Sentenza di Cassazione Penale Sez. 6 Num. 25204 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 6 Num. 25204 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: NOME
Data Udienza: 28/04/2025
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal consigliere NOME COGNOME;
lette le conclusioni del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale NOME COGNOME che ha chiesto l’annullamento del decreto impugnato per perdita di efficacia, ai sensi dell’art. 27, comma 6, d. Igs. n. 159 del 2011, della disposta confisca.
RITENUTO IN FATTO
1. La Corte di appello di Reggio Calabria con decreto del 23 gennaio 2024 ha rigettato l’appello proposto nell’interesse di NOME COGNOME terzo interessato, avverso il decreto di confisca di prevenzione emesso dal Tribunale di Reggio Calabria il 19 luglio 2017.
Va rilevato, in fatto, che con decreto del 16 novembre 2015 il Tribunale di Reggio Calabria aveva disposto, nel procedimento a carico di NOME COGNOME, il sequestro della somma di euro 128.000 rinvenuta in data 6 giugno 2015 in occasione del fermo di polizia eseguito in Montepulciano nei confronti del padre, NOME COGNOME odierno ricorrente.
Con decreto del 19 luglio 2017 veniva disposta dal Tribunale la confisca della somma, richiamate le dichiarazioni rilasciate da NOME COGNOME nel corso dell’interrogatorio reso il 16 ottobre 2015, il quale aveva riferito che la somma di denaro, occultata nel vano motore dell’auto BMW condotta dal padre, costituiva il provento del traffico di stupefacenti cui NOME COGNOME era dedito e, precisamente, rappresentava una parte del corrispettivo per una importazione di cocaina proveniente dalla Colombia e scaricata in Liguria a Vado Ligure mentre NOME COGNOME era latitante. NOME COGNOME precisava di avere appreso della provenienza della somma da NOME COGNOME che l’aveva consegnata al padre per suo conto. Anche NOME COGNOME, cugino di NOME, aveva confermato che la somma era stata consegnata a NOME COGNOME dal COGNOME, quale quota spettante al figlio NOME.
La confisca della somma di denaro a carico di NOME COGNOME confermata in appello con decreto del 22 settembre 2019, è divenuta irrevocabile a seguito di inammissibilità del suo ricorso (e di quello di taluni dei terzi interessati fra i qu non figura l’odierno ricorrente), a seguito di sentenza del 4 marzo 2020 della Corte di Cassazione.
Con i motivi di ricorso di seguito sintetizzati ai sensi dell’articolo 173 disp att. cod. proc. pen. nei limiti strettamente indispensabili ai fini della motivazione il ricorrente propone tre motivi di ricorso.
2.1. Violazione di legge in relazione all’articolo 27, commi 2 e 6, d Igs. n. 159 del 2011 perché la Corte- di appello ha erroneamente respinto la richiesta di dichiarare inefficace la confisca per decorrenza del termine di un anno e sei mesi, interamente decorso tra il 6 dicembre 2020, data di proposizione dell’appello di NOME COGNOME e la decisione. Sostiene il ricorrente che il provvedimento adottato dalla Corte di appello è illegittimo e che non può condividersi la ricostruzione secondo la quale, per effetto dell’ordinanza della Corte di Cassazione del 6 aprile 2023 (depositata il 29 maggio 2023), il termine di efficacia sarebbe decorso solo a partire dalla data in cui gli atti erano pervenuti presso la cancelleria, sicché il decreto impugnato è intervenuto nel termine di un anno e mesi sei e, quindi, tempestivamente. Non si è, infatti, in presenza dell’annullamento tipizzato dall’art. 27, comma 6, d. Igs. n. 159 del 2011, tanto è vero che la stessa Corte di Cassazione, nel riqualificare l’atto di impugnazione proposto da NOME COGNOME come “appello” ha dato conto della erroneità della qualificazione dell’impugnazione
proposta dal COGNOME come incidente di esecuzione, il che aveva determinato la trasmissione al Tribunale che aveva respinto le censure difensive avverso il decreto di confisca con decreto del 23 marzo 2022 poi impugnato per cassazione.
2.2. Erronea applicazione della legge penale (in relazione agli artt. 16, 20 e 24 d. Igs. n. 159 del 2011) per carenza dei presupposti richiesti per ritenere le somme confiscate nella disponibilità diretta o nel possesso del proposto NOME COGNOME o che le stesse rappresentino il frutto e l’attività illecita di questi ricorrente, premesso che non aveva mai convissuto con NOME COGNOME nel tempo in cui questi aveva manifestato la pericolosità sociale giustificativa del genetico provvedimento di sequestro finalizzato alla confisca, sostiene che la Corte di merito, estendendo gli effetti del sequestro e della confisca anche sulle somme detenute dal padre, ha violato la disposizione di cui all’articolo 19, comma 3, d. Igs. 159 cit. poiché non sussisteva all’epoca dei fatti un rapporto di convivenza del ricorrente con il figlio. Rileva, altresì, che NOME COGNOME era già venuto a conoscenza, attraverso le cronache giudiziarie e le visite dei propri parenti, dell’arresto del padre, perché trovato in possesso della somma / sicché era inconcludente l’affermazione di NOME COGNOME di avere avuto notizia del sequestro della somma attraverso NOME COGNOME secondo cui tale somma era, in realtà, di spettanza di NOME COGNOME.
Gli indizi valorizzati dalla Corte di appello non sono, inoltre, oggettivi ma rimangono nell’alveo della mera asserzione non controllata, tantomeno verificabile. La Corte di appello ha valorizzato le dichiarazioni rese da NOME COGNOME in data 16 ottobre 2015, in corrispondenza dell’avvio della collaborazione, su insistenti sollecitazioni del Pubblico Ministero: dichiarazioni che, tuttavia, s pongono in netta contraddizione con quanto NOME COGNOME aveva già riferito nel verbale del 13-20 luglio 2015, quando la provenienza della somma di denaro contante sequestrata al padre veniva giustificata attraverso il riferimento alla lecita vendita di un immobile, comprovata dalla documentazione prodotta dalla difesa di NOME COGNOME. Le dichiarazioni valorizzate dal decreto impugnato, che neppure coincidono con l’importo della somma confiscata, sono addirittura inverosimili e non possono qualificarsi quali indizi concreti. Tantomeno l’ufficio procedente ne ha chiarito il contenuto collocandole al momento in cui, da tale NOME COGNOME il dichiarante avrebbe appreso del sequestro e della circostanza che quelle somme erano riferibili “ad un lavoro” organizzato da NOME COGNOME ed eseguito dal COGNOME, collegato all’arrivo di droga nel porto di Vado Ligure. Le dichiarazioni di NOME COGNOME sono state erroneamente valorizzate essendo prive dei requisiti di attendibilità soggettiva del dichiarante e del tutto sfornite di elementi di riscontr sulla provenienza e sul collegamento con l’attività illecita di NOME Femia.
2.3. Violazione di legge (art. 20 d. Igs. 59 del 2011) per omessa indicazione di concreti elementi indiziari sulla disponibilità delle somme sequestrate a NOME COGNOME e inversione dell’onere probatorio incombente sulla Procura. A fondamento del sequestro e della confisca sono state poste tre differenti ipotesi: un precedente giudiziario a carico di NOME COGNOME per fatti risalenti al 2008; il mero riferimento a NOME COGNOME, da parte di NOME COGNOME, emerso in un procedimento per il quale NOME COGNOME non aveva ricevuto alcun avviso di procedimento ed infine il coinvolgimento di NOME COGNOME nelle operazioni denominate “Puerto Liberado” e “Santafè” e la sua condanna per il reato di cui all’art. 74 d.P.R. n. 309 del 1990, per condotte riferibili ad un periodo in cui NOME COGNOME si trovava certamente in Spagna da molti anni e da dove rientrava solo il 27 aprile del 2015.
Non può iin definitiva, rispetto alla diretta disponibilità della somma da parte di NOME COGNOME, ritenersi acquisito un quadro indiziario sufficiente. Il decreto impugnato non si è confrontato con le allegazioni difensive sulle attività lecite svolte dal ricorrente, nel settore edilizio, utili a comprovare la legittim provenienza della somma rivendicata.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1.11 ricorso di NOME COGNOME con riferimento al primo motivo di ricorso, è fondato e, pertanto, assorbiti gli ulteriori motivi, il decreto impugnato deve essere annullato senza rinvio, con le statuFioni di seguito precisate.
2.L’art. 27, comma 6, d.lgs. n. 159 del 2011 ha introdotto un termine perentorio di durata del giudizio di impugnazione di appello instaurato avverso il decreto di confisca emesso all’esito del giudizio di primo grado, stabilendo che tale provvedimento perde efficacia se la Corte d’appello non si pronuncia entro il termine di un anno e sei mesi dal deposito del ricorso. Tale termine, inoltre, in forza dell’espresso richiamo all’art. 24, comma 2, d.lgs. cit., può, in caso di indagini complesse, essere prorogato con decreto motivato “per periodi di sei mesi e per non più di due volte”. Tale disposizione precisa, inoltre, che ai fini del computo dei termini suddetti, si tiene conto delle cause di sospensione dei termini di durata della custodia cautelare, previsti dal codice di procedura penale, in quanto compatibili.
I temi controversi in materia hanno riguardato, essenzialmente, la individuazione del termine di inefficacia, se, dunque, individuabile alla data di pronuncia del decreto ovvero al suo deposito, e le conseguenze della inefficacia a
seguito dell’annullamento, con o senza rinvio, del decreto della Corte di appello dopo il ricorso per cassazione.
Alle questioni è stata data risposta nel senso che il termine di un anno e sei mesi, decorrente dal deposito dell’atto di impugnazione, entro il quale la corte di appello deve definire il giudizio, a pena di inefficacia della confisca disposta in primo grado, ha come riferimento finale la data del deposito del decreto motivato (Sez. 6, n. 21523 del 18/06/2020, Palla, Rv. 279312) e che, in caso di annullamento, con o senza rinvio, del decreto della Corte di appello, il termine di un anno e sei mesi decorre nuovamente dalla data del deposito della sentenza della Corte di Cassazione (Sez. 6, n. 2385 del 11/10/2017, dep. 2018, COGNOME, Rv. 272231; Sez. 1, n. 19357 del 19/03/2019, Aprile, Rv. 275810).
3.11 caso in esame presenta aspetti del tutto peculiari rispetto alle questioni esaminate dalla giurisprudenza di questa Corte.
3.1.Va, infatti, rilevato che il ricorrente, in qualità di terzo interessato, avev partecipato al procedimento di primo grado e, rispetto alla data di notifica del decreto di confisca della somma in sequestro, aveva proposto tempestivamente appello (con ricorso del 6 dicembre 2020), impugnazione che, in presenza della intervenuta irrevocabilità (alla data del 22 settembre 2020) del decreto di confisca a carico del proposto NOME COGNOME era stata qualificata dalla Corte di appello, con decreto del 22 ottobre 2021, come incidente di esecuzione e trasmessa al Tribunale di Reggio Calabria che, con decreto del 23 marzo 2022, aveva respinto la richiesta, qualificata come richiesta di revoca della confisca.
Il decreto ora indicato era stato impugnato da NOME COGNOME con ricorso per cassazione e la Corte, con ordinanza n. 23331/2023 del 6 aprile 2023 (depositata il 29 maggio 2023), aveva, invece, riqualificato come appello l’originaria impugnazione di NOME COGNOME disponendo la trasmissione degli atti alla Corte di appello di Reggio Calabria per la decisione intervenuta con il decreto impugnato del 23 gennaio 2024.
3.2. La Corte di appello ha respinto l’eccezione difensiva di perdita di efficacia della confisca perché il termine di un anno e sei mesi di cui all’art. 27, comma 6, d. Igs.n. 150 cit. non era decorso, né con riferimento alla data in cui la Corte di appello aveva qualificato il ricorso in appello come incidente di esecuzione (con decreto del 22 ottobre 2021), né con riferimento all’ulteriore corso della procedura, instaurata a seguito dell’ordinanza del 6 aprile 2023 della Corte di Cassazione, non potendosi computare nel calcolo né la precedente fase di appello, tra la proposizione del ricorso in appello (6 dicembre 2020) e il decreto del 22 ottobre 2021, né il successivo periodo intermedio fino alla decisione della Corte di Cassazione.
Secondo il decreto impugnato, la decorrenza del termine di inefficacia avrebbe avuto luogo solo il 29 novembre 2024 (con decorrenza dalla data di deposito dell’ordinanza del 6 aprile 2023 della Corte di cassazione). La Corte di appello, a sostegno di tale conclusione, ha richiamato la giurisprudenza di legittimità secondo cui, nel giudizio di rinvio, in assenza di un’espressa disciplina normativa, trova applicazione il termine di un anno e sei mesi previsto dall’art. 27, comma 6, d.lgs. 6 settembre 2011, n. 159 che decorre “ex novo” dal deposito della sentenza di annullamento con rinvio (Sez. 6, n. 2385 del 11/10/2017, dep. 2018, Pomilio, Rv. 272231 e Sez. 1, n. 19357 del 19/03/2019, Aprile, Rv. 275810).
4.Le conclusioni della Corte di appello sono erronee.
4.1. E’ erronea l’affermazione che la decisione in appello è tempestivamente intervenuta per effetto del decreto del 22 ottobre 2021, con il quale il ricorso proposto da NOME COGNOME qualificato come incidente di esecuzione, era stato trasmesso al Tribunale.
L’esattezza di tale conclusione è smentita dall’ordinanza del 6 aprile 2023 di questa Corte i con la quale è stata disposta la riqualificazione dell’originario ricorso del Femia (quello del 22 ottobre 2021) come ricorso in appello censurando il provvedimento della Corte di appello (e del Tribunale) che avevano, invece, qualificato la proposta impugnazione come incidente di esecuzione.
Il Collegio condivide tale conclusione perché corrispondente al sistema delineato dalla giurisprudenza che solo a favore di chi non fosse stato chiamato a prendere parte al procedimento di prevenzione e, comunque, non vi avesse preso parte, ne ammetteva la legittimazione a far valere l’inefficacia nei suoi confronti della confisca mediante incidente di esecuzione (Sez. U, n. 57 del 19/12/2006, dep. 2007, COGNOME, Rv. 234956), con una previsione generalizzata, rimasta ferma anche a seguito dell’entrata in vigore dell’art. 23 del d. Igs. n. 159 del 2011, che aveva previsto la citazione, a cura del Tribunale, “dei terzi che risultino proprietari o comproprietari dei beni sequestrati”.
La statuizione recata dall’ordinanza del 6 aprile 2023 della Corte di Cassazione è vincolante non solo ai fini della qualificazione come ricorso in appello dell’impugnazione proposta da NOME COGNOME ma, soprattutto, è rilevante per stabilire se, per effetto dell’ordinanza della Corte di Cassazione, si sarebbe verificata una nuova decorrenza del termine di cui all’art. 27, comma 6, d. Igs. n. 150 cit., in analogia a quanto si verifica in caso di annullamento disposto dalla Corte di Cassazione del decreto adottato in appello, secondo la tesi sostenuta nel decreto impugnato.
4.2. Anche a questo riguardo le conclusioni della Corte di appello di Reggio Calabria sono erronee.
La ratio delle sentenze richiamate nel decreto impugnato che prevedono la “nuova” decorrenza del termine è affatto formale, ma correlata alla fondamentale circostanza che l’annullamento, con o senza rinvio, della sentenza di appello non elimina la confisca ove disposta, ma solo la sua conferma, per un vizio del provvedimento decisorio della Corte di appello che, tuttavia, è intervenuto nei termini: la Corte di appello si è, dunque, pronunciata ma, per un vizio del procedimento o della stessa decisione, questa deve essere riesaminata.
Nel caso in esame, come si rileva dal dispositivo dell’ordinanza del 6 aprile 2023 di questa Corte, tale ordinanza non è intervenuta, annullandola, sulla statuizione adottata dal giudice dell’esecuzione o sulla decisione che aveva riguardato il decreto di primo grado, ma si è risolta nella mera (ri)qualificazione giuridica dell’atto di impugnazione tempestivamente proposto da NOME COGNOME perché impropriamente qualificato come incidente di esecuzione: l’ordinanza del 6 aprile 2023 non ha avuto ad oggetto il “merito” delle questioni proposte dal terzo interessato, risolvendosi – al pari del decreto della Corte di appello del 22 ottobre 2021 – in un mero atto di impulso processuale.
5.Come noto, attraverso la disposizione di cui all’art. 27, comma 6, d. Igs. n. 159 cit. (ma si tratta di affermazione che rileva, mutati i termini di riferimento all decisione del Tribunale, rispetto al decreto di sequestro), il legislatore ha introdotto una omogenea limitazione temporale dei due gradi del giudizio di merito nel procedimento di prevenzione patrimoniale, ciascuno dei quali non potrà superare il termine massimo di un anno e sei mesi (ovvero quello più ampio in caso di ricorso ai meccanismi di proroga, che nel caso non sussistono).
Nella relazione illustrativa di commento al codice delle leggi antimafia si afferma che «La previsione di un termine di perenzione della misura patrimoniale si giustifica, da un lato, con il principio della ragionevole durata del procedimento ablativo, il cui svolgimento non può patire rischi di incertezze o di imprevedibili allungamenti delle relative scansioni temporali in danno dei soggetti í cui diritti sono limitati, e, dall’altro, proprio nella prospettiva di garantire il quadro deg interessi legati all’esercizio dei diritti costituzionalmente tutelati di proprietà e iniziativa economica, che possono essere limitati, rispettivamente, solo in ragione della funzione sociale (art. 42, comma 2, Cost.) e delle esigenze di sicurezza ed utilità generale (art. 5, 41, comma 2, Cost.), senza recare, tuttavia, un irragionevole pregiudizio alle persone che, a vario titolo, possono subire gli effetti negativi di un intervento in rem.».
5.1. Rileva il Collegio che è pacifica nella giurisprudenza di legittimità l’applicazione del termine di decorrenza di efficacia della confisca anche a favore del terzo interessato che rivendichi la proprietà del bene confiscato (cfr. Sez. 6, n.
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5095 del 09/01/2024, COGNOME, Rv. 286059; Sez. 5, n. 20124 del 17/01/2024, Leone; Sez. 6, n. 21523, cit., non nnassimate sul punto).
In tal evenienza, in quanto soggetto interessato, diverso dal proposto, al quale la decisione sulla confisca arreca, in modo diretto ed immediato, un pregiudizio giuridicamente apprezzabile, il giudizio di impugnazione che si sia svolto senza la necessaria integrazione del contraddittorio nei confronti del terzo proprietario dei beni che aveva partecipato al giudizio di primo grado e abbia proposto ricorso in appello, non può ritenersi che abbia comportato una “pronuncia” nei suoi confronti quando siano stati adottati meri atti di impulso processuale, quale quello che abbia qualificato l’atto di impugnazione: decisione che non può ritenersi equipollente al decreto motivato che conclude la fase del ricorso in appello.
Né rileva la decisione, anche irrevocabile, intervenuta su ricorso del proposto, stante l’autonomia della posizione del terzo interessato che rivendichi la proprietà dei beni sequestrati o la sua esclusiva titolarità e, quindi, la riconducibilità dell sua azione alla tutela di un interesse proprio, in contrasto con la riconducibilità al proposto del bene oggetto di confisca.
E’ vero che, come precisato nella citata sentenza COGNOME – richiamata nel decreto della Corte di appello – non è disciplinata la fase del giudizio di rinvio a seguito del giudizio di legittimità (che è regolato a propria volta da termini di carattere ordinatorio), ma ciò non esclude che, ai fini della tempestività della pronuncia rispetto al terzo interessato che abbia proposto appello, debba tenersi conto della natura cogente della previsione del termine di efficacia della confisca, prevista dalla disposizione di cui all’art. 26 d. Igs. n. 159 cit. correlata al fatt tempo e regolata da principi di adeguatezza e proporzionalità «al fine di evitare un’esagerata compressione del diritto di proprietà e di libera iniziativa economica privata».
La “rinnovazione” del termine per la decisione da parte del giudice di appello è coerente con tale impostazione e con la natura della sentenza di annullamento, con o senza rinvio, della Corte di Cassazione che, detto in estrema sintesi, non travolge il provvedimento di confisca, ma soltanto la sua conferma.
5.2. Sotto altro aspetto deve rilevarsi che la disciplina positiva “tipizza” la decisione del giudice di appello, che deve intervenire con decreto motivato, provvedimento al quale è collegato il termine di efficacia di un anno e sei mesi dalla data di deposito del ricorso in appello previsto dall’art. 10, d. Igs. n. 159 cit decisione che non può avere il suo equipollente in un qualsiasi provvedimento di natura ordinatoria o meramente processuale adottato dalla Corte di appello che non sia tra quelli che disciplinano la sospensione del procedimento, in forza del rinvio dell’art. 26, comma 6, all’art. 24, comma 2, d. Igs. n. 159 cit.
Ne consegue che la disciplina del termine di efficacia in relazione alla
“rinnovazione” del giudizio, in materia di annullamento, non può trovare applicazione nella fattispecie in esame perché vi ostano, a monte, la natura del
provvedimento del 22 ottobre 2021 di mera riqualificazione dell’impugnazione della Corte di appello di Reggio Calabria e la natura della statuizione adottata da
questa Corte, con la più volte richiamata ordinanza del 6 aprile 2023, che non equivale ad un provvedimento di annullamento, risolvendosi la interpretazione
sulla contraria in un’applicazione analogica, destinata ad incidere
in malam partem posizione del terzo interessato.
Del resto risulta evidente che, nel caso in esame, non si è in presenza di un ulteriore giudizio di secondo grado che abbia comportato la rinnovazione della fase
volta alla verifica della fondatezza del decreto di primo grado, ma nel mero esame dei motivi di ricorso in appello proposti dal terzo interessato.
6.In mancanza di atti di sospensione, non essendo il decreto motivato della
Corte di appello intervenuto entro il 6 aprile 2022, cioè nel termine di un anno e sei mesi dalla proposizione del ricorso di NOME COGNOME il decreto di confisca del Tribunale di Reggio Calabria del 19 luglio 2017, avente ad oggetto la somma di euro 128.000,00, ha perso efficacia nei confronti del terzo interessato al quale la somma era stata sequestrata il 6 giugno 2015 e al quale, se non sottoposta a altro vincolo reale, va restituita.
7.La Cancelleria è delegata per l’esecuzione degli adempimenti indicati in dispositivo.
P.Q.M.
Annulla senza rinvio il decreto impugnato e dichiara cessata l’efficacia della misura di prevenzione della confisca ai sensi dell’art. 27, comma 6, d. Igs. n. 159 del 2011, ordinando la restituzione della somma in sequestro in favore del ricorrente se non sottoposta ad altro vincolo reale. Manda alla Cancelleria per l’immediata comunicazione al Procuratore generale in sede per quanto di competenza ai sensi dell’art. 626 cod. proc. pen.
Così deciso il 28 aprile 2025
La Consigliera relatrice
Il Presidente