Sentenza di Cassazione Penale Sez. 2 Num. 33676 Anno 2025
REPUBBLICA ITALIANA Relatore: NOME COGNOME
Penale Sent. Sez. 2 Num. 33676 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Data Udienza: 17/09/2025
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
Composta da
– Presidente –
NOME
UP – 17/09/2025
R.G.N. NUMERO_DOCUMENTO
NOME COGNOME
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME, nato a Cosenza il giorno DATA_NASCITA rappresentato ed assistito dall’AVV_NOTAIO – di fiducia avverso la sentenza in data 17/2/2025 della Corte di Appello di Roma visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; preso atto che non e stata richiesta dalle parti la trattazione orale del procedimento; udita la relazione svolta dal consigliere NOME COGNOME; letta la requisitoria scritta con la quale il Sostituto Procuratore Generale, NOME COGNOME, ha chiesto l’annullamento della sentenza impugnata con rinvio ad altra sezione della Corte di appello di Roma.
RITENUTO IN FATTO
Con sentenza in data 17 febbraio 2025 la Corte di Appello di Roma ha confermato la sentenza in data 25 giugno 2024 emessa, all’esito di giudizio abbreviato, dal Giudice per l’udienza preliminare del Tribunale di Roma con la quale era stata affermata la penale responsabilità di NOME COGNOME in ordine al contestato reato di estorsione continuata (artt. 81, 629 cod. pen.).
In sintesi, si contesta al COGNOME, in varie circostanze di tempo comprese tra l’8 marzio 2023 ed il 16 settembre 2023, di avere costretto, mediante minacce finalizzate ad accettare la sua ‘protezione’, altrimenti ci sarebbero stati ‘problemi’ per i suo locale, NOME COGNOME, titolare del circolo RAGIONE_SOCIALE, ad effettuare diversi e ripetuti pagamenti di somme comprese tra i 50 e i 200 euro che venivano erogati tramite ricarica su di una carta PostePay in uso allo stesso ma intestata alla compagna NOME COGNOME.
All’imputato Ł stata contestata – e ritenuta – anche la circostanza aggravante della recidiva reiterata e specifica.
Ricorre per Cassazione avverso la predetta sentenza il difensore dell’imputato, deducendo violazione di legge ex art. 606, comma 1, lett. c), cod. proc. pen. in relazione agli artt. 601, 178, comma 1, lett. c) e 179 cod. proc. pen. per la mancata traduzione dell’imputato, detenuto per altra causa, all’udienza pubblica del 17 febbraio 2025, nonchØ difetto assoluto di motivazione con riguardo a detta omessa traduzione.
Aggiunge la difesa del ricorrente che la Corte di appello avrebbe omesso ogni risposta in relazione alla richiesta difensiva di rinvio dell’udienza per permettere all’imputato di parteciparvi.
Chiede, infine, la difesa del ricorrente di sollevare questione di legittimità costituzionale dell’art. 601, comma 3, cod. proc. pen. in relazione all’art. 111 della Costituzione per essere il termine perentorio indicato dalla predetta norma tale da comprimere il diritto fondamentale del detenuto di scegliere se partecipare o meno alla propria udienza anche con un breve preavviso.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso Ł manifestamente infondato oltre che del tutto generico.
Giova, al riguardo, rilevare che la sentenza della Corte di appello Ł stata emessa all’esito di procedimento svoltosi in camera di consiglio in assenza dell’imputato ed alla presenza del sostituto del difensore.
La Corte di appello ha altresì dato correttamente atto che l’imputato era detenuto per altra causa presso la Casa Circondariale di Terni.
Il comma 3 dell’art. 601 cod. proc. pen. richiamato nel ricorso espressamente stabilisce che «Il decreto di citazione per il giudizio di appello contiene … l’avviso che si procederà con udienza in camera di consiglio senza la partecipazione delle parti, salvo che l’appellante o, in ogni caso, l’imputato o il suo difensore chiedano di partecipare nel termine perentorio di quindici giorni dalla notifica del decreto. Il decreto contiene altresì l’avviso che la richiesta di partecipazione può essere presentata dalla parte privata esclusivamente a mezzo del difensore …».
La difesa del ricorrente non contesta vizi di contenuto del decreto di citazione o il mancato rispetto dei termini di comparizione all’udienza, ma si limita ad affermare, oltretutto senza documentarlo (così incorrendo in un vizio di ‘autosufficienza’ del ricorso per cassazione che già di per sØ sarebbe risolutivo), di avere inviato alla Corte di appello a mezzo EMAIL in data 16 febbraio 2025 una richiesta di rinvio dell’udienza (fissata per il giorno successivo – ndr.) per mancata traduzione dell’imputato e manifestando in tale occasione la volontà di quest’ultimo di partecipare all’udienza stessa.
E’ di palmare evidenza che, alla luce del chiaro disposto del citato art. 601, comma 3, cod. proc. pen., la richiesta difensiva era tardiva e non Ł stato neppure documentato che la stessa sia stata ribadita in udienza dal sostituto del difensore dell’imputato con la conseguenza che a nulla rileva l’assunto difensivo che la Corte di appello non vi ha dato risposta.
La manifesta infondatezza investe altresì la dedotta questione di incostituzionalità della disposizione normativa de qua .
I termini indicati dalla richiamata disposizione, indubbiamente funzionali ad un ordinato quanto rapido svolgimento del processo in camera di consiglio in sede di appello, appaiono oltremodo congrui per consentire all’imputato di richiedere di partecipare personalmente all’udienza ed esercitare anche in tal modo ogni prerogativa difensiva, e non si può certo ricondurre il ritardo dell’imputato a presentare (a mezzo del difensore) una richiesta di natura processuale ad una asserita compressione del diritto di difesa.
Resta solo da aggiungere che tutti i richiami contenuti nel ricorso alla giurisprudenza di questa Corte di legittimità sono inconferenti ai fini del decidere il caso in esame.
Per le considerazioni or ora esposte, dunque, il ricorso deve essere dichiarato inammissibile.
Alla inammissibilità del ricorso consegue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese del procedimento nonchØ, ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen., valutati i profili di colpa nella determinazione della causa di inammissibilità emergenti dal ricorso (Corte Cost. 13 giugno 2000, n. 186) al versamento della somma ritenuta equa di euro tremila in favore della
Cassa delle Ammende.
P.Q.M
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende. Così Ł deciso, 17/09/2025
Il Consigliere estensore NOME COGNOME
Il Presidente NOME COGNOME