di ricorso in trattazione colgono nel segno, in quanto il ragionamento sviluppato dal giudice sconta una omissione, e cioè la considerazione dello stato di tossicodipendenza del richiedente, la cui rilevanza è imposta dalla legge.
Se è vero che ai fini del riconoscimento della continuazione non è sufficiente la presenza di taluno degli indici dell’unicità del disegno criminoso, ciò nondimeno lo stato di tossicodipendenza è un fattore concorrente con gli altri per l’accertamento in questione e, ove allegato in modo documentato, la sua rilevanza o meno deve costituire oggetto di un esame specifico, del cui esito va dato conto in motivazione.
L’accoglimento di questi motivi assorbe il primo motivo di ricorso, il cui esame, restando non precluso, era tuttavia subordinato all’eventuale superamento della doglianza relativa alla omessa considerazione dello stato di tossicodipendenza.
Quanto, poi, al quinto motivo di ricorso, la consultazione degli atti ha permesso di rilevare che effettivamente in data 9/12/2023 fosse stata depositata una memoria difensiva, in cui, tra l’altro, si chiedeva espressamente al giudice dell’esecuzione la rideterminazione della pena per il reato di estorsione a seguito della sentenza n. 120 del 2023 della Corte costituzionale, che ha dichiarato l’illegittimità costituzionale dell’art. 629 cod. pen. «nella parte in cui non prevede che la pena da esso comminata è diminuita in misura non eccedente un terzo quando per la natura, la specie, i mezzi, le modalità o circostanze dell’azione, ovvero per la particolare tenuità del danno o del pericolo, il fatto risulti di lieve entità».
L’ordinanza impugnata ha omesso del tutto di prendere in considerazione la richiesta.
Sotto questo profilo, deve considerarsi che il procedimento di esecuzione non ha natura di giudizio di impugnazione e, perciò, non soggiace al principio devolutivo, volto a delimitare il concreto contenuto dell’esecuzione. Ne consegue che sussiste il dovere del giudice di decidere anche in ordine alle domande nuove formulate dalla parte privata solo con memoria in corso di procedimento, fatta salva la necessità che, a salvaguardia del principio del contraddittorio, sia garantito alla parte pubblica un termine per controdedurre (Sez. 1, n. 51053 del 13/7/2017, Rv. 271457 – 01).
Ciò vuol dire che la motivazione dell’ordinanza impugnata è mancante, in quanto non contiene alcuna risposta rispetto ad una questione che era stata specificamente proposta al giudice dell’esecuzione.
Come già affermato da questa Corte rispetto alla analoga situazione conseguente alla declaratoria di illegittimità costituzionale (con sentenza n. 68 del 19 marzo 2012) dell’art. 630 cod. pen. nella parte in cui non prevedeva l’attenuante della lieve entità del fatto, il condannato può richiedere, Con incidente di esecuzione, l’applicazione della predetta attenuante al fine di rideterminare il trattamento sanzionatorio (Sez. 1, n. 5973 del 4/12/2014, dep. 2015, Rv. 262270 – 01, COGNOME).
Nella pronuncia appena citata, si è argomentato che la declaratoria d’illegittimità costituzionale di una norma inficia fin dall’origine la disposizione impugnata, affetta da un’invalidità originaria, e determina la cessazione di efficacia della norma che ne è oggetto (nella sua integralità o in parte), facendo sorgere l’obbligo per il giudice di non applicarla, salvo che si versi in un caso di rapporto esaurito in modo definitivo e irrevocabile e non più suscettibile di alcuna azione o rimedio (così, prima ancora, Sez. U, n. 42858 del 29/5/2014, COGNOME).
Ne consegue che la conformità della pena a legalità in fase esecutiva deve ritenersi costantemente sub iudice (in tal senso, già Sez. U., n. 18821 del 24/10/2013, dep. 2014, Ercolano), quando, come nel caso in esame, per effetto della declaratoria, anche solo parziale, d’illegittimità costituzionale di una norma penale sostanziale, sia in atto l’esecuzione di una pena che si riveli illegittima: “garante della legalità della pena in fase esecutiva è il giudice dell’esecuzione, cui compete, se richiesto ex art. 666 cod. proc. pen., di ricondurre la pena inflitta a legittimità” (così Sez. U, n. 42858 del 29/5/2014, Gatto).
In particolare, si è affermato che l’art. 30 L. n. 87 del 1953 ben può essere interpretato nel senso di consentire l’eliminazione di qualsiasi effetto pregiudizievole derivante da una condanna assunta sulla base di una norma poi dichiarata incostituzionale – come nel caso di specie – anche solo nella parte incidente sul trattamento sanzionatorio. Il comma 3 dell’art. 30 citato pone il divieto di applicazione (ovvero l’obbligo di disapplicazione) della norma dichiarata incostituzionale e si rivolge a tutti i giudici, compreso il giudice dell’esecuzione nel momento in cui viene chiamato da una delle parti legittimate dall’art. 666 cod. proc. pen.: «ciò vuol dire che se, per effetto della sentenza della Corte costituzionale (…) è venuta meno la norma applicata per la determinazione della pena inflitta o di parte di essa, deve cessare l’esecuzione della pena o della parte di pena che ha trovato fondamento nella norma dichiarata incostituzionale».
In applicazione di questi principi, del resto, è stata già affermata da questa Sezione, con specifico riferimento proprio alla recente declaratoria di illegittimità
costituzionale dell’art. 629 cod. pen., la possibilità di adire il giudice dell’esecuzione, ai fini della rideterminazione del trattamento sanzionatorio,
invocando l’applicazione dell’attenuante (Sez. 1, n. 14861 del 16/2/2024, n.m.).
Di conseguenza, anche questo motivo di ricorso è da ritenersi fondato per avere il giudice dell’esecuzione omesso di pronunciarsi sulla richiesta di
applicazione dell’attenuante di lieve entità al reato di estorsione per cui
D.R.
è
stato condannato con sentenza irrevocabile.
3. Alla luce di quantó fin qui osservato, dunque, l’ordinanza impugnata deve essere annullata relativamente al punto concernente lo stato di tossicodipendenza
e al punto concernente l’attenuante del fatto di lieve entità per il reato di estorsione, con rinvio per nuovo giudizio alla Corte di Appello di Cagliari – sezione
distaccata di Sassari.
Deve disporsi, inoltre, che, in caso di diffusione del presente provvedimento, siano omesse le generalità e gli altri dati identificativi, a norma dell’art. 52
d.lgs.196/03 in quanto imposto dalla legge.
P.Q.M.
Annulla la ordinanza impugnata relativamente al punto concernente lo stato di tossicodipendenza e al punto concernente l’attenuante del fatto di lieve entità per il reato di estorsione con rinvio per nuovo giudizio alla Corte di Appello di Cagliari sezione distaccata di Sassari.
In caso di diffusione del presente provvedimento omettere le generalità e gli altri dati identificativi, a norma dell’art. 52 d.lgs.196/03 in quanto imposto dalla legge
Così deciso 1’11.9.2024