Sentenza di Cassazione Penale Sez. 3 Num. 17294 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 3 Num. 17294 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 03/04/2025
SENTENZA
Sul ricorso presentato da COGNOME NOME nata a Catania il 28/06/1984, avverso l’ordinanza del Tribunale di Messina del 14/10/2024,
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal Cons. NOME COGNOME
lette le conclusioni del Pubblico Ministero, in persona del D.ssa NOME COGNOME che ha conclus per l’inammissibilità del ricorso.
PREMESSO IN FATTO
Con ordinanza del 14/10/2024, il Tribunale del riesame di Messina rigettava la richiest di riesame proposta da COGNOME NOME avverso il decreto di sequestro preventivo emesso dal 25/07/2024 e avente ad oggetto il furgone IVECO TARGA_VEICOLO, di proprietà della stessa, che si asserisce terzo estraneo al reato.
Avverso tale ordinanza la COGNOME propone ricorso.
La ricorrente deduce in particolare difetto di motivazione e violazione di legge.
Sostiene, in dettaglio, che il mero trasporto di ferro bruciato non rientrerebbe nell’ipot cui all’art. 256 d. Igs. n. 152/2006. in quanto non si tratterebbe di rifiuti pericolosi, p quindi la ditta era autorizzata.
La stessa, inoltre, era ignara del comportamento dello COGNOME, dal quale anzi aveva tratto un pregiudizio, non solo economico, per la perdita della possibilità di lavoro.
RITENUTO IN DIRITTO
1. Il ricorso è inammissibile.
In primo luogo, il ricorso, ove la COGNOME fosse qualificabile come terzo estran reato, sarebbe inammissibile per difetto di procura speciale.
Ed infatti, in ordine alle modalità di costituzione in giudizio dei terzi interessati richiamare la condivisa affermazione di questa Corte (cfr. Sez. 3, n. 29858 del 01/12/2017, dep 2018, COGNOME, Rv. 273505 – 01; Sez. 2, n. 310 del 07/12/2017, dep. 2018, G.T. Auto, Rv. 271722 – 01; Sez. 1, n. 8361 del 10/01/2014, Rv. 259174, Sez. 2, n. 31044 del 13/06/2013, Rv. 256839, Sez. 6, n. 11796 del 4/03/2010, Rv. 246485; Sez. 6, n. 46429 del 17/09/2009, Rv. 245440), secondo cui la posizione processuale del terzo interessato è nettamente distinta sott il profilo difensivo da quella dell’indagato e dell’imputato che, in quanto assoggettati all penale, possono stare in giudizio di persona, avendo solo necessità di munirsi di un difenso che, oltre ad assisterli, li rappresenta ex lege ed è titolare di un diritto di impugnazione nell’interesse del proprio assistito per il solo fatto di rivestire la qualità di difensore, sen necessità di procura speciale, che è imposta solo per i casi di atti c.d. «personalissimi».
Non così per il terzo interessato, perché questi, al pari dei soggetti indicati dall’art. 1 proc. pen., è portatore di interessi civilistici, per cui, oltre a non poter stare personal giudizio, ha un onere di patrocinio, che è soddisfatto attraverso il conferimento di procura liti al difensore, come del resto avviene nel processo civile ai sensi dell’art. 183 cod. proc
Su questa falsariga, si è altresì affermato che è inammissibile il ricorso per cassazi avverso il provvedimento di rigetto della richiesta di riesame relativa a decreto di seque preventivo proposto dal difensore del terzo interessato privo di procura speciale, non essend sufficiente la procura speciale rilasciata esplicitamente per il solo riesame (cfr. Sez. 2, n. 3 07/12/2017, dep. 2018, Rv. 271722).
È, in conclusione, inammissibile il ricorso per cassazione avverso provvedimenti in materi cautelare reale proposto dal difensore del terzo interessato privo di procura speciale (ex multis, Sez. 2, n. 310 del 07/12/2017, dep. 09/01/2018, Rv. 271722), non potendo trovare applicazione, in tal caso, la disposizione di cui all’art. 182, comma 2, cod. proc. civ., regolarizzazione del difetto di rappresentanza (ex multis, Sez. 3, n. 25316 del 10/02/2023, Prada, n.m.; Sez. 3, n. 29858 del 01/12/2017, dep. 03/07/2018, Rv. 273505).
Ciò posto, deve rilevarsi che all’odierno ricorso per cassazione non è stata allegata alcu procura speciale, per cui, a prescindere da ogni considerazione sul merito delle doglian sollevate, non potrebbe ritenersi validamente istaurato il rapporto giuridico processuale, alme con riferimento al giudizio di legittimità, non essendo decisiva l’eventuale esistenza della pro speciale in relazione al giudizio celebrato dinanzi al Tribunale del Riesame.
caso, il ricorso è anche manifestamente infondato. 3. In
4. In primo luogo, correttamente il Tribunale del riesame ha escluso che l’odierna ricorren possa considerarsi «terzo estraneo al reato».
Ed infatti, questa Corte ha reiteratamente affermato – con un principio che il Coll condivide e ribadisce – che «terzo» è la persona che non solo non ha partecipato alla commissione del reato, ma colui che da esso non ha ricavato vantaggi e utilità (così Sez. U, n. 11170 25/09/2014, dep. 2015, Uniland, Rv. 263683 – 01).
La correttezza di tale impostazione è confortata anche dalla Corte costituzionale che, ne dichiarare la incostituzionalità delle disposizioni che regolano la confisca di opere di int artistico o storico esportate abusivamente (artt. 66 legge 10 giugno 1939, n. 1089, e 11 comma primo, legge 25 settembre 1940, trasfuso nell’art. 301, comma primo, d.P.R. 23 gennaio 1973, n. 43) ha escluso la compatibilità con l’art. 27, comma 1 Cost. di norme che prevedono la confisca anche quando le cose risultino di proprietà di chi non sia autore del reato «o non abbia tratto in alcun modo profitto» (sent. n. 2 del 1987).
Le Sezioni Unite della Corte hanno anche precisato (Sez. U., n. 9 del 28/04/1999, COGNOME, Rv. 213510 – 01, in motivazione) che al requisito oggettivo integrato dalla non derivazione un vantaggio dall’altrui attività criminosa, deve aggiungersi la connotazione soggettiva de buona fede del terzo, intesa come «non conoscibilità, con l’uso della diligenza richiesta d situazione concreta, del predetto rapporto di derivazione della propria posizione soggettiva reato commesso dal condannato»; soluzione anche questa confortata dalla Corte costituzionale (Corte cost., n. 229 del 1974; n. 259 del 1976; n. 2 del 1987) che aveva dichiara l’incostituzionalità delle norme che prevedevano il sacrificio del diritto dei terzi su utilizzate da altri per il contrabbando, ancorché ai primi non fosse imputabile un difet vigilanza (vedi anche Corte cost., n. 1 del 1997).
Da quanto detto risulta che il concetto di buona fede per il diritto penale è diverso da q di buona fede civilistica a norma dell’art. 1147 cod. civ., dal momento che anche i profi colposa inosservanza di doverose regole di cautela escludono che la posizione del soggetto acquirente o che vanti un titolo sui beni da confiscare o già confiscati sia giuridicament tutelare.
La giurisprudenza di legittimità ha poi confermato (Sez. 3, n. 34548 del 06/06/2023, D., R 285207 – 02) che è persona estranea al reato «il soggetto che non abbia ricavato vantaggi e
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utilità dal reato e che sia in buona fede, non potendo conoscere, con l’uso della diligenza richi dalla situazione concreta, l’utilizzo del bene per fini illeciti (fattispecie in cui la Corte il requisito dell’estraneità nel caso del coniuge dell’imputato con lo stesso conviv comproprietario di un immobile locato da anni a fini illeciti)».
Sez. 3, n. 47685 del 25/10/2022, FORAGIONE_SOCIALE, n.m., ha poi precisato che la buona fede del terzo va «intesa quale assenza di condizioni che rendano probabile a suo carico un qualsivoglia addebito di negligenza da cui sia derivata la possibilità dell’uso illecito della senza che esistano collegamenti, diretti o indiretti, ancorché non punibili, con la consumazi del reato (così Sez. 3, n. 33281 del 24/6/2004, Datola, Rv. 229010. Nello stesso senso, Sez. 3 n. 44837 del 7/11/2007, Aprea, non nnassimata; Sez. 3, n. 26529 del 20/5/2008, Torre, Rv. 240551; Sez. 3, n.12108 del 18/11/2008, COGNOME, Rv. 243394; Sez. 3, n. 20935 del 11/3/2009, COGNOME e altri, Rv. 243621)».
In tema di contrabbando doganale (ma con principio applicabile pacificamente al caso in esame), si è anche precisato che nel caso in cui venga utilizzato per il trasporto della merce mezzo di proprietà di un terzo estraneo al reato, quest’ultimo ha l’onere di provare, al fi evitarne la confisca obbligatoria ed ottenerne la restituzione, di non averne potuto prevede nemmeno a titolo di colpa, l’illecito impiego anche occasionale da parte di terzi e di non ess incorso in un difetto di vigilanza (Sez. 3, n. 41876 del 11/07/2007, COGNOME, Rv. 238053 – 01
Quanto all’onere della prova della buona fede, sempre la sentenza COGNOME, facendo riferimento alla c.d. «teoria del fatto costitutivo», ha stabilito che ai terzi fa carico l’ prova sia relativamente alla titolarità del jus in re aliena, sia relativamente alla mancanza di collegamento del proprio diritto con l’altrui condotta delittuosa o, nell’ipotesi in cui nesso sia invece configurabile, all’affidamento incolpevole ingenerato da una situazione apparenza che renda scusabile l’ignoranza o il difetto di diligenza.
Non si tratta, quindi di un’inversione dell’onere della prova, poiché l’accertamento riguarda la responsabilità penale, bensì di un onere di allegazione a carico del terzo che vog far valere un diritto acquisito sul bene in ordine agli elementi che concorrono ad integrar condizioni di appartenenza del bene e di estraneità al reato dalle quali dipende l’operatività d situazione impeditiva o limitativa del potere di confisca esercitato dallo Stato, così come avv in situazioni simili, come ad esempio in materia di misure di prevenzione (v. Sez. 3, n. 220 del 29/4/2010, COGNOME, non massimata; Sez. 3, n. 46012 del 4/11/2008, COGNOME, Rv 241771; Sez. 3, n. 26529 del 20/5/2008, Torre, Rv. 240551, Sez. 3, n. 33281 del 24/6/2004, Datola, Rv. 229010, cit.).
Pertanto, posto che il bene oggetto del provvedimento ablatorio costituisce «strumento de reato», è l’interessato, che si proclama estraneo al reato stesso, che deve, soddisfacendo l’oner di allegazione, fare emergere, oltre alla regolarità del suo titolo di acquisto, la buona fe soggettivamente ne caratterizzava lo status di extraneus rispetto al reato.
In conclusione, il soggetto estraneo al reato, in caso di collegamento del proprio diritt l’altrui reato, ha l’onere di provare il proprio affidamento incolpevole ingenerato d situazione di apparenza sulla liceità della provenienza del bene che renda scusabile l’ignoranz o il difetto di diligenza (Sez.3, n. 11269 del 10/12/2019, dep.02/04/2020, Rv.278764 – 02 non può ritenersi estraneo alla commissione del reato non solo colui che, con il s comportamento, anche solo colposo, abbia dato causa al fatto costituente illecito penale, ma anche colui – e tale è il caso in esame, posto che la ricorrente è la proprietaria del v utilizzato dalla propria ditta per effettuare il trasporto dei rifiuti – che abbia tratto c giovamento dalla sua commissione, dovendosi individuare il contenuto di tale giovamento in qualsivoglia condizione di favore, pure non materiale, derivata dal fatto costituente reato (Se n. 22 del 30/11/2018, dep. 02/01/2019, Rv. 274745 – 04).
Nel caso di specie, la semplice notazione che la ricorrente sia la coniuge e la datrice di la dell’indagato rende assolutamente generica la deduzione difensiva, che risulta pertant inammissibile.
In secondo luogo, quanto al fumus commissi delicti, è pacifico nella giurisprudenza di questa Corte il principio per cui, in tema di sequestro preventivo, non è necessario valutar sussistenza dei gravi indizi di colpevolezza a carico della persona nei cui confronti è opera sequestro, essendo sufficiente che sussista il fumus commissi delicti, vale a dire l’astratta sussumibilità in una determinata ipotesi di reato del fatto contestato (tra le tante: Sez 5656 del 28/01/2014 – dep. 05/02/2014, Rv. 258279 – 01).
La verifica del cosiddetto fumus non può estendersi fino ad un vero e proprio giudizio di colpevolezza, essendo sufficiente la semplice indicazione di una ipotesi di reato in relazione quale sussista la necessità di escludere la libera disponibilità della cosa pertinente a quel r potendo essa aggravarne o protrarne le conseguenze (sul punto: Sez. 2, n. 2248 del 11/12/2013 – dep. 20/01/2014, COGNOME, Rv. 260047 – 01).
Nel caso in esame, è incontestato che il trasporto dei rifiuti (metalli combusti e una sc di autovettura in disuso) non fosse accompagnato dal (necessario) formulario di identificazion (lo COGNOME esibiva solo un formulario relativo a un precedente trasporto) e, del p incontestata, è la presenza sul furgone di rifiuti metallici combusti.
Sul punto, il decreto di sequestro preventivo emesso dal GIP in data 25/07/2024, a pagina 3, precisa che alla scocca combusta dell’autovettura doveva essere assegnato il codice EER 160106, e che, dalla visura dell’autorizzazione rilasciata alla ditta COGNOME Enza Maria A essa non era autorizzata al trasporto di detta tipologia di rifiuti.
Il ricorso, che omette di dedurre sulla base di quali elementi i rifiuti sarebber legittimamente trasportati, non si confronta con i provvedimenti ablatori, che sul punto motiva in modo non irragionevole, e risulta pertanto generico.
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Il Collegio, peraltro, evidenzia che i “veicoli fuori uso” sono classificati, all’interno de europeo dei rifiuti (EER), con il codice CER 160104*, ossia come rifiuti pericolosi, mentre il c
160106 è limitato ai “veicoli fuori uso, non contenenti liquidi né altre componenti pericol circostanza (peraltro di mero fatto) totalmente inesplorata nella presente fase processuale.
5. Va inoltre aggiunto che, nel caso in esame, il sequestro è stato disposto a fini impedi e non di confisca.
In proposito, come correttamente evidenziato dall’ordinanza impugnata, il sequestro preventivo non finalizzato alla confisca implica l’esistenza di un collegamento tra il reat
cosa e non tra il reato e il suo autore, sicché «possono essere oggetto del provvedimento anche le cose di proprietà di un terzo, estraneo all’illecito e in buona fede, nel caso in cui la lo
disponibilità sia idonea a costituire pericolo di aggravamento o di protrazione delle conseguen del reato ovvero di agevolazione della commissione di ulteriori fatti penalmente rilevanti» (S
3, n. 24065 del 11/04/2024, Scossa, Rv. 286552 – 01).
Anche sotto tale aspetto, pertanto, il ricorso è inammissibile.
6. Il ricorso, in conclusione, deve essere dichiarato inammissibile.
Alla declaratoria dell’inammissibilità consegue, a norma dell’art. 616 cod. proc. pen., l’o delle spese del procedimento. Tenuto altresì conto della sentenza 13 giugno 2000, n. 186, della Corte costituzionale e rilevato che, nella fattispecie, non sussistono elementi per ritenere che parte abbia proposto il ricorso senza versare in colpa nella determinazione della causa inammissibilità», alla declaratoria dell’inammissibilità medesima consegue, a norma dell’art. 6 cod. proc. pen., l’onere del versamento della somma, in favore della Cassa delle ammende, che il Collegio ritiene di fissare, equitativamente, in euro 3.000,00.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende. Così deciso il 03/04/2025.