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Termine a difesa: nullo il DASPO se convalidato prima

La Corte di Cassazione ha annullato la convalida di una misura di prevenzione con obbligo di presentazione alla polizia, poiché il giudice l’aveva emessa prima della scadenza del termine a difesa di 48 ore concesso al cittadino. Questa violazione procedurale ha leso il diritto di difesa, rendendo nulla la convalida e inefficace la misura stessa, come stabilito dalla giurisprudenza costante in materia.

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Pubblicato il 25 settembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Termine a difesa: la convalida del DASPO è nulla se anticipata

Il diritto di difesa è un pilastro fondamentale del nostro ordinamento giuridico, e la sua tutela deve essere garantita in ogni fase del procedimento, anche in quelli relativi alle misure di prevenzione. Una recente sentenza della Corte di Cassazione ribadisce con forza questo principio, annullando la convalida di un provvedimento del Questore perché emessa prima della scadenza del termine a difesa concesso al cittadino. Analizziamo la decisione per comprendere la sua portata e le implicazioni pratiche.

Il caso: una convalida troppo frettolosa

La vicenda ha origine da un provvedimento emesso dal Questore, con cui veniva imposto a un cittadino l’obbligo di presentazione presso gli uffici di polizia per la durata di cinque anni. Tale misura veniva notificata all’interessato in data 10/12/2024 alle ore 15:33.

La legge prevede che, dopo la notifica, il destinatario abbia 48 ore di tempo per presentare memorie e deduzioni difensive al Giudice per le Indagini Preliminari (GIP), cui spetta il compito di convalidare il provvedimento. Tuttavia, in questo caso, il GIP emetteva l’ordinanza di convalida già in data 12/12/2024 alle ore 9:11, ben prima che il termine di 48 ore fosse scaduto.

Per di più, il cittadino aveva effettivamente inviato una memoria difensiva tramite PEC nello stesso giorno alle 13:56, quindi entro il termine di legge, ma il provvedimento di convalida era già stato emesso, senza che il giudice potesse prendere in considerazione le sue argomentazioni. Di fronte a questa palese violazione, il cittadino ha proposto ricorso per cassazione.

La violazione del termine a difesa e il diritto alla difesa

Il cuore della questione risiede nel rispetto del termine a difesa di 48 ore. La giurisprudenza consolidata della Corte di Cassazione considera questo intervallo di tempo “incomprimibile” e funzionale a garantire un contraddittorio effettivo, seppur documentale. Inibire la possibilità per l’interessato di approntare le proprie difese in modo congruo ed effettivo costituisce una violazione diretta del diritto di difesa.

L’inosservanza di tale termine non è una mera irregolarità formale, ma integra una nullità di carattere generale, come previsto dall’art. 178, lett. c), del codice di procedura penale, poiché incide direttamente sull’assistenza e sulla rappresentanza dell’imputato (o, in questo caso, del destinatario della misura).

le motivazioni della Cassazione

La Suprema Corte ha accolto pienamente le doglianze del ricorrente, richiamando i suoi precedenti orientamenti. Ha affermato che la convalida del provvedimento del Questore non può intervenire prima che sia decorso il termine di 48 ore dalla notifica. Questo lasso di tempo è indispensabile per consentire al destinatario di esaminare gli atti e presentare le proprie deduzioni al giudice.

Nel caso specifico, la Corte ha calcolato che l’ordinanza di convalida è stata emessa e depositata quando non erano ancora trascorse le 48 ore. Questo “scarto temporale” ha di fatto precluso l’esercizio del diritto di difesa. Inoltre, i giudici hanno sottolineato come il GIP non avesse dato atto né esaminato la memoria difensiva, che pure era stata tempestivamente inviata, avendo già provveduto alla convalida.

Di conseguenza, la Corte ha dichiarato la nullità dell’ordinanza impugnata, disponendone l’annullamento senza rinvio. Tale decisione comporta la perdita di efficacia del provvedimento del Questore limitatamente all’obbligo di presentazione.

le conclusioni

La sentenza in esame rappresenta un importante monito a tutela delle garanzie procedurali. Essa sancisce in modo inequivocabile che la fretta non può mai compromettere il diritto fondamentale alla difesa. I giudici chiamati a convalidare misure di prevenzione devono verificare scrupolosamente il rispetto del termine a difesa di 48 ore, a pena di nullità dell’intero atto.

Per i cittadini, questa decisione rafforza la consapevolezza di avere un tempo garantito per poter far valere le proprie ragioni contro provvedimenti che incidono sulla libertà personale. È un’affermazione del principio secondo cui nessuna esigenza di celerità può giustificare il sacrificio delle tutele fondamentali previste dalla legge.

Entro quanto tempo il giudice può convalidare un provvedimento del Questore come il DASPO?
Risposta: Il giudice non può convalidare il provvedimento prima che siano trascorse 48 ore dalla notifica al destinatario. Questo periodo è un termine a difesa indispensabile per permettere all’interessato di presentare le proprie memorie.

Cosa succede se il giudice convalida il provvedimento prima della scadenza delle 48 ore?
Risposta: La convalida è nulla per violazione del diritto di difesa. La Corte di Cassazione, in questo caso, ha annullato senza rinvio l’ordinanza di convalida, determinando la perdita di efficacia della misura di prevenzione.

Il giudice è obbligato a considerare la memoria difensiva presentata dall’interessato?
Risposta: Sì. Se l’interessato presenta una memoria difensiva entro il termine di 48 ore, il giudice è obbligato a prenderla in considerazione. Omettere la valutazione di tali argomentazioni costituisce una violazione del diritto di difesa che invalida l’ordinanza di convalida.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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