Sentenza di Cassazione Penale Sez. 6 Num. 37745 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 6 Num. 37745 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 22/10/2025
SENTENZA
sul ricorso proposto da
NOME NOME, nato a San NOME in Fiore (CS) il DATA_NASCITA avverso l’ordinanza del 06/05/2025 del Tribunale di Catanzaro
visti gli atti, l’ordinanza impugnata e il ricorso; udita la relazione del consigliere NOME COGNOME;
letta la requisitoria scritta del Pubblico Ministero, in persona del AVV_NOTAIO Procuratore generale NOME COGNOME, che ha concluso chiedendo il rigetto del ricorso;
lette le conclusioni scritte dell’AVV_NOTAIO del RAGIONE_SOCIALE e dell’AVV_NOTAIO del RAGIONE_SOCIALE, che hanno chiesto l’accoglimento del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
Con ordinanza del 6 maggio 2025 il Tribunale di Catanzaro, adito in sede di riesame, confermava l’ordinanza con la quale era stata applicata la misura cautelare della custodia in carcere emessa dal giudice per le indagini preliminari presso il Tribunale di RAGIONE_SOCIALE in data 8 aprile 2025 nei riguardi di COGNOME NOME con riferimento ai reati di cui all’art 73 ,commi 1 e 4 d.P.R. n. 309/90 contestati ai
capi 342-367, 418, 422, 43-436, 438-439, 493-496, 549, 551, 580-584 dell’incolpazione provvisoria.
Avverso l’ordinanza del Tribunale di Catanzaro ha proposto ricorso per cassazione NOME NOME, mediante il proprio difensore di fiducia, articolando tre motivi di ricorso, che si riassumono sinteticamente ai sensi dell’art. 173 disp. att. cod. proc. pen.
2.1. Con il primo motivo deduce violazione di legge in relazione agli artt. 405, 406 e 407 cod. proc. pen. nonché motivazione illogica e contraddittoria in relazione all’eccezione di inutilizzabilità sollevata dalla difesa dell’attività di indag espletata dopo il 31/12/2021, poiché svolta dopo la scadenza del termine di 18 mesi decorrenti dall’iscrizione a notizia di reato avvenuta in data 16/03/2020, in mancanza di proroghe indagini. Il Tribunale ha ritenuto utilizzabile tutta l’attività di indagine compendiata nell’esito dell’attività investigativa effettuata, di fatto anche nel proc. penale n. 2951/2019 RGNR / denominato “COMPS”, ossia informativa 66/23 – 98-2019 di prot. del 13/06/2024, informativa 66/23-94-2019 del 10/11/2023, confluite nel procedimento in esame e tutte le s.i.t. rese in data successiva al 31/12/2021. Tuttavia, il Tribunale ritiene erroneamente che i fatti contestati nel procedimento in esame n. 854/2024 RGNR siano diversi e nuovi rispetto a quelli dell’originario procedimento n. 2951/2019 RGNR, di fatto, omettendo di valutare la correttezza del procedimento di iscrizione della notizia di reato e di conseguenza il compendio investigativo sotteso all’applicazione della misura in atto. In realtà il procedimento n. 854/2024 RGNR non riguarda fatti nuovi e diversi rispetto a quelli del n. 2951/NUMERO_DOCUMENTO RGNR, come emergerebbe dal fatto che al NOME sono stati contestati fatti che vanno dal 2016 al 2024. Nel procedimento n. 2951/2019 RGNR l’iscrizione dell’indagato nel registro delle notizie di reato è avvenuta in data 16/03/2020 per il reato di cui all’art. 73, comma 1, d.P.R. n. 309/90. In mancanza di proroghe il termine è scaduto 18 mesi dopo. Dalla consultazione degli atti emerge che non vi sarebbero iscrizioni intermedie tra la prima del 16/03/2020 e la seconda del 03/07/2024 avvenuta nel procedimento n. 854/2024 NUMERO_DOCUMENTO per la medesima fattispecie delittuosa. La seconda iscrizione è intervenuta dopo la scadenza dei termini delle indagini preliminari connessi alla prima iscrizione, sicchè non potrebbe avere alcun effetto sanante di atti di indagine compiuti dopo la scadenza del primo termine. Pertanto, tutte le indagini compendiate nelle suddette informative (e poi confluite nel proc. pen. n. 854/2024 RGNR) e tutte le s.i.t. assunte dopo il 31/12/2021 sarebbero inutilizzabili. In particolare, sarebbero inutilizzabili le s.i.t. di NOME COGNOME in data 04/04/2022 (capo 351), di NOME COGNOME in data 30/04/2022 (capo 352), di NOME COGNOME in data 17/05/2022 (capo 354), di NOME COGNOME in data 03/10/2023 Corte di Cassazione – copia non ufficiale
(capo 358), di NOME COGNOME in data 25/10/2022 (capo 359), di NOME COGNOME in data 22/10/2022 (capo 360), di NOME COGNOME in data 19/12/2022 (capo 361), di NOME COGNOME in data 25/10/2022 (capo 362), di NOME COGNOME in data 15/11/2023 (capo 363), di NOME COGNOME in data 15/11/2023 (capo 364), di NOME COGNOME in data 17/11/2023 (capo 365), di NOME COGNOME in data 15/05/2024 (capo 366 e 418), di NOME COGNOME in data 01/06/2024 (capo 367 3 422), di NOME COGNOME in data 06/05/2022 (capo 353), di NOME COGNOME in data 15/06/2024 (capo 493), di NOME COGNOME in data 21/06/2024 (capo 494), di NOME COGNOME in data 26/06/2024 e 02/07/2024 (capo 495), di NOME COGNOME in data 29/06/2024 (capo 496), di NOME COGNOME in data 31/07/2024 (capo 580), di NOME COGNOME in data 01/08/2024 (capo 581 e 582), di NOME COGNOME in data 06/08/2024 (capo 583), di NOME COGNOME in data 06/09/2024 (capo 584), di NOME in data 15/06/2024 (capo 436). L’inutilizzabilità delle predette s.i.t. inciderebbe sulla sussistenza del reato ovvero sulla sua qualificazione giuridica ai sensi dell’art. 73, comma 5, d.P.R. n. 309/90.
2.2. Con il secondo motivo lamenta violazione di legge e vizio di motivazione in ordine alla sussistenza dei gravi indizi di colpevolezza in relazione al reato di cui all’art. 73, commi 1 e 4, d.P.R. n. 309/90 e violazione di legge e mancanza di autonoma valutazione in ordine alla mancata qualificazione dei fatti ai sensi dell’art. 73 comma 5 d.P.R. n. 309/90. Ferma l’eccezione di inutilizzabilità, l’ordinanza impugnata merita censura nella parte in cui ritiene che il dato quantitativo del numero di assuntori, l’ampio lasso temporale in cui le cessioni sarebbero avvenute e la tipologia di sostanza stupefacente escluderebbero la possibilità di ricondurre la fattispecie nel comma 5 dell’art. 73 d.P.R. n. 309/90. Tuttavia, non si tratterebbe di elementi dirimenti. Innanzitutto, il Tribunale non avrebbe fornito alcuna motivazione in ordine alle censure mosse con la memoria depositata all’udienza del 06/05/2025 1 in particolare con riguardo ai capi di imputazione indicati a pagg. 3 e 4 della memoria. Inoltre, al netto dei capi di incolpazione affetti dall’inutilizzabilità degli elementi di prova, residuerebbero i seguenti capi: capo 342) NOME COGNOME, il quale dichiarava di avere ricevuto hashish e marijuana dal COGNOME in quantità corrispondente ad una dose per uso personale (1 gr. di sostanza), rivolgendosi all’indagato in modo occasionale senza sapere quantificare l’esatto quantitativo di sostanza ceduta negli anni; il capo 344) NOME COGNOME, che riferiva di avere ricevuto dal NOME hashish e marijuana e di avere corrisposto 10 euro al grammo in periodi dal 2019 mentre dal 2020 rarissime volte; il capo 345) COGNOME NOME, che riferiva di piccole cessioni avvenute nell’anno 2019 e 2020 sempre per 1 o 2 gr. di marijuana, smettendo di farne uso nel 2021; il capo 346) COGNOME NOME, che riferiva di piccole cessioni di marijuana avvenute dalla fine del 2019 al marzo del 2021 che non superavano
mai la dose per uso personale (massimo 50 euro per 5 gr); il capo 347) COGNOME NOME, che riferiva di piccole cessioni avvenute in brevi periodi a cavallo tra il 2020 e il 2021, smettendo di fare uso di sostanze nel 2021; il capo 348) COGNOME NOME, che riferiva di piccole cessioni avvenute sino all’anno 2020 di piccole quantità di marijuana (al massimo 2 gr); il capo 350) NOME, ex fidanzata del COGNOME, che riferiva di avere ricevuto cessioni di marijuana sino al 2021 in piccole quantità; il capo 356) NOME COGNOME, che riferiva di piccole cessioni per un periodo ristretto da agosto a settembre del 2019; il capo 357) COGNOME NOME che riferiva di piccole cessioni da parte del NOME fino a novembre del 2019, senza sapere precisare né le quantità né i tempi precisi. Da tutte le dichiarazioni emergerebbe chiaramente che, attese le modalità e quantità cedute, non potrebbe che trattarsi di dosi per uso personale. Il Tribunale non avrebbe interloquito sulle su estese censure così concretizzando un vizio di motivazione.
2.3. Con il terzo motivo deduce violazione di legge in ordine agitartt. 274 e 275 cod. proc. pen. Vizio di motivazione in ordine alle specifiche censure argomentate nella memoria difensiva depositata all’udienza del 06/05/2025 in punto di omessa motivazione sulle specifiche esigenze cautelari, nonchè in punto di proporzionalità ed adeguatezza della misura. Omessa valutazione degli allegati alla memoria difensiva (contratti di lavoro, estratto INPS dal 2018 al 2021, cud 2022 anno 2021, contratto assunzione 2024 e disponibilità al lavoro 2025). Il Tribunale, con motivazione apparente, avrebbe aderito, sanza alcun vaglio critico, alle argomentazioni del giudice per le indagini preliminari in punto di esigenze cautelari, integrandole in punto di adeguatezza, facendo notare il precedente specifico e la circostanza che le condotte sarebbero proseguite fino al luglio del 2024. Il Tribunale avrebbe indebitamente sopperito alla carenza di motivazione dell’ordinanza cautelare. Tuttavia, l’integrazione, oltre ad essere fondata su mere clausole di stile sganciate dal caso concreto, avrebbe omesso di prendere in esame le allegazioni depositate con la memoria prodotta all’udienza del 06/05/2025, dove si chiariva che l’indagato era sostanzialmente incensurato / atteso che l’unico precedente del 2013 era estinto, depositando, inoltre, svariata documentazione non presa in alcun esame.
3. Il procedimento si è svolto con trattazione scritta ai sensi dell’art. 611 cod. proc. pen. e hanno inviato requisitoria scritta il Procuratore generale, nonché conclusioni scritte i difensori dell’indagato, concludendo tutti come in epigrafe riportato.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Preliminarmente, è bene ricordare che, in tema di motivazione dei provvedimenti sulla libertà personale, l’ordinanza applicativa della misura e quella che decide sulla richiesta di riesame sono tra loro strettamente collegate e complementari, sicché la motivazione del Tribunale del riesame integra e completa l’eventuale carenza di motivazione del provvedimento del primo giudice e, viceversa, la motivazione insufficiente del giudice del riesame può ritenersi integrata da quella del provvedimento impugnato, allorché in quest’ultimo siano state indicate le ragioni logico-giuridiche che, ai sensi degli artt. 273, 274 e 275 cod. proc. pen., ne hanno determinato l’emissione (Cass. Sez. U., n. 7 del 17/04/1996, rv. 205257-01). In tema di misure cautelari personali, non è affetta da vizio di motivazione l’ordinanza del tribunale del riesame che conferma in tutto o in parte il provvedimento impugnato, recependone le argomentazioni, perché in tal caso i due atti si integrano reciprocamente, con la conseguenza che eventuali carenze di motivazione dell’uno possono essere sanate con le argomentazioni utilizzate dall’altro (Cass., Sez. III, n. 8669 del 15/12/2015, dep. 2016, rv. 266765-01).
Inoltre, giova rammentare che, in tema di misure cautelari personali, allorché sia denunciato, con ricorso per cassazione, vizio di motivazione del provvedimento emesso dal Tribunale del riesame in ordine alla consistenza dei gravi indizi di colpevolezza, alla Corte suprema spetta il compito di verificare, in relazione alla peculiare natura del giudizio di legittimità e ai limiti che ad esso ineriscono, se il giudice di merito abbia dato adeguatamente conto delle ragioni che l’hanno indotto ad affermare la gravità del quadro indiziario a carico dell’indagato, controllando la congruenza della motivazione riguardante la valutazione degli elementi indizianti rispetto ai canoni della logica e ai principi di diritto che governano l’apprezzamento delle risultanze probatorie (Cass. Sez. U., n. 11 del 22/03/2000, imp. Audino, rv. 215828-01: in motivazione, la S.C., premesso che la richiesta di riesame ha la specifica funzione, come mezzo di impugnazione, sia pure atipico, di sottoporre a controllo la validità dell’ordinanza cautelare con riguardo ai requisiti formali enumerati nell’art. 292 cod. proc. pen. e ai presupposti ai quali è subordinata la legittimità del provvedimento coercitivo, ha posto in evidenza che la motivazione della decisione del tribunale del riesame, dal punto di vista strutturale, deve essere conformata al modello delineato dal citato articolo, ispirato al modulo di cui all’art. 546 cod. proc. pen., con gli adattamenti resi necessari dal particolare contenuto della pronuncia cautelare, non fondata su prove, ma su indizi e tendente all’accertamento non della responsabilità, bensì di una qualificata probabilità di colpevolezza). L’insussistenza dei gravi indizi di colpevolezza ex art. 273 cod. proc. pen. e delle esigenze cautelari di cui all’art. 274 stesso codice è rilevabile in cassazione soltanto se si traduce nella violazione di specifiche norme di legge od
in mancanza o manifesta illogicità della motivazione, risultante dal testo del provvedimento impugnato (Cass. Sez. F., n. 47748 del 11/08/2014, rv. 26140001: in motivazione, la S.C. ha chiarito che il controllo di legittimità non concerne nè la ricostruzione dei fatti, nè l’apprezzamento del giudice di merito circa l’attendibilità delle fonti e la rilevanza e concludenza dei dati probatori, onde sono inammissibili quelle censure che, pur investendo formalmente la motivazione, si risolvono nella prospettazione di una diversa valutazione di circostanze già esaminate dal giudice di merito). In tema di misure cautelari personali, il ricorso per cassazione per vizio di motivazione del provvedimento del tribunale del riesame in ordine alla consistenza dei gravi indizi di colpevolezza consente al giudice di legittimità, in relazione alla peculiare natura del giudizio ed ai limiti c ad esso ineriscono, la sola verifica delle censure inerenti la adeguatezza delle ragioni addotte dal giudice di merito ai canoni della logica e ai principi di diritt che governano l’apprezzamento delle risultanze probatorie e non il controllo di quelle censure che, pur investendo formalmente la motivazione, si risolvono nella prospettazione di una diversa valutazione di circostanze già esaminate dal giudice di merito (Cass., Sez. II, n. 27866 del 17/06/2019, rv. 276976-01).
Il primo motivo, che pone una questione in rito, necessita per il suo esame di una ricostruzione fattuale, consentita, trattandosi di prospettazione anche di error in procedendo (Cass. Sez. U. n. 42792 del 31/10/2001, imp. Policastro, rv. 220092).
Dagli atti a disposizione, anche da quelli che risultano allegati al ricorso del COGNOME, emerge che nell’originario proc. pen. n. 2951/19 RGNR era stata effettuata in data 16/03/2020 l’iscrizione per il COGNOME con riguardo ai reati di cui all’art. 73 d.P.R. n. 309/90,commessi negli anni 2019 e 2020. Si comprende che in questo procedimento, dove si assume che non sono state richieste e concesse proroghe di indagini, il pubblico ministero delegava indagini alla polizia giudiziaria. La polizia giudiziaria le esitava con diverse informative di reato che si susseguivano nel tempo. In base ad una prima informativa (27 o 28 febbraio 2024), il pubblico ministero effettuava delle iscrizioni, formulava richiesta di archiviazione per alcuni indagati e stralciava la posizione di altri indagati, formando il fascicolo del procedimento penale n. 854/2024 NUMERO_DOCUMENTO, nel quale confluivano in copia gli atti dell’altro procedimento (il provvedimento è datato 29/02/2024 ed è allegato alla memoria depositata presso il Tribunale del riesame per la posizione di COGNOME NOME). Successivamente, con provvedimento del 03/07/2024, il pubblico ministero aggiornava le iscrizioni nel procedimento penale n. 854/2024 NUMERO_DOCUMENTO, facendo riferimento a diverse informative di reato. Con particolare riguardo alla posizione del NOME l’informativa è la n. 66/23-98-2019 del 13/06/2024 della
Compagnia RAGIONE_SOCIALE. L’iscrizione veniva aggiornata nel seguente modo: per gli indagati già iscritti (NOME già lo era) l’iscrizione riguardava i nuovi fatti delittuosi emersi dalla citata informativa.
In buona sostanza, svolte le indagini, anche mediante ascolto di alcune persone informate sui fatti, emersi nuovi reati commessi in periodi diversi rispetto agli anni 2019 e 2020, l’iscrizione veniva aggiornata all’esito della delega indagini, cioè quando la polizia giudiziaria restituiva la delega evasa con l’informativa di cui si è detto.
Secondo il Tribunale del ri same, trattandosi di nuove iscrizioni, sarebbe improprio discorrere di scadenz ermine di indagini.
La difesa contesta questa affermazione, poiché si sarebbe trattato di attività di indagine delegata in origine nel proc. pen. n. 2951/19 RGNR / e quindi soggetta a quei termini di indagine. Il p.m., con le nuove iscrizioni effettuate nel proc. pen. n. 854/2024 RGNR, avrebbe surrettiziamente aggirato il termine già scaduto. D’altra parte, gli atti di indagine effettuati dalla p.g. in esecuzione della deleg (vedi le s.i.t. specificatamente indicate) sarebbero stati compiuti a termini originari già scaduti.
Tuttavia, ai fini del computo della durata massima delle indagini preliminari, l’iscrizione per un nuovo reato a carico del medesimo indagato, individua il “dies a quo” da cui decorre il termine, ferma restando l’utilizzabilità degli elementi emersi prima della nuova iscrizione nel corso di accertamenti relativi ad altri fatti, attesa l’assenza di preclusioni derivanti dall’art. 407 cod. proc. pen. (Cass. Sez. II, n. 150 del 18/10/2012, dep. 2013, rv. 254676-01). Qualora il pubblico ministero acquisisca nel corso delle indagini preliminari elementi in ordine ad ulteriori fatti costituenti reato nei confronti della stessa persona già iscritta n registro di cui all’art. 335 cod. proc. pen., deve procedere a nuova iscrizione ed il termine per le indagini preliminari, previsto dall’art. 405 cod. proc. pen., decorre in modo autonomo per ciascuna successiva iscrizione nell’apposito registro, senza che possa essere posto alcun limite all’utilizzazione di elementi emersi prima della detta iscrizione nel corso di accertamenti relativi ad altri fatti (Cass. Sez. III, 32998 del 18/03/2015, rv. 264191-01).
In buona sostanza, in mancanza di specificazioni da parte della difesa, è corretto sostenere quanto argomentato dal Tribunale di Catanzaro, e cioè che il pubblico ministero, ricevute le informative di polizia giudiziaria (anche se esito di delega di indagine), preso atto dell’emergere di ipotesi di reato diverse dalle originarie (invero, anche se riguardavano sempre il reato di cui all’art. 73 d.P.R. n. 309/90, si tratta di fatti commessi in periodi diversi e, dunque, di altre notizie di reato), ha proceduto, più che ad un aggiornamento delle iscrizioni, a nuove iscrizioni, per cui è da tale momento che decorre il termine delle indagini
preliminari per le singole nuove iscrizioni.
Il motivo di ricorso va, quindi, rigettato.
3. Il secondo motivo è generico e aspecifico, e, dunque, inammissibile.
Si afferma apoditticamente che le dichiarazioni degli acquirenti della sostanza stupefacente sarebbero generiche ed inidonee a fondare i gravi indizi di colpevolezza. Si fanno alcuni esempi, che certamente erano stati portati all’attenzione del Tribunale del riesame già con la memoria depositata all’udienza del 06/05/2025. Tuttavia, il motivo non si confronta con quanto argomentato dal Tribunale del riesame, che ha ritenuto al contrario dettagliate le s.i.t. (di circa 35 acquirenti) e corroborate anche dai riconoscimenti fotografici e dall’esito delle intercettazioni, dalle quali emergeva una continuativa attività di spaccio del NOME svolta verso numerosi acquirenti dal 2016 al 2024, riguardante sia droghe c.d. leggere (hashish e marijuana) che droghe pesanti (cocaina). Nel ricorso si insiste nel sostenere che, stante la genericità dei racconti degli acquirenti, i fatti potrebbero essere riqualificati ai sensi dell’art. 73 1 comma 5 id.P.R. n. 309/90. Ma anche su questo aspetto il Tribunale ha ben argomentato, evidenziando che si tratta di episodi di spaccio continuato perduranti dal 2016 al 2024, svolti dal NOME, in alcuni casi, anche in concorso con altri soggetti, che, quindi / evidenziano una particolare dedizione all’attività di spaccio tale da non poterla configurare come di minima offensività. Al riguardo, si evidenzia, condividendone il principio, che, in materia di sostanze stupefacenti, la reiterazione nel tempo di una pluralità di condotte di cessione della droga, pur non precludendo automaticamente al giudice di ravvisare il fatto di lieve entità, entra in considerazione nella valutazione di tutti i parametri dettati, in proposito, dall’art 73, comma quinto, d.P.R. 9 ottobre 1990, n. 309; ne consegue che è legittimo il mancato riconoscimento della lieve entità qualora la singola cessione di una quantità modica, o non accertata, di droga costituisca manifestazione effettiva di una più ampia e comprovata capacità dell’autore di diffondere in modo non episodico, nè occasionale, sostanza stupefacente, non potendo la valutazione della offensività della condotta essere ancorata al solo dato statico della quantità volta per volta ceduta, ma dovendo essere frutto di un giudizio più ampio che coinvolga ogni aspetto del fatto nella sua dimensione oggettiva (Cass., Sez. III, n. 6871 del 08/07/2016, dep. 201, rv. 269149-01). Corte di Cassazione – copia non ufficiale
4. Anche il terzo motivo è inammissibile perché generico e aspecifico.
In punto di esigenze cautelari e di adeguatezza della misura in concreto applicata, il Tribunale del riesame ha ben motivato, mettendo in evidenza, innanzitutto, che il NOME è già gravato da un precedente specifico. Sul punto la
difesa ha rilevato che si tratterebbe di un unico precedente penale relativo ad un reato, commesso nel 2013, che dovrebbe essere considerato estinto, poiché veniva riconosciuto il beneficio della sospensione condizionale della pena. In realtà, premesso che non risulta documentata, allo stato, una declaratoria formale di estinzione del reato, per contro non può affatto dirsi che si tratta di reato estinto, poiché dalla data di irrevocabilità della sentenza (26.9.2014) potrebbero non essere decorsi i cinque anni senza la commissione di altri delitti, come proprio questo procedimento evidenzierebbe (se fossero definitivamente accertate cessioni di droga avvenute già a fare data dal 2016 il NOME rischierebbe di vedersi addirittura revocare il beneficio di cui all’art. 163 cod. pen. precedentemente riconosciutogli). Inoltre, il Tribunale del riesame ha evidenziato come il COGNOME avesse continuato a spacciare senza soluzione di continuità fino al 2024. Per la gran mole di contatti illeciti intrattenuti con gli acquirenti sostanza stupefacente e per la continuità nel tempo dell’attività di spaccio, considerato il precedente specifico, ha ritenuto non solo sussistenti le esigenze cautelari, ma ha escluso che si potesse farvi fronte, trattandosi di condotte sintomatiche di professionalità e pervicacia nel delinquere, con misure cautelari meno gravi, restando assorbita ogni altra considerazione, esprimibile anche rispetto ai documenti prodotti con la memoria difensiva del 06/05/2025. A tal proposito, è il caso di chiarire, richiamando principi espressi in passato dalla giurisprudenza di legittimità, ma tuttora validi, che il vizio di mancanza di motivazione è riscontrabile soltanto quando dal provvedimento impugnato, considerato nella sua interezza, non risultino le ragioni del convincimento del giudice su punti rilevanti per il giudizio, cosicché il vizio non ricorre quando i motivi della soluzione relativa ad una determinata questione siano contenuti, per implicito necessario, nelle considerazioni e nelle ragioni esposte per dar conto della soluzione adottata rispetto ad altra questione, soprattutto se analoga, e neanche quando il provvedimento, indicando gli elementi che il giudice ha ritenuto decisivi per l’accertamento della situazione di fatto, abbia omesso di confutare espressamente le deduzioni difensive, dirette ad avvalorare una diversa ipotesi, atteso che la reiezione delle tesi contrastanti può desumersi per implicito alla luce dell’accertamento globale del fatto ricavabile dal testo del provvedimento impugnato (Cass. Sez. III, n. 15980 del 16/04/2020, rv. 278944-01). Il vizio di mancanza o manifesta illogicità della motivazione, a norma dell’articolo 606, lett. e), cod. proc. pen., deve risultare dal testo della motivazione e deve consistere, rispettivamente, nell’assenza di motivazione su un punto decisivo della causa sottoposto al giudice di merito, non già nella mancata confutazione di un argomento specifico relativo ad un punto della decisione che pur è stato trattato, sebbene in un’ottica diversa, dal giudice della sentenza impugnata, dando una Corte di Cassazione – copia non ufficiale
risposta solo implicita all’osservazione della parte; e nella frattura logica evidente tra una premessa, o più premesse nel caso di sillogismo, e le conseguenze che se ne traggono (Cass. Sez. I, n. 9539 del 12/05/1999, rv. 215132-01).
Orbene, a fronte dell’apparato argomentativo sopra richiamato, specifico rispetto alla posizione del ricorrente, adeguato e logicamente coerente con le risultanze informative, nel motivo di ricorso si ripropongono le medesime censure già respinte, motivatamente, dal Tribunale catanzarese, senza confrontarsi in maniera critica con la motivazione del provvedimento impugnato.
In conclusione, il ricorso è nel suo complesso infondato e va rigettato, con condanna del ricorrente alle spese processuali.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali. Manda alla Cancelleria per gli adempimenti di cui all’art. 94 comma 1 -ter disp. att. cod. proc. pen.
Così deciso il 22 ottobre 2025
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Il Presidente