Sentenza di Cassazione Penale Sez. 2 Num. 18572 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 2 Num. 18572 Anno 2025
Presidente: NOME
Relatore: NOME
Data Udienza: 06/02/2025
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
NOME COGNOME nato a NAPOLI il 11/10/1959
avverso la sentenza del 10/09/2024 della CORTE di APPELLO di SALERNO visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME
letta la memoria del Sostituto Procuratore generale NOME COGNOME che ha concluso chiedendo l’annullamento dell’impugnata sentenza limitatamente alla statuizione concernente l’aggravante di cui all’art. 61 n. 5 cod. pen., con inammissibilità del ricorso per la restante parte;
ricorso trattato in camera di consiglio senza la presenza delle parti in mancanza di richiesta di trattazione orale pervenuta nei termini secondo quanto disposto dagli artt. 610, comma 5, e 611, comma 1 bis, e segg. cod. proc. pen..
RITENUTO IN FATTO
Con l’impugnato provvedimento la Corte d’appello di Salerno ha confermato la sentenza pronunciata il 14 novembre 2023 dal Tribunale di Salerno, con cui NOME COGNOME era stato condannato alla pena di giustizia perché ritenuto colpevole del reato di indebito utilizzo di strumenti di pagamento, aggravato dalla minorata difesa.
Presentando ricorso per Cassazione, la Difesa dell’imputato ha formulato tre motivi, deducendo:
vizio di motivazione in relazione al rigetto dell’eccezione attinente alla nullità della vocatio in ius per il giudizio di appello;
vizio di motivazione in relazione alla affermazione di responsabilità per il reato contestato essendone insussistente l’elemento psicologico;
omessa motivazione in relazione alla sussistenza dell’aggravante contestata, alla mancata concessione delle circostanze attenuanti generiche ed alla eccessività della pena.
Con successiva memoria, inviata per mali prima dell’udienza, la difesa ha ribadito le argomentazioni e le conclusioni già formulate con il ricorso.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è inammissibile per la manifesta infondatezza dei motivi addotti.
1.1. Il primo motivo, articolato sulla pretesa violazione del sub-procedimento di notifica e sul mancato rispetto del termine minimo di 40 giorni per la comparizione, è errato in relazione ad entrambi i profili.
In relazione al termine, è sufficiente ricordare che con sentenza pronunciata dal massimo consesso di questa Corte (Sez. U, n. 42124 del 27/06/2024, NOME COGNOME Rv. 287095 – 01) è stato stabilito che la disciplina dell’art. 601, comma 3, cod. proc. pen., introdotta dall’art. 34, comma 1, lett. g), d.lgs. 10 ottob 2022, n. 150, che individua in quaranta giorni il termine a comparire nei giudizi di appello, è applicabile ai soli atti di impugnazione proposti a far data dal 10 luglio 2024. Il nuovo termine non può quindi trovare applicazione nel caso concreto, ove l’atto di appello risulta depositato (da timbro apposto nell’intestazione) il 2 febbraio 2024.
Anche l’ulteriore profilo del primo motivo è destinato in parte qua all’inammissibilità: in sostanza, salvo il corretto esito finale della notifica press domicilio eletto, la modalità di notifica attuata dalla Cancelleria della Cort d’appello, con un approccio ‘cautelativo’ diretto ad ‘assicurare il risultato’, h anticipato la condizione che avrebbe potuto materializzarsi in caso di esito infausto della notifica presso il domicilio eletto, effettuando la notifica presso il difenso anche (e non solamente) ai fini dell’art. 161 comma 4, cod. proc. pen.. Si tratta, per quest’ultimo aspetto, di una modalità non corretta, a mente del disposto dell’art.161 comma 4 c.p.p., ma non espressamente sanzionata di nullità, risolvendosi in una mera irregolarità. Soprattutto, ciò che è più importante, non vi è stato alcun concreto pregiudizio ai danni dell’imputato o della sua difesa, nemmeno ipotizzato nel motivo di ricorso, che va pertanto dichiarato inammissibile in parte qua, tanto più alla luce del fatto che la comparizione della parte in udienza (anche a seguito del rinvio della prima udienza in appello per doppio impedimento
-del difensore e del proprio assistito), ha dissipato ogni dubbio sulla effettiva conoscenza dell’atto.
1.2 Il secondo motivo è manifestamente infondato, oltre che generico, poiché
non si confronta effettivamente con la motivazione d’appello (e nemmeno di primo grado, come evidenziato nella pronuncia impugnata) laddove si sottolineano i
plurimi aspetti circostanziali che hanno indotto i giudicanti a non ritenere fondata la versione tardiva (perché prospettata solamente in sede di discussione di
appello) dell’affidamento riposto dal COGNOME nel coimputato (nelle more deceduto), alla luce delle evidenti ragioni che avrebbero dovuto indurre il COGNOME stesso
(beneficiario di una rilevante regalia senza alcuna effettiva giustificazione da parte di una persona a lui sconosciuta) a dubitare della genuinità dell’operazione.
1.3 Infine, in relazione alla invocata esclusione della circostanza aggravante,
è del tutto evidente che l’utilizzo del denaro dematerializzato e dell’affidamento dell’intera operazione sulla base di documentazione (poi rivelatasi fraudolenta)
inviata in via elettronica abbia favorito la realizzazione del reato. Infatti, prenotazione effettuata da remoto, ha reso impossibile la verifica della coincidenza
tra il titolare della carta e del documento d’identità esibito, da un lato, e l’esecutor dell’operazione, dall’altro.
Nemmeno gli ulteriori profili dell’ultimo motivo (mancata concessione delle attenuanti generiche ed eccessività della pena) possono essere accolti, in assenza di elementi valutabili positivamente ed in presenza, come considerato in sentenza, di un significativo pregresso criminale dell’imputato e di una pena prossima al minimo edittale.
All’inammissibilità del ricorso consegue, ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen., la condanna del ricorrente al pagamento delle spese del procedimento nonché, ravvisandosi profili di colpa nella determinazione della causa di inammissibilità, al pagamento in favore della cassa delle ammende della somma di euro tremila, così equitativamente fissata.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro 3.000,00 in favore della cassa delle ammende.
Così deciso il 6 febbraio 2025 Il Cons gliere estensore GLYPH
La Presidente