Sentenza di Cassazione Penale Sez. 2 Num. 18102 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 2 Num. 18102 Anno 2025
Presidente: NOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 20/03/2025
SENTENZA
sul ricorso proposto da: NOMECOGNOME nato a Milano il 27/07/1997
avverso la sentenza del 12/04/2024 della Corte d’appello di Venezia visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
lette le conclusioni del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore COGNOME il quale ha concluso chiedendo che il ricorso sia rigettato;
letta la memoria difensiva dell’avv. COGNOME difensore di COGNOME COGNOME il quale ha insistito nella propria richiesta di annullamento della sentenza impugnata;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME.
RITENUTO IN FATTO
Con sentenza del 12/04/2024, la Corte d’appello di Venezia confermava la sentenza del 04/07/2023 del Tribunale di Vicenza, emessa in esito a giudizio ordinario, con la quale NOME COGNOME era stato condannato alla pena di sette mesi di reclusione ed € 300,00 di multa per il reato di truffa continuata in concorso (con un soggetto rimasto ignoto) ai danni NOME COGNOME e di NOME COGNOME.
Secondo il capo d’imputazione, tale reato era stato contestato al COGNOME «perché, con più azioni esecutive del medesimo disegno criminoso, in accordo con soggetto rimasto ignoto, con artifizi e raggiri consistiti nel simulare interesse per i
beni messi in vendita attraverso il sito internet “Subito.it” da NOME (una motosega elettrica al prezzo di euro 250) e NOME COGNOME (n. 4 gomme e n. 4 cerchi in lega da 17 per euro 400) e concordando telefonicamente che avrebbe effettuato un bonifico sui loro conti se si fossero recati presso lo sportello bancomat seguendo le sue indicazioni, induceva in errore i predetti, facendo loro effettuare ricariche della carta Postepay n. NUMERO_CARTA a lui intestata, così procurandosi un ingiusto profitto in danno dei predetti, rispettivamente euro 1.402,00 e 1.303,00».
Avverso tale sentenza del 12/04/2024 della Corte d’appello di Venezia, ha proposto ricorso per cassazione, per il tramite del proprio difensore avv. NOME COGNOME NOME COGNOME affidato a quattro motivi.
2.1. Con il primo motivo, il ricorrente deduce, in relazione all’art. 606, comma 1, lett. b), cod. proc. pen., l’inosservanza dell’art. 27, primo comma, Cost., e l’erronea applicazione degli artt. 42, primo e secondo comma, 110 e 640 cod. pen., nonché, in relazione all’art. 606, comma 1, lett. e), cod. proc. pen., la mancanza della motivazione «sul punto».
Il COGNOME lamenta che la sua responsabilità è stata affermata sulla base della «mera circostanza formale» dell’intestazione a sé della carta Postepay sulla quale era stato fatto accreditare il profitto delle truffe, senza motivare in ordine a qual sarebbero state le forme con cui si sarebbe manifestato il suo contributo causale ai medesimi reati.
Tale elemento dell’intestazione della carta Postepay sarebbe insufficiente ai fini dell’affermazione della responsabilità, soprattutto a fronte dei rappresentati «indizi di terzietà ed estraneità al fatto» e, in particolare, del documentato deficit intellettivo del COGNOME, elemento che appariva incompatibile con la scaltrezza che le persone offese avevano attribuito all’autore delle truffe, nonché a fronte dell’inconciliabilità tra il nascondimento, da parte di costui, della propria identità «un pagamento “tracciato” a favore dell’effettivo responsabile».
2.2. Con il secondo motivo, il ricorrente deduce, in relazione all’art. 606, comma 1, lett. e), cod. proc. pen., la mancanza e la manifesta illogicità della motivazione.
Il COGNOME lamenta anzitutto che la Corte d’appello di Venezia, nel motivare, al punto 2.1 della sentenza impugnata, il rigetto del suo primo motivo di appello, si sarebbe richiamata per relationem alla «passiva lettura dei dati processuali» che era stata fatta dal Tribunale di Vicenza, con le conseguenze di non avere colmato le carenze motivazionali della sentenza di primo grado e di essere incorsa, perciò, in una mancanza della motivazione.
Il ricorrente contesta poi che, quanto alla sua rappresentata fragilità psicologica, la Corte d’appello di Venezia non avrebbe chiarito, neppure in modo
implicito, quali sarebbero stati i dati concreti contrari agli assunti della propri difesa sul punto e idonei a smentire la stessa fragilità.
Il De COGNOME lamenta ancora che la Corte d’appello di Venezia: a) abbia ritenuto il carattere non dirimente della mancanza di prova della pubblicazione degli annunci di vendita sul sito “Subito.it”, nonostante la necessità di tale prova «per verificare il paradossale narrato delle persone offese»; b) quanto alla dedotta assenza di riscontro contabile che la persona offesa NOME COGNOME avesse accreditato il profitto della truffa ai suoi danni sulla carta Postepay del De Luca, avrebbe confuso una «mera comunicazione tra privati» con un’attestazione ufficiale di Poste Italiane s.p.a. e avrebbe anche travisato le dichiarazioni del testimone della polizia giudiziaria NOME COGNOME il quale non avrebbe «chiarito affatto le circostanze nei termini dalla stessa A.G. divisati ma, anzi, riconosce una propria svista e ammette che la corrispondenza contabile è stata frutto di una sua mera deduzione».
2.3. Con il terzo motivo, il ricorrente deduce, in relazione all’art. 606, comma 1, lett. b), cod. proc. pen., l’inosservanza degli artt. 114, terzo comma, e 112 primo comma, n. 4), cod. pen., nonché, in relazione all’art. 606, comma 1, lett. e), cod. proc. pen., la mancanza della motivazione «sul punto».
Il COGNOME lamenta che la Corte d’appello di Venezia avrebbe omesso di motivare con riguardo alla circostanza attenuante, prevista dal combinato disposto delle due disposizioni menzionate, dell’essere stato determinato a commettere il reato in stato di deficienza psichica, senza «nemmeno spiega il motivo per cui le problematiche del De Luca non fossero da ricondursi a tale ipotesi normativa, seppure oggetto di certificazione medica e previdenziale ritualmente acquisita agli atti».
2.4. Con il quarto motivo, il ricorrente deduce, in relazione all’art. 606, comma 1, lett. b), cod. proc. pen., l’inosservanza dell’art. 27, terzo comma, Cost., degli artt. 20-bis e 133 cod. pen., e degli artt. 53 e 59 della legge 24 novembre 1981, n. 689, e l’erronea applicazione dell’art. 58 della stessa legge n. 689 del 1981, nonché, in relazione all’art. 606, comma 1, lett. e), cod. proc. pen., la mancanza e la contraddittorietà della motivazione con riguardo al diniego dell’applicazione delle pene sostitutive.
Dopo un’ampia illustrazione della disciplina della materia delle pene sostitutive, il COGNOME lamenta che la Corte d’appello di Venezia gli avrebbe negato l’applicazione delle stesse pene senza operare il «dovuto vaglio prognostico relativo a ciascuna delle sanzioni sostitutive previste dalla legge e limitandosi ad una rassegna di precedenti penali, che non rientrano nelle condizioni ostative di cui all’art. 59, Legge 689/1981: in esso non è infatti contemplato, né il beneficio della sospensione condizionale già accordato, né la precedente semplice
“sostituzione della pena detentiva con quella pecuniaria”, occorrendo altresì il mancato pagamento della stessa e nemmeno lo stato di “libero sospeso”. Inoltre, l’excursus dei precedenti del ricorrente è inosservante rispetto ai criteri direttivi di cui all’art. 133 Codice penale, sia quoad poenam, che ai fini dell’individuazione della pena sostitutiva».
La decisione della Corte d’appello di Venezia sarebbe anche contraddittoria tenuto conto che la stessa Corte d’appello ha confermato l’applicazione di una pena «in termini assai prossimi ai minimi edittali», «dovendo esservi tra i due giudizi ex art. 133 c.p., continuità ed omogeneità».
CONSIDERATO IN DIRITTO
I primi due motivi, i quali, per lo loro stretta connessione, possono essere esaminati congiuntamente, non sono fondati.
Si deve anzitutto ritenere che, tenuto conto di quanto era stato dichiarato dalla persona offesa NOME COGNOMEnel corso della sua testimonianza resa all’udienza del 12/10/2021) e di quanto era stato affermato dall’altra persona offesa NOME COGNOMEnella sua denuncia sporta il 28/02/2019 e legittimamente acquisita al fascicolo per il dibattimento ai sensi dell’art. 512 cod. proc. pen.) con riguardo alla pubblicazione, da parte di ciascuna di tali persone offese, di un annuncio di vendita sul sito “Subito.it” e della truffa da esse successivamente subita con modalità attuative sostanzialmente analoghe, del tutto logicamente la Corte d’appello di Venezia abbia reputato la superfluità di ulteriori riscontri della pubblicazione dei medesimi annunci e la sussistenza delle due truffe.
Quanto al concorso dell’imputato in tali due reati, posto che non è in contestazione che la persona offesa NOME COGNOME aveva accreditato il profitto della truffa da lui subita sulla carta Postepay intestata al COGNOME, quanto alla carta sulla quale fu accreditato il profitto della truffa subita da NOME COGNOME il Collegi ritiene che, ancorché il testimone della polizia giudiziaria NOME COGNOME avesse affermato, secondo quanto risulta dalla trascrizione delle sue dichiarazioni testimoniali che è stata fatta dal ricorrente (pagg. 13-14 del ricorso), che nel numero della carta Postepay che era stato fornito dal Gardin «manca solo una cifra finale», tenuto conto che, come è stato sottolineato dalla Corte d’appello di Venezia, le due truffe erano state commesse non solo a distanza di soli tre giorni l’una dall’altra (il 22/02/2019 e il 25/02/2019) ma, soprattutto, utilizzando lo stesso numero telefonico – circostanza, questa, con la quale il ricorrente ha del tutto omesso di confrontarsi -, la stessa Corte d’appello abbia del tutto logicamente reputato che anche il profitto della truffa subita dal Gardin fosse stato accreditato sulla stessa carta Postepay, intestata al COGNOME, sulla quale era stato accreditato il profitto della truffa subita dal Duric.
Posta, pertanto, la logicità della motivazione con la quale la Corte d’appello di Venezia ha ritenuto che il profitto di entrambe le truffe fosse stato accreditato sulla carta Postepay intestata all’imputato, il Collegio ritiene insussistenti gli ulterio vizi denunciati, atteso che, in assenza di attendibili elementi di segno contrario nella specie, come subito si dirà, non ravvisabili – non si può ritenere né contraddittorio né manifestamente illogico reputare, come ha fatto la Corte d’appello di Venezia, che l’intestatario di una carta Postepay (appunto, l’imputato) sulla quale venga chiesto di accreditare e venga effettivamente accreditato il profitto della condotta truffaldina sia anche il beneficiario di tale pagamento e sia quindi, in quanto tale, responsabile, quanto meno a titolo di concorso, della truffa.
Del resto, risponde a criteri di logica che l’autore della truffa individui una modalità esecutiva del reato che gli consenta di appropriarsi del relativo profitto, ciò che conferma la responsabilità, a titolo di concorso, dell’imputato, che una tale modalità ha, appunto, evidentemente concorso a individuare.
Né il fatto che la modalità individuata era tale da consentire la sua identificazione implica logicamente la sua estraneità rispetto ai fatti, essendo la stessa modalità imposta dall’impossibilità di intestare una carta Postepay a un soggetto inesistente.
Si deve in effetti in proposito osservare che il rilascio delle carte PostePay presuppone la verifica dell’identità del titolare intestatario e che, per prelevare da una tale carta, occorre il PIN, che è nella disponibilità dello stesso titolare, cioè nel nostro caso, del COGNOME, e che questi – che non ha ritenuto di partecipare a nessuno dei due gradi di giudizio di merito -, non ha in effetti mai personalmente riferito né di avere ceduto a terzi la propria carta né, tantomeno, a chi l’avrebbe ceduta.
Quanto all’elemento della fragilità psicologica dell’imputato, il Collegio ritiene che, tenuto conto della relazione clinica della dott.ssa COGNOME che è stata riportata dal Tribunale di Vicenza alla pag. 3 della sentenza di primo grado e che è stata richiamata dalla Corte d’appello di Venezia, secondo cui il COGNOME era affetto da disturbo di personalità e si presentava «vigile, lucido ed orientato nei parametri d’oggetto, con atteggiamento talora eccessivamente confidenziale. L’eloquio è coerente ed informativo. Non emergono anomalie della sfera ideo-percettiva», la Corte d’appello di Venezia abbia non illogicamente reputato che la suddetta fragilità psicologica non fosse tale da incidere sul giudizio di responsabilità del De COGNOME, tenuto conto che lo stesso giudizio si fondava sull’intestazione della carta Postepay allo stesso imputato e non, come sembra adombrare il ricorrente, sull’essere egli il soggetto che, mostrando di possedere una notevole scaltrezza, aveva telefonato alle persone offese e le aveva indotte a effettuare gli accrediti sulla carta Postepay del De Luca.
Quanto al terzo motivo, si deve rilevare l’inammissibilità del corrispondente motivo di appello per difetto di specificità, rilevabile – ancorché la Corte territoria non l’abbia erroneamente qualificato come aspecifico – anche in Cassazione, ai sensi del comma 4 dell’art. 591 cod. proc. pen. (Sez. 3, n. 38683 del 26/04/2017, COGNOME, Rv. 270799-01; Sez. 2, n. 36111 del 09/06/2017, P., Rv. 271193-01).
Con riguardo all’invocata circostanza attenuante, il COGNOME, nel proprio atto di appello (pag. 13), si era limitato a dedurre «lo stato di comprovata influenzabilità, traducibile nel concetto di “deficienza psichica” rilevante ai sensi del combinato disposto degli artt. 114 comma 3 e 112 n. 4) c.p., di cui altri, plausibilmente, potrebbero essersi approfittati».
Come è stato chiarito dalla Corte di cassazione, per la configurabilità della circostanza attenuante di cui al combinato disposto degli artt. 114, terzo comma, e 112, primo comma, n. 4), cod. pen., è necessario che colui il quale si trovi in stato di deficienza psichica sia stato determinato da altri a commettere il reato, dovendosi considerare che, per l’altrui determinazione, non basta però che altri abbia provocato la semplice idea del reato ma occorre che il determinatore abbia fatto sorgere l’intenzione criminosa, facendo superare all’agente ogni dubbio in proposito (Sez. 1, n. 12543 del 13/01/2015, F.D.L., Rv. 263180-01; Sez. 6, n. 5871 del 09/01/1990, COGNOME, Rv. 184116-01; Sez. 2, n. 11616 del 02/03/1989, COGNOME, Rv. 182000-01).
Orbene, a fronte di tali requisiti di configurabilità della circostanza attenuante, il COGNOME, nel proprio atto di appello, come è visto, si era limitato a dedurre, in modo del tutto generico, che «altri, plausibilmente, potrebbero essersi approfittati» del suo stato di deficienza psichica, senza in alcun modo indicare né da quali elementi sarebbe risultata la plausibilità di tale sostenuto “approfittamento” né in che cosa esso sarebbe consistito e, in particolare, da quali elementi si sarebbe potuto desumere che la sua partecipazione alla truffa era stata il frutto non di una sua autonoma, ancorché concertata, decisione ma, piuttosto, di un’istigazione che gli aveva fatto sorgere l’intenzione delittuosa, facendogli superare, grazie anche al suo stato di minore resistenza all’altrui opera persuasiva, ogni dubbio in proposito.
Dalla rilevata inammissibilità del motivo di appello consegue l’inammissibilità del corrispondente motivo del ricorso per cassazione.
Il quarto motivo è manifestamente infondato.
È vero che il d.lgs. 10 ottobre 2022, n. 150, ha modificato la legge n. 689 del 1981 con l’evidente obiettivo di estendere l’ambito applicativo delle sanzioni sostitutive (che ha trasformato in vere e proprie pene sostitutive; art. 20-bis cod. pen.).
È peraltro altresì vero che, anche nel testo attualmente vigente, l’art. 58 della legge n. 689 del 1981 richiede al giudice che debba valutare se applicare una pena sostitutiva di tenere conto «dei criteri indicati dall’art. 133 del codice penale». I novellato art. 58 stabilisce che, nel decidere se applicare una pena sostitutiva e nello scegliere quale pena applicare, il giudice debba valutare quale sia la pena più idonea alla rieducazione del condannato e se sia possibile, attraverso opportune prescrizioni, prevenire il pericolo di commissione di altri reati.
Nel motivare sull’applicazione (o mancata applicazione) delle pene sostitutive, dunque, il giudice deve ancora oggi tenere conto dei precedenti penali dell’imputato, ma non deve valutarli tanto nella prospettiva della meritevolezza del beneficio della sostituzione, quanto nella prospettiva dell’efficacia della pena sostitutiva e della possibilità di considerarla più idonea alla rieducazione rispetto alla pena detentiva.
Nel caso in esame, la Corte d’appello di Venezia ha ritenuto di non applicare al COGNOME una pena sostitutiva perché ha reputato che, poiché, nonostante le precedenti condanne che aveva riportato – per una delle quali aveva beneficiato della sospensione condizionale della pena (n. 1 del certificato del casellario giudiziale), per un’altra della sostituzione della pena detentiva con quella pecuniaria (n. 3 del certificato del casellario giudiziale) e per un’altra si trovava nella condizione di cosiddetto “libero sospeso” (n. 6 del certificato del casellario giudiziale) -, l’imputato non aveva ritenuto di rivalutare criticamente e di modificare un tale stile di vita, essendosi piuttosto impegnato a trovare ulteriori nuove modalità di commissione di condotte illecite, si doveva ritenere che solo la comminata pena detentiva (e, quindi, non anche le pene sostitutive previste dall’art. 20-bis cod. pen.) fosse idonea alla rieducazione del De Luca.
Poiché tale valutazione attiene all’esercizio di un potere discrezionale del giudice – quale è, per previsione espressa, quello a esso attribuito dall’art. 58 della legge n. 689 del 1981 (articolo che è rubricato: «Potere discrezionale del giudice nell’applicazione e nella scelta delle pene sostitutive») – e poiché la stessa valutazione appare motivata in modo non contraddittorio né manifestamente illogico, essa non è sindacabile in questa sede di legittimità.
Pertanto, il ricorso deve essere rigettato, con la conseguente condanna del ricorrente, ai sensi dell’art. 616, comma 1, cod. proc. pen., al pagamento delle spese del procedimento.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Così deciso il 20/03/2025.