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Termine perentorio riesame: non si applica al reale

La Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso di tre indagati contro un’ordinanza di sequestro preventivo. Gli imputati sostenevano che la decisione del tribunale del riesame, emessa dopo un annullamento con rinvio, fosse inefficace perché tardiva. La Corte ha chiarito che il termine perentorio riesame di dieci giorni si applica esclusivamente alle misure cautelari personali e non a quelle reali, come il sequestro. Sono stati respinti anche gli altri motivi relativi a incompetenza territoriale, vizio di motivazione e sproporzione della misura.

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Pubblicato il 9 settembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Termine perentorio riesame: non vale per il sequestro

Una recente sentenza della Corte di Cassazione ha ribadito un principio cruciale in materia di misure cautelari reali, chiarendo che il termine perentorio riesame di dieci giorni, previsto dopo un annullamento con rinvio, non si applica al sequestro preventivo. Questa decisione consolida un orientamento giurisprudenziale fondamentale, distinguendo nettamente la disciplina delle misure che colpiscono il patrimonio da quelle che incidono sulla libertà personale.

I Fatti del Caso

Tre persone, indagate per una serie di reati fiscali e di riciclaggio, impugnavano un’ordinanza del Tribunale che aveva confermato il sequestro preventivo, diretto e per equivalente, di conti correnti e beni immobili a loro intestati. La vicenda processuale era complessa: la Corte di Cassazione aveva precedentemente annullato una prima ordinanza, rinviando il caso al Tribunale per una nuova valutazione. Proprio in questa sede, secondo i ricorrenti, era stata commessa una violazione procedurale decisiva.

I Motivi del Ricorso in Cassazione

La difesa degli indagati ha basato il proprio ricorso su quattro principali motivi:
1. Inefficacia dell’ordinanza: Il motivo principale riguardava la violazione del termine di dieci giorni che, secondo i ricorrenti, il Tribunale avrebbe dovuto rispettare per emettere la nuova decisione dopo il rinvio della Cassazione. Il superamento di tale scadenza avrebbe reso l’ordinanza inefficace.
2. Incompetenza territoriale: Si contestava la qualificazione giuridica di uno dei reati, sostenendo che una corretta classificazione avrebbe spostato la competenza territoriale a un altro Tribunale.
3. Vizio di motivazione: I ricorrenti lamentavano una motivazione solo apparente sia sul fumus commissi delicti (la probabilità del reato) sia sul periculum in mora (il rischio di dispersione dei beni).
4. Sproporzione del sequestro: Si denunciava una manifesta sproporzione tra il valore dei beni sequestrati a uno degli indagati (oltre un milione di euro) e il profitto illecito stimato (circa 250.000 euro).

L’Analisi della Corte sul termine perentorio riesame

La Corte di Cassazione ha rigettato il primo motivo, considerandolo infondato. Gli Ermellini hanno spiegato che l’art. 311, comma 5-bis, del codice di procedura penale, che introduce il termine perentorio riesame di dieci giorni per la decisione in sede di rinvio, si applica esclusivamente alle misure cautelari personali (come la custodia in carcere o gli arresti domiciliari). La norma non è richiamata dall’art. 325 c.p.p., che disciplina il ricorso per cassazione in materia di misure cautelari reali. La Corte ha richiamato la consolidata giurisprudenza, incluse le Sezioni Unite (sentenza n. 18954 del 2016), che ha già stabilito come questa ‘stretta’ temporale non riguardi i procedimenti di sequestro, i quali seguono una disciplina differente.

Le motivazioni della Corte di Cassazione

La Suprema Corte ha smontato punto per punto le argomentazioni della difesa. Oltre a chiarire la non applicabilità del termine perentorio, ha dichiarato inammissibili o infondati gli altri motivi. Riguardo alla competenza, ha evidenziato che la qualificazione giuridica del reato era stata correttamente argomentata dal Tribunale. In merito al vizio di motivazione, ha sottolineato che le censure dei ricorrenti si traducevano in una richiesta di rivalutazione del merito, inammissibile in sede di legittimità, dato che la motivazione del Tribunale non era né mancante né manifestamente illogica. Infine, sulla sproporzione del sequestro, la Corte ha ribadito che il tribunale del riesame non è tenuto a compiere accertamenti analitici sul valore dei beni, salvo casi di manifesta ed evidente sproporzione, e che gli interessati possono sempre presentare un’istanza di riduzione della garanzia al pubblico ministero.

Conclusioni: Implicazioni Pratiche della Sentenza

Questa pronuncia offre importanti spunti pratici. Innanzitutto, conferma la netta distinzione procedurale tra le cautele reali e quelle personali: le garanzie temporali stringenti previste per le misure che limitano la libertà non si estendono automaticamente a quelle che colpiscono il patrimonio. In secondo luogo, ribadisce i confini del sindacato della Corte di Cassazione sui provvedimenti cautelari, che è limitato alla violazione di legge e non può estendersi a una nuova valutazione dei fatti. Infine, chiarisce che la questione della proporzionalità del sequestro, se non manifesta, deve essere affrontata nelle sedi opportune (istanza al PM o appello cautelare), non potendo essere oggetto di un accertamento dettagliato in sede di riesame.

Il termine di dieci giorni per la decisione del riesame dopo un annullamento con rinvio è sempre perentorio?
No. Secondo la Corte di Cassazione, questo termine è perentorio e causa l’inefficacia della misura solo se si tratta di misure cautelari personali (che limitano la libertà della persona). Non si applica, invece, alle misure cautelari reali, come il sequestro preventivo.

È possibile contestare davanti alla Corte di Cassazione la valutazione dei fatti che ha portato a un sequestro preventivo?
No. Il ricorso per cassazione contro le ordinanze in materia di sequestro è ammesso solo per violazione di legge. Non è possibile chiedere alla Corte di rivalutare gli indizi o le prove nel merito, a meno che la motivazione del provvedimento non sia del tutto mancante, contraddittoria o manifestamente illogica.

Cosa si può fare se si ritiene un sequestro sproporzionato rispetto al presunto reato?
La sentenza chiarisce che il tribunale del riesame interviene solo in caso di sproporzione manifesta ed evidente. Per contestazioni che richiedono accertamenti più dettagliati sul valore dei beni, la parte interessata può presentare un’apposita istanza di riduzione del sequestro al pubblico ministero o, in caso di rigetto, impugnare la decisione tramite appello cautelare.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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