Sentenza di Cassazione Penale Sez. 6 Num. 37744 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 6 Num. 37744 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 22/10/2025
SENTENZA
sul ricorso proposto da NOME, nato a RAGIONE_SOCIALE il DATA_NASCITA
avverso l’ordinanza del 13/05/2025 del Tribunale di Catanzaro visti gli atti, l’ordinanza impugnata e il ricorso; udita la relazione del consigliere NOME COGNOME; letta la requisitoria scritta del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto COGNOME, che ha concluso chiedendo il rigetto del
Procuratore generale NOME ricorso;
lette le conclusioni scritte dell’AVV_NOTAIO COGNOME del Foro di RAGIONE_SOCIALE, che ha chiesto l’accoglimento del ricorso per i motivi esposti.
RITENUTO IN FATTO
1. Con ordinanza del 13 maggio 2025 il Tribunale di Catanzaro, adito in sede di riesame, confermava l’ordinanza con la quale era stata applicata la misura cautelare degli arresti domiciliari emessa dal giudice per le indagini preliminari presso il Tribunale di RAGIONE_SOCIALE in data 8 aprile 2025 nei riguardi di NOME con riferimento ai reati di cui all’art 73 commi 1 e 4 d.P.R. n. 309/90 contestati ai capi 368), 369), 370), 371), 372), 480) e 481) dell’incolpazione provvisoria.
Avverso l’ordinanza del Tribunale di Catanzaro ha proposto ricorso per cassazione NOME, mediante il proprio difensore di fiducia, articolando tre motivi di ricorso, che si riassumono sinteticamente ai sensi dell’art. 173 disp. att. cod. proc. pen.
2.1. Con il primo motivo deduce violazione di legge in relazione agli artt. 405, 406 e 407 cod. proc. pen. nonché motivazione illogica e contraddittoria in relazione all’eccezione di inutilizzabilità sollevata dalla difesa dell’attività di indag espletata dopo il 31/12/2021 (rectius 3/11/2021), poiché svolta dopo la scadenza del termine di 18 mesi decorrenti dall’iscrizione a notizia di reato avvenuta in data 16/03/2020 (rectius 03/02/2020), in mancanza di proroghe indagini. Il Tribunale ha ritenuto utilizzabile tutta l’attività di indagine compendiata nell’esito dell’attiv investigativa effettuata, di fatto, anche nel proc. penale n. 2951/2019 RGNR denominato “COMPS”, ossia informativa 66/23 – 98-2019 di prot. del 13/06/2024, informativa 66/23-100-2019 del 09/07/2024, informativa 66/23-94-2019 del 10/11/2023, confluite nel procedimento in esame e tutte le s.i.t. rese in data successiva al 03/11/2021. Tuttavia, il Tribunale ritiene erroneamente che i fatti contestati in questo procedimento n. 854/2024 RGNR siano diversi e nuovi rispetto a quelli dell’originario procedimento n. 2951/2019 RGNR, di fatto, omettendo di valutare la correttezza del procedimento di iscrizione della notizia di reato e di conseguenza il compendio investigativo sotteso all’applicazione della misura in atto. In realtà il procedimento n. 854/2024 RGNR non riguarda fatti nuovi e diversi rispetto a quelli del n. 2951/2019 RGNR, come emergerebbe dal fatto che all’NOME sono stati contestati fatti che vanno dl 2020 al 2024. Nel procedimento n. 2951/2019 RGNR l’iscrizione dell’indagato nel registro delle notizie di reato è avvenuta in data 03/02/2020 per il reato di cui all’art. 73, comma 1, d.P.R. n. 309/90. In mancanza di proroghe il termine è scaduto 18 mesi dopo. Dalla consultazione degli atti emerge che non vi sarebbero iscrizioni intermedie tra la prima del 03/02/2020 e la seconda del 03/07/2024 avvenuta nel procedimento n. 854/2024 RGNR per la medesima fattispecie delittuosa. La seconda iscrizione è intervenuta dopo la scadenza dei termini delle indagini preliminari connessi alla prima iscrizione, sicchè non potrebbe avere alcun effetto sanante di atti di indagine compiuti dopo la scadenza del primo termine. Pertanto, tutte le indagini compendiate nelle suddette informative (e poi confluite nel proc. pen. n. 854/2024 RGNR) e tutte le s.i.t. assunte dopo il 03/11/2021 sarebbero inutilizzabili. In Corte di Cassazione – copia non ufficiale
particolare, sarebbero inutilizzabili le s.i.t. di NOME COGNOME in data 10/11/2021 (capo 368), di NOME COGNOME in data 09/05/2022 (capo 369), di NOME COGNOME in data 21/10/2022 (capo 371), di NOME COGNOME in data 15/11/2023 (capo 372), di NOME COGNOME in data 26/06/2024 (capi 480 e 481). L’inutilizzabilità delle predette s.i.t. inciderebbe sulla sussistenza del reato ovvero sulla sua qualificazione giuridica ai sensi dell’art. 73, comma 5, d.P.R. n. 309/90.
2.2. Con il secondo motivo lamenta violazione di legge e vizio di motivazione in ordine alla sussistenza dei gravi indizi di colpevolezza in relazione al reato di cui all’art. 73, commi 1 e 4, d.P.R. n. 309/90 e violazione di legge e mancanza di autonoma valutazione in ordine alla mancata qualificazione dei fatti ai sensi dell’art. 73 comma 5 d.P.R. n. 309/90. Ferma l’eccezione di inutilizzabilità, l’ordinanza impugnata merita censura nella parte in cui ritiene che il dato quantitativo del numero di assuntori, l’ampio lasso temporale in cui le cessioni sarebbero avvenute e la tipologia di sostanza stupefacente escluderebbero la possibilità di ricondurre la fattispecie nel comma 5 dell’art. 73 d.P.R. n. 309/90. Tuttavia, non si tratterebbe di elementi dirimenti. Invero, al netto dei capi di incolpazione affetti dall’inutilizzabilità degli elementi di prova, residuerebbe il capo 370), s.i.t. rese da NOME COGNOME in data 30/01/2020, il quale faceva riferimento a piccole cessioni di cocaina, non meglio quantificate (e non corroborate da attività captativa), tra il 2017 e il 2020. Dichiarazioni troppo fumose e generiche, non in grado di fare assumere la fattispecie nel comma 1 dell’art. 73 d.P.R. n. 309/90. Anche a volere considerare come utilizzabili tutte le fonti di prova, l’NOME risponderebbe di sole sette cessioni, a differenza del coindagato COGNOME NOME, che ne risponderebbe di 45. Eppure, con la tecnica del copia e incolla, le due posizioni sarebbero state sostanzialmente equiparate. Corte di Cassazione – copia non ufficiale
2.3. Con il terzo motivo deduce violazione di legge in ordine agi artt. 274 e 275 cod. proc. pen. Vizio di motivazione in ordine alle specifiche censure argomentate nella memoria difensiva depositata nel corso dell’udienza del 13/05/2025 in punto di omessa motivazione sulle specifiche esigenze cautelari, nonchè in punto di proporzionalità ed adeguatezza della misura. Il Tribunale, con motivazione apparente, avrebbe aderito, sanza alcun vaglio critico, alle argomentazioni del giudice per le indagini preliminari in punto di esigenze cautelari, integrandole in punto di adeguatezza, facendo notare la circostanza che l’indagato ha beneficiato di plurime misure alternative alla detenzione, libertà controllata e avviso orale, sicchè sarebbe implicito il rischio di recidiva. Tuttavia, l’NOME avrebbe usufruito di detenzione domiciliare e libertà controllata per un periodo così limitato che sarebbe ininfluente ai fini della valutazione prognostica sul rischio di recidiva. I benefici penitenziari sono stati concessi per reat contravvenzionali. Non vi sono precedenti specifici a carico del ricorrente. I casi di
incolpazione provvisoria sono appena sette e si tratterebbe di modiche cessioni. Anche in questo caso il Tribunale si limita a parificare con la tecnica del copia e incolla la posizione dell’NOME con quella del coindagato COGNOME NOME, in tale modo violando i principi di adeguatezza e proporzionalità di ogni misura cautelare.
3. Il procedimento si è svolto con trattazione scritta ai sensi dell’art. 611 cod. proc. pen. e ha inviato requisitoria scritta il Procuratore generale, nonché conclusioni scritte il difensore dell’indagato, concludendo entrambi come in epigrafe riportato.
CONSIDERATO IN DIRITTO 1. Preliminarmente, è bene ricordare che, in tema di motivazione dei provvedimenti sulla libertà personale, l’ordinanza applicativa della misura e quella che decide sulla richiesta di riesame sono tra loro strettamente collegate e complementari, sicché la motivazione del Tribunale del riesame integra e completa l’eventuale carenza di motivazione del provvedimento del primo giudice e, viceversa, la motivazione insufficiente del giudice del riesame può ritenersi integrata da quella del provvedimento impugnato, allorché in quest’ultimo siano state indicate le ragioni logico-giuridiche che, ai sensi degli artt. 273, 274 e 275 cod. proc. pen., ne hanno determinato l’emissione (Cass. Sez. U., n. 7 del 17/04/1996, rv. 205257-01). In tema di misure cautelari personali, non è affetta da vizio di motivazione l’ordinanza del Tribunale del riesame che conferma in tutto o in parte il provvedimento impugnato, recependone le argomentazioni, perché in tal caso i due atti si integrano reciprocamente, con la conseguenza che eventuali carenze di motivazione dell’uno possono essere sanate con le argomentazioni utilizzate dall’altro (Cass., Sez. III, n. 8669 del 15/12/2015, dep. 2016, rv. 266765-01). Corte di Cassazione – copia non ufficiale
Inoltre, giova rammentare che, in tema di misure cautelari personali, allorché sia denunciato, con ricorso per cassazione, vizio di motivazione del provvedimento emesso dal Tribunale del riesame in ordine alla consistenza dei gravi indizi di colpevolezza, alla Corte suprema spetta il compito di verificare, in relazione alla peculiare natura del giudizio di legittimità e ai limiti che ad esso ineriscono, se i giudice di merito abbia dato adeguatamente conto delle ragioni che l’hanno indotto ad affermare la gravità del quadro indiziario a carico dell’indagato, controllando la congruenza della motivazione riguardante la valutazione degli elementi indizianti rispetto ai canoni della logica e ai principi di diritto che governano l’apprezzamento delle risultanze probatorie (Cass. Sez. U., n. 11 del 22/03/2000, imp. Audino, rv. 215828-01: in motivazione, la S.C., premesso che la richiesta di riesame ha la
specifica funzione, come mezzo di impugnazione, sia pure atipico, di sottoporre a controllo la validità dell’ordinanza cautelare con riguardo ai requisiti formali enumerati nell’art. 292 cod. proc. peri. e ai presupposti ai quali è subordinata la legittimità del provvedimento coercitivo, ha posto in evidenza che la motivazione della decisione del tribunale del riesame, dal punto di vista strutturale, deve essere conformata al modello delineato dal citato articolo, ispirato al modulo di cui all’art. 546 cod. proc. pen., con gli adattamenti resi necessari dal particolare contenuto della pronuncia cautelare, non fondata su prove, ma su indizi e tendente all’accertamento non della responsabilità, bensì di una qualificata probabilità di colpevolezza). L’insussistenza dei gravi indizi di colpevolezza ex art. 273 cod. proc. pen. e delle esigenze cautelari di cui all’art. 274 stesso codice è rilevabile in Cassazione soltanto se si traduce nella violazione di specifiche norme dí legge od in mancanza o manifesta illogicità della motivazione, risultante dal testo del provvedimento impugnato (Cass. Sez. F., n. 47748 del 11/08/2014, rv. 26140001: in motivazione, la S.C. ha chiarito che il controllo di legittimità non concerne nè la ricostruzione dei fatti, nè l’apprezzamento del giudice di merito circa l’attendibilità delle fonti e la rilevanza e concludenza dei dati probatori, onde sono inammissibili quelle censure che, pur investendo formalmente la motivazione, si risolvono nella prospettazione di una diversa valutazione di circostanze già esaminate dal giudice di merito). In tema di misure cautelari personali, il ricorso per cassazione per vizio di motivazione del provvedimento del Tribunale del riesame in ordine alla consistenza dei gravi indizi di colpevolezza consente al giudice di legittimità, in relazione alla peculiare natura del giudizio ed ai limiti c ad esso ineriscono, la sola verifica delle censure inerenti la adeguatezza delle ragioni addotte dal giudice di merito ai canoni della logica e ai principi di diritt che governano l’apprezzamento delle risultanze probatorie e non il controllo di quelle censure che, pur investendo formalmente la motivazione, si risolvono nella prospettazione di una diversa valutazione di circostanze già esaminate dal giudice di merito (Cass., Sez. II, n. 27866 del 17/06/2019, rv. 276976-01). Corte di Cassazione – copia non ufficiale
Il primo motivo, che pone una questione in rito, necessita per il suo esame di una ricostruzione fattuale, consentita, trattandosi di prospettazione anche di error in procedendo (Cass. Sez. U. n. 42792 del 31/10/2001, imp. Policastro, rv. 220092).
Dagli atti, anche quelli allegati al ricorso, emerge che nell’originario proc. pen. n. 2951/19 RGNR era stata effettuata in data 03/02/2020 l’iscrizione nel registro ex art. 335 cod. proc. pen. per l’NOME con riguardo ai reati di cui all’art. 73 d.P.R. n. 309/90 commessi negli anni 2019 e 2020. Si comprende che in questo procedimento, dove si assume che non sono state richieste e concesse proroghe
di indagini, il pubblico ministero delegava indagini alla polizia giudiziaria. La polizia giudiziaria le esitava con diverse informative di reato che si susseguivano nel tempo.
Con provvedimento del 03/07/2024, il pubblico ministero aggiornava le iscrizioni nel procedimento penale n. 854/2024 RGNR, facendo riferimento alle predette diverse informative di reato. Con riguardo all’NOME l’iscrizione veniva aggiornata in conseguenza delle informative n. 66/23-98-2019 del 13/06/2024 della RAGIONE_SOCIALE. L’iscrizione veniva aggiornata nel seguente modo: per gli indagati già iscritti (e l’NOME già lo era) l’iscrizion riguardava i nuovi fatti delittuosi emersi dalla citata informativa.
In buona sostanza, svolte le indagini, anche mediante ascolto di alcune persone informate sui fatti, emersi nuovi reati commessi in periodi diversi rispetto agli anni 2019 e 2020, l’iscrizione veniva aggiornata all’esito della delega indagini, cioè quando la polizia giudiziaria restituiva la delega evasa con l’informativa di cui si è detto.
Secondo il Tribunale del riesame, trattandosi di nuove iscrizioni, sarebbe improprio discorrere di scadenza termine di indagini.
La difesa contesta questa affermazione, poiché si sarebbe trattato di attività di indagine delegata in origine nel proc. pen. n. 2951/19 RGNR e quindi soggetta a quei termini di indagine. Il pubblico ministero, con le nuove iscrizioni effettuate nel proc. pen. n. 854/2024 RGNR, avrebbe surrettiziamente aggirato il termine già scaduto. D’altra parte, gli atti di indagine effettuati dalla polizia giudiziaria esecuzione della delega (vedi le s.i.t. specificatamente indicate) sarebbero stati compiuti a termini originari già scaduti.
Tuttavia, ai fini del computo della durata massima delle indagini preliminari, l’iscrizione per un nuovo reato a carico del medesimo indagato, individua il “dies a quo” da cui decorre il termine, ferma restando l’utilizzabilità degli elementi emersi prima della nuova iscrizione nel corso di accertamenti relativi ad altri fatti, attesa l’assenza di preclusioni derivanti dall’art. 407 cod. proc. pen. (Cass. Sez. II, n. 150 del 18/10/2012, dep. 2013, rv. 254676-01). Qualora il pubblico ministero acquisisca nel corso delle indagini preliminari elementi in ordine ad ulteriori fatti costituenti reato nei confronti della stessa persona già iscritta n registro di cui all’art. 335 cod. proc. pen., deve procedere a nuova iscrizione ed il termine per le indagini preliminari, previsto dall’art. 405 cod. proc. pen., decorre in modo autonomo per ciascuna successiva iscrizione nell’apposito registro, senza che possa essere posto alcun limite all’utilizzazione di elementi emersi prima della detta iscrizione nel corso di accertamenti relativi ad altri fatti (Cass. Sez. III, 32998 del 18/03/2015, rv. 264191-01).
In buona sostanza, in mancanza di specificazioni da parte della difesa, è
corretto sostenere quanto argomentato dal Tribunale di Catanzaro, e cioè che il pubblico ministero, ricevute le informative di polizia giudiziaria (anche se esito di delega di indagine), preso atto dell’emergere a carico dell’NOME di ipotesi di reato diverse dalle originarie (invero, anche se riguardavano sempre il reato di cui all’art. 73 d.P.R. n. 309/90, si tratta di fatti commessi in periodi diversi e, dunque, di altre notizie di reato), ha proceduto, più che ad un aggiornamento delle iscrizioni, a nuove iscrizioni, per cui è da tale momento che va fatto decorrere il termine delle indagini preliminari per le singole nuove iscrizioni.
Il motivo di ricorso va, quindi, rigettato.
3. Il secondo motivo è generico e aspecifico e, quindi, inammissibile. Si afferma apoditticamente che le dichiarazioni degli acquirenti della sostanza stupefacente sarebbero generiche ed inidonee a fondare i gravi indizi di colpevolezza. Come unico caso specifico si allude alle s.i.t. di NOME COGNOME. Tuttavia, il motivo non si confronta con quanto argomentato dal Tribunale del riesame, che ha ritenuto al contrario dettagliate le s.i.t. e corroborate anche dall’esito delle intercettazioni e dai riconoscimenti fotografici. Inoltre, nel ricor si afferma che si tratterebbe comunque di soli sette episodi, a differenza del coindagato COGNOME NOME, ciò che avrebbe potuto condurre a riqualificare i fatti ai sensi dell’art. 73 comma 5 d.P.R. n. 309/90. Ma anche su questo aspetto il Tribunale ha ben argomentato, evidenziando che si tratta di episodi di spaccio continuato perduranti dal 2020 al 2024 (in realtà, nel caso del cessionario COGNOME NOME, le cessioni, gratuite, di marijuana erano cominciate dal 2018 e proseguite fino al 2021, mentre nel caso dell’acquirente COGNOME NOME la vendita di cocaina era cominciàta dal 2017 e proseguita fino al 2020; nel caso del cessionario COGNOME NOME le cessioni gratuite di cocaina erano addirittura cominciate dal 2012 e proseguite fino al settembre 2022; nel caso dell’acquirente COGNOME NOME la vendita di cocaina era iniziata nel 2019 e proseguita fino al novembre 2023; relativamente all’acquirente COGNOME NOME le vendite di hashish e marijuana – e poi anche di cocaina – erano iniziate nel 2020 e proseguite fino al 2024), che, quindi, sebbene riferibili a soli sette acquirenti (o cessionar gratuiti) diversi, tuttavia, evidenziano una particolare dedizione all’attività d spaccio, /protrattasi, in relazione ai singoli soggetti, anche per molti anni, tale da non poterla configurare come di minima offensività, tenuto conto che l’attività illecita riguardava sia droghe cd. leggere (marijuana e hashish) che droghe pesanti (cocaina). Al riguardo, si evidenzia, condividendone il principio, che, in materia di sostanze stupefacenti, la reiterazione nel tempo di una pluralità di condotte di cessione della droga, pur non precludendo automaticamente al giudice di ravvisare il fatto di lieve entità, entra in considerazione nella valutazione di tut Corte di Cassazione – copia non ufficiale
i parametri dettati, in proposito, dall’art. 73, comma quinto, d.P.R. 9 ottobre 1990, n. 309; ne consegue che è legittimo il mancato riconoscimento della lieve entità qualora la singola cessione di una quantità modica, o non accertata, di droga costituisca manifestazione effettiva di una più ampia e comprovata capacità dell’autore di diffondere in modo non episodico, nè occasionale, sostanza stupefacente, non potendo la valutazione della offensività della condotta essere ancorata al solo dato statico della quantità volta per volta ceduta, ma dovendo essere frutto di un giudizio più ampio che coinvolga ogni aspetto del fatto nella sua dimensione oggettiva (Cass., Sez. III, n. 6871 del 08/07/2016, dep. 2017, rv. 269149-01).
4. Anche il terzo motivo è inammissibile perché generico e aspecifico. Il Tribunale del riesame ha ben motivato circa la sussistenza delle esigenze cautelari e della adeguatezza della misura cautelare in concreto applicata al ricorrente, mettendo in evidenza innanzitutto che l’NOME ha continuato a delinquere senza soluzione di continuità fino al luglio del 2024. Quindi, ha evidenziato che, benchè più volte in esecuzione pena o sottoposto ad altre misure preventive, ha continuato a delinquere, in tale modo dimostrando di essere refrattario alle sanzioni, che, nei suoi riguardi, non hanno assolto ad alcuna funzione specialpreventiva. Orbene, al di là delle ragioni per cui erano state applicate altre sanzioni (in senso lato, tenuto conto dei riferimenti alla misura di prevenzione dell’avviso orale di P.S., ovvero alla misura alternativa della detenzione domiciliare, ovvero ancora alla sanzione sostitutiva della libertà controllata) all’indagato, resta il dato di fatto che si è trattatj i di misure lato sensu sanzionatorie che non hanno sortito alcun effetto sul rischiVe – cidivanza. La difesa lamenta un appiattimento della motivazione del Tribunale del riesame sulle ragioni addotte dal giudice per le indagini preliminari e soprattutto che il Tribunale di Catanzaro avrebbe trattato la posizione dell’NOME in maniera identica a quella del coindagato COGNOME NOME. Così facendo, però, mal si confronta con le argomentazioni del Tribunale del riesame, tutte specifiche ed autonome, invece, nei riguardi dell’NOME, e, per tale ragione, il motivo finisce con l’essere generico e aspecifico. Corte di Cassazione – copia non ufficiale
In conclusione, il ricorso è nel suo complesso infondato e va rigettato, con condanna del ricorrente alle spese processuali.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese
Così deciso il 22 ottobre 2025
processuali.
Il Consigliere est,nscre
Il Presidente