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Termine a difesa: non è un diritto assoluto

La Corte di Cassazione ha stabilito che la richiesta di un ‘termine a difesa’ da parte di un nuovo avvocato, nominato a ridosso dell’udienza, non costituisce un diritto assoluto. La Corte ha rigettato il ricorso di un imputato, le cui condotte di minaccia erano state dichiarate prescritte in appello ma con conferma delle statuizioni civili. La richiesta di rinvio era stata negata poiché il diritto di difesa deve essere bilanciato con il principio della ragionevole durata del processo, e la nomina tardiva non può trasformarsi in uno strumento per ritardare la giustizia, specialmente in casi di modesta complessità.

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Pubblicato il 7 ottobre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Termine a Difesa: Non un Diritto Assoluto ma un Bilanciamento di Principi

La recente sentenza della Corte di Cassazione, n. 15172/2025, offre un’importante chiarificazione sui limiti del cosiddetto termine a difesa. Questo strumento, previsto dall’art. 108 del codice di procedura penale, è fondamentale per garantire il diritto di difesa, ma non può essere utilizzato come un espediente per ritardare il corso della giustizia. La Suprema Corte ha ribadito che il diritto dell’imputato a un rinvio per consentire al nuovo difensore di prepararsi deve essere attentamente bilanciato con il principio costituzionale della ragionevole durata del processo.

I Fatti del Processo

Il caso trae origine da una condanna in primo grado per due episodi di minaccia grave. La Corte d’Appello, pur riformando parzialmente la sentenza e dichiarando i reati estinti per prescrizione, aveva confermato le statuizioni civili, ovvero l’obbligo dell’imputato di risarcire il danno alle parti civili costituite.
L’imputato, tramite il suo nuovo avvocato nominato appena sei giorni prima dell’udienza d’appello, ha proposto ricorso per Cassazione, lamentando principalmente due violazioni.

I Motivi del Ricorso: Diritto di Difesa e Credibilità delle Vittime

Il ricorso si fondava su due pilastri principali:

1. Violazione del diritto di difesa: Il nuovo difensore, nominato a ridosso dell’udienza (svoltasi con rito cartolare), aveva richiesto un termine a difesa per poter prendere visione degli atti e preparare un’adeguata memoria. La Corte d’Appello aveva rigettato la richiesta, una decisione che secondo il ricorrente avrebbe menomato il suo diritto a una difesa effettiva.
2. Vizio di motivazione: Il ricorrente contestava la valutazione dei giudici di merito sulla sua responsabilità ai fini civili. In particolare, si lamentava della ritenuta attendibilità delle persone offese, sostenendo che preesistenti contrasti avrebbero dovuto minarne la credibilità. Inoltre, si contestava la mancata valutazione sulla concreta capacità intimidatoria delle frasi pronunciate.

La Decisione della Cassazione sul termine a difesa

La Suprema Corte ha dichiarato il primo motivo infondato, offrendo una lezione chiara sul bilanciamento dei principi processuali. Citando un consolidato orientamento giurisprudenziale, incluse le Sezioni Unite, ha affermato che il termine a difesa non è un diritto automatico e incondizionato. Il giudice deve valutare se la richiesta risponda a una reale esigenza difensiva o se, al contrario, rischi di trasformarsi in una tattica dilatoria.
Nel caso specifico, la Corte ha ritenuto che la decisione dei giudici d’appello fosse corretta. Tenuto conto della “minima complessità” della vicenda processuale e del fatto che il difensore avesse comunque avuto a disposizione sei giorni, il tempo è stato considerato congruo. La facoltà dell’imputato di cambiare avvocato in qualsiasi momento del processo non può tradursi in un sistema per controllare i tempi del processo a proprio piacimento.

La Valutazione sulla Responsabilità Civile

Anche il secondo motivo è stato rigettato. La Cassazione ha richiamato il principio della “doppia conforme”. Poiché sia il Tribunale che la Corte d’Appello erano giunti a conclusioni identiche sulla base di una valutazione concorde delle prove, il giudizio della Cassazione è limitato al controllo della logicità della motivazione, senza poter entrare nel merito dei fatti.
I giudici di merito avevano correttamente motivato la loro decisione, considerando che i preesistenti contrasti civili, non nascosti dalle vittime, anzi erano stati indicati come la causa dell’ostilità dell’imputato, rafforzando la coerenza del loro racconto. L’attendibilità era stata inoltre corroborata dalla testimonianza di un agente di polizia giudiziaria che aveva constatato lo stato di agitazione delle vittime subito dopo i fatti.

Le Motivazioni

La motivazione della Suprema Corte si fonda su un principio cardine del nostro ordinamento: nessun diritto, nemmeno quello inviolabile alla difesa, può essere esercitato in modo abusivo. La richiesta di un termine a difesa deve essere supportata da una “reale esigenza difensiva”. Il giudice ha il potere-dovere di negare il rinvio quando la nomina di un nuovo legale appare tardiva e strumentale, soprattutto in un contesto processuale di limitata complessità. Questo bilanciamento è essenziale per salvaguardare l’efficienza del sistema giudiziario e il principio della ragionevole durata del processo, che tutela non solo lo Stato ma anche lo stesso imputato.
Inoltre, sulla questione della responsabilità, la Corte ribadisce che il giudizio di merito sull’attendibilità dei testimoni e sulla valutazione delle prove, se logicamente motivato e privo di vizi evidenti, non può essere rimesso in discussione in sede di legittimità, specialmente in presenza di una doppia pronuncia conforme.

Le Conclusioni

La sentenza rappresenta un monito importante per gli operatori del diritto. Sottolinea che le strategie difensive devono essere condotte nel rispetto dei principi di lealtà e correttezza processuale. La nomina di un nuovo difensore a pochi giorni da un’udienza non garantisce automaticamente un rinvio. Gli avvocati devono essere consapevoli che i giudici valuteranno attentamente la fondatezza della richiesta di termine a difesa, negandola qualora appaia come un pretesto per allungare i tempi del processo. Per l’imputato, ciò significa che la scelta di cambiare legale deve essere ponderata e tempestiva, per non rischiare di compromettere, anziché rafforzare, la propria strategia difensiva.

Un imputato ha sempre diritto a un rinvio se nomina un nuovo avvocato poco prima dell’udienza?
No. Secondo la Cassazione, non è un diritto assoluto. Il giudice deve bilanciare il diritto di difesa con il principio della ragionevole durata del processo e può negare il rinvio se non ravvisa una reale esigenza difensiva, ma piuttosto una tattica dilatoria.

Come decide il giudice se concedere o meno un termine a difesa?
Il giudice valuta diversi fattori, tra cui la complessità del caso, il tempo già a disposizione del nuovo difensore (nel caso di specie, sei giorni sono stati ritenuti sufficienti), e se la richiesta risponde a un’effettiva necessità di studiare gli atti o se appare come un pretesto per ritardare il processo.

Cosa significa il principio della “doppia conforme” e quali sono le sue conseguenze?
Significa che quando il Tribunale e la Corte d’Appello giungono alla stessa conclusione sulla responsabilità dell’imputato con motivazioni coerenti, il potere di revisione della Corte di Cassazione è molto limitato. La Cassazione non può riesaminare i fatti, ma solo verificare che la motivazione delle sentenze precedenti sia logica e non contraddittoria.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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