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Termine a difesa: quando eccepire la nullità?

La Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso di un individuo condannato per violazione della sorveglianza speciale. Il punto centrale della sentenza riguarda il termine a difesa: la sua mancata concessione genera una nullità che, per non essere sanata, deve essere eccepita immediatamente dal difensore presente in udienza e non in un momento successivo, come l’atto di appello.

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Pubblicato il 9 novembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Termine a difesa: la Cassazione stabilisce i tempi per l’eccezione di nullità

Il diritto alla difesa è uno dei pilastri del nostro ordinamento giuridico, e il termine a difesa ne rappresenta una componente fondamentale. Ma cosa accade se questo termine viene negato? Una recente sentenza della Corte di Cassazione, la n. 12359 del 2024, offre chiarimenti cruciali sui tempi e le modalità per eccepire la nullità derivante da tale diniego, sottolineando l’importanza della tempestività dell’azione difensiva.

I fatti del processo

Il caso riguarda un soggetto condannato in primo e secondo grado per la violazione delle prescrizioni della sorveglianza speciale di P.S., un reato previsto dall’art. 75, comma 2, del D.Lgs. 159/2011. L’imputato aveva violato l’obbligo di non allontanarsi dal proprio comune di residenza.

Contro la sentenza della Corte di Appello, l’imputato ha proposto ricorso per Cassazione, articolando tre motivi principali. Il più rilevante, di natura processuale, riguardava la violazione del diritto di difesa per la mancata concessione di un termine a difesa durante l’udienza preliminare, nel corso della quale era stato definito il giudizio con rito abbreviato.

I motivi del ricorso: non solo il termine a difesa

Il ricorrente ha basato la sua impugnazione su tre argomenti:

1. Vizio processuale: La difesa lamentava che la mancata concessione del termine a difesa costituisse una nullità che poteva essere rilevata fino alla deliberazione del grado di giudizio successivo, come previsto dall’art. 180 c.p.p.
2. Elemento psicologico: Si sosteneva la mancanza di dolo, affermando che l’imputato, appena uscito da una lunga detenzione e sottoposto alla misura da soli cinque giorni, non avesse ancora piena consapevolezza delle restrizioni.
3. Mancata concessione delle attenuanti generiche: La difesa riteneva ingiustificata la decisione dei giudici di merito di non applicare le attenuanti, data la natura asseritamente colposa e non dolosa della condotta.

La decisione della Corte sul termine a difesa e la nullità

La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso infondato, rigettandolo in toto. La parte più significativa della sentenza riguarda la gestione del vizio processuale legato al diniego del termine a difesa.

Le Motivazioni della Cassazione

La Suprema Corte ha chiarito che la mancata concessione del termine a difesa previsto dall’art. 108 c.p.p. integra una nullità generale a regime intermedio, e non una nullità assoluta. Questa distinzione è fondamentale per stabilire i termini di decadenza per farla valere.

Secondo un consolidato orientamento giurisprudenziale, tale nullità, poiché attiene all’assistenza dell’imputato, deve essere eccepita, a pena di decadenza, dalla parte presente in udienza. Il termine ultimo per sollevare l’eccezione è immediatamente dopo il compimento dell’atto, ovvero subito dopo la decisione del giudice di negare il rinvio. Nel caso di specie, il difensore presente in udienza, dopo il rigetto della richiesta, aveva proceduto alle conclusioni senza eccepire la nullità, che è stata sollevata per la prima volta solo con l’atto di appello. Tale comportamento ha, di fatto, sanato il vizio processuale.

Anche gli altri due motivi sono stati respinti. Per quanto riguarda l’elemento psicologico, la Corte ha ribadito che per questo tipo di reato è sufficiente il dolo generico, ossia la consapevolezza di violare le prescrizioni. Tale consapevolezza è stata desunta dalla notifica formale del provvedimento e dalla sottoscrizione del verbale contenente gli obblighi. L’ignoranza del precetto penale, in questo contesto, non è scusabile.

Infine, la richiesta di concessione delle attenuanti generiche è stata giudicata inammissibile, in quanto sollecitava una rivalutazione del merito riservata ai giudici dei gradi precedenti, i quali avevano correttamente motivato la loro scelta sfavorevole sulla base dei plurimi precedenti penali dell’imputato.

Le Conclusioni

La sentenza in esame rafforza un principio procedurale di fondamentale importanza: la vigilanza e la tempestività del difensore sono essenziali per la tutela dei diritti processuali. Le nullità a regime intermedio, come quella derivante dal diniego del termine a difesa, richiedono una reazione immediata in udienza. Attendere un grado di giudizio successivo per sollevare l’eccezione equivale a una rinuncia a far valere il vizio, che si considera sanato. Questa pronuncia serve da monito per gli operatori del diritto sull’importanza di conoscere a fondo i meccanismi di decadenza processuale per garantire un’efficace assistenza legale.

Quando va eccepita la nullità per mancata concessione del termine a difesa?
Secondo la Corte di Cassazione, la nullità derivante dalla mancata concessione del termine a difesa è a ‘regime intermedio’ e deve essere eccepita, a pena di decadenza, immediatamente dopo il compimento dell’atto che nega il termine. Non può essere sollevata per la prima volta in un grado di giudizio successivo, come l’appello.

Per il reato di violazione della sorveglianza speciale è sufficiente il dolo generico?
Sì, la sentenza conferma che per integrare il delitto di cui all’art. 75, comma 2, d.lgs. n. 159 del 2011, è sufficiente il dolo generico. Questo consiste nella consapevolezza delle prescrizioni imposte e nella cosciente volontà di violarle, a prescindere dalle finalità specifiche della condotta.

Perché la Corte ha negato le circostanze attenuanti generiche?
La Corte ha ritenuto corretta la decisione dei giudici di merito di negare le attenuanti generiche perché la scelta si basava su una valutazione discrezionale ben motivata. In particolare, è stata considerata l’assenza di elementi positivi a favore dell’imputato e la sua rilevante capacità a delinquere, desunta dai suoi numerosi precedenti penali.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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