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Tossicodipendenza e imputabilità: quando è esclusa?

La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 9858/2024, ha rigettato il ricorso di un’imputata condannata per violazione delle prescrizioni imposte dall’autorità giudiziaria. L’imputata sosteneva una ridotta capacità di intendere e di volere a causa della sua condizione di tossicodipendenza. La Corte ha stabilito che, ai fini dell’esclusione o diminuzione dell’imputabilità, non è sufficiente un generico stato di tossicodipendenza, ma è necessario provare un’intossicazione cronica che abbia causato un’alterazione psicopatologica permanente e indipendente dall’assunzione di droga. Poiché la difesa non ha fornito tale prova specifica, il ricorso è stato respinto, confermando la condanna e negando l’applicazione della causa di non punibilità per tenuità del fatto a causa dell’abitualità del comportamento criminoso dell’imputata.

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Pubblicato il 5 novembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Tossicodipendenza e imputabilità: la Cassazione traccia i confini

La recente sentenza della Corte di Cassazione, n. 9858 del 2024, offre un’importante lezione sul delicato rapporto tra tossicodipendenza e imputabilità nel diritto penale. La Corte ha stabilito con chiarezza che un generico stato di dipendenza da sostanze stupefacenti non è sufficiente, di per sé, a escludere o diminuire la capacità di intendere e di volere dell’imputato. Vediamo nel dettaglio il caso e le motivazioni della Suprema Corte.

I Fatti del Processo

Una donna veniva condannata in primo e secondo grado alla pena di un anno e otto mesi di reclusione per la violazione delle prescrizioni imposte dall’autorità giudiziaria, un reato previsto dall’art. 75, comma 2, del D.Lgs. 159/2011.

La difesa dell’imputata decideva di ricorrere in Cassazione, basando la propria strategia su tre motivi principali:
1. Mancata perizia psichiatrica: La Corte d’Appello aveva rigettato la richiesta di una nuova perizia psichiatrica, nonostante la difesa avesse prodotto documentazione medica attestante non solo la tossicodipendenza, ma anche un disturbo della personalità.
2. Mancato riconoscimento della tenuità del fatto: Secondo i legali, i giudici avevano errato nel non applicare la causa di non punibilità per particolare tenuità del fatto (art. 131-bis c.p.), sostenendo che i precedenti penali non indicassero un’abitualità nel comportamento criminoso.
3. Pena sproporzionata: La sanzione inflitta era ritenuta eccessiva e ingiustificata, soprattutto in relazione allo stato psicofisico dell’imputata.

La decisione della Cassazione sulla tossicodipendenza e imputabilità

La Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso in ogni suo punto, ritenendolo infondato. Le argomentazioni dei giudici forniscono chiarimenti fondamentali sulla prova della ridotta capacità in caso di dipendenza da droghe.

Onere della prova e intossicazione cronica

Il punto centrale della sentenza riguarda il primo motivo di ricorso. La Corte ha ribadito un principio consolidato: il semplice stato di tossicodipendenza non equivale a un’infermità mentale. Per poter incidere sull’imputabilità, la dipendenza deve raggiungere un livello di “intossicazione cronica” tale da provocare alterazioni patologiche permanenti, ovvero una vera e propria malattia psichica che sussiste indipendentemente dall’assunzione delle sostanze.

Nel caso specifico, la difesa si era limitata ad allegare in modo generico lo stato di tossicodipendenza, senza fornire prove concrete e specifiche che dimostrassero:
* Una patologia cerebrale permanente derivante dalla dipendenza.
* La sussistenza di tale stato patologico nel periodo in cui i reati erano stati commessi.

L’onere di allegare tale documentazione specifica grava sulla difesa, e la sua mancanza ha giustificato il diniego della perizia psichiatrica da parte della Corte d’Appello.

L’abitualità del comportamento osta alla tenuità del fatto

Anche il secondo motivo è stato respinto. I giudici hanno sottolineato che la Corte d’Appello aveva correttamente valutato il comportamento “abituale” della ricorrente come ostativo all’applicazione dell’art. 131-bis c.p.

La Cassazione ha chiarito che i precedenti per evasione, sebbene diversi dal reato contestato, sono da considerarsi “della stessa indole”, poiché entrambi si connotano per la violazione di prescrizioni dettate dall’autorità giudiziaria. Questa valutazione ha legittimamente portato a escludere la particolare tenuità del fatto.

Le motivazioni

Le motivazioni della Corte Suprema si fondano su una rigorosa interpretazione della legge e della giurisprudenza consolidata. Per quanto riguarda la tossicodipendenza e imputabilità, i giudici hanno voluto evitare automatismi, richiedendo una prova rigorosa del nesso tra la dipendenza e una patologia mentale conclamata e permanente. Delegare al giudice il compito di accertare tale condizione senza un’adeguata allegazione probatoria da parte della difesa snaturerebbe il processo. Allo stesso modo, sulla non punibilità, la Corte ha applicato il concetto sostanziale di “reati della stessa indole”, guardando al carattere comune della condotta (la ribellione alle prescrizioni dell’autorità) piuttosto che alla mera classificazione formale del reato. Infine, la determinazione della pena è stata ritenuta immune da censure, in quanto i giudici di merito avevano adeguatamente motivato la loro scelta, considerando la gravità dei fatti, i precedenti e la reiterazione del comportamento illecito, pur mantenendo la pena al di sotto della media edittale.

Le conclusioni

Questa sentenza ribadisce principi cruciali per la difesa penale in casi che coinvolgono imputati con problemi di dipendenza. Per sostenere una tesi di ridotta o assente imputabilità, non è sufficiente affermare l’esistenza di una tossicodipendenza. È indispensabile che la difesa fornisca al giudice elementi probatori concreti e specifici che attestino un’intossicazione cronica con effetti patologici permanenti e rilevanti al momento del fatto. In assenza di tale corredo probatorio, la richiesta di una perizia psichiatrica rischia di essere respinta, e la difesa basata sulla condizione psicofisica dell’imputato risulterà infondata. La decisione conferma, inoltre, una visione sostanziale dell’abitualità criminale, che può precludere l’accesso a benefici come la non punibilità per particolare tenuità del fatto.

Un semplice stato di tossicodipendenza è sufficiente per escludere o diminuire l’imputabilità di una persona?
No. Secondo la sentenza, il mero stato di tossicodipendenza non costituisce di per sé un’infermità mentale. Per incidere sull’imputabilità, è necessario che la dipendenza sia cronica e abbia causato alterazioni patologiche permanenti a livello cerebrale, assimilabili a una vera malattia psichica, indipendenti dalla continua assunzione di sostanze.

Perché la Corte ha negato l’applicazione della causa di non punibilità per particolare tenuità del fatto (art. 131-bis c.p.)?
La Corte ha ritenuto che il comportamento dell’imputata fosse “abituale”, un elemento che impedisce l’applicazione di tale beneficio. L’abitualità è stata desunta dalla commissione di più reati “della stessa indole”, come le precedenti condanne per evasione, che, al pari del reato in giudizio, consistono nella violazione di prescrizioni imposte dall’autorità giudiziaria.

Cosa deve dimostrare la difesa per ottenere una perizia psichiatrica in appello basata sulla tossicodipendenza?
La difesa non può limitarsi ad allegare genericamente uno stato di tossicodipendenza. Deve adempiere a un onere di allegazione specifica, depositando documentazione che attesti l’esistenza di un’intossicazione cronica e lo stato di permanente incapacità che ne deriva, dimostrando la sua sussistenza in relazione al periodo temporale in cui i reati sono stati commessi.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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