Tenuità del Fatto: Quando un Ricorso Diventa Inammissibile?
L’istituto della tenuità del fatto, introdotto dall’articolo 131-bis del codice penale, rappresenta un importante strumento di deflazione processuale, escludendo la punibilità per reati di minima offensività. Tuttavia, per invocarne l’applicazione in sede di legittimità, è necessario formulare un ricorso specifico e non generico. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione (n. 21333/2024) ci offre un chiaro esempio di come un’impugnazione mal formulata porti inevitabilmente a una dichiarazione di inammissibilità, con conseguente condanna alle spese e a una sanzione pecuniaria.
I Fatti di Causa
Il caso trae origine dalla condanna di un imputato per il delitto previsto dall’articolo 497-ter del codice penale (possesso di segni distintivi contraffatti). La condanna, emessa dal Tribunale di Ravenna, era stata successivamente confermata dalla Corte d’Appello di Bologna. L’imputato decideva quindi di presentare ricorso per Cassazione, affidandosi a un unico motivo: la violazione di legge e il vizio di motivazione in relazione alla mancata applicazione della causa di non punibilità per particolare tenuità del fatto.
L’Applicazione della Tenuità del Fatto e il Ricorso
Secondo la difesa, il fatto contestato avrebbe dovuto essere considerato di lieve entità e, pertanto, non punibile ai sensi dell’art. 131-bis c.p. Il ricorso, tuttavia, si limitava a proporre una diversa valutazione del fatto, senza attaccare in modo specifico le argomentazioni con cui la Corte d’Appello aveva già escluso tale possibilità. I giudici di secondo grado, infatti, avevano motivato il loro diniego sottolineando come l’oggetto materiale del reato non fosse un singolo oggetto, ma una pluralità di beni (‘più res’), elemento che, a loro avviso, impediva di qualificare l’offesa come tenue.
Le Motivazioni della Cassazione
La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile con una motivazione netta e lineare. I giudici hanno evidenziato come la Corte territoriale avesse chiaramente esposto le ragioni per cui non riteneva l’offesa di lieve entità. Il punto cruciale era la pluralità degli oggetti del reato, una circostanza fattuale che il ricorrente non aveva contestato in modo rituale.
La Cassazione ribadisce un principio fondamentale: il ricorso in sede di legittimità non può limitarsi a una rilettura alternativa dei fatti. Per censurare una valutazione di merito, come quella sulla tenuità del fatto, è necessario dimostrare un vizio logico nella motivazione del giudice precedente o, in casi specifici, un ‘travisamento della prova’, ossia che il giudice abbia fondato la sua decisione su una prova inesistente o palesemente travisata. Nel caso in esame, il ricorrente non ha fatto nulla di tutto ciò, rendendo la sua impugnazione generica e, di conseguenza, inammissibile.
Conclusioni
La decisione in commento è un monito importante sulla tecnica di redazione dei ricorsi per Cassazione. Non è sufficiente dissentire dalla decisione di merito; è indispensabile individuare e contestare i vizi specifici del provvedimento impugnato secondo i canoni stabiliti dal codice di procedura penale. L’inammissibilità del ricorso ha comportato non solo la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali, ma anche il versamento di una somma di tremila euro alla Cassa delle ammende, a causa della ‘colpa’ ravvisata nell’aver proposto un’impugnazione palesemente infondata. Questa pronuncia sottolinea l’importanza di un’attenta analisi della sentenza d’appello prima di intraprendere la via del ricorso in Cassazione, specialmente quando si discute di istituti, come la tenuità del fatto, che implicano una valutazione discrezionale del giudice di merito.
Perché il ricorso è stato dichiarato inammissibile?
Il ricorso è stato dichiarato inammissibile perché era generico. Non contestava in modo specifico le ragioni esposte dalla Corte d’Appello per negare la tenuità del fatto, la quale aveva basato la sua decisione sulla circostanza che il reato riguardava più oggetti.
Cosa avrebbe dovuto fare il ricorrente per evitare l’inammissibilità?
Il ricorrente avrebbe dovuto criticare specificamente il ragionamento logico-giuridico della Corte d’Appello o, in alternativa, dimostrare che la decisione si basava su un travisamento della prova, anziché limitarsi a proporre una diversa interpretazione dei fatti.
Quali sono state le conseguenze economiche per il ricorrente?
A seguito della dichiarazione di inammissibilità, il ricorrente è stato condannato al pagamento delle spese processuali e, a causa della colpa ravvisata nella proposizione di un ricorso evidentemente infondato, anche al versamento di una somma di tremila euro in favore della Cassa delle ammende.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 21333 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 7 Num. 21333 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 28/02/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da: COGNOME NOME nato a RIMINI il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 12/04/2023 della CORTE APPELLO di BOLOGNA
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
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RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO
Rilevato che NOME COGNOME ricorre avverso la sentenza della Corte di appello di Bologna che ha confermato la pronuncia con la quale il Tribunale di Ravenna lo aveva condannato per il delitto di cui all’art. 497 -ter cod. pen.,.
ritenuto che l’unico motivo di ricorso – che denuncia il vizio di motivazione in relazione alla mancata applicazione della causa di non punibilità prevista dall’art. 131-bis cod. pen.- è inammissibile per la dirimente considerazione che la Corte territoriale ha esposto le ragioni per cui non ha ritenuto tenue l’offesa (tra l’altro, osservando come oggetto materiale del reato fossero più res), profilo non ritualmente censurato dalla prospettazione in fatto perorata da ricorso, che non ha neppure addotto il travisamento della prova (Sez. 2, n. 462138 del 28/06/2016, Musa, Rv. 268360 – 01);
ritenuto, pertanto, che il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, con la condanna del ricorrente ex art. 616 cod. proc. pen. al pagamento delle spese processuali nonché – ravvisandosi profili di colpa in ragione dell’evidente inammissibilità dell’impugnazione (cfr. Corte cost., sent. n. 186 del 13/06/2000; Sez. 1, n. 30247 del 26/01/2016, Failla, Rv. 267585 – 01) – al versamento, in favore della Cassa delle ammende, di una somma che appare equo determinare in euro tremila;
P. Q. M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso il 28/02/2024.