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Testimonianza polizia giudiziaria: ricorso inammissibile

La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso di un imputato condannato per spaccio di stupefacenti. La condanna si basava sulla decisiva testimonianza della polizia giudiziaria, in particolare sul riconoscimento effettuato da un agente che aveva assistito direttamente alla cessione della sostanza. La Corte ha stabilito che il ricorso era una mera ripetizione dei motivi d’appello già respinti, senza un reale confronto critico con la sentenza impugnata, rendendo superflua la discussione su altre prove, come le dichiarazioni dell’acquirente.

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Pubblicato il 27 settembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Testimonianza della Polizia Giudiziaria: Quando il Ricorso è Inammissibile

L’ordinanza in esame della Corte di Cassazione offre un’importante lezione sul valore probatorio della testimonianza della polizia giudiziaria e sui requisiti di ammissibilità di un ricorso. La Suprema Corte, confermando una condanna per spaccio di stupefacenti, ha ribadito come un ricorso meramente ripetitivo dei motivi già discussi in appello sia destinato all’inammissibilità, soprattutto quando la colpevolezza è fondata su prove solide come il riconoscimento diretto da parte di un agente.

I Fatti del Processo

Il caso trae origine da una condanna per il reato previsto dall’art. 73, comma 5, del D.P.R. 309/1990 (Testo Unico Stupefacenti), emessa dal Tribunale e successivamente confermata dalla Corte di Appello. L’imputato era stato ritenuto responsabile della cessione di una dose di sostanza stupefacente.
Contro la sentenza di secondo grado, la difesa ha proposto ricorso per Cassazione, lamentando vizi di legge e di motivazione.

I Motivi del Ricorso in Cassazione

I motivi di ricorso presentati dall’imputato si concentravano su tre punti principali:
1. Affermazione di responsabilità: La difesa sosteneva che la condanna fosse basata erroneamente sul riconoscimento operato dall’acquirente della dose, il quale non aveva confermato in dibattimento le dichiarazioni rese in fase di indagine.
2. Inutilizzabilità delle prove: Si eccepiva che le dichiarazioni dell’acquirente fossero inutilizzabili in quanto auto-accusatorie.
3. Trattamento sanzionatorio: Infine, veniva criticata come illogica la motivazione relativa alla pena inflitta.

La Decisione della Cassazione: il Valore della Testimonianza della Polizia Giudiziaria

La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile, ritenendolo una semplice riproposizione delle doglianze già esaminate e respinte dalla Corte di Appello. Secondo gli Ermellini, il ricorso non si confrontava criticamente con le argomentazioni della sentenza impugnata, limitandosi a reiterare le stesse questioni.
Il punto cruciale della decisione risiede nell’aver identificato la prova decisiva non nelle dichiarazioni dell’acquirente, ma nella testimonianza della polizia giudiziaria. Un agente qualificato, infatti, aveva osservato direttamente la cessione della sostanza e aveva riconosciuto con certezza l’imputato, persona a lui già nota. Questa osservazione diretta ha costituito l’architrave dell’impianto accusatorio, rendendo secondaria ogni altra questione probatoria.

Le Motivazioni della Corte

La Corte ha spiegato che un ricorso per cassazione che si limita a riprodurre gli stessi motivi dell’appello, senza una critica specifica e puntuale alla motivazione della sentenza di secondo grado, è da considerarsi non specifico e, quindi, inammissibile.
Nel merito, la motivazione della sentenza impugnata è stata giudicata esaustiva, logica e congruente. L’identificazione dell’imputato non derivava da un semplice riconoscimento fotografico, ma da una “diretta visione” da parte di un teste qualificato della Polizia Giudiziaria. La Cassazione ha richiamato i principi consolidati sul riconoscimento, affermando che la sua affidabilità deriva dalla credibilità della deposizione di chi lo ha effettuato. La certezza espressa dall’agente nel riconoscere l’imputato ha reso la sua testimonianza una prova decisiva. Di conseguenza, la Corte ha ritenuto superfluo esaminare la dedotta inutilizzabilità delle dichiarazioni dell’acquirente, poiché la condanna si reggeva saldamente su un altro e più solido elemento probatorio.

Conclusioni

L’ordinanza in commento ribadisce due principi fondamentali del processo penale:
1. Specificità del ricorso: Un ricorso in Cassazione deve contenere critiche nuove e specifiche alla sentenza di appello, non può essere una mera fotocopia dei motivi precedenti.
2. Valore della prova testimoniale: La testimonianza della polizia giudiziaria, quando basata sull’osservazione diretta di un reato e sul riconoscimento certo di un soggetto già noto, costituisce una prova piena e spesso decisiva, in grado di sostenere da sola un’affermazione di responsabilità penale.

Quando un ricorso in Cassazione viene dichiarato inammissibile?
Un ricorso viene dichiarato inammissibile quando si limita a riproporre le stesse doglianze già respinte nei gradi di merito, senza confrontarsi criticamente e specificamente con le motivazioni della sentenza che si sta impugnando.

Quale valore ha la testimonianza di un agente di polizia giudiziaria che osserva direttamente un reato?
Secondo questa ordinanza, ha un valore probatorio decisivo. L’identificazione dell’imputato, basata sull’osservazione diretta di un agente di PG che lo conosceva già, è ritenuta una prova sufficiente e attendibile per fondare un giudizio di colpevolezza.

L’inutilizzabilità delle dichiarazioni dell’acquirente rende automaticamente nulla la condanna per spaccio?
No. Se nel processo esistono altre prove decisive e autonome, come in questo caso la testimonianza diretta di un ufficiale di polizia, l’eventuale inutilizzabilità di altre dichiarazioni diventa irrilevante ai fini della decisione finale.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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