Sentenza di Cassazione Penale Sez. 3 Num. 10697 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 3 Num. 10697 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 13/12/2023
SENTENZA
sui ::ccrso proposto da
NOME COGNOME ii 09/10/1979
av, , erso rorcinanza del 17/08/2023 del TRIB. LIBERTA’ di MILANO
udit.a la re!azione svofta dai Consigliere NOME COGNOME; sentfte le condusoni de: COGNOME NOME s; :F..)orta COGNOME a euisitoria chiedendo COGNOME rigetto del ricorso.
FLICK NOME COGNOME COGNOME COGNOMECOGNOMEaccoalimento del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
Il Tribunale di Milano, Sezione riesame, con ordinanza del 17 agosto 2023 ha rigettato l’appello proposto da NOME COGNOME avverso l’ordinanza del giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Milano, dell’Il maggio 20123 1 di rigetto della sua istanza di revoca o sostituzione della misura cautelare della custodia in carcere, relativamente ai reati di associazione per delinquere, omesse dichiarazioni di imposte ed emissioni, plurime, di fatture per operazioni inesistenti.
Ricorre in cassazione l’indagato, deducendo i motivi di seguito enunciati, nei limiti strettamente necessari per la motivazione, come disposto dall’art. 173, comma 1, disp. att., c.p.p.
1. Violazione di legge (art. 191, 405, 406 e 407 cod. proc. pen., art. 416 cod. pen.), e vizio della motivazione, per la eccepita inutilizzabilità degli atti compiuti in difetto di autorizzazione alla prosecuzione delle indagini (tardività delle richieste).
Il PM aveva erroneamente computato nei termini per la scadenza delle indagini anche il periodo di sospensione feriale che non poteva considerarsi in quanto un reato ipotizzato era il 416 cod. pen.
Per il Tribunale del riesame l’eccezione è infondata in quanto il reato di cui all’art. 416 cod. pen. sarebbe permanente e richiama, sul punto, la sentenza n. 38865 del 2008. Tuttavia, recentemente la Corte di Cassazione ha ritenuto infondata la tesi espressa dalla citata sentenza, in quanto la stessa sarebbe sostanzialmente abrogativa degli art. 405, 406 e 407 cod. proc. pen. (Cassazione Sez. 2, n. 17118 del 2017). Conseguentemente tutte le richieste di proroga delle indagini presentate dal PM sono da considerare tardive; solo il mero concorso di persone nel reato risulterebbe fuori da queste considerazioni (S.U. n. 17706/2005).
Tutti gli atti di indagine compiuti dopo la scadenza dei termini devono ritenersi inutilizzabili.
Infine, il Tribunale ha rilevato che nessuna eccezione sarebbe stata proposta dal ricorrente sulle proroghe richieste; tuttavia, si deve rilevare che le richieste delle proroghe non erano state prontamente notificate al ricorrente, che riceveva le notifiche solo il 16 giugno 2023. La tardività delle notifiche non ha consentito all’indagato di interloquire.
2. Violazione di legge (art. 111 costituzione e 6, Cedu) e apparente motivazione sulla ritenuta efficacia ex tunc dei provvedimenti di proroga, del GIP, dei termini delle indagini.
L’assenza dei provvedimenti di proroga del termine delle indagini rende illegittima la custodia cautelare del ricorrente. Le indagini, infatti, sono state compiute senza autorizzazione del giudice. Il Tribunale del riesame affermava che il Giudice avrebbe potuto disporre la proroga delle indagini in qualsiasi momento, con effetto retroattivo, sanante.
In tal modo l’indagato non avrebbe nessuna possibilità di difesa sulla questione. Il giudice potrebbe prorogare le indagini anche dopo la loro chiusura, il che sarebbe un assurdo giuridico.
3. Violazione di legge (art. 335 cod. proc. pen.) e mancanza della motivazione sulla tardività dell’iscrizione del ricorrente nel registro ex art. 335 cod. proc. pen.
Come emerge dagli atti nel fascicolo del PM il ricorrente risulta coinvolto nelle indagini sin dall’Il maggio 2021, nota informativa della Guardia di Finanza del 19 maggio 2021. Infatti, dopo l’informativa la Procura della Repubblica chiedeva l’intercettazione del telefono del ricorrente. Conseguentemente in tale data avrebbe dovuto iscriversi nel registro degli indagati il ricorrente, non dopo un mese e mezzo. Su questo aspetto il Tribunale del riesame non ha motivato.
4. Violazione di legge (art. 284 cod. proc. pen.); motivazione assente o solo apparente sulla richiesta di applicazione della misura meno afflittiva.
Nell’ordinanza genetica della misura cautelare personale non emerge la consapevolezza del ricorrente dell’attività illecita del coindagato COGNOME NOME. Non si comprende, quindi, perché il Tribunale del riesame attribuisce al ricorrente anche la partecipazione alla frode di primo livello. La possibilità di reiterare i reati è riferibi solo al coindagato COGNOME e non anche al ricorrente, che non ha una rete di conoscenze come quella di COGNOME.
Le relazioni depositate dall’ AVV_NOTAIO e dal AVV_NOTAIO non riguardano il ricorrente e le sue società; infatti, la difesa all’udienza del 30 giugno 2023 chiedeva l’espunzione dal fascicolo degli atti trasmessi dal P.M.
Le esigenze cautelari, conseguentemente, sono state ritenute sussistenti sulla base di documentazione non riguardante il ricorrente e le sue società.
Per negare gli arresti domiciliari anche con il presidio dei controlli elettronici il Tribunale motivava in modo apparente, con motivazione di stile, utilizzabile indistintamente per qualunque indagato.
Ha chiesto pertanto l’annullamento dell’ordinanza impugnata.
CONSIDERATO IN DIRITTO
3. Il ricorso risulta inammissibile per genericità e per manifesta infondatezza dei motivi; il ricorrente affronta il problema dell’inutilizzabilità delle indagini compiute dopo la scadenza dei termini senza effettuare la prova di resistenza, ovvero se senza le indagini inutilizzabili (in via solo ipotetica) sussisterebbero comunque i gravi indizi di colpevolezza (ritenuti dall’ordinanza impugnata e da quella genetica per una serie di elementi non contestati in questa sede). I gravi indizi di colpevolezza, infatti, non sono proprio contestati nel ricorso in cassazione.
Comunque, deve rilevarsi che «Ai fini della legittimità della proroga del termine per il completamento delle indagini preliminari, ai sensi dell’art. 406 cod. proc. pen., è necessario solo che la relativa richiesta, da parte del pubblico ministero, sia anteriore alla scadenza del termine anzidetto, mentre l’ordinanza con la quale la stessa proroga è disposta può essere anche successiva a quella scadenza, avendo essa un effetto retroattivo sanante sugli atti d’indagine nel frattempo effettuati» (Sez. 3 – , Sentenza n. 37729 del 13/07/2022 Cc. (dep. 06/10/2022 ) Rv. 283695 – 01; vedi anche Sez. 3 – , Sentenza n. 50362 del 29/10/2019 Cc. (dep. 12/12/2019 ) Rv. 277938 – 0).
L’iscrizione nel registro delle notizie di reato, inoltre, risulta una attività discrezionale del P.M. non sindacabile dal giudice, ferma restando una responsabilità del P.M. anche di natura disciplinare: “Il termine di durata delle indagini preliminari decorre dalla data in cui il pubblico ministero ha iscritto, nel registro delle notizie di reato, il nome della persona cui il reato è attribuito, senza che al G.I.P. sia consentito stabilire una diversa decorrenza, sicché gli eventuali ritardi indebiti nella iscrizione, tanto della notizia di reato che del nome della persona cui il reato è attribuito, pur se abnormi, sono privi di conseguenze agli effetti di quanto previsto dall’art. 407, comma terzo, cod. proc. pen., fermi restando gli eventuali profili di responsabilità disciplinare o penale del magistrato del P.M. che abbia ritardato l’iscrizione. (Fattispecie di ordinanza di misura coercitiva sottoposta a riesame)” (Sez. U, Sentenza n. 40538 del 24/09/2009 Cc. (dep. 20/10/2009 ) Rv. 244376 – 01).
Infine, l’ordinanza ha riscontrato, in fatto, la permanenza del reato associativo in accertamento e, quindi, risulta lecita la prosecuzione delle indagini, per la permanenza del reato ( Sez. 6, Sentenza n. 38865 del 07/10/2008 Cc. (dep. 15/10/2008 ) Rv. 241751 – 0; Sez. 2, Sentenza n. 14777 del 19/01/2017 Cc. (dep. 24/03/2017 ) Rv. 270221 – O e Sez. 5, Sentenza n. 43663 del 14/05/2015 Cc. (dep. 29/10/2015 ) Rv. 264923 – 0).
4. In conclusione, il ricorso oltre ad essere generico ed in fatto (solo teorico) sui gravi indizi di colpevolezza non si confronta con l’ordinanza impugnata. Nulla dice sulla sussistenza dei gravi indizi, pure analiticamente analizzati dall’ordinanza e soprattutto non rappresenta la decisività delle prove (che prospetta inutilizzabili, senza neanche indicarle) sulla tenuta complessiva del quadro dei gravi indizi di colpevolezza: “In tema di ricorso per cassazione, è onere della parte che eccepisce l’inutilizzabilità di atti processuali indicare, pena l’inammissibilità del ricorso per genericità del motivo, gli atti specificamente affetti dal vizio e chiarirne altresì l’incidenza sul complessivo compendio indiziario già valutato, sì da potersene inferire la decisività in riferimento al provvedimento impugnato. (Fattispecie relativa all’inutilizzabilità delle dichiarazioni rese da persona imputata del medesimo reato in mancanza del previo avvertimento di cui all’art. 64, comma 3, cod. proc. pen., ma non valorizzate dal giudice di merito ai fini dell’affermazione di responsabilità)” (Sez. 6 – , Sentenza n. 1219 del 12/11/2019 Ud. (dep. 14/01/2020 ) Rv. 278123 – 01).
5. Sul periculum di reiterazione dei reati e sull’adeguatezza della misura cautelare il Tribunale del riesame adeguatamente motiva rilevando che il ricorrente ha “dato ampia dimostrazione di capacità professionali nel settore, conoscendo perfettamente ed altrettanto perfettamente applicando tutti i meccanismi fraudolenti che gravitano intorno al sistema delle fatture per operazioni inesistenti, massimizzandone il profitto anche con la strumentalizzazione di plurime strutture societarie, intestate a svariati prestanome, e proseguendo nella realizzazione dei profitti con il compimento di condotte di rilevante gravità.
L’ordinanza analizza anche la inidoneità di una misura custodiale domiciliare e la esclude per il pericolo di perpetrare reati della stessa specie “anche presso il domicilio”.
Il ricorso non si confronta con queste specifiche motivazioni.
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Alla dichiarazione di inammissibilità consegue il pagamento in favore della Cassa delle ammende della somma di C 3.000,00 e delle spese del procedimento, ex ad 616 cod. proc. pen.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso il 13/11/2023