Tenuità del Fatto: Quando il Ricorso in Cassazione è Inammissibile
L’istituto della particolare tenuità del fatto, introdotto dall’articolo 131-bis del codice penale, rappresenta un importante strumento di deflazione processuale, consentendo di escludere la punibilità per reati di minima gravità. Tuttavia, la sua applicazione è subordinata a precise condizioni, tra cui la non abitualità della condotta. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione ha ribadito i limiti del sindacato di legittimità su tale materia, dichiarando un ricorso inammissibile e offrendo spunti di riflessione cruciali.
I Fatti del Caso: Una Violazione Contestata
Il caso trae origine dalla condanna di un individuo per un reato previsto dall’articolo 7, comma 15, del Codice della Strada. L’imputato, tramite il suo difensore, decideva di presentare ricorso per cassazione avverso la sentenza della Corte d’Appello, lamentando una violazione di legge e un vizio di motivazione. In particolare, la difesa contestava la mancata applicazione della causa di non punibilità per particolare tenuità del fatto.
Il Ricorso e la Questione della Tenuità del Fatto
Il ricorrente basava le sue doglianze su due punti principali: una presunta errata valutazione degli elementi probatori da parte dei giudici di merito e, di conseguenza, il mancato riconoscimento della lieve entità del reato commesso. La difesa sosteneva che i fatti, se correttamente interpretati, avrebbero dovuto condurre all’applicazione dell’art. 131-bis c.p., con conseguente proscioglimento.
La Decisione della Corte: Ricorso Inammissibile
La Suprema Corte ha respinto il ricorso, dichiarandolo inammissibile. La decisione si fonda su due pilastri argomentativi distinti ma convergenti, che chiariscono i confini del giudizio di legittimità.
Il Divieto di Rivalutazione dei Fatti
In primo luogo, i Giudici hanno sottolineato che i motivi del ricorso erano volti a sollecitare una nuova e diversa valutazione delle prove e una rilettura alternativa dei fatti. Questo tipo di attività è preclusa in sede di legittimità. La Corte di Cassazione, infatti, non è un terzo grado di giudizio di merito, ma ha il compito di verificare la corretta applicazione della legge e la coerenza logica della motivazione delle sentenze impugnate, senza poter entrare nel merito delle scelte valutative compiute dai giudici precedenti.
La Condotta Abituale che Esclude la Tenuità del Fatto
In secondo luogo, la Corte ha ritenuto il ricorso manifestamente infondato. Analizzando la sentenza della Corte d’Appello, i Giudici di legittimità hanno constatato che la motivazione era esistente, logica e coerente. I giudici di merito avevano specificamente affrontato la questione della tenuità del fatto, escludendone l’applicazione con un ragionamento corretto. Era emerso, infatti, che la condotta dell’imputato non era stata occasionale, ma si era ripetuta e protratta nel tempo. Questa ‘abitualità’ è una delle condizioni ostative esplicite previste dalla norma per l’applicazione del beneficio.
Le Motivazioni della Cassazione
Le motivazioni della Corte si concentrano sulla natura del giudizio di cassazione e sui requisiti per l’applicazione della tenuità del fatto. La Corte ribadisce che il ricorrente non può limitarsi a lamentare una presunta illogicità della sentenza impugnata, ma deve individuare specifici travisamenti delle prove, cosa che nel caso di specie non è avvenuta. Inoltre, viene confermato che la valutazione sulla non abitualità della condotta, se logicamente motivata dai giudici di merito sulla base delle prove raccolte, non è censurabile in sede di legittimità. La Corte d’Appello aveva dato conto degli elementi probatori che dimostravano la ripetizione della condotta, rendendo la sua decisione immune da vizi.
Conclusioni: Implicazioni Pratiche della Pronuncia
Questa ordinanza consolida due principi fondamentali. Primo, il ricorso in Cassazione non può essere utilizzato come un pretesto per ottenere una terza valutazione dei fatti del processo. Secondo, l’applicazione della causa di non punibilità per particolare tenuità del fatto richiede un’attenta analisi della condotta complessiva dell’autore del reato. La non abitualità è un requisito essenziale, e la sua assenza, se provata e adeguatamente motivata in sentenza, impedisce l’applicazione del beneficio. La decisione si conclude con la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria, come previsto dall’art. 616 c.p.p. in caso di inammissibilità del ricorso.
Quando un ricorso in Cassazione può essere dichiarato inammissibile?
Secondo l’ordinanza, un ricorso è inammissibile quando è volto a ottenere una rivalutazione delle prove o una rilettura alternativa dei fatti, attività che spettano esclusivamente ai giudici di merito e non alla Corte di Cassazione in sede di legittimità.
Perché in questo caso non è stata applicata la causa di non punibilità per particolare tenuità del fatto?
La tenuità del fatto non è stata applicata perché i giudici di merito hanno accertato la natura non occasionale della condotta. Dalle prove è emerso che il comportamento illecito si era ripetuto e protratto nel tempo, integrando così la condizione di ‘abitualità’ che osta all’applicazione dell’art. 131-bis del codice penale.
Cosa comporta la dichiarazione di inammissibilità di un ricorso penale?
In base all’art. 616 del codice di procedura penale, la dichiarazione di inammissibilità del ricorso comporta la condanna del ricorrente al pagamento delle spese del procedimento e di una sanzione pecuniaria in favore della cassa delle ammende, a meno che non emerga un’assenza di colpa nella determinazione della causa di inammissibilità.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 11070 Anno 2025
Penale Ord. Sez. 7 Num. 11070 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 12/12/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME nato a PACECO il 12/01/1965
avverso la sentenza del 06/06/2024 della CORTE APPELLO di PALERMO
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME
Motivi della decisione
NOME COGNOME, ritenuto responsabile del reato di cui all’art. 7, comma 15, del d.lg 30 aprile 1992, n. 285, ricorre, tramite Difensore, per la cassazione della sentenza in epigr lamentando violazione di legge e vizio motivazionale in relazione alla valutazione degli elemen probatori e alla non applicazione della causa di non punibilità di cui all’art. 131-bis cod. pe
I motivi dedotti non sono consentiti dalla legge in sede di legittimità perché sono vol prefigurare una rivalutazione o e/o una alternativa rilettura delle fonti probatorie, estra sindacato di legittimità e avulse da una pertinente individuazione di specifici travisamen emergenze processuali valorizzate dai giudici di merito; inoltre, sono manifestamente infondat in quanto si lamenta difetto o contraddittorietà e/o palese illogicità della motivazione, lettura del provvedimento impugnato dimostra, invece, essere esistente e connotata da lineare e coerente logicità, conforme all’esauriente disamina dei dati probatori.
3. Ne deriva che il proposto ricorso va dichiarato inammissibile.
Il ricorrente, infatti, non si confronta adeguatamente con la motivazione della Corte appello, che risulta sufficiente, logica e congrua nonché corretta in punto di diritto e, per immune da vizi sindacabili in sede di legittimità.
I giudici di merito hanno dato conto degli elementi di prova in ordine alla non applicazio della causa di non punibilità di cui all’art. 131-bis cod. pen., con particolare riferimento a della non abitualità della condotta, essendo emerso che essa si è ripetuta e protratta nel temp
Risultando, dunque, il ricorso inammissibile e, a norma dell’art. 616 cod. proc. pen., no emergendo assenza di colpa nella determinazione della causa di inammissibilità (Corte Cost., sent. n. 186 del 13 giugno 2000), alla condanna del ricorrente al pagamento delle spese del procedimento consegue anche quella al pagamento della sanzione pecuniaria, nella misura indicata in dispositivo.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processual e della somma di euro tremila in favore della cassa delle ammende. Così deciso il 12/12/2024.