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Titolare Carta Prepagata e Truffa: la Cassazione

La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 7983/2024, ha dichiarato inammissibile il ricorso di un imputato condannato per truffa. L’uomo era il titolare di una carta prepagata su cui era stato versato il denaro per una finta polizza assicurativa online. La Corte ha stabilito che la titolarità della carta, in assenza di spiegazioni alternative da parte dell’imputato, costituisce un elemento di prova decisivo. È stato inoltre negato il beneficio della particolare tenuità del fatto, a causa della gravità del rischio creato (circolazione senza assicurazione) e dei precedenti specifici dell’imputato.

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Pubblicato il 2 novembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Titolare Carta Prepagata e Truffa Online: La Cassazione Conferma la Responsabilità

Nell’era digitale, le truffe online sono sempre più sofisticate e diffuse. Una recente sentenza della Corte di Cassazione (n. 7983/2024) ha affrontato un caso emblematico, chiarendo la posizione di responsabilità penale del titolare carta prepagata utilizzata per ricevere i proventi di un’attività illecita. La decisione conferma un orientamento rigoroso: la semplice titolarità dello strumento di pagamento, se non accompagnata da una spiegazione plausibile, è un indizio sufficiente a fondare una condanna per concorso in truffa.

I Fatti del Caso: La Finta Assicurazione Online

Il caso nasce da una classica truffa online. Una persona, convinta di stipulare un contratto di assicurazione per la propria auto tramite un’agenzia apparentemente legittima, ha versato la somma di 460 euro su una carta prepagata. Successivamente, ha ricevuto documentazione contrattuale e un tagliando assicurativo che si sono rivelati completamente falsi. Le indagini hanno rapidamente identificato il titolare della carta prepagata su cui era confluito il denaro.

L’uomo è stato processato e condannato per truffa sia in primo grado dal Tribunale di Teramo sia in secondo grado dalla Corte d’appello de L’Aquila. La difesa ha quindi proposto ricorso per Cassazione, sostenendo che la sola titolarità della carta non potesse essere considerata una prova sufficiente della sua partecipazione al reato.

La Decisione della Corte: La Responsabilità del Titolare Carta Prepagata

La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile, confermando le condanne precedenti. I giudici hanno smontato le argomentazioni difensive, ribadendo principi giuridici di fondamentale importanza pratica.

La Sola Titolarità della Carta è Prova Sufficiente?

Il punto centrale della sentenza è che il dato della titolarità della carta non è un elemento neutro. Anzi, è un dato incontroverso e grave. La Corte ha sottolineato che l’imputato non ha mai fornito alcuna spiegazione sul perché un accredito relativo a una truffa fosse finito proprio sulla sua carta. Questo silenzio processuale è stato interpretato a suo sfavore.

Il Principio della “Vicinanza della Prova”

La Corte ha richiamato il principio della “vicinanza della prova”. Secondo questo principio, spetta alla parte che ha più facile accesso a una determinata prova l’onere di fornirla. In questo caso, solo il titolare della carta prepagata avrebbe potuto spiegare le ragioni di quell’accredito, dimostrando la sua eventuale estraneità (ad esempio, carta clonata, furto d’identità, ecc.). Non avendolo fatto, la sua condotta omissiva ha rafforzato il quadro accusatorio, facendolo ritenere un concorrente nel reato, che ha fornito un contributo essenziale alla sua realizzazione, mettendo a disposizione lo strumento per incassare il profitto illecito.

I Motivi del Rigetto degli Altri Appelli

La difesa aveva sollevato anche altre questioni, tutte respinte dalla Corte.

La Particolare Tenuità del Fatto

L’imputato aveva richiesto l’applicazione della causa di non punibilità per particolare tenuità del fatto (art. 131-bis c.p.), sostenendo che il danno economico fosse esiguo. La Corte ha respinto questa tesi, evidenziando che il danno non era solo patrimoniale. Il fatto era grave perché aveva indotto la vittima a circolare con un’auto priva di copertura assicurativa, creando un grave pericolo per sé e per terzi. Inoltre, i precedenti penali specifici dell’imputato impedivano l’applicazione di tale beneficio.

La Recidiva e le Circostanze Attenuanti

Anche il motivo relativo alla mancata motivazione sulla recidiva e sulle attenuanti generiche è stato giudicato inammissibile. La Corte ha osservato che l’atto di appello su questo punto era stato estremamente generico e laconico, non sollevando questioni specifiche. Di conseguenza, la Corte territoriale non aveva l’obbligo di fornire una motivazione dettagliata su un motivo di impugnazione così debolmente formulato.

Le Motivazioni

La Corte di Cassazione ha basato la sua decisione di inammissibilità su solidi principi procedurali e sostanziali. In primo luogo, ha ribadito che il giudizio di legittimità non può trasformarsi in un terzo grado di merito per rivalutare le prove. Le sentenze dei due gradi precedenti erano logiche e coerenti nel concludere per la colpevolezza dell’imputato.

Il fulcro della motivazione risiede nell’attribuzione di un valore probatorio decisivo alla titolarità della carta prepagata, quando questa non è contraddetta da alcuna spiegazione da parte dell’imputato. La Corte afferma che, anche se l’imputato non avesse partecipato direttamente agli artifizi e raggiri, il fatto di aver fornito la propria carta costituisce un contributo consapevole ed essenziale alla realizzazione della truffa. Questo comportamento si inserisce nella struttura unitaria del reato concorsuale, dove ogni compartecipe risponde dell’evento finale, anche per gli atti materialmente compiuti da altri.

Inoltre, la valutazione sulla non applicabilità dell’art. 131-bis c.p. è stata ritenuta corretta perché non si è limitata al solo dato quantitativo del danno, ma ha considerato la gravità complessiva della condotta e la pericolosità sociale del reo, desunta dai suoi precedenti specifici.

Le Conclusioni

La sentenza n. 7983/2024 lancia un messaggio chiaro: chiunque metta a disposizione i propri strumenti finanziari, come una carta prepagata, per la realizzazione di attività illecite, non può sperare di rimanere impunito invocando una presunta ignoranza o estraneità. Il titolare della carta prepagata ha l’onere di vigilare sul suo utilizzo e, se chiamato in giudizio, di fornire spiegazioni concrete e credibili. In assenza di ciò, la sua responsabilità penale per concorso nel reato è una conseguenza quasi automatica. Questa decisione rafforza la tutela delle vittime di truffe online e serve da monito sulla necessità di una gestione responsabile dei propri strumenti di pagamento.

Essere il titolare di una carta prepagata su cui viene accreditato il profitto di una truffa è sufficiente per una condanna?
Sì, secondo la Corte. La titolarità della carta è un elemento di prova decisivo, soprattutto se l’imputato non fornisce alcuna spiegazione plausibile sul perché la sua carta sia stata usata per la transazione. Tale circostanza, unita al silenzio, crea una forte presunzione di coinvolgimento nel reato.

Perché la Corte ha escluso l’applicazione della particolare tenuità del fatto in questo caso?
La Corte ha ritenuto il fatto non di lieve entità per due ragioni principali: il danno non era solo patrimoniale (€460), ma includeva il grave pericolo creato alla collettività, avendo lasciato circolare un veicolo senza copertura assicurativa. Inoltre, l’imputato aveva precedenti penali specifici, indicativi di una certa pericolosità sociale.

Cosa significa il principio della “vicinanza della prova” in questo contesto?
Significa che l’onere di fornire una spiegazione sull’uso della carta ricade sull’imputato, in quanto è la persona più “vicina” a quella prova. È lui, il titolare della carta prepagata, che si trova nella posizione migliore per spiegare come e perché la sua carta sia stata utilizzata per ricevere i soldi. Il suo mancato chiarimento viene interpretato a suo sfavore.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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