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Termine dilatorio: la convalida del DASPO è nulla

La Corte di Cassazione ha annullato un’ordinanza di convalida di un DASPO perché il provvedimento del giudice non riportava l’orario di deposito. Questa omissione ha creato incertezza sul rispetto del termine dilatorio di 48 ore, concesso per legge alla difesa, violando così il diritto del destinatario di presentare le proprie argomentazioni. La Corte ha stabilito che, in caso di dubbio, la procedura deve essere considerata nulla e il provvedimento inefficace.

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Pubblicato il 10 novembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Termine Dilatorio: Quando l’incertezza sull’orario annulla la convalida del DASPO

Nel diritto, il tempo non è un concetto astratto, ma una garanzia fondamentale. Un principio ribadito con forza dalla Corte di Cassazione in una recente sentenza, che ha annullato un provvedimento di convalida di un DASPO a causa della mancata indicazione dell’orario di deposito. Questa decisione sottolinea l’importanza cruciale del termine dilatorio come strumento a tutela del diritto di difesa. Quando la libertà personale è in gioco, anche un dettaglio apparentemente formale come l’orario può fare la differenza tra un atto valido e uno nullo.

I Fatti del Caso

La vicenda ha origine da un provvedimento emesso dal Questore di una città del nord Italia, con cui venivano imposte a un soggetto alcune prescrizioni, tra cui il divieto di accesso a manifestazioni sportive (il cosiddetto DASPO). Il provvedimento veniva notificato all’interessato in data 24 luglio alle ore 9:00. Successivamente, il Giudice per le indagini preliminari (GIP) convalidava la misura con un’ordinanza depositata il 26 luglio, ma senza specificare l’orario del deposito.

Il difensore del soggetto proponeva ricorso per cassazione, lamentando proprio questa incertezza. Poiché la notifica era avvenuta alle 9:00 del 24 luglio, il termine di 48 ore concesso alla difesa per presentare memorie sarebbe scaduto alle 9:00 del 26 luglio. L’assenza dell’orario sull’atto del GIP rendeva impossibile verificare se il giudice avesse deciso prima della scadenza di tale termine, potenzialmente comprimendo il diritto di difesa del suo assistito.

La Violazione del Termine Dilatorio e il Diritto di Difesa

Il fulcro della questione legale ruota attorno al concetto di termine dilatorio. La legge prevede che, dalla notifica del provvedimento del Questore, l’interessato abbia 48 ore di tempo per presentare memorie e deduzioni difensive al GIP, prima che quest’ultimo decida sulla convalida. Si tratta di una finestra temporale finalizzata a garantire un contraddittorio, seppur documentale, e a consentire l’effettivo esercizio del diritto di difesa, tutelato dalla Costituzione.

Il GIP, a sua volta, non può emettere la propria decisione prima che questo termine sia interamente decorso. Se lo facesse, la sua decisione sarebbe prematura e viziata da nullità, poiché impedirebbe alla difesa di far valere le proprie ragioni. Nel caso di specie, l’ordinanza del GIP, datata 26 luglio ma priva di orario, creava un’irrisolvibile incertezza sul rispetto di questa fondamentale garanzia procedurale.

Le Motivazioni della Corte di Cassazione

La Corte di Cassazione ha accolto il ricorso, ritenendo il primo motivo (la violazione del termine dilatorio) fondato e ‘assorbente’, ovvero sufficiente da solo a determinare l’annullamento dell’ordinanza senza bisogno di esaminare le altre censure.

I giudici hanno richiamato un principio consolidato nella loro giurisprudenza: l’incertezza sul rispetto di un termine perentorio non può risolversi a danno del diritto di difesa. Quando un atto è soggetto a un termine ‘orario’ (cioè che scade a una certa ora di un certo giorno), la mancata indicazione dell’ora di deposito lo rende inefficace, a meno che non sia possibile desumere il rispetto del termine da altri elementi processuali.

Nel caso in esame, non vi erano altri atti in grado di chiarire a che ora fosse stata depositata l’ordinanza del GIP. Di fronte a questo dubbio insuperabile, la Corte ha concluso che si deve presumere la violazione del diritto di difesa. L’incertezza ha, di fatto, limitato la possibilità per il ricorrente di esercitare pienamente il suo diritto a presentare memorie difensive, sapendo di avere a disposizione l’intero arco delle 48 ore.

Conclusioni

In definitiva, la Corte di Cassazione ha annullato senza rinvio l’ordinanza impugnata e, di conseguenza, ha dichiarato l’inefficacia del provvedimento del Questore. La sentenza rappresenta un’importante riaffermazione del principio secondo cui le garanzie procedurali, specialmente quando incidono sulla libertà personale, devono essere rispettate con il massimo rigore. L’incertezza procedurale, generata anche da una semplice omissione formale come l’orario di un deposito, si traduce in una violazione sostanziale del diritto di difesa e non può essere tollerata. Per i cittadini, è la conferma che i termini processuali non sono meri formalismi, ma pilastri dello Stato di Diritto.

Qual è la conseguenza se un giudice convalida un DASPO senza indicare l’orario di deposito?
Se non è possibile determinare con certezza che sia stato rispettato il termine dilatorio di 48 ore a favore della difesa, la convalida è nulla e il provvedimento del Questore diventa inefficace, poiché tale incertezza lede il diritto di difesa.

Perché il termine dilatorio di 48 ore è così importante?
È un termine previsto per legge per garantire il concreto esercizio del diritto di difesa della persona colpita dal provvedimento, consentendole di presentare memorie o deduzioni al giudice prima che questi decida sulla convalida della misura.

Cosa significa che un motivo di ricorso è ‘assorbente’?
Significa che l’accoglimento di quel singolo motivo è sufficiente da solo a determinare l’annullamento del provvedimento impugnato, rendendo superfluo e non necessario l’esame degli altri motivi di ricorso presentati dalla parte.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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