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Testimonianza indiretta: quando è prova nel processo?

Un uomo, condannato per furto e ricettazione, ricorre in Cassazione contestando l’uso di una testimonianza indiretta. La Suprema Corte dichiara il ricorso inammissibile, stabilendo che la testimonianza indiretta è pienamente utilizzabile se la difesa, pur avendone la possibilità, non si attiva per ottenere l’esame del testimone diretto. La decisione è ulteriormente rafforzata dalla presenza di altre prove schiaccianti, come il ritrovamento di tutta la refurtiva nell’abitazione dell’imputato poche ore dopo il crimine.

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Pubblicato il 2 ottobre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Testimonianza Indiretta: Quando le “Voci” Diventano Prova in Tribunale

Nel processo penale, la formazione della prova è un momento cruciale e delicato. Una delle figure più discusse è quella della testimonianza indiretta, comunemente nota come testimonianza ‘de relato’ o ‘per sentito dire’. Si tratta delle dichiarazioni di un testimone che riferisce fatti appresi da un’altra persona. Una recente sentenza della Corte di Cassazione ha offerto importanti chiarimenti sui limiti e le condizioni di utilizzabilità di questa particolare fonte di prova, delineando il comportamento che la difesa deve tenere per contestarne validamente l’ammissibilità.

I Fatti del Caso: Furto in Discoteca e il Ritrovamento della Refurtiva

Il caso trae origine dalla condanna di un uomo per due distinti reati, commessi in continuazione. Il primo era un furto aggravato dalla destrezza di due borse, con all’interno cellulari, portafogli e altri effetti personali, ai danni di due clienti di una discoteca. Il secondo reato era la ricettazione di un altro telefono cellulare, risultato rubato in una precedente occasione.

Le indagini hanno portato a una perquisizione domiciliare presso l’abitazione dell’imputato, dove, poche ore dopo il furto in discoteca, sono state ritrovate entrambe le borse con tutto il loro contenuto. Nella stessa occasione, è stato rinvenuto anche il cellulare oggetto del separato reato di ricettazione. La condanna nei primi due gradi di giudizio si fondava, oltre che sul ritrovamento della refurtiva, anche sulle dichiarazioni di alcuni testimoni che avevano appreso da una terza persona, mai sentita in aula, i dettagli per l’identificazione del ladro.

I Motivi del Ricorso e il Ruolo della Testimonianza Indiretta

L’imputato ha presentato ricorso in Cassazione basandosi su diverse argomentazioni. La censura principale riguardava proprio l’inutilizzabilità della testimonianza indiretta. Secondo la difesa, la condanna per furto si basava su dichiarazioni ‘de relato’, senza che fosse mai stata esaminata la fonte diretta di tali informazioni, ovvero la testimone che aveva assistito personalmente al furto. La difesa sosteneva che tale mancato esame rendeva le testimonianze inutilizzabili e, di conseguenza, la prova del reato inesistente.

Altri motivi di ricorso includevano la presunta illogicità della sentenza, che lo riteneva autore del furto delle borse ma solo ricettatore del telefono, e la richiesta di riqualificare la ricettazione in un reato meno grave, oltre a contestazioni sulla pena applicata.

La Decisione della Corte di Cassazione e le Motivazioni

La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile, respingendo tutte le argomentazioni difensive e fornendo chiarimenti fondamentali sull’uso della testimonianza indiretta.

Il Principio di Diritto sulla Testimonianza Indiretta

Il cuore della motivazione risiede nell’interpretazione dell’articolo 195 del codice di procedura penale. La Corte ha stabilito che la testimonianza indiretta è, in linea di principio, una prova ammissibile. Il divieto di utilizzazione scatta solo in casi specifici e tassativi:

1. Quando una delle parti chiede di esaminare il testimone diretto e il giudice, senza motivo, non ne dispone l’assunzione.
2. Quando il testimone indiretto non vuole o non può indicare la persona da cui ha appreso la notizia.

Nel caso specifico, era accaduto che la difesa, dopo l’ammissione del testimone diretto, non si fosse opposta alla successiva revoca della sua audizione. Questo comportamento, secondo la Corte, equivale a un’implicita rinuncia e a un consenso all’utilizzabilità delle dichiarazioni ‘de relato’. In sostanza, la parte che ha interesse a contestare la testimonianza indiretta ha l’onere di attivarsi per far sentire la fonte originale. Se non lo fa, la prova indiretta rimane pienamente utilizzabile.

Inoltre, i giudici hanno sottolineato che la condanna non si basava esclusivamente sulle dichiarazioni ‘de relato’, ma anche su un elemento probatorio schiacciante: il ritrovamento di tutti gli oggetti rubati presso l’abitazione dell’imputato a pochissima distanza di tempo dal furto. Questo dato, definito ‘autoevidente’, era di per sé sufficiente a provare la colpevolezza.

La Coerenza della Motivazione sugli Altri Reati

La Corte ha anche ritenuto infondate le altre censure. La distinzione tra furto (per le borse) e ricettazione (per il telefono) è stata giudicata logica e corretta. Il telefono era stato rubato settimane prima, rendendo plausibile che l’imputato lo avesse ricevuto da terzi. Le borse, invece, erano state ritrovate in suo possesso poche ore dopo il furto, rendendo ‘altamente improbabile’, secondo la Corte, un passaggio di mano in un lasso di tempo così breve.

Conclusioni: Le Implicazioni Pratiche della Sentenza

La sentenza ribadisce un principio fondamentale in materia di prova testimoniale. La testimonianza indiretta non è una ‘prova di serie B’, ma uno strumento pienamente valido se gestito correttamente dalle parti processuali. La passività della difesa di fronte alla mancata audizione del teste diretto può sanare l’irregolarità, rendendo le dichiarazioni ‘per sentito dire’ una base solida per la decisione del giudice. Questo principio sottolinea l’importanza di una strategia difensiva attiva e attenta in ogni fase del dibattimento. Infine, la decisione conferma come la valutazione della prova debba essere complessiva, dove indizi gravi, precisi e concordanti, come il possesso della refurtiva nell’immediatezza del fatto, possono assumere un valore probatorio decisivo.

Quando una testimonianza indiretta (o ‘de relato’) può essere utilizzata in un processo penale?
Una testimonianza indiretta è utilizzabile a meno che non si verifichino due specifiche condizioni previste dalla legge: 1) una parte chiede di sentire il testimone diretto e il giudice rigetta la richiesta; 2) il testimone indiretto non vuole o non può indicare la fonte delle sue informazioni. In assenza di queste condizioni, la testimonianza è valida.

Cosa succede se la difesa non si oppone alla mancata audizione di un testimone diretto?
Secondo la sentenza, la mancata opposizione della difesa alla revoca dell’esame di un testimone diretto equivale a un consenso implicito all’utilizzazione delle testimonianze indirette. La parte interessata ha l’onere di richiedere attivamente l’esame della fonte diretta; se non lo fa, non può successivamente lamentare l’inutilizzabilità delle dichiarazioni ‘de relato’.

Il ritrovamento della refurtiva a casa di una persona poco dopo il furto è sufficiente per una condanna per furto?
Sì, la Corte ha ritenuto che il ritrovamento di tutti i beni sottratti nell’abitazione dell’imputato, pochissimo tempo dopo il furto, costituisce un indizio ‘assorbente la prova ed autoevidente’ della sua colpevolezza. Questo elemento è stato considerato una prova sufficiente e inequivocabile, anche a prescindere dalle testimonianze.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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