Sentenza di Cassazione Penale Sez. 5 Num. 6416 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 5 Num. 6416 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 17/11/2023
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME nato a GENOVA il DATA_NASCITA
avverso l’ordinanza del 21/07/2023 del TRIBUNALE DEL RIESAME di GENOVA
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME; udite le conclusioni del AVV_NOTAIO Procuratore generale NOME COGNOME, che ha chiesto di rigettare il ricorso; udite le conclusioni dell’AVV_NOTAIO, per l’imputato, che ha chiesto di accogliere il ricorso.
RITENUTO IN FATTO
Con ordinanza del 21 luglio 2023, il Tribunale di Genova Sezione Riesame, nel rigettare il ricorso proposto da NOME COGNOME, ha confermato l’ordinanza emessa il 26 giugno 2023 dal Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Genova, applicativa della misura cautelare dell’obbligo di dimora in Genova, per i reati di cui agli artt. 491-476 e 482 cod. pen.
Secondo la pubblica accusa, il COGNOME – in concorso cori NOME COGNOME avrebbe formato un testamento olografo falso (datato 28 novembre 2019), apparentemente firmato da COGNOME NOME (deceduta il 30 dicembre 2019), con
il quale venivano riformulate le precedenti volontà testamentarie di quest’ultima e veniva indicata quale beneficiaria di gran parte del patrimonio COGNOME NOME nonna del COGNOME – e veniva nominato erede universale il sindacato RAGIONE_SOCIALE, di cui era presidente lo stesso COGNOME.
Avverso l’ordinanza, l’indagato ha proposto ricorso per cassazione a mezzo del difensore di fiducia, deducendo, senza separarli in distinti motivi, i vizi di motivazione e di inosservanza di norme processuali, in relazione agli artt. 125, 192, 273, 309 e 546 cod. proc. pen. e i vizi di motivazione, di erronea applicazione della legge penale e di inosservanza di norme processuali, in relazione agli artt. 24 e 111 Cost., 125, 192, 273, 274, 275, 491 e 546 cod. proc. pen. La Difesa, successivamente, ha depositato una memoria scritta, illustrando ulteriormente le argomentazioni poste a sostegno del ricorso.
2.1. Con riferimento alla gravità indiziaria, il ricorrente sostiene che il Tribunale non avrebbe risposto adeguatamente alle argomentazioni difensive e deduce la palese inattendibilità delle consulenze grafologiche.
Rappresenta che la difesa aveva prodotto, in allegato alla memoria difensiva, la relazione redatta dall’ingegnere COGNOME, che avrebbe svolto delle indagini tecniche più accurate e approfondite rispetto a quelle svolte dal consulente tecnico del pubblico ministero e dal consulente tecnico della parte civile.
L’ingegnere COGNOME avrebbe posto in rilievo che: le altre due consulenze tecniche si baserebbero sulla «comparazione effettuata per immagini» che risulterebbe del tutto errata «sul piano metodologico»; la consulenza della dott.ssa COGNOME sarebbe da considerarsi meramente teorica, essendo stata realizzata senza mostrare alcuna immagine ed effettuando un’unica comparazione – con una delega del 2018 – che peraltro riporterebbe anche una firma di provenienza non certa; alcune delle firme utilizzate a fini comparativi dalle altre due consulenti sarebbero state assunte come certe, in assenza di qualsiasi approfondimento sulla loro origine; alcune firme sarebbero «in realtà incerte o addirittura non veritiere».
Il ricorrente sostiene che la mancanza di attendibilità delle altre due consulenze finisca per «depauperare» anche gli altri elementi indiziari, costituiti dalle dichiarazioni rese dalle badanti, dal medico curante e dalla nipote della COGNOME, che, in realtà, sarebbero del tutto «neutre», atteso che nessuna delle persone informate sui fatti avrebbe specificamente accusato l’indagato.
Le osservazioni formulate dall’ingegnere COGNOME, riportate nella memoria prodotta dalla difesa, sarebbero state completamente ignorate dal Tribunale per il riesame, che, in sostanza, si sarebbe limitato a sostenere che «due concordi consulenze valgano più di una».
2.2. Con riferimento alle esigenze cautelari, il ricorrente lamenta il vizio di motivazione, sostenendo che il Tribunale per il riesame avrebbe del tutto omesso di motivare in ordine alla concretezza e all’attualità delle esigenze, limitandosi a riportare pedissequamente le argomentazioni contenute nell’ordinanza genetica, senza rispondere effettivamente alle deduzioni mosse dalla difesa.
Il ricorrente sostiene che i fatti risalirebbero al 28 novembre 2 . 019 e che i fatti addotti dai giudici di merito a «riscontro» della concretezza e dell’attualità delle esigenze cautelari, in realtà, non esisterebbero.
In particolare, la controversia legale tra l’indagato e i nonni materni, oltre a non essere attuale, risalendo al lontano 2009, non si sarebbe mai «definita nella sua concretezza e veridicità, dal momento che essa si era conclusa con una remissione di querela, prima che il processo iniziasse».
Analoghe considerazioni andrebbero fatte con riferimento alla vicenda relativa al testamento di NOME COGNOME (i cui beneficiari erano sempre la nonna e il sindacato dell’indagato), dalla quale non potrebbero essere desunti elementi di rilievo, atteso che nessuno dei parenti dell’NOME aveva presentato denuncia. Da essa, pertanto, non potrebbe essere desunto alcun elemento utile a dimostrare il pericolo di recidiva.
Il ricorrente, inoltre, evidenzia che il Tribunale del riesame non avrebbe adeguatamente valutato l’elemento di novità, costituito dal fatto che l’indagato aveva presentato le dimissioni da presidente del sindacato, posizione che era stata particolarmente valorizzata nell’ordinanza genetica.
Il Tribunale per il riesame, infatti, avrebbe ritenuto che tale circostanza non inciderebbe sull’attualità e sulla concretezza del pericolo di recidiva poiché l’indagato sarebbe comunque rimasto responsabile regionale del “RAGIONE_SOCIALE“.
Il ricorrente deduce l’illogicità di tale motivazione, atteso che i fatti contestati sarebbero maturati esclusivamente nell’ambito delle vicende legate al sindacato, dalle quali dovrebbero essere nettamente distinte le attività del “RAGIONE_SOCIALE“, che si occupa prevalentemente di pratiche burocratiche per lavoratori autonomi e dipendenti. Il “RAGIONE_SOCIALE” sarebbe rimasto completamente estraneo alle indagini, come dimostrato dal fatto che la sua sede non sarebbe stata mai perquisita, e dunque sarebbe del tutto illogico ritenere che l’attività svolta dall’indagato presso di esso – che peraltro costituisce l’unica sua fonte di sostentamento – possa costituire occasione per la reiterazione del reato.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso deve essere rigettato.
1.1. Le censure mosse dal ricorrente con riferimento ai gravi indizi di colpevolezza sono inammissibili.
Il ricorrente, invero, ha articolato alcune censure che, pur essendo state da lui riferite alle categorie del vizio di motivazione e della violazione di legge, ai sensi dell’art. 606 cod. proc. pen., non evidenziano alcuna effettiva violazione di legge né travisamenti di prova o vizi di manifesta logicità emergenti dal testo della sentenza, ma sono, invece, dirette a ottenere un inammissibile sindacato sul merito delle valutazioni effettuate dal Tribunale (cfr. Sez. U, n. 6402 del 30/04/1997, COGNOME, Rv. 207944; Sez. U, n. 18620 del 19/01/2017, Patalano).
Al riguardo, va ricordato che, «in tema di ricorso per cassazione, il controllo di legittimità, anche nel giudizio cautelare personale, non comprende il potere di revisione degli elementi materiali e fattuali delle vicende indagate, ivi compreso lo spessore degli indizi, né quello di riconsiderazione delle caratteristiche soggettive dell’indagato, trattandosi di apprezzamenti rientranti nelle valutazioni del Gip e del tribunale del riesame, essendo, invece, circoscritto all’esame dell’atto impugnato al fine di verificare la sussistenza dell’esposizione delle ragioni giuridicamente significative che lo hanno determinato e l’assenza di illogicità evidenti, ossia la congruità delle argomentazioni rispetto al fine giustificativo del provvedimento» (Sez. 2, n. 9212 del 02/02/2017, Sansone, Rv. 269438).
Va evidenziato, in ogni caso, che il Tribunale, in ordine alla sussistenza dei gravi indizi di colpevolezza a carico dell’indagato, ha motivato in maniera adeguata, coerente e senza incorrere in alcun vizio logico (cfr. pagine 2, 3 e 4 dell’ordinanza impugnata), rispondendo anche alle censure mosse con l’atto di impugnazione, ritenendo evidentemente “assorbite” le questioni poste dalla difesa completamente incompatibili con la ricostruzione dei fatti ritenuta fondata. Al riguardo, va ribadito che «nella motivazione della sentenza il giudice del gravame non è tenuto a compiere un’analisi approfondita di tutte le deduzioni delle parti e a prendere in esame dettagliatamente tutte le risultanze processuali, essendo invece sufficiente che, anche attraverso una loro valutazione globale, spieghi, in modo logico e adeguato, le ragioni del suo convincimento, dimostrando di aver tenuto presente ogni fatto decisivo, sicché debbono considerarsi implicitamente disattese le deduzioni difensive che, anche se non espressamente confutate, siano logicamente incompatibili con la decisione adottata» (Sez. 6, n. 34532 del 22/06/2021; COGNOME, Rv. 281935).
Con particolare riferimento alla consulenza tecnica dell’ing. COGNOME, il Tribunale ha evidenziato non solo che le argomentazioni addotte dal tecnico di parte non erano risolutive per superare le concordi conclusioni delle altre due consulenze, ma anche che, da essa, non erano desumibili elementi utili a superare
l’argomento decisivo costituito dal fatto che la COGNOME, ad un mese dalla morte, si trovava in una condizione fisica che non le consentiva di redigere, con fluidità e costanza nella scrittura, il testamento in favore della COGNOME.
Si tratta di una motivazione adeguata e priva di vizi logici, con la quale il ricorrente non si è effettivamente confrontato, rendendo così, sotto tale profilo, il ricorso privo anche della necessaria specificità estrinseca.
Va poi evidenziato che, contrariamente a quanto sostenuto dal ricorrente, le dichiarazioni rese dai testi assumono una loro autonoma valenza indiziaria, atteso che, da esse, emerge non solo l’impossibilità della donna di redigere l’atto in questione, ma anche che: nel periodo di rilievo, la COGNOME non era in grado di deambulare in maniera autonoma e non aveva ricevuto visite; non aveva incontrato né la NOME né il NOME e non aveva mai parlato di tali persone.
Il quadro indiziario, inoltre, non risulta integrato dalle sole dichiarazioni delle persone informate dei fatti, ma anche dai rilevanti esiti delle attività di perquisizione, all’esito della quale, presso l’ufficio dell’indagato, veniva sequestrata documentazione inerente sia la consistenza del patrimonio della COGNOME sia l’attività preparatoria alla redazione del testamento.
1.2. Le censure relative alla sussistenza delle esigenze cautelari sono infondate.
Le vicende relative alla controversia con i nonni materni e al testamento di NOME COGNOME mantengono, infatti, una loro oggettiva rilevanza anche se, poi, non hanno portato all’adozione di alcun provvedimento giudiziario. I giudici di merito non sono incorsi in alcun errore di carattere logico o giuridico nel trarre elementi da fatti che hanno ritenuto oggettivamente accaduti, anche se in relazione a essi la mancanza della condizione di procedibilità non aveva consentito l’esercizio dell’azione penale.
Le dimissioni dal sindacato costituiscono senza dubbio un elemento di rilevante di novità, ma il Tribunale del riesame – senza incorrere in alcun vizio logico – non l’ha ritenuto decisivo, evidenziando che il concreto pericolo di reiterazione del reato rimaneva sussistente in ragione della posizione dell’indagato di segretario regionale del “RAGIONE_SOCIALE“, che avrebbe potuto offrirgli ulteriori occasioni di reiterazione del reato.
Va, poi, rilevato che, contrariamente a quanto sostenuto dal ricorrente, il “RAGIONE_SOCIALE” non era rimasto estraneo alle indagini, visto che, dall’ordinanza del Tribunale per il riesame, emerge che, all’esito della perquisizione eseguita presso i suoi locali, erano stati rinvenuti rilevanti documenti e che, dall’ordinanza genetica, emerge il “RAGIONE_SOCIALE” era coinvolto anche nella vicenda del testamento di NOME.
Al rigetto del ricorso, consegue, ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen., la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Così deciso, il 17 novembre 2023.