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Titolare Postepay truffa: la responsabilità penale

Un uomo è stato condannato in via definitiva per concorso in truffa continuata. La sua carta prepagata era stata utilizzata per ricevere i proventi illeciti di due truffe online. Inutile la sua difesa basata su una presunta fragilità psicologica e sull’estraneità ai fatti. La Cassazione ha confermato che essere il titolare della Postepay su cui viene accreditato il profitto di una truffa costituisce un grave indizio di colpevolezza e fonda la responsabilità per concorso nel reato, salvo prova contraria.

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Pubblicato il 21 settembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Titolare Postepay e Truffa Online: Quando Scatta la Responsabilità Penale?

Le truffe online sono un fenomeno in costante crescita e una delle modalità più comuni coinvolge l’uso di carte prepagate per incassare il denaro delle vittime. Ma cosa rischia chi mette a disposizione la propria carta? Una recente sentenza della Corte di Cassazione fa luce sulla responsabilità penale del titolare Postepay in una truffa, stabilendo principi molto chiari: la sola intestazione della carta è un elemento sufficiente a fondare una condanna per concorso in reato.

I Fatti del Caso: La Truffa della Finta Vendita Online

Il caso esaminato dalla Suprema Corte riguarda un uomo condannato per truffa continuata in concorso con un soggetto rimasto sconosciuto. La tecnica era quella classica: venivano pubblicati annunci di vendita per beni (una motosega e un set di gomme con cerchi in lega) su un noto portale online. Le vittime, interessate all’acquisto, venivano contattate telefonicamente e indotte, con l’inganno, a recarsi presso uno sportello bancomat. Seguendo le istruzioni del truffatore, invece di ricevere un pagamento, effettuavano inconsapevolmente una ricarica su una carta prepagata. Tale carta risultava intestata all’imputato, sul cui conto finivano i profitti illeciti, pari a circa 2.700 euro complessivi.

I Motivi del Ricorso: La Difesa dell’Imputato

L’imputato ha presentato ricorso in Cassazione, basando la sua difesa su diversi punti:

1. Mancanza di prove: Sosteneva che la mera intestazione della carta non fosse una prova sufficiente del suo coinvolgimento attivo nella truffa.
2. Incompatibilità del profilo psicologico: Evidenziava una sua documentata fragilità psicologica, a suo dire incompatibile con la scaltrezza necessaria per ideare ed eseguire raggiri così complessi.
3. Vizi di motivazione: Lamentava che la Corte d’Appello avesse confermato la condanna senza approfondire adeguatamente le sue argomentazioni difensive.
4. Mancata concessione delle pene sostitutive: Contestava il diniego di pene alternative alla detenzione, ritenendolo ingiustificato.

La Decisione della Cassazione: Analisi sul Titolare Postepay e la Truffa

La Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso, confermando la condanna e fornendo motivazioni molto nette sulla questione.

La Titolarità della Carta come Prova del Concorso nel Reato

Il punto centrale della sentenza è che, in assenza di elementi di segno contrario, è del tutto logico e legittimo ritenere che l’intestatario di una carta prepagata, sulla quale vengono accreditati i proventi di una truffa, sia responsabile del reato a titolo di concorso. Secondo la Corte, fornire lo strumento per incassare il profitto illecito è una forma di partecipazione essenziale al piano criminoso. L’imputato, nel caso di specie, non ha mai fornito spiegazioni alternative credibili, come la cessione o lo smarrimento della carta e del relativo PIN. Il fatto che la carta sia “tracciabile” non esclude la responsabilità, ma è anzi una necessità, dato che non è possibile intestare una carta a un soggetto inesistente.

La Valutazione della Fragilità Psicologica

Anche l’argomento della fragilità psicologica è stato respinto. Le perizie mediche, pur evidenziando un disturbo di personalità, descrivevano l’imputato come “vigile, lucido ed orientato”. La sua condizione non era tale da escludere la capacità di partecipare al reato, il cui ruolo poteva essersi limitato a quello, fondamentale, di fornire la carta. Non è necessario essere l’autore materiale delle telefonate per essere considerati concorrenti nel reato.

Le Motivazioni

La Corte ha ritenuto i primi due motivi di ricorso infondati, giudicando la motivazione della Corte d’Appello logica e coerente. L’intestazione della carta, unita all’accredito dei profitti e all’assenza di spiegazioni alternative, costituisce un quadro probatorio sufficiente per affermare la responsabilità in concorso. Il terzo motivo, relativo alla mancata applicazione di una circostanza attenuante legata alla deficienza psichica, è stato dichiarato inammissibile perché l’imputato si era limitato a una generica doglianza senza specificare come e da chi sarebbe stato indotto a delinquere. Infine, anche il quarto motivo sul diniego delle pene sostitutive è stato giudicato infondato. I giudici hanno correttamente esercitato il loro potere discrezionale, considerando i precedenti penali dell’imputato e concludendo che, non avendo egli modificato il suo stile di vita nonostante le precedenti condanne, solo la pena detentiva fosse idonea alla sua rieducazione.

Le Conclusioni

Questa sentenza ribadisce un principio di estrema importanza pratica: prestare la propria carta prepagata o il proprio conto corrente per operazioni poco chiare espone a un rischio penale molto elevato. La giurisprudenza è ormai consolidata nel ritenere che il titolare della Postepay coinvolto in una truffa sia un concorrente nel reato, a meno che non sia in grado di dimostrare in modo convincente la propria totale estraneità ai fatti. L’apparente “passività” del ruolo non è una scusante, ma una forma di contributo causale al crimine.

Essere l’intestatario di una carta prepagata usata per una truffa è sufficiente per essere condannati?
Sì. Secondo la Corte di Cassazione, la titolarità della carta su cui viene accreditato il profitto del reato è un elemento logico sufficiente per affermare la responsabilità in concorso, specialmente se l’intestatario non fornisce una spiegazione alternativa credibile (come furto o smarrimento della carta e del PIN).

Una condizione di fragilità psicologica può escludere la responsabilità per truffa?
Non necessariamente. Nel caso specifico, i giudici hanno valutato la documentazione medica ma hanno concluso che, pur in presenza di un disturbo della personalità, l’imputato era lucido e orientato. La sua condizione non era tale da renderlo incapace di partecipare, anche con un ruolo minore come quello di fornire la carta per l’accredito del denaro.

Perché sono state negate le pene sostitutive nonostante la pena fosse bassa?
La Corte ha negato le pene sostitutive esercitando il proprio potere discrezionale, basandosi sui precedenti penali dell’imputato. Avendo egli già beneficiato in passato di una sospensione condizionale della pena e di una sostituzione della pena detentiva, e avendo continuato a delinquere, i giudici hanno ritenuto che solo la detenzione fosse una pena adeguata alla sua rieducazione.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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