Termini Impugnazione Penale: Cosa Succede se la Motivazione Arriva in Anticipo?
Nel processo penale, il rispetto dei termini è un principio cardine che garantisce certezza e ordine. I termini impugnazione penale rappresentano scadenze perentorie, il cui mancato rispetto può avere conseguenze irreversibili, come la definitività di una condanna. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione ha ribadito un principio fondamentale sul calcolo di questi termini, in un caso in cui la motivazione di una sentenza d’appello era stata depositata in anticipo rispetto al termine fissato dal giudice. Vediamo nel dettaglio la vicenda e i principi affermati.
I Fatti del Caso in Analisi
Il caso trae origine da una condanna emessa dal Tribunale e confermata dalla Corte d’Appello per reati di incendio doloso, violazione di domicilio e furto aggravato. L’imputato, ritenendo errata la decisione dei giudici di secondo grado, decideva di presentare ricorso per cassazione.
La questione cruciale, tuttavia, non riguardava il merito delle accuse, ma un aspetto puramente procedurale: la tempestività del ricorso stesso. La Corte d’Appello, infatti, aveva emesso la sua sentenza il 9 giugno 2023, riservandosi 90 giorni per il deposito delle motivazioni. Queste ultime venivano però depositate in anticipo, il 27 luglio 2023. La difesa depositava il ricorso per cassazione il 3 novembre 2023, convinta di essere nei termini.
La Questione sui Termini Impugnazione Penale
Il cuore della controversia risiede in una domanda precisa: da quale giorno inizia a decorrere il termine per presentare l’impugnazione quando la motivazione della sentenza viene depositata prima della scadenza del termine che il giudice si era riservato? Le opzioni sono due: decorre dalla data effettiva del deposito oppure dalla data di scadenza del termine concesso al giudice?
La risposta a questa domanda è decisiva, poiché un errore di calcolo può portare alla dichiarazione di inammissibilità del ricorso, precludendo ogni ulteriore esame della vicenda processuale. La difesa dell’imputato aveva evidentemente calcolato il termine partendo da un presupposto che la Corte di Cassazione ha ritenuto errato.
La Decisione della Corte di Cassazione e le Motivazioni
La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile perché tardivo, fornendo una chiara interpretazione delle norme procedurali in materia.
Il Principio del Dies a Quo
Il Collegio ha richiamato l’articolo 585, comma 2, lettera c) del codice di procedura penale. Questa norma stabilisce che, quando la legge prevede un termine per il deposito della sentenza, il termine per l’impugnazione decorre dalla scadenza di quel termine. Non rileva, quindi, che il deposito sia avvenuto in anticipo.
Il dies a quo, ovvero il giorno da cui il tempo inizia a scorrere, non è la data di effettivo deposito, ma il primo giorno successivo alla scadenza del termine fissato dal giudice per il deposito della motivazione. Questa regola risponde a un’esigenza di certezza del diritto: le parti devono avere un riferimento temporale chiaro e non variabile per esercitare il proprio diritto di difesa.
Il Calcolo Pratico del Termine
Applicando questo principio al caso concreto, il calcolo è stato il seguente:
– Data della sentenza d’appello: 09/06/2023.
– Termine per il deposito della motivazione: 90 giorni.
– Scadenza del termine per il deposito: 07/09/2023.
– Dies a quo per l’impugnazione: 08/09/2023 (il giorno successivo alla scadenza).
– Termine per il ricorso in Cassazione: 45 giorni.
– Scadenza finale per il ricorso: 23/10/2023.
L’atto di impugnazione era stato depositato il 03/11/2023, e quindi ben oltre la scadenza, rendendolo irrimediabilmente tardivo.
Le Conclusioni: Implicazioni Pratiche dell’Ordinanza
L’ordinanza in esame è un monito sull’importanza del rigore formale nel processo penale. Le implicazioni pratiche sono significative: i difensori devono calcolare i termini impugnazione penale basandosi esclusivamente sulle scadenze legali o fissate dal giudice, senza fare affidamento sulla data in cui un atto viene materialmente compiuto, se anteriore alla scadenza. Un’eccessiva fiducia o una svista nel calcolo possono compromettere l’esito di un intero processo, vanificando le ragioni di merito che si intendeva far valere. La certezza dei termini processuali prevale, garantendo parità di trattamento e prevedibilità nello svolgimento del giudizio.
 
Quando inizia a decorrere il termine per impugnare una sentenza penale se il giudice si riserva un periodo per depositare la motivazione?
Il termine per impugnare inizia a decorrere dal giorno successivo alla scadenza del periodo che il giudice si è riservato per il deposito della motivazione, anche se quest’ultima viene depositata in anticipo rispetto a tale scadenza.
Perché il ricorso nel caso esaminato è stato dichiarato inammissibile?
Il ricorso è stato dichiarato inammissibile perché è stato presentato oltre il termine di 45 giorni. Tale termine è stato correttamente calcolato a partire dalla scadenza del periodo di 90 giorni concesso per la motivazione, e non dalla data, anteriore, in cui la motivazione era stata effettivamente depositata.
Cosa comporta la presentazione tardiva di un ricorso?
La presentazione di un ricorso oltre i termini di legge ne comporta la dichiarazione di inammissibilità. Ciò significa che la Corte non esamina il merito delle questioni sollevate, la sentenza impugnata diventa definitiva e l’imputato viene condannato al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria.
 
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 5788 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 7   Num. 5788  Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: NOME COGNOME
Data Udienza: 25/01/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME NOME a NAPOLI il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 09/06/2023 della CORTE APPELLO di MILANO
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO
Con la sentenza indicata in epigrafe, la Corte di appello di Milano ha confermato la decisione del Tribunale di Varese del 14/09/2022, che aveva dichiarato NOME COGNOME colpevole dei reati di cui agli artt. 423, 614 e 625 cod. pen. e, per l’effetto, lo aveva condanNOME alla pena di anni tre e due di reclusione.
Ricorre per cassazione NOME COGNOMECOGNOME COGNOME mezzo del difensore AVV_NOTAIO, deducendo errata applicazione della legge penale, con riferimento al reato di incendio, nonché vizio della motivazione. Il COGNOME, che trovava al momento sotto l’effetto di sostanze stupefacenti e alcoliche, si recato all’interno dell’appartamento della persona offesa, con la quale aveva avu una relazione sentimentale, al solo fine di riappropriarsi di un anello che le a in precedenza regalato; aveva poi deciso di danneggiare alcuni oggetti ivi present senza avere, però, l’intenzione di provocare un incendio e senza poter preveder l’effettivo espandersi delle fiamme.
Il ricorso è inammissibile, in quanto tardivo. Rileva infatti il Collegio c nella sentenza di secondo grado emessa il 09/06/2023, è stato riservato – a norm dell’art. 544, comma 3, cod. proc. pen. – il termine di novanta giorni, p deposito della motivazione; tale termine è giunto a scadenza, quindi, 07/09/2023. La sentenza è stata tempestivamente depositata il 27/07/2023, di tal che non ricorre il caso tipizzato dall’art. 548 comma 2 cod. proc. pen.; il te utile per la proposizione del ricorso, allora, ha iniziato a decorrere, ex art comma 2 lett. c) cod. proc. pen., dalla scadenza del suddetto termine utile pe deposito della sentenza, come determiNOME dal giudice. Il 08/09/2023, pertanto è da considerare dies a quo, dal quale ha iniziato a decorrere il termine di 45 giorni, entro il quale si sarebbe potuta proporre validamente l’impugnazione, sensi dell’art. 585, comma 1, lett. c) cod. proc. pen. . L’ulti momento utile, entro il quale sarebbe stato possibile depositare tempestivamente
il ricorso per cassazione, è dunque da fissare al giorno 23/10/2023; l’atto impugnazione risulta depositato, al contrario, il giorno 03/11/2023.
Alla luce delle considerazioni che precedono, il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, con conseguente condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e – non ricorrendo ipotesi di esonero – al versamento una somma alla Cassa delle ammende, determinabile in tremila euro, ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa dell ammende.
Così deciso in Roma, il 25 gennaio 2024.