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Tenuità del fatto reati ambientali: quando non si applica

Un soggetto condannato per smaltimento abusivo di rifiuti ha presentato ricorso in Cassazione, sostenendo che il deposito fosse solo temporaneo e invocando l’applicazione della causa di non punibilità per particolare tenuità del fatto. La Corte Suprema ha dichiarato il ricorso inammissibile. Ha stabilito che la valutazione dei fatti non può essere riesaminata in sede di legittimità e, soprattutto, che la tenuità del fatto nei reati ambientali non è applicabile se l’imputato non ha ottemperato alle prescrizioni della procedura estintiva speciale, poiché tale omissione è considerata una condotta negativa successiva al reato.

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Pubblicato il 12 ottobre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Tenuità del fatto reati ambientali: la Cassazione fissa i paletti

L’applicazione della causa di non punibilità per tenuità del fatto nei reati ambientali è un tema di grande attualità e dibattito. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione ha fornito un chiarimento cruciale, stabilendo che questo beneficio non può essere concesso a chi, pur avendone la possibilità, non collabora per rimediare al danno. Analizziamo insieme questa importante decisione.

I Fatti del Caso

Il Tribunale di Cassino aveva condannato un imprenditore al pagamento di un’ammenda di 8.000,00 euro per il reato di smaltimento abusivo di rifiuti, previsto dall’articolo 256 del D.Lgs. 152/2006 (Testo Unico Ambientale). L’imputato, non accettando la condanna, ha proposto ricorso in Cassazione basandosi su due principali motivi. In primo luogo, sosteneva una contraddittorietà della motivazione, affermando che i rifiuti da demolizione erano stati solo temporaneamente depositati in attesa di essere classificati e smaltiti correttamente. In secondo luogo, lamentava il mancato riconoscimento della causa di non punibilità per particolare tenuità del fatto, disciplinata dall’art. 131-bis del codice penale.

Le Motivazioni della Corte di Cassazione

La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile, respingendo entrambi i motivi con argomentazioni nette e in linea con il proprio consolidato orientamento.

Sulla Valutazione delle Prove

In merito al primo motivo, la Corte ha ribadito un principio fondamentale del processo di legittimità: la Cassazione non può riesaminare le prove e sostituire la propria valutazione a quella del giudice di merito. Nel caso specifico, il Tribunale aveva basato la sua decisione su elementi concreti, come i risultati di sette sondaggi effettuati nel terreno fino a un metro di profondità, i quali avevano tutti rivelato la presenza di rifiuti interrati. Da questa circostanza, il giudice aveva logicamente dedotto che non si trattava di un deposito temporaneo, ma di un vero e proprio smaltimento abusivo. Il ricorso dell’imputato, pertanto, si risolveva in una richiesta di nuova valutazione del compendio probatorio, inammissibile in quella sede.

Sulla Tenuità del Fatto nei Reati Ambientali

Il cuore della decisione risiede nella trattazione del secondo motivo. La Corte ha dichiarato la richiesta di applicazione dell’art. 131-bis manifestamente infondata. Gli Ermellini hanno richiamato un principio giurisprudenziale ormai solido: la causa di non punibilità per particolare tenuità del fatto non è applicabile alle contravvenzioni ambientali quando sia stata attivata la speciale procedura estintiva prevista dall’art. 318-bis del Testo Unico Ambientale e l’imputato non abbia adempiuto alle prescrizioni impartitegli.

Questa procedura offre al trasgressore la possibilità di estinguere il reato adempiendo a specifiche prescrizioni (come la rimozione dei rifiuti e il ripristino dei luoghi) e pagando una sanzione pecuniaria. Secondo la Corte, il mancato adempimento a tali obblighi (o anche il solo mancato pagamento della sanzione) deve essere valutato negativamente come una condotta successiva al reato. Tale comportamento dimostra una mancanza di volontà di rimediare al danno ambientale causato, un elemento che osta alla valutazione di ‘particolare tenuità’ dell’intera vicenda.

Le Conclusioni

L’ordinanza in esame rafforza un importante principio di responsabilità in materia ambientale. Il messaggio della Suprema Corte è chiaro: chi commette un reato ambientale non può semplicemente ignorare le procedure di bonifica e poi sperare di cavarsela invocando la lieve entità del danno. La collaborazione attiva per l’eliminazione delle conseguenze dannose della propria condotta è un presupposto fondamentale per poter accedere a benefici come la non punibilità per tenuità del fatto. Questa decisione serve da monito, sottolineando che la tutela dell’ambiente richiede non solo di astenersi da condotte illecite, ma anche un impegno concreto e tempestivo nel porre rimedio agli errori commessi.

È possibile evitare una condanna per smaltimento abusivo sostenendo che i rifiuti erano depositati solo temporaneamente?
Non se le prove dimostrano il contrario. In questo caso, la presenza di rifiuti interrati, scoperta tramite sondaggi, è stata considerata una prova sufficiente di smaltimento illegale e non di deposito temporaneo. La Corte di Cassazione non può riesaminare queste valutazioni di fatto.

La causa di non punibilità per ‘particolare tenuità del fatto’ si applica sempre ai reati ambientali?
No, non sempre. Sebbene in linea di principio sia applicabile, questa ordinanza conferma che esistono delle eccezioni significative. In particolare, non si applica se l’autore del reato non ha seguito la procedura speciale prevista per estinguere l’illecito ambientale.

Cosa esclude l’applicazione della ‘tenuità del fatto’ in un caso di reato ambientale come questo?
L’applicazione è esclusa quando all’imputato è stata offerta la possibilità di estinguere il reato attraverso la procedura prevista dall’art. 318-bis del D.Lgs. 152/2006 (che implica l’adempimento di prescrizioni e il pagamento di una sanzione), ma questi non ha ottemperato. Tale omissione è considerata una condotta negativa che impedisce di qualificare il fatto come ‘particolarmente tenue’.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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