Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 24047 Anno 2025
Penale Ord. Sez. 7 Num. 24047 Anno 2025
Presidente: COGNOME COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 23/05/2025
ORDINANZA
sui ricorsi proposti da: COGNOME NOME (CUI CODICE_FISCALE) nato il DATA_NASCITA NOME COGNOME NOME (CUI CODICE_FISCALE) nato il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 05/11/2024 della CORTE APPELLO di ROMA
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO
Letti i ricorsi di NOME e NOME COGNOME NOME;
Ritenuto che l’unico motivo di ricorso di NOME COGNOME, che contesta la correttezza della motivazione posta a base del giudizio di responsabilità per i reati di cui agli artt. 628 cod. pen. e 4 I. n. 110/1975 per mancata rinnovazione istruttoria così come richiesta dal ricorrente nel giudizio abbreviato, non è consentito perché, oltre a denunciare vizi non emergenti dal testo del provvedimento impugnato, è altresì fondato su censure che si risolvono nella pedissequa reiterazione di quelle già dedotte in appello e puntualmente disattese dalla corte di merito, dovendosi considerare le stesse non specifiche ma soltanto apparenti, in quanto omettono di assolvere la tipica funzione di una critica argomentata avverso la sentenza oggetto di ricorso;
Premesso che nel giudizio di appello avverso la sentenza resa in abbreviato è ammessa la rinnovazione istruttoria solo nel caso in cui il giudice ritenga l’assunzione assolutamente necessaria, perché potenzialmente idonea a incidere sulla valutazione del complesso degli elementi acquisiti, dalla lettura della sentenza impugnata si ricava che il giudizio sull’assenza di decisività dell’esame della teste COGNOME NOME si fonda sulla complessa ricostruzione dei fatti dalla quale si evince l’esistenza di una frattura interferenziale tra il fatto sui cui dovrebb riferire la teste, quale oggetto della prova rinnovata, e gli specifici accadimenti imputativi ai danni della persona offesa NOME, ritenuti susseguenti e per la dimostrazione dei quali sufficienti gli esiti istruttori conseguiti attraverso il abbreviato (sul punto, si vedano pagg. 5-6 della sentenza impugnata);
che pertanto, la rinnovata richiesta finisce per fondarsi su una alternativa prospettata ricostruzione dei fatti e, dunque, finisce per sottoporre alla corte di legittimità, al fine dello scrutinio del vizio denunciato, una doglianza di mero fatto
Considerato che l’unico motivo di ricorso di NOME COGNOME NOME, che denuncia violazione di legge in relazione all’art. 192 cod. proc. pen. e vizio di motivazione, oltre a non essere consentito in questa sede perché tendente ad una rivalutazione del materiale probatorio acquisito, è altresì non deducibile, in quanto le regole dettate dall’art. 192, comma 3, cod. proc. pen. non si applicano alle dichiarazioni della persona offesa, le quali possono essere legittimamente poste da sole a fondamento dell’affermazione di responsabilità, previa verifica, corredata da idonea motivazione, della credibilità soggettiva del dichiarante e dell’attendibilità intrinseca ed estrinseca del suo racconto;
che manifestamente infondato, alla stregua della corretta e non illogica argomentazione di cui a pagg. 6-10 della sentenza impugnata, è anche il denunciato vizio di motivazione;
i giudici di merito, infatti, hanno correttamente valorizzato le dichiarazioni della persona offesa, la quale, con un racconto lineare e coerente con le risultanze
probatorie – si vedano le deposizioni dei testi che riferiscono di aver visto due persone darsi alla fuga, nonché la camicia strappata alla vittima a seguito
dell’aggressione degli imputati – ha dimostrato piena attendibilità, non risultando nessun motivo di astio o risentimento verso gli odierni ricorrenti che, in senso
opposto, non hanno fornito una giustificazione plausibile sui fatti oggetto di giudizio;
rilevato, pertanto, che i ricorsi devono essere dichiarati inammissibili con
condanna dei ricorrenti al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila ciascuno in favore della Cassa delle ammende.
P.Q.M.
Dichiara inammissibili i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle
ammende.
Così deciso in Roma, il 23 maggio 2025
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