Sentenza di Cassazione Penale Sez. 2 Num. 19185 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 2 Num. 19185 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME COGNOME NOME
Data Udienza: 24/04/2024
SENTENZA
sui ricorsi proposti da:
DEL PIANO NOME
COGNOME NOME
COGNOME
PETRONE SALVATORE
nato a NAPOLI il DATA_NASCITA
nato a NAPOLI il DATA_NASCITA
nato a NAPOLI il DATA_NASCITA
nato a NAPOLI il DATA_NASCITA
avverso l’ordinanza del 26/01/2024 del TRIBUNALE DI NAPOLI
visti gli atti, il provvedimento impugnato e i ricorsi;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME COGNOME;
udito il Pubblico Ministero, in persona della Sostituta Procuratrice generale NOME COGNOME, che ha concluso per il rigetto dei ricorsi;
uditi i difensori AVV_NOTAIO (per COGNOME e COGNOME) e AVV_NOTAIO (per COGNOME), che hanno concluso per l’accoglimento dei ricorsi.
RITENUTO IN FATTO
Con ordinanza del 26 gennaio 2024 il Tribunale di Napoli, sezione del riesame, rigettava gli appelli proposti nell’interesse di NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME e NOME COGNOME contro l’ordinanza della Corte di appello di Napoli che aveva respinto l’istanza con la quale i difensori avevano chiesto la declaratoria di inefficacia, per decorrenza del termine massimo ex artt. 303, comma 1, lett. c), e 304, comma 6, cod. proc. pen., della misura cautelare della custodia in carcere applicata nei confronti degli stessi indagati con ordinanza del G.i.p. del Tribunale di Napoli in data 26 giugno 2019.
Gli imputati, ad esito del giudizio abbreviato, sono stati condannati dal G.u.p. del Tribunale di Napoli per il reato di partecipazione a un’associazione di tipo mafioso, aggravato ex art. 416-bis, quarto e sesto comma, cod. pen., con sentenza confermata dalla Corte di appello di Napoli, annullata con rinvio dalla Corte di cassazione “limitatamente alla data di cessazione della consumazione del delitto di cui all’art. 416-bis c.p. ed alla relativa pena”.
Hanno proposto ricorso NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME e NOME COGNOME, a mezzo dei rispettivi difensori, chiedendo l’annullamento dell’ordinanza.
Con tre distinti ricorsi, dal contenuto sovrapponibile, il difensore di NOME COGNOME e NOME COGNOME e quello di NOME COGNOME hanno lamentato la violazione “della legge penale”, con riferimento all’art. 303, comma 2, cod. proc. pen., nonché la carenza e illogicità della motivazione.
Erroneamente il Tribunale ha considerato quale elemento esterno al reato quello del tempus commissi delicti, in ordine al quale non vi è stato un accertamento definitivo, stante l’annullamento della sentenza di appello da parte di quella di legittimità, che non ha dichiarato irrevocabile l’affermazione di responsabilità.
Il giudice del rinvio dovrà “stabilire non solo l’esatto periodo di commissione del reato ma valutare se anche le condotte pregresse si inseriscano in un contesto criminoso del tipo contestato”.
Il termine rilevante nel caso di specie, pertanto, è quello previsto dall’art. 303, comma 2, cod. proc. pen., decorso il 25 novembre 2023.
Il ricorso presentato nell’interesse di NOME COGNOME denuncia la inosservanza della legge processuale, in relazione agli artt. 303, comma 4, e
304, comma 6, cod. proc. pen., nonché la illogicità e carenza della motivazione in ordine alla maturazione dei termini di custodia cautelare.
L’annullamento operato dalla Corte di cassazione non attiene alla semplice rideterminazione della pena, ma al tempus commissi delicti e quindi alla corretta valutazione dei profili di responsabilità del ricorrente rispetto alla normativa vigente all’epoca dei fatti. Ciò, peraltro, con ricadute evidenti sulla concreta applicabilità degli aumenti per la recidiva, sulla corretta individuazione del reato principale e sulla eventuale applicazione della disciplina della continuazione “esterna”, considerata la retrodatazione della condotta all’anno 2012.
CONSIDERATO IN DIRITTO
I ricorsi vanno rigettati perché proposti con un motivo infondato.
Secondo la costante giurisprudenza di legittimità, nel caso in cui sia stata pronunciata doppia sentenza conforme sulla responsabilità, non annullata sul punto in sede di legittimità, sono applicabili soltanto i termini di durata complessiva della custodia cautelare previsti dagli artt. 303, comma 4, e 304 comma 6, cod. proc. pen. (Sez. 5, n. 4049 del 09/01/2019, Cippone, Rv. 275313, in motivazione; Sez. 6, n. 1735 del 07/11/2018, dep. 2019, Palazzolo, Ì’ 13 Rv. 274941; Sez. 2, n. 45095 del 04/07/2017, Assinnata, Rv. 272260; Sez. 6, n. 28984 del 28/5/2013, COGNOME, Rv. 255858, in motivazione; Sez. 6, n. 4971 del 15/01/2009, COGNOME, Rv. 242915; Sez. 4, n. 17037 del 14/02/2008, COGNOME, Rv. 239609; Sez. 1, n. 7785 del 24/01/2008, COGNOME, Rv. 239235).
Nel caso di specie, dal dispositivo e dalla motivazione della sentenza n. 49341 emessa dalla Prima Sezione di questa Corte il 19 settembre 2023 risulta chiaramente che il giudice del rinvio dovrà procedere unicamente alla rideterminazione del trattamento sanzionatorio per i quattro ricorrenti, essendosi definitivamente accertata la loro partecipazione all’associazione di tipo mafioso.
Nella suddetta sentenza, quanto alla posizione di COGNOME, si legge che, “tenuto conto delle emergenze probatorie richiamate, la Corte territoriale avrebbe dovuto quantificare il trattamento sanzionatorio applicato a COGNOME tenuto conto che gli elementi probatori acquisiti nei suoi confronti non si protraevano oltre il 2012, imponendo conseguentemente di applicare al ricorrente il più favorevole regime sanzionatorio previsto dalla legge n. 125 del 2008 e non quello previsto dalla legge n. 69 del 2015″ (pag. 179).
Alla medesima conclusione, in termini sovrapponibili, la suddetta sentenza è pervenuta in ordine alle posizioni di COGNOME (pag. 208), COGNOME (pag. 242) e COGNOME (pag. 266).
Il giudice di legittimità ha chiaramente affermato che, sulla base della già compiuta ricostruzione in fatto operata dalla Corte di appello, la partecipazione dei quattro imputati al sodalizio mafioso non si era protratta oltre l’anno 2012 e che per gli stessi la permanenza del reato era cessata in tale anno, con la conseguenza che andrà loro applicato il più favorevole regime sanzionatorio previsto dalla legge n. 125 del 2008.
Pertanto, l’accertamento in ordine alla responsabilità degli imputati per il reato associativo – come correttamente affermato nella ordinanza impugnata – è divenuto definitivo e non potrà più essere messo in discussione nel giudizio di rinvio.
In questo senso va letto il pur chiaro dispositivo della sentenza, là dove l’annullamento della sentenza di appello, per i quattro imputati, è stato disposto “limitatamente alla data di cessazione della consumazione del delitto di cui all’art. 416-bis c.p. ed alla relativa pena”: la Suprema Corte ha accertato che per essi la permanenza del reato è cessata non oltre il 2012 e conseguentemente ha demandato al giudice del rinvio la rideterminazione della pena.
Ne consegue che si è in presenza di una “doppia conforme”, avendo entrambi i giudici affermato la responsabilità dei quattro imputati per il reato di partecipazione ad associazione di tipo mafioso, aggravata ex art. 416-bis, quarto e sesto comma, cod. pen., incidendo la diversa individuazione della data di cessazione della permanenza solo sul trattamento sanzionatorio (in esso eventualmente compresi – riguardo alla posizione di COGNOME – i conseguenti profili indicati nel ricorso).
Al rigetto delle impugnazioni proposte segue, ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen., la condanna dei ricorrenti al pagamento delle spese del procedimento.
P.Q.M.
Rigetta i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali.
Manda alla Cancelleria per gli adempimenti di cui all’art. 94, comma 1-ter, disp. att. cod. proc. pen.
Così deciso il 24/04/2024.