Sentenza di Cassazione Penale Sez. 4 Num. 648 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 4 Num. 648 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 06/12/2023
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME nato a ORTONA il 29/09/1992
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avverso la sentecza del 06/03/2023 della CORTE APPELLO di L’AQUILA
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal Consigliere COGNOME udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore NOME COGNOME che ha concluso chiedendo dichiararsi l’inammissibilità del ricorso
RITENUTO IN FATTO
La Corte di Appello di L’Aquila, con sentenza del 6 marzo 2023, confermava la penale responsabilità di COGNOME dichiarata dal Tribunale di Chieti in relazione ai reati di cui agli artt. 186, co. 2, lett. c), co. 2 bis, co. 2 sexies C.d.S. e 187, co. 1 e 1 bis C.d.S., per essersi posto alla guida di un’autovettura in stato di ebbrezza alcolica e di alterazione psico-fisica per uso di cannabinoidi, con l’aggravante di aver causato un incidente stradale.
Con l’atto di appello l’imputato aveva dedotto il radicale difetto di prova della colpevolezza, in quanto, al momento in cui era avvenuto l’incidente, egli stato trovato nelle campagne circostanti e non all’interno del veicolo: non vi era quindi alcuna dimostrazione che egli fosse il conducente del veicolo. La Corte d’appello, nel respingere i motivi di gravame, aveva valorizzato la testimonianza dell’operante di NOME COGNOME unitamente al complesso degli elementi acquisiti al giudizio, ed aveva confermato il giudizio di penale responsabilità.
Ha proposto ricorso l’imputato, per il tramite del proprio difensore di fiducia.
3.1 Con il primo motivo lamenta mancanza di motivazione e/o motivazione apparente ex art. 606, lett. e), cod. proc. pen e violazione di legge ex art. 606, lett. c), cod. proc. pen. in riferimento all’art. 195 cod. proc. pen. La Corte di Appello aveva ritenuto che l’imputato fosse alla guida della vettura senza alcuna prova, basando il proprio convincimento sulla testimonianza dell’ ufficiale di P.G. COGNOME giunto sul posto quando il sinistro si era già verificato. Le dichiarazioni del teste ripercorrevano ciò che a lui era stato riferito dal personale sanitario presente sull’ambulanza, che non era stato escusso quale testimone. La motivazione della sentenza era dunque fondata su una testimonianza indiretta di notizie apprese da un soggetto mai identificato, e quindi su prova inutilizzabile ai sensi dell’art. 195, comma 4, cod. proc. pen. Si trattava dunque di motivazione apparente in quanto, pur graficamente esistente, risultava del tutto avulsa dalle risultanze processuali o comunque fondata su prove inutilizzabili.
Con il secondo motivo, il ricorrente deduce violazione ed erronea applicazione della legge penale ex art. 606, lett. b), cod. proc. pen,
nonchè vizio di carenza di motivazione ex art. 606, lett. e), cod. proc. pen. La Corte d’appello non si era pronunciata sulla richiesta di applicazione della causa di non punibilità per tenuità del fatto ex art. 131 bis cod. pen., avanzata in via principale rispetto alla richiesta di concessione delle attenuanti generiche.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il primo motivo è manifestamente infondato.
In ordine all’accertamento della penale responsabilità del ricorrente la sentenza impugnata risulta esaustivamente, logicamente GLYPH e congruamente motivata, dal momento che i i temi probatori sono stati adeguatamente esplorati e illustrati sia dalla sentenza di primo grado, sia da quella impugnata, considerando che le due pronunzie, aventi i requisiti della c.d. “doppia conforme”, devono essere lette ed esaminate come un unicum motivazionale. I giudici di merito hanno invero correttamente basato il proprio giudizio sulla deposizione dell’agente di NOME COGNOME il quale aveva riferito che, subito dopo la verificazione del sinistro, era intervenuta l’ambulanza per portare il ferito in ospedale; che gli operatori del pronto soccorso avevano dichiarato che il ricorrente era il conducente del veicolo incidentato, in quanto era stato ritrovato da solo accanto al veicolo; che il predetto ricorrente, trasportato in ambulanza, aveva strattonato il medico e gli infermieri e si era dato alla fuga; che gli operatori del 118 avevano avvisato i carabinieri i quali avevano poi ritrovato l’imputato a circa 300 metri nelle campagne circostanti.
2.1. Orbene, detta deposizione non può qualificarsi come testimonianza indiretta. Va infatti ribadito che il divieto di testimonianza indiretta per gli ufficiali ed agenti di polizia giudiziaria non opera relativamente alle dichiarazioni rese da terzi e percepite al di fuori di uno specifico contesto procedimentale, in una situazione eccezionale o di straordinaria urgenza caratterizzata dall’assenza di un dialogo tra teste e ufficiale o agente di polizia giudiziaria, ciascuno nella propria qualità (Sez. U, n. 36747 del 28/05/2003, Torcasio Rv. 225469 — 01. Sez. 4 , n. 16830 del 10/02/2021, Weerasinghe, Rv. 281073). Nell’ultima pronuncia citata Corte ha ritenuto immune da censure la sentenza che aveva ritenuto provata l’identificazione dell’imputato – quale autore del reato di guida in stato di ebbrezza, aggravato dalla provocazione di un
incidente – proprio sulla base della testimonianza dell’ufficiale di polizia giudiziaria che, giunto sul luogo dell’incidente, aveva appreso da un testimone che il conducente del ciclomotore incidentato era stato trasportato in ospedale, dove era stato immediatamente identificato. E’ dunque evidente che, nel caso in esame, il teste COGNOME ha riferito informazioni raccolte dal personale sanitario nella immediatezza dei fatti, e quindi in assenza di uno specifico contesto procedimentale di acquisizione, in una situazione operativa eccezionale o di straordinaria urgenza e al di fuori di un dialogo tra teste e ufficiale o agente di polizia giudiziaria, ciascuno nella propria qualità.
2.- Il secondo motivo, attinente alla omessa motivazione circa i riconoscimento della tenuità del fatto, è infondato. E’ invero principio ripetutamente espresso da questa Corte, che va in questa sede integralmente ribadito, che non è censurabile, in sede di legittimità, la sentenza che non motivi espressamente in relazione a una specifica deduzione prospettata con il gravame, quando il suo rigetto risulti dalla complessiva struttura argomentativa della sentenza (Sez. 4, n. 5396 del 15/11/2022, COGNOME, Rv. 284096 – 01; sez 5, n. 6746 del 13/12/2018, Currò, Rv. 275500 – 01). Con specifico riferimento all’esame dei motivi sull’applicabilità dell’art. 131 bis cod. pen., si è chiarito che la richiesta di applicazione della causa di non punibilità prevista dall’art. 131-bis cod. pen. deve ritenersi implicitamente disattesa dal giudice qualora la struttura argomentativa della sentenza richiami, anche rispetto a profili diversi, elementi che escludono una valutazione del fatto in termini di particolare tenuità (Sez. 3, n. 43604 del 08/09/2021, COGNOME, Rv. 282097 – 01). In proposito, la Corte territoriale descrive compiutamente il disvalore del fatto commesso dall’imputato, che aveva dato spintoni al medico e all’infermiere che lo avevano soccorso e si era dato alla fuga nelle campagne circostanti, aggiungendo come non vi fossero elementi positivi valorizzabili ai fini della concessione delle attenuanti generiche.
3. Si impone conclusivamente il rigetto del ricorso. Segue per legge la condanna dell’imputato al pagamento delle spese processuali.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Così deciso in Roma, il 6 dicembre 2023
Il Consigl re estensore
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Il Presidente