Sentenza di Cassazione Penale Sez. 3 Num. 30027 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 3 Num. 30027 Anno 2025
Presidente: NOME COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 06/05/2025
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
sul ricorso proposto da
I, nato I GLYPH omissis
F.V. GLYPH
avverso la sentenza della Corte di appello di Catania del 16/07/2024 visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dalla consigliera NOME COGNOME lette le conclusioni rassegnate ex art. 23, comma 8, del decreto legge n. 137 del 2020, dal Procuratore generale che ha invocato l’inammissibilità del ricorso; letta la comparsa conclusionale a firma degli avv.ti NOME COGNOME e NOME COGNOME per le parti civili costituite, RAGIONE_SOCIALE M.A. RAGIONE_SOCIALE l E.
, che hanno invocato l’inammissibilità, o il rigetto del ricorso, e la conferma della sentenza impugnata; con rifusione delle spese dalle ste sostenute per il giudizio -come da nota spese e compensi pure depositata-; lette le memorie di replica a firma dell’avv. NOME COGNOME difensore di GLYPH F.V.
, che, insistendo nei motivi di ricorso, ne invoca l’accoglimento con annullamento della sentenza;
RITENUTO IN FATTO
1.Con sentenza del 16 luglio 2024 la Corte di appello di Catania -in parziale riforma della sentenza resa il 9 novembre 2021 con cui il Tribunale di Catania, in composizione collegiale, aveva dichiarato F.V. colpevole del reato a lui ascritto, di cui agli artt. 81, 609-bis e ter, comma 2 cod.pen., e, riconosciute attenuanti generiche equivalenti alla contestata aggravante, lo aveva condannato alla pena di anni sei e mesi sei di reclusione, oltre che al pagamento delle spese processuali e della propria custodia cautelare in carcere; con le pene accessorie della a)interdizione in perpetuo da qualsiasi ufficio attinente alla tutela, curatela e amministrazione di sostegno, b)perdita del diritto agli alimenti ed esclusione dalla successione della persona offesa, c) interdizione in perpetuo dai pubblici uffici, d) interdizione da qualunque incarico nelle scuole di ogni ordine e grado, nonché da ogni ufficio o servizio in istituzion o in altre strutture pubbliche o private frequentate prevalentemente da minori, e) in stato di interdizione legale durante l’esecuzione della pena; l’applicazione, a pena espiata e per la durata di un anno, delle misure di sicurezza personali a) del divieto di avvicinarsi a luoghi abitualmente frequentati dai minori; b) divieto di svolgere lavori che prevedano contatto abituale con minori; c) obbligo di tenere informati gli organi di polizia sulla propria residenza e sugli eventuali spostamenti; nonché la condanna al risarcimento dei danni, patrimoniali e non, provocati allt parti civili costituite, da liquidarsi nella competente sede civile, con provvisional di complessivi euro 5.000, ed alla rifusione delle spese di assistenza e difesa sostenute dalle parti civili costituite- applicate le già riconosciute attenuan generiche con giudizio di prevalenza sulla contestata aggravante, ha rideterminato la pena da irrogare all’imputato in anni quattro di reclusione, e sostituito la pena accessoria dell’interdizione perpetua dai pubblici uffici con quella per la durata di anni cinque; con condanna alla rifusione delle spese di rappresentanza e difesa sostenute dalle parti civili; ha confermato la sentenza nel resto. Corte di Cassazione – copia non ufficiale
COGNOME F.V. COGNOME ha proposto, a mezzo del difensore di fiducia, tempestivo ricorso, per l’annullamento della sentenza, affidato a due
motivi.
2.1. Col primo motivo denuncia, ex art. 606, comma 1, lett. e) cod.proc.pen., vizio di motivazione asseritamente mancante, contraddittoria o manifestamente illogica.
Assume la difesa la violazione del canone giuridico dell’affermazione di responsabilità ‘al di là di ogni ragionevole dubbio’.
L’attendibilità delle dichiarazioni rese dai minori parti offese deve essere indagata sulla base di un approccio onnicomprensivo, con riferimento all’analisi della personalità del minore e alla contestuale valutazione del contesto familiare.
Ma tale valutazione, secondo la difesa, nonostante gli apporti dei tecnici acquisiti agli atti del procedimento (il perito, dott.ssa COGNOME , le perite dott.sse COGNOME e
C.
, la dott.ssa COGNOME
neuropsichiatra dell’età evolutiva e responsabile dell’unità operativa di neuropsichiatria infantile adolescenza del distretto di Gravina dell’ASP di Catania), non sarebbe stata effettuata, nel caso che ne occupa, né dal Tribunale, né dalla Corte territoriale.
Sarebbe mancata anche la verifica della assenza di auto/etero-suggestioni indotte nella minore parte offesa tra la prima confidenza degli abusi fatta alla madre, nel giugno del 2017, e l’incidente probatorio, avvenuto nel settembre del medesimo anno, periodo durante il quale la minore avrebbe affrontato, elaborato e rielaborato il tema degli abusi subiti coi genitori, la nonna, una amica della madre e con la psicologa, dott.ssa NOME
L’incidente probatorio sarebbe stato condotto -come ammesso dalla Corte di appello- con stile altalenante, a tratti suggestivo, determinando un risultato finale ‘falsato’, anche con riferimento allo stato d’animo della minore, molto più distaccato nel momento delle rese dichiarazioni piuttosto che dell’arresto dell’imputato.
2.2. Col secondo motivo denuncia, ex art. 606, comma 1, lett.b) ed e) cod.,proc.pen., violazione di legge in relazione al mancato riconoscimento della attenuante speciale di cui all’art. 609-bis, comma 3, cod.pen., e correlato vizio di motivazione, asseritamente illogica e contraddittoria.
Il mancato riconoscimento dell’attenuante è stato giustificato dalla Corte di appello in forza della presunta reiterazione degli abusi e della fiducia che la persona offesa riponeva nell’imputato.
La doverosa, a tal fine, valutazione globale del fatto sarebbe stata omessa, misconoscendo il valore della desistenza del GLYPH F.V. GLYPH dal proseguire nella condotta di abuso come verbalizzato dalla minore in sede di incidente probatorio, della mancanza di dolorose ripercussioni del reato in capo alla persona offesa, ed alla sopravalutazione, invece, del rapporto fiduciario esistente tra le parti, e l ritenuta reiterazione degli abusi mancando di valorizzare il dato della occasionalità con cui gli stessi sarebbero avvenuti.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è inammissibile.
Premette il Collegio che non è consentito il motivo con cui si deduca la violazione dell’art. 192 c.p.p., anche se in relazione agli artt. 125 e 546, comma 1, lett. e), stesso codice, per censurare l’omessa o erronea valutazione degli elementi di prova acquisiti o acquisibili, in quanto i limiti all’ammissibilità delle doglia connesse alla motivazione, fissati specificamente dall’art. 606, comma 1, lett. e), c.p.p., non possono essere superati ricorrendo al motivo di cui alla lettera c) della medesima disposizione, nella parte in cui consente di dolersi dell’inosservanza delle norme processuali stabilite a pena di nullità (Sez. U, Sentenza n. 29541 del 16/07/2020, COGNOME, Rv. 280027).
Difatti la deduzione del vizio di violazione di legge, in relazione all’asserit malgoverno delle regole di valutazione della prova contenute nell’art. 192 c.p.p. ovvero della regola di giudizio di cui all’art. 533 dello stesso codice, non è permessa non essendo l’inosservanza delle suddette disposizioni prevista a pena di nullità, inutilizzabilità, inammissibilità o decadenza, come richiesto dall’art. 60 lett. c) c.p.p. ai fini della deducibilità della violazione di legge processuale (ex multis Sez. 3, n. 44901 del 17 ottobre 2012, F., Rv. 253567; Sez. 3, n. 24574 del 12/03/2015, COGNOME e altri, Rv. 264174; Sez. 1, n. 42207/17 del 20 ottobre 2016, COGNOME e altro, Rv. 271294; Sez. 4, n. 51525 del 04/10/2018, M., Rv. 274191; Sez. U, Sentenza n. 29541 del 16/07/2020, COGNOME, Rv. 280027).
Né vale in senso contrario la qualificazione del vizio dedotto operata dal ricorrente come error in iudicando in iure ai sensi della lett. b) dell’art. 606 c.p.p., posto che tale disposizione, per consolidato insegnamento di questa Corte, riguarda solo l’errata applicazione della legge sostanziale, pena, altrimenti, l’aggiramento del limite (posto dalla citata lett. c) dello stesso articolo) della denunciabilità de violazione di norme processuali solo nel caso in cui ciò determini una invalidità (ex multis Sez. 3, n. 8962 del 3 luglio 1997, COGNOME, Rv. 208446; Sez. 5, n. 47575 del 07/10/2016, P.M. in proc. COGNOME e altri, Rv. 268404).
Sempre in via preliminare osserva poi il Collegio che, come da orientamento costante di questa Corte, il Giudice di merito può trarre il proprio convincimento circa la responsabilità penale anche dalle dichiarazioni rese dalla persona offesa, sempre che sia sottoposta a vaglio positivo circa la sua attendibilità, senza la necessità di applicare le regole probatorie di cui all’art. 192, commi 3 e 4, cod.proc.pen., che richiedono la presenza di riscontri esterni (cfr. Sez. U. n. 41461
del 19/07/2012, Rv 253214; Sez 2. N. n. 43278 del 24/09/2015 Ud. (dep. 27/10/2015 ) Rv. 265104 – 01., Sez. 1 n. 29372 del 27/07/2010, Rv 24801).
Si è anche precisato come tale controllo, considerato l’interesse di cui la persona offesa è naturalmente portatrice ed al fine di escludere che ciò possa comportare una qualsiasi interferenza sulla genuinità della deposizione testimoniale, debba essere condotto con la necessaria cautela, attraverso un esame particolarmente rigoroso e penetrante, che tenga conto anche degli altri elementi eventualmente emergenti dagli atti (Sez. 3, 26 settembre 2006, Gentile).
Anche più di recente si è ribadito che le dichiarazioni della persona offesa, costituita parte civile, possono essere poste, anche da sole, a fondamento dell’affermazione di responsabilità penale dell’imputato, previa verifica, più penetrante e rigorosa rispetto a quella richiesta per la valutazione delle dichiarazioni di altri testimoni, della credibilità soggettiva del dichiarant dell’attendibilità intrinseca del suo racconto e, qualora risulti opportuna l’acquisizione di riscontri estrinseci, questi possono consistere in qualsiasi elemento idoneo a escludere l’intento calunniatorio del dichiarante, non dovendo risolversi in autonome prove del fatto, né assistere ogni segmento della narrazione, posto che la loro funzione è sostanzialmente quella di asseverare esclusivamente ed in via generale la sua credibilità soggettiva (cfr. Sez 5, n. 21135 del 26/03/2019, Rv 275312 -01).
Ed è acquisizione pacifica che la valutazione circa l’attendibilità della persona offesa involge un’indagine positiva sulla credibilità soggettiva del dichiarante e sulla attendibilità intrinseca del racconto, che si connota quale giudizio di tipo fattuale, ossia di merito, in quanto attiene al modo di essere della persona escussa; tale giudizio può essere effettuato solo attraverso la dialettica dibattimentale, mentre è precluso in sede di legittimità, specialmente quando il giudice del merito abbia fornito una spiegazione plausibile della sua analisi probatoria (cfr. Sez. 2, n. 7667 del 29?701/2015, Rv 262575; Sez 3, n. 8382 del 22/01/2008, Rv 239342; Sez 3, n. 41282 del 05/10/2006, Rv 235578)’ salvo che il giudice non sia incorso in manifeste contraddizioni. (cfr. ex plurimis Sez. 4, n. 10153 del 11/02/2020, Rv. 278609 – 01;Sez. 6, n. 27322 del 2008, De Ritis, cit.; Sez. 3, n. 8382 del 22/01/2008, COGNOME, Rv. 239342; Sez. 6, n. 443 del 04/11/2004, dep. 2005, COGNOME, Rv. 230899; Sez. 3, n. 3348 del 13/11/2003, dep. 2004, Pacca, Rv. 227493; Sez. 3, n. 22848 del 27/03/2003, Assenza, Rv. 225232 Cass SSUU n. 41461 del 2012 Rv. 253214).
3. Ciò premesso, nel caso di specie il percorso argomentativo seguito dalla Corte territoriale non presenta contraddizioni manifeste, al contrario, il controll
dell’attendibilità delle dichiarazioni della persona offesa è stato effettuato dall Corte con argomentazioni in fatto coerenti e prive di vizi logico-giuridici.
Sotto quest’ultimo aspetto si evidenzia che la sentenza segue quella del Tribunale (cd. doppia conforme) che afferma con motivazione ragionevole e completa l’attendibilità della vittima.
La decisione di appello, nella sua struttura argomentativa, si salda con quella di primo grado sia attraverso ripetuti richiami a quest’ultima, sia adottando gli stessi criteri utilizzati nella valutazione delle prove, con la conseguenza che le due sentenze possono essere lette congiuntamente costituendo un unico complessivo corpo decisionale (cfr., di recente, Sez. 2, n. 37295 del 12/06/2019, E., Rv. 277218).
Il ricorso, non confrontandosi criticamente con le argomentazioni svolte nella sentenza impugnata in ordine ai motivi di appello -replicati quali motivi di ricorso per cassazione- avverso la pronuncia di condanna per il delitto di violenza sessuale (e perciò già candidandosi alla inammissibilità, cfr.Sez.6, n.20377 del 11/03/2009, Rv.243838; Sez.6, n.22445 del 08/05/2009, Rv.244181), si dilunga in considerazioni in fatto, dirette a sollecitare un inammissibile riesame delle risultanze istruttorie, così in relazione al primo, come al secondo ed al terzo motivo.
Quanto, specificamente, al primo motivo, si osserva che l’attendibilità della persona offesa è stata ritenuta dalla Corte di appello di Catania, e dal Tribunale prima, in maniera convergente ed unitaria, e che i giudici del merito hanno valutato i profili della capacità a testimoniare della persona offesa e dell’attendibilità della sua narrazione, valorizzando il contenuto intrinseco della ricostruzione dei fatti e delle modalità esecutive della condotta, nonché la coerenza con le altre fonti di prova esistenti in atti, tra cui le risultanze dell’arre flagranza di reato, dell’esito dell’incidente probatorio, degli accertamenti delle dottoresse I S. COGNOME I el COGNOME C. I della deposizione della psicologa; la congruità del narrato e l’esclusione di qualsivoglia forma di disagio psicopatologico o alterazioni della sfera cognitiva e relazionale; l’assenza di sentimenti di astio o risentimento personale della parte offesa nei confronti dell’imputato.
Il ricorso vorrebbe nuovamente metterla in discussione, mercè la riproposizione delle medesime censure svolte con l’atto di appello, non confrontandosi adeguatamente con le motivazioni rese dalla Corte territoriale, così in ordine alla capacità di testimoniare della minore (pagg. 10-16), come in ordine alla sua attendibilità (pagg. 16-21).
5.1. Osserva allora il Collegio che il tema della suggestionabilità e, ancora prima, della capacità della minore di testimoniare (quest’ultima non direttamente revocata in dubbio dalla difesa del ricorrente) è stato dalla Corte attentamente indagato, a seguire rispetto alla attestata capacità, ritenuta proprio sulla scorta dell’indagato contesto familiare onde saggiare la presenza, e l’eventuale sua efficienza causale -rispetto ad una eventuale inattendibilità della testimonianza-, della pretesa conflittualità tra i genitori.
Capacità di testimoniare affermata, anche, sulla scorta delle risultanze della S. indagine peritale demandata alle dott.sse e COGNOME C. COGNOME -successivamente all’audizione della minore in incidente probatorio, in ragione della palesata difficoltà della dichiarante di collocare esattamente nel tempo gli eventi riferiti-, quali hanno escluso l’esistenza a carico della parte offesa di profili psicopatologici tali da inficiarla, hanno escluso alterazioni della sua sfera cognitiva, e ne hanno, per converso, affermato la capacità rievocativa, riflessiva, e l’assenza di stati d’ansia tali da incidere negativamente sul positivo compimento dell’indagine demandata.
Su tali basi la Corte di appello, confermando le risultanze tecniche (si ribadisce di periti e cc.tt .uu., dott.sse I S. GLYPH 11 C. GLYPH T. GLYPH F.
L. COGNOME ), ha validato coerentemente la resistenza della minore alle suggestioni (ancora una volta genericamente ed ipoteticamente allegate come già era avvenuto coi motivi di appello che postulavano, al proposito, una indagine meramente esplorativa), come già affermata dal Tribunale.
Ciò anche in forza dell’esclusione della ipotizzata conflittualità interna al nucleo conclusione resa, nonostante l’assenza di una formale indagine del contesto, da un lato, sulla scorta delle acquisite notizie anamnestiche assunte da parte degli stessi genitori della minore parte offesa, della constatazione dell’essere entrambi perfettamente partecipi dei vissuti familiari e delle caratteristiche personologiche dei figli (a dimostrazione del congiunto consapevole esercizio della responsabilità genitoriale), dall’altro, della constatazione del diretto sereno relazionarsi dell minore con entrambe le figure genitoriali nel corso degli incontri con la stessa finalizzati all’espletamento dell’incarico genitoriale, e della valutata adeguatezza del metodo delle “interrogazioni suggestive”, ritenuta modalità esperibile in tale ambito, in quanto metodo scientificamente asseverato, così come gli ulteriori test somministrati (Wish e C.A.T.).
5.2. A tanto deve solo aggiungersi che, al cospetto di una siffatta, compiuta motivazione, la conflittualità tra i genitori era stata, ed è in questa sede, so ipoteticamente allegata, quale -forse- naturale conseguenza della separazione, ma in difetto di qualsivoglia concreto addentellato probatorio.
E che, comunque, non può rilevare la eventuale violazione delle regole per l’esame della testimone, che non dà luogo né alla sanzione di inutilizzabilità, quando si tratti di prova assunta non in violazione di divieti posti dalla legge, ma con modalità diverse da quelle prescritte, né ad una ipotesi di nullità, non essendo la fattispecie riconducibile ad alcuna delle previsioni delineate dall’art. 178 cod. proc. pen. (in materia affine, v. Sez. 3, Sentenza n. 52435 del 03/10/2017, Rv. 271883).
5.3. I motivi di ricorso articolati in ordine all’attendibilità del soggetto passiv risolvono, dunque, nella proposta di una lettura alternativa delle emergenze procedimentali, senza l’individuazione di fratture logiche della motivazione che abbiano le caratteristiche di evidenza e decisività per essere rilevate in questa sede.
Il vizio di motivazione, per superare il vaglio di ammissibilità, non deve essere diretto a censurare genericamente la valutazione di colpevolezza, ma deve invece essere idoneo ad individuare un preciso difetto del percorso logico argomentativo offerto dal collegio di merito, sia esso identificabile come illogicità manifesta dell motivazione, sia esso inquadrabile come carenza od omissione argomentativa; quest’ultima declinabile sia nella mancata presa in carico degli argomenti difensivi, sia nella carente analisi delle prove a sostegno delle componenti oggettive e soggettive del reato contestato.
Come evidenziato in premessa, il ricorrente, piuttosto che rilevare vizi decisivi della motivazione, si è limitato a offrire una interpretazione degli elementi di prova raccolti semplicemente diversa da quella fatta propria dai giudici del merito in contrasto palese con le indicate linee interpretative.
Analoga la sorte del secondo motivo di ricorso relativo al mancato riconoscimento del fatto di minore gravità previsto dall’articolo 609-bis, ultimo comma, cod. pen., anch’esso inammissibile.
6.1. La Corte, in proposito, ritiene con giurisprudenza costante (v. Sez. 3, n. 23913 del 14/05/2014, Rv. 259196 – 01) che ai fini della configurabilità della circostanza per i casi di minore gravità, prevista dall’art. 609-bis, comma terzo, cod. pen., deve farsi riferimento ad una valutazione globale del fatto, nella quale assumono rilievo i mezzi, le modalità esecutive, il grado di coartazione esercitato sulla vittima, le condizioni fisiche e mentali di questa, le sue caratteristiche psicologiche in relazione all’età, così da potere ritenere che la libertà sessuale della persona offesa sia stata compressa in maniera non grave, e che il danno arrecato alla stessa anche in termini psichici sia stato significativamente contenuto.
Nel ribadire l’anzidetto principio, la successiva Sez. 3, n. 50336 del 10/10/2019, ha ritenuto non ravvisabile l’attenuante in un caso in cui la violenza sessuale era stata posta in essere ai danni di un minore dormiente, non accortosi della
condotta, attesi la reiterazione degli atti, il potenziale danno psichico e pericolo per il suo sviluppo psico – fisico derivante anche dalla semplice conosc di essere stato oggetto di abusi sessuali, nonché la irrilevanza del fatto post” non fossero stati provati danni psichici.
Ancora, Sez. 3, n. 24598 del 26/05/2015, non massimata, ha precisato che «a fini della configurabilità della circostanza attenuante del fatto di minore grav reato di violenza sessuale, rilevano i soli elementi indicati dal comma p dell’art. 133 cod. pen., e non anche quelli di cui al comma secondo, utilizzabil per la commisurazione complessiva della pena (v., tra le tante: Sez. 3, n. 4 del 26/10/2011 – dep. 07/12/2011, B., Rv. 251611)».
Ciò, in altri termini, comporta che il giudice deve tener conto della gravi reato, desunta: 1) dalla natura, dalla specie, dai mezzi, dall’oggetto, dal dal luogo e da ogni altra modalità dell’azione; 2) dalla gravità del danno pericolo cagionato alla persona offesa dal reato; 3) dalla intensità del dolo grado della colpa.
6.2. Nel caso in esame i giudici di merito hanno argomentato le proprie valutazi con condivisibile ragionamento giuridico, saldamente ancorato alle emergenze fattuali, rappresentando che “le condotte si erano protratte per un rilevant úD temporale ed erano state poste in essere da un soggetto che, per ragioni di la frequentava l’abitazione familiare e verso il quale la ragazza, oltre a p affetto, riponeva profonda fiducia”.
E’ stata fatta corretta applicazione del principio secondo il quale “in tema d sessuali commessi in danno di persona minore di età la circostanza attenuan prevista dal comma quarto dell’art. 609-quater cod. pen, riproduttiva di quella prevista dal comma terzo del precedente art. 609-bis cod. pen., si fonda minore gravità del fatto, comportante una più lieve compromissione della libe sessuale della vittima e dello sviluppo del minore, ed è oggetto di una valutaz che deve tenere conto di tutte le componenti del reato, oggettive e soggett nonché degli elementi indicati nell’art. 133 cod. pen.” (Sez. 3, Sentenza n. del 03/10/2006, Rv. 235031).
A ciò si aggiunge che le condotte illecite imputate si sono svolte con apprezza protrazione nel corso del tempo, per cui la reiterazione degli atti sessuali è sint dell’intensità del dolo in capo all’imputato ed è espressione di una compress non lieve della libertà sessuale della vittima, non compatibile con un giudiz minore gravità del fatto (Sez. 3, Sentenza n. 4960 del 11/10/2018, Rv. 275693 6.3. Lo scrutinio di tale motivazione, corretta in diritto e aderente alle ri di fatto, peraltro a fronte di sole generiche contestazioni difensive, si s perimetro di valutazione di questa Corte.
Ne consegue la inammissibilità del ricorso con onere per il ricorrente, ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen., di sostenere le spese del procedimento.
Tenuto conto, infine, della sentenza della Corte costituzionale n. 186 del 13 giugno 2000, e considerato che non vi è ragione di ritenere che il ricorso sia stato presentato senza “versare in colpa nella determinazione della causa di inammissibilità”, si dispone che il ricorrente versi la somma, determinata in via equitativa, di euro 3.000 in favore della Cassa delle ammende.
Deve, altresì, essere condannato a rifondere le spese sopportate, per il giudizio, dalla parte civile, che, essendo stata ammessa al patrocinio a spese dello Stato, dovranno essere liquidate dalla competente Corte di appello.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della cassa delle ammende. Condanna, inoltre, l’imputato alla rifusione delle spese di rappresentanza e difesa sostenute nel presente giudizio dalla parte civile ammessa al patrocinio a spese dello Stato, nella misura che sarà liquidata dalla Corte di appello di Catania con separato decreto di pagamento, ai sensi degli artt. 82 e 83 dPR 115/2002, disponendo il pagamento in favore dello Stato.
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La Gonsigliera est.
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