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Testimonianza persona offesa: quando è inutilizzabile?

La Corte di Cassazione ha annullato una sentenza di condanna per lesioni personali, basata principalmente sulla testimonianza della persona offesa. Il motivo è che la persona offesa era a sua volta indagata per gli stessi fatti a seguito di una querela dell’imputata. In questi casi, la sua testimonianza deve seguire le garanzie previste per gli indagati (art. 210 c.p.p.). Il giudice d’appello aveva ignorato questo punto cruciale, rendendo la sentenza invalida e sancendo l’inutilizzabilità della prova.

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Pubblicato il 24 dicembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Testimonianza Persona Offesa: Le Garanzie Processuali Sono Fondamentali

La testimonianza della persona offesa rappresenta spesso uno degli elementi probatori più importanti all’interno di un processo penale. Tuttavia, la sua validità è subordinata al rispetto di precise regole procedurali, specialmente quando la stessa persona offesa riveste anche la qualità di indagata per i medesimi fatti. Una recente sentenza della Corte di Cassazione ha ribadito questo principio, annullando una condanna per lesioni proprio a causa della violazione di tali garanzie.

I Fatti del Caso: Una Condanna per Lesioni

Il caso trae origine da una condanna per il reato di lesioni personali. Una donna era stata ritenuta colpevole, sia in primo grado dal Giudice di Pace che in appello dal Tribunale, di aver aggredito un’altra persona, cagionandole lesioni. La decisione dei giudici di merito si fondava in maniera predominante sulle dichiarazioni rese dalla vittima dell’aggressione.

Tuttavia, la difesa dell’imputata aveva sollevato, sin dal primo grado, una questione procedurale di fondamentale importanza che è stata ignorata fino all’intervento della Suprema Corte.

Il Nodo Processuale: La Duplice Veste della Testimonianza Persona Offesa

Il punto cruciale della vicenda risiedeva nella posizione processuale della persona offesa. Quest’ultima, infatti, non era solo la vittima del presunto reato, ma anche una persona indagata in un procedimento connesso, avviato a seguito di una querela sporta dalla stessa imputata in relazione al medesimo episodio.

Secondo la difesa, questa circostanza imponeva che l’esame della persona offesa avvenisse non come un semplice testimone, ma con le garanzie previste dall’articolo 210 del codice di procedura penale, dedicato all’esame di persone imputate o indagate in un procedimento connesso. Tali garanzie includono specifici avvisi, come la facoltà di non rispondere, previsti dall’art. 64 c.p.p. Poiché queste modalità non erano state rispettate, la difesa sosteneva la totale inutilizzabilità delle dichiarazioni rese dalla vittima.

Nonostante questa eccezione fosse stata chiaramente sollevata nell’atto di appello, il Tribunale aveva completamente omesso di pronunciarsi sulla questione.

Le Motivazioni della Cassazione: Omissione e Violazione delle Regole

La Corte di Cassazione ha accolto il ricorso dell’imputata, censurando duramente l’operato del giudice d’appello. La Suprema Corte ha sottolineato che l’omessa pronuncia su un motivo di appello così specifico e decisivo costituisce un grave vizio di motivazione che impone l’annullamento della sentenza.

Nel merito, i giudici hanno ribadito un principio consolidato: quando si è in presenza di reati commessi con danno reciproco tra imputato e persona offesa (come spesso accade nelle liti che sfociano in lesioni), la persona offesa che ha a sua volta sporto querela o è comunque indagata per gli stessi fatti deve essere esaminata secondo le forme dell’art. 210 c.p.p. Ignorare questa regola procedurale determina l’inutilizzabilità assoluta delle sue dichiarazioni.

La questione era di indubbio rilievo nel caso specifico, poiché la pronuncia di condanna si basava quasi esclusivamente sulla testimonianza della persona offesa. La mancata verifica sulla sua ammissibilità ha quindi minato alla base l’intero impianto accusatorio.

Le Conclusioni: Annullamento con Rinvio e le Implicazioni Pratiche

Per questi motivi, la Corte di Cassazione ha annullato la sentenza impugnata e ha disposto il rinvio del processo al Tribunale, in persona di un diverso magistrato, per un nuovo esame.

Questa decisione ha un’importante implicazione pratica: nel nuovo giudizio, il Tribunale dovrà innanzitutto valutare la questione preliminare sull’utilizzabilità della testimonianza. Qualora dovesse confermare che la persona offesa andava esaminata secondo l’art. 210 c.p.p., le sue precedenti dichiarazioni non potranno essere utilizzate come prova. Di conseguenza, in assenza di altri elementi a sostegno dell’accusa, l’esito del processo potrebbe essere completamente ribaltato.

Quando la testimonianza della persona offesa deve seguire le regole previste per un indagato (art. 210 c.p.p.)?
Quando l’imputato e la persona offesa sono coinvolti in reati commessi con danno reciproco l’uno all’altro, e la persona offesa riveste a sua volta la qualità di indagata in un procedimento connesso per gli stessi fatti.

Cosa succede se un giudice d’appello non si pronuncia su un motivo di ricorso decisivo?
La sentenza emessa dal giudice d’appello è viziata e può essere annullata dalla Corte di Cassazione. L’omessa pronuncia su un punto fondamentale, come l’utilizzabilità della prova principale, costituisce un grave errore procedurale.

Qual è la conseguenza se la persona offesa, che è anche indagata, viene sentita come un normale testimone?
Le dichiarazioni rese sono processualmente inutilizzabili. Ciò significa che non possono essere poste a fondamento della decisione del giudice e non possono contribuire a formare la prova della colpevolezza dell’imputato.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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