Sentenza di Cassazione Penale Sez. 1 Num. 9858 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 1 Num. 9858 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 24/01/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
S. L.
nato a STOLBERG (GERMANIA) il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 19/06/2023 della CORTE APPELLO di PALERMO
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore COGNOME, che ha concluso chiedendo che il ricorso sia dichiarato inammissibile.
udito il difensore procedimento a trattazione scritta.
Ritenuto in fatto
Con sentenza in data 19 giugno 2023, la Corte d’appello di Palermo, confermando la decisione emessa all’esito di giudizio abbreviato dal Tribunale di Agrigento, ha ritenuto RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE responsabile in ordine a due reati di cui all’art. 75, comma 2, d.lgs. n. 159 del 2011, condannandola alla pena di anni uno e mesi otto di reclusione.
Avverso tale sentenza RAGIONE_SOCIALE , a mezzo del difensore di fiducia, ha proposto ricorso per cassazione, articolando tre motivi di censura.
2.1. Con il primo motivo si deduce l’illegittimità della pronuncia, avendo la Corte territoriale rigettato la richiesta di rinnovazione dell’istruzione dibattimentale fine di espletare la perizia psichiatrica, ritenendo che la ricorrente avesse unicamente documentato lo stato di tossicodipendenza, mentre in realtà la difesa aveva prodotto documentazione medica attestante un disturbo di personalità. La ricorrente ha inoltre depositato, in data 11.07.2023, una relazione peritale redatta per altro procedimento dalla quale risulta che, al momento del fatto, la sua capacità di intendere e di volere era notevolmente scemata.
2.2. Con il secondo motivo si deduce la mancanza o manifesta illogicità della motivazione e la violazione di legge, in relazione al mancato riconoscimento della causa di non punibilità di cui all’art. 131-bis cod. pen. inonosta te ne ricorressero le condizioni. Ad avviso della difesa, non sarebbero stati di ostacolo i precedenti da cui SRAGIONE_SOCIALEL. risultava gravata, dal momento che essi non erano indicativi di un’abitualità del comportamento criminoso.
2.3. Con il terzo motivo si deduce l’errata determinazione della pena, la quale sarebbe stata quantificata in misura ingiustificatamente sproporzionata.
Il Procuratore generale ha depositato conclusioni scritte, chiedendo che il ricorso sia dichiarato inammissibile.
Considerato in diritto
Il ricorso è nel suo complesso infondato e deve pertanto essere rigettato.
Il primo motivo di ricorso è infondato.
Secondo l’insegnamento di questa Corte, il rigetto dell’istanza di rinnovazione dell’istruttoria dibattimentale in appello si sottrae al sindacato di legittimità quand la struttura argomentativa della motivazione della decisione di secondo grado si
fonda su elementi sufficienti per una compiuta valutazione in ordine alla responsabilità (Sez. 6, n. 30774 del 16/07/2013, Trecca, Rv. 257741; Sez. 6, n. 2972 del 04/12/2020, dep. 2021, G., Rv. 280589).
Nella specie, il giudice dell’appello, con motivazione ampia e congrua, ha illustrato le ragioni del diniego di disporre perizia psichiatrica per accertare l capacità di intendere e di volere dell’imputata. Oltre a richiamare e condividere la valutazione operata dal primo giudice, il quale aveva ritenuto indimostrata l’esistenza di una intossicazione cronica da stupefacenti, la Corte territoriale ha rilevato come la difesa avesse allegato solo in modo generico lo stato di tossicodipendenza di S.L. , osservando che esso tuttavia non esclude di per sé lo stato di imputabilità, non adempiendo invece all’onere di allegazione su di essa gravante.
In tal modo, la sentenza impugnata si è conformata alla giurisprudenza di legittimità, secondo la quale il mero stato di tossicodipendenza non costituisce, di per sé, indizio di malattia mentale o di alterazione psichica (Sez. 6, n. 1775 del 16/12/2002, dep. 2003, Borrelli, Rv. 223349). Invero, la situazione di tossicodipendenza che influisce sulla capacità di intere e di volere è solo quella che, per il suo carattere ineliminabile e per l’impossibilità di guarigione, provoca alterazioni patologiche permanenti, cioè una patologia a livello cerebrale implicante psicopatie che permangono indipendentemente dal rinnovarsi di un’azione strettamente collegata all’assunzione di sostanze stupefacenti, tali da fare apparire indiscutibile che ci si trovi di fronte a una vera e propria malatti psichica (Sez. 6, n. 25252 del 03/05/2018, B., Rv. 273389; Sez. 6, n. 47078 del 24/10/2013, R., Rv. 257333).
La decisione impugnata è altresì corretta laddove ha escluso di procedere alla perizia psichiatrica in ragione del mancato adempimento, da parte della difesa, all’onere di allegazione sulla stessa gravante in ordine al carattere cogente, nel singolo caso, dell’impulso determinante la incapacità (Sez. 5, n. 8282 del 09/02/2006, Rv. 233228). Invero, sebbene l’accertamento della capacità di intendere e di volere di chi è affetto da intossicazione cronica da stupefacenti spetti al giudice indipendentemente da ogni onere probatorio a carico dell’imputato, grava, tuttavia, su quest’ultimo l’onere di allegazione della documentazione attestante la sua intossicazione cronica da stupefacenti (Sez. 5, n. 12896 del 30/01/2020, COGNOME, Rv. 279039; Sez. 4, n. 5924 del 18/04/1995, Vizzani, Rv. 201689).
Nel caso in esame, la difesa aveva allegato in modo solo generico lo stato di tossicodipendenza dell’imputata, senza depositare documentazione concernente né lo stato di permanente incapacità derivante dalla cronica dipendenza da
stupefacenti, né la sua sussistenza in relazione al periodo temporale in cui erano stati commessi i reati oggetto del giudizio.
A ciò si aggiunga che la ricorrente, nel richiamare la perizia psichiatrica disposta in altro giudizio e che avrebbe accertato che al momento del fatto la sua capacità di intendere e di volere era grandemente scemata, neppure ha indicato l’arco temporale dalla stessa preso in considerazione, al fine di valutarne la prossimità o meno ai reati oggetto della pronuncia impugnata.
3. Il secondo motivo di ricorso è privo di pregio.
Esso, oltre ad essere del tutto generico in quanto si limita ad individuare i presupposti per l’applicazione dell’art. 131-bis cod. pen., senza tuttavia indicare la loro sussistenza nel caso concreto, né specificare in che termini la decisione impugnata sia censurabile, è senz’altro infondato.
I giudici d’appello hanno ritenuto di ostacolo al riconoscimento della causa di non punibilità il comportamento abituale della ricorrente, desunto dalla commissione di più reati della stessa indole.
Come precisato da Sez. U. Tushaj (sent. n. 13681 del 25/02/2016, Rv. 266591 – 01), alla luce dei parametri indicati dall’art. 101 cod. pen., sono reati della stess indole non solo quelli che integrano la violazione della stessa disposizione di legge, ma anche, in senso sostanziale, quei reati che, pur essendo previsti da testi normativi diversi, per le circostanze oggettive e le condizioni di ambiente nelle quali le azioni sono state compiute, o per i motivi che li hanno determinati, presentano, nei casi concreti, caratteri fondamentali comuni.
Alla stregua di tale criterio, benché debbano considerarsi senz’altro eterogenei i reati di rapina risultanti dal certificato del casellario giudiziale e richiamati d sentenza impugnata, correttamente essa ha valorizzato l’intervenuta condanna della ricorrente per più delitti di evasione, i quali devono ritenersi della stess indole del reato di cui all’art. 75, comma 2, d.lgs. n. 159 del 2011 oggetto del presente giudizio, connotandosi tutti per la violazione delle prescrizioni dettate dall’autorità giudiziaria.
Con il terzo motivo, si censura l’erronea determinazione della pena in quanto ingiustificatamente sproporzionata, non avendo i giudici tenuto conto dello stato psicofisico dell’imputata.
Trattasi di censura manifestamente infondata.
Essa non tiene conto del principio, secondo cui, in tema di determinazione della misura della pena, il giudice del merito esercita la discrezionalità che al riguardo la legge gli conferisce, attraverso l’enunciazione, anche sintetica, della eseguita valutazione di uno (o più) dei criteri indicati nell’art. 133 cod. pen. (Sez.
2, n. 36104 del 27/04/2017, COGNOME, Rv. 271243; Sez. 3, n. 6877 del 26/10/2016, dep. 2017, S., Rv. 269196; Sez. 2, n. 12749 del 19/03/2008, COGNOME, Rv. 239754). Una valutazione siffatta è insindacabile in sede di legittimità, purché sia argomentata e non sia frutto di mero arbitrio o di ragionamento illogico (Sez. 5, n. 5582 del 30/09/2013, dep. 2014, COGNOME, Rv. 259142).
Nella specie, la Corte territoriale, nel confermare la statuizione di primo grado, ha richiamato e condiviso l’articolata e puntuale motivazione svolta dal Tribunale, il quale ha dato specificamente conto degli elementi valutati ai fini della quantificazione del trattamento sanzionatorio, contenuto comunque al di sotto della media edittale, evidenziando la gravità della condotta, i precedenti penali dell’imputata, nonché la condotta susseguente al reato, e specificamente la reiterazione del medesimo comportamento illecito a breve distanza di tempo dal primo.
Tale motivazione, in quanto congrua e adeguata, si sottrae alle censure della ricorrente.
Al rigetto del ricorso consegue, ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen., la condanna della ricorrente al pagamento delle spese del procedimento.
PQM
Rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali.
In caso di diffusione del presente provvedimento omettere le generalità e gli atri dati identificativi, a norma dell’art. 52, d.lgs. n. 196 del 2003 in quan imposto dalla legge.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del 24 gennaio 2024.