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Testimonianza reati reciproci: la Cassazione chiarisce

Un’infermiera, accusata di peculato dal suo ex coniuge, viene assolta in appello perché la testimonianza di quest’ultimo è ritenuta inammissibile. La Corte di Cassazione annulla tale decisione, chiarendo il concetto di testimonianza in reati reciproci. La Corte stabilisce che, per rendere una testimonianza inammissibile, i reati reciproci devono avvenire nel medesimo contesto, impedendo così che denunce strategiche possano invalidare prove cruciali. Il caso è stato rinviato per un nuovo processo.

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Pubblicato il 28 ottobre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Testimonianza in Reati Reciproci: Quando è Ammissibile? La Sentenza della Cassazione

La validità di una testimonianza in reati reciproci è un tema complesso della procedura penale, che può decidere le sorti di un processo. Una recente sentenza della Corte di Cassazione (n. 4001/2024) ha fornito un chiarimento fondamentale: una semplice contro-denuncia per calunnia non è sufficiente a rendere inammissibile la deposizione della persona offesa. Vediamo nel dettaglio la vicenda e i principi affermati dai giudici.

I Fatti del Caso: Dall’Accusa di Peculato all’Assoluzione in Appello

La vicenda processuale ha origine dall’accusa di peculato mossa nei confronti di un’infermiera in servizio presso un ospedale di Milano. La donna era stata accusata dal suo ex coniuge di essersi appropriata indebitamente di medicinali e materiale sanitario di proprietà della struttura pubblica. In primo grado, il Tribunale di Milano l’aveva ritenuta colpevole, condannandola a due anni di reclusione.

La situazione si è capovolta in secondo grado. La Corte di Appello di Milano ha riformato la sentenza, assolvendo l’imputata con la formula “perché il fatto non sussiste”. La decisione dei giudici d’appello si fondava su un punto cruciale: la testimonianza dell’ex coniuge, considerata la prova principale, è stata dichiarata inutilizzabile. Al momento della sua deposizione, infatti, l’uomo era a sua volta indagato per il reato di calunnia, a seguito di una denuncia sporta proprio dall’infermiera. Secondo la Corte d’Appello, questa circostanza avrebbe imposto di sentirlo non come un semplice testimone, ma come un “testimone assistito”, con tutte le garanzie difensive previste dalla legge. La violazione di tali garanzie ha comportato, secondo i giudici di secondo grado, l’inutilizzabilità della prova.

Il Ricorso in Cassazione e la questione della Testimonianza in reati reciproci

Il Procuratore Generale presso la Corte di Appello ha impugnato la sentenza di assoluzione, portando il caso dinanzi alla Corte di Cassazione. Il ricorso si basava sulla violazione delle norme procedurali che regolano la testimonianza. La questione giuridica centrale era se una denuncia per calunnia, presentata dall’imputato contro il suo principale accusatore, crei automaticamente una situazione di “reati reciproci” tale da rendere necessaria l’audizione di quest’ultimo come testimone assistito. Il Procuratore ha sostenuto che l’incompatibilità a testimoniare si applica solo in casi specifici e che la denuncia per calunnia, in questo caso, era stata archiviata prima ancora della sentenza d’appello.

Le Motivazioni della Suprema Corte

La Corte di Cassazione ha accolto il ricorso del Procuratore Generale, annullando la sentenza di assoluzione. I giudici hanno chiarito in modo netto l’erroneità dell’argomentazione della Corte di Appello, offrendo una interpretazione rigorosa del concetto di testimonianza in reati reciproci.

Secondo la Cassazione, la nozione di “reati commessi da più persone in danno reciproco le une delle altre”, prevista dal codice di procedura penale, si applica solo a quelle condotte criminali che avvengono nel medesimo contesto spazio-temporale e in stretto collegamento naturalistico. L’esempio classico è una rissa, in cui i partecipanti sono contemporaneamente aggressori e vittime.

Nel caso in esame, invece, i due reati (il peculato contestato all’infermiera e la presunta calunnia del suo ex coniuge) erano avvenuti in momenti e contesti del tutto distinti. L’accusa di peculato si riferiva a fatti avvenuti fino a luglio 2018, mentre la denuncia per calunnia era stata presentata dall’imputata quasi un anno dopo, a giugno 2019. Mancava quindi quella contestualità che è presupposto indispensabile per parlare di reciprocità.

La Corte ha inoltre sottolineato un principio di fondamentale importanza: se si permettesse a un imputato di neutralizzare una testimonianza a carico semplicemente sporgendo una denuncia strumentale per calunnia, si creerebbe un grave vulnus al corretto esercizio della giurisdizione. Si darebbe spazio a manovre dilatorie e ostruzionistiche finalizzate a inquinare il quadro probatorio.

Infine, la Cassazione distingue tra inutilizzabilità e attendibilità della prova. La testimonianza dell’ex coniuge era pienamente utilizzabile. Spettava poi al giudice di merito valutarne la credibilità (l’attendibilità), tenendo conto di tutti i fattori, inclusi i rapporti conflittuali tra le parti, ma senza poterla escludere a priori dal processo.

Le Conclusioni

La sentenza stabilisce un principio chiaro: una contro-querela per calunnia non trasforma automaticamente l’accusatore in un testimone incompatibile, a meno che i reati contestati non siano legati da un’effettiva e immediata reciprocità contestuale. Questa decisione rafforza le garanzie di un processo equo, impedendo che strategie difensive possano paralizzare l’acquisizione delle prove. Per effetto di questa pronuncia, la sentenza di assoluzione è stata annullata e il caso dovrà essere nuovamente giudicato da un’altra sezione della Corte di Appello di Milano, che dovrà considerare valida e utilizzabile la testimonianza chiave dell’ex coniuge.

Quando un testimone deve essere sentito come ‘testimone assistito’?
Un soggetto deve essere sentito come testimone assistito, quindi con la presenza di un avvocato, quando la sua deposizione potrebbe portare a una sua auto-incriminazione, in particolare se è indagato o imputato per un reato strettamente connesso a quello per cui si sta procedendo.

Una denuncia per calunnia rende sempre inammissibile la testimonianza dell’accusatore originario?
No. Secondo questa sentenza, una denuncia per calunnia presentata dall’imputato contro il suo accusatore non rende automaticamente la testimonianza di quest’ultimo inammissibile. L’incompatibilità sussiste solo se i reati reciproci sono stati commessi nel medesimo contesto spaziale e temporale, non quando la denuncia è un atto successivo e strategicamente distinto.

Qual è la differenza tra inutilizzabilità e inattendibilità di una testimonianza?
L’inutilizzabilità è una sanzione processuale che vieta al giudice di usare la prova perché è stata acquisita violando la legge. L’inattendibilità (o scarsa credibilità) riguarda invece il merito della prova: la testimonianza è legalmente valida e utilizzabile, ma il giudice, dopo averla valutata, può ritenerla non affidabile e decidere di non basare la sua sentenza su di essa.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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