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Termini indagini preliminari: no proroghe illimitate

La Corte di Cassazione ha stabilito un principio cruciale sui termini delle indagini preliminari. Con la sentenza n. 2472/2024, ha annullato un’ordinanza di custodia cautelare basata su intercettazioni eseguite dopo la scadenza dei termini legali. La Corte ha chiarito che anche per i reati permanenti, come l’associazione di stampo mafioso, le scadenze processuali devono essere rispettate, rendendo inutilizzabili le prove raccolte tardivamente. Questa decisione rafforza le garanzie difensive e contrasta un orientamento giurisprudenziale precedente più permissivo.

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Pubblicato il 26 ottobre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Termini indagini preliminari: la Cassazione mette un punto fermo

Una recente sentenza della Corte di Cassazione, la n. 2472 del 2024, ha riaffermato un principio fondamentale a tutela dei diritti dell’indagato: i termini delle indagini preliminari sono invalicabili, anche quando si procede per reati gravi e permanenti come l’associazione di stampo mafioso. La decisione ha portato all’annullamento di un’ordinanza cautelare basata su intercettazioni considerate ‘tardive’, perché eseguite oltre le scadenze previste dal codice di procedura penale.

Il caso: un’indagine oltre i limiti temporali

Il caso riguardava un individuo sottoposto a misura cautelare in carcere per reati gravissimi, tra cui concorso in omicidio pluriaggravato e partecipazione a un’associazione di tipo camorristico. L’impianto accusatorio si fondava in modo determinante su intercettazioni telefoniche e ambientali. La difesa, però, aveva sollevato un’eccezione cruciale: tali intercettazioni erano state disposte ed eseguite quando i termini massimi per lo svolgimento delle indagini preliminari erano già scaduti.

Il Tribunale del riesame di Napoli aveva respinto l’eccezione, aderendo a un orientamento giurisprudenziale più risalente (sentenza n. 38865/2008), secondo cui, per i reati permanenti, la durata delle indagini si estenderebbe per tutto il tempo in cui perdura la condotta criminale. Contro questa decisione, la difesa ha proposto ricorso in Cassazione.

La questione giuridica e il rispetto dei termini indagini preliminari

Il cuore della questione era stabilire se la natura permanente di un reato, come l’associazione mafiosa, potesse giustificare un superamento dei termini massimi di durata delle indagini preliminari, fissati dagli articoli 405 e seguenti del codice di procedura penale. Questi termini sono posti a garanzia dell’indagato, per evitare che una persona resti sottoposta a indagine per un tempo indefinito.

La difesa sosteneva l’inutilizzabilità delle prove raccolte fuori tempo, mentre l’accusa, forte del precedente del 2008, riteneva legittima la prosecuzione delle attività investigative. La Corte di Cassazione è stata chiamata a risolvere questo contrasto, optando per un’interpretazione più rigorosa e garantista.

Le motivazioni della Cassazione

La Suprema Corte ha accolto pienamente le ragioni della difesa, ritenendo fondati i ricorsi. I giudici hanno chiarito che l’orientamento espresso nella sentenza del 2008 deve considerarsi superato da una giurisprudenza più recente, consolidata e argomentata.

Il principio cardine è che il sistema processuale, con le sue scadenze e proroghe, si applica a tutti i tipi di reato, inclusi quelli permanenti. Consentire indagini senza limiti di tempo per questi ultimi significherebbe ‘cancellare’ di fatto le garanzie previste dalla legge, aggirando il dettato dell’art. 407 del codice di procedura penale, che fissa un termine massimo biennale invalicabile.

La Corte ha inoltre sottolineato come questa necessità di certezza sui tempi sia stata ulteriormente rafforzata dalla recente introduzione della disciplina sulla ‘retrodatazione dell’iscrizione’ (art. 335 quater c.p.p.), pensata proprio per impedire che un’iscrizione tardiva nel registro degli indagati possa dilatare di fatto la durata delle indagini.

Di conseguenza, le intercettazioni autorizzate ed eseguite dopo la scadenza dei termini, seppur prorogati, sono state dichiarate inutilizzabili. L’ordinanza cautelare è stata quindi annullata con rinvio al Tribunale, che dovrà rivalutare la sussistenza dei gravi indizi di colpevolezza escludendo completamente le prove illegittimamente raccolte.

Le conclusioni: implicazioni pratiche della sentenza

Questa sentenza ha importanti implicazioni pratiche. In primo luogo, rafforza il diritto di difesa, assicurando che nessuna persona possa rimanere ‘sotto inchiesta’ per un tempo indefinito, a prescindere dalla gravità del reato contestato. In secondo luogo, impone agli uffici della Procura un rigoroso rispetto delle scadenze processuali, promuovendo l’efficienza e la tempestività dell’azione penale. Infine, stabilisce che l’eccezione di inutilizzabilità per scadenza dei termini deve essere sollevata nel procedimento di riesame, individuato come la prima sede utile per un pieno dispiegamento delle strategie difensive in ambito cautelare.

Le indagini preliminari per un reato permanente, come l’associazione mafiosa, possono durare indefinitamente?
No, la Corte di Cassazione ha stabilito che anche per i reati permanenti valgono i termini massimi di durata delle indagini preliminari previsti dalla legge (art. 407, comma 2, c.p.p.), che non possono essere superati.

Le intercettazioni eseguite dopo la scadenza dei termini delle indagini sono utilizzabili come prova?
No, non sono utilizzabili. La sentenza afferma che gli atti di indagine, come le intercettazioni, compiuti dopo la scadenza dei termini legali sono affetti da inutilizzabilità e non possono essere posti a fondamento di alcuna decisione.

Quando deve essere sollevata l’eccezione di inutilizzabilità delle intercettazioni in un procedimento cautelare?
L’eccezione deve essere proposta tempestivamente dalla difesa. La sede corretta, come indicato dalla Corte, è il procedimento di riesame, che rappresenta la ‘prima occasione utile’ dopo il deposito degli atti per l’esercizio delle prerogative difensive.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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