Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 24070 Anno 2025
Penale Ord. Sez. 7 Num. 24070 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 23/05/2025
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
NOME nato a SIRACUSA il 19/01/1976
avverso la sentenza del 04/12/2024 della CORTE APPELLO di CATANIA
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO
Letto il ricorso di NOME NOME;
Ritenuto che il primo motivo di ricorso, che contesta sia la correttezza della motivazione posta a base della dichiarazione di responsabilità per il reato di tentata estorsione aggravata per violazione dell’art. 192 cod. proc. pen., sia la mancata assunzione di una prova decisiva, non è consentito dalla legge in sede di legittimità;
In primo luogo, le regole dettate dall’art. 192, comma 3, cod. proc. pen. non si applicano alle dichiarazioni della persona offesa, anche se costituita parte civile, le quali possono essere legittimamente poste da sole a fondamento dell’affermazione di penale responsabilità dell’imputato, previa verifica, corredata da idonea motivazione, della credibilità soggettiva della dichiarante e dell’attendibilità intrinseca del suo racconto, che peraltro deve in tal caso essere più penetrante e rigoroso rispetto a quello cui vengono sottoposte le dichiarazioni di qualsiasi testimone (Sez. U, n. 41461 del 19/07/2012, RAGIONE_SOCIALE, Rv. 253214);
che, dunque, il denunciato vizio di motivazione è manifestamente infondato, alla stregua della corretta e non illogica argomentazione fornita dai giudici di merito, secondo cui l’attendibilità della persona offesa viene saggiata sia in riferimento alla iniziale reticenza manifestata nei confronti degli operanti – causata dalla paura di subire ulteriori vessazioni, stante il contesto mafioso nel quale si sono verificati i fatti – sia in ordine al successivo riconoscimento fotografico operato dalla stessa (sul punto, si vedano le pagg. 9-14 della sentenza impugnata);
Per quanto concerne poi l’asserita mancata assunzione di una prova decisiva – ed in particolare delle ulteriori riprese video nei pressi del cantiere preliminarmente osservato come la mancata assunzione di una prova decisiva, quale motivo di impugnazione per cassazione, può essere dedotta solo in relazione ai mezzi di prova di cui sia stata chiesta l’ammissione, anche nel corso dell’istruzione dibattimentale, a norma dell’art. 495, comma 2, cod. proc. pen., sicché il suddetto motivo non può essere validamente invocato nel caso di giudizio abbreviato non condizionato ad integrazione probatoria; inoltre deve ritenersi “decisiva”, secondo la previsione dell’art. 606, comma 1, lett. d), la prova che, confrontata con le argomentazioni contenute nella motivazione, si riveli tale da dimostrare che, ove esperita, avrebbe sicuramente determinato una diversa pronuncia, ovvero quella che, non assunta o non valutata, vizia la sentenza intaccandone la struttura portante.
Nel caso di specie, oltre al fatto che il ricorrente non ne abbia mai fatto espressa richiesta in sede di giudizio abbreviato, anche l’eventuale presenza di soggetti ulteriori frequentanti il cantiere non si reputa idonea a confutare la prova di
colpevolezza in ragione della pluralità e convergenza, anche logica, degli elementi di prova declinati dai giudici di merito.
Considerato che il secondo motivo di ricorso, che contesta la illogicità e
mancanza della motivazione in relazione all’applicazione dell’aggravante del metodo mafioso, non è consentito perché fondato su motivi che si risolvono nella
pedissequa reiterazione di quelli già dedotti in appello e puntualmente disattesi dalla corte di merito, dovendosi gli stessi considerare non specifici ma soltanto
apparenti, in quanto omettono di assolvere la tipica funzione di una critica argomentata avverso la sentenza oggetto di ricorso;
In particolare, si segnala come, per la configurazione della suddetta aggravante, non sia necessaria né la spendita del nome del clan mafioso di
appartenenza, né che sia stata dimostrata o contestata l’esistenza di un’associazione per delinquere, essendo sufficiente che la violenza o la minaccia
richiamino alla mente e alla sensibilità del soggetto passivo la forza intimidatrice tipicamente mafiosa del vincolo associativo (Sez. 2, n. 27548 del 17/05/2019,
COGNOME, Rv. 276109-01);
Nel caso di specie, la Corte di appello ha ritenuto che gli atteggiamenti dell’imputato fossero idonei ad integrare la fattispecie di cui all’art. 416-bis 1 cod pen., poiché espressivi di quella forza intimidatoria tipica dei sodalizi associativi, quale univocamente si desume dal richiamo alla modalità mafiosa della ricerca dell’amico come strumento attraverso cui perfezionare l’accordo estorsivo, nonché mediante l’evocazione di detenuti, dei quali occorreva aiutare le famiglie, e significativamente col riferimento al controllo del territorio e all’assicurazione che il ricorrente fornisce alla persona offesa di non essere reiteratamente esposta a richieste estorsive provenienti da soggetti differenti (si vedano, le pagg. 15-16 della sentenza impugnata);
rilevato, pertanto, che il ricorso deve essere dichiarato inammissibile con condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso in Roma, il 23 Maggio 2025
r te(1 sore GLYPH
Il Presi COGNOME te