Tenuità del Fatto: Perché Non si Applica all’Abuso Edilizio Proseguito Dopo il Sequestro
L’applicazione della causa di non punibilità per particolare tenuità del fatto è uno degli istituti più discussi nel diritto penale, specialmente quando si confronta con reati che offendono beni giuridici collettivi, come l’ordinato assetto del territorio. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione fornisce chiarimenti cruciali, negando il beneficio a un imputato per abuso edilizio che aveva, inoltre, violato i sigilli apposti al manufatto. Analizziamo insieme la decisione per comprenderne la portata.
I Fatti del Caso: Costruzione Abusiva e Violazione dei Sigilli
Il caso riguarda un proprietario immobiliare condannato dalla Corte d’Appello per aver installato un prefabbricato sul proprio terreno senza i necessari permessi e per aver proseguito i lavori di completamento nonostante il manufatto fosse stato sottoposto a sequestro giudiziario.
L’imputato ha presentato ricorso in Cassazione basandosi su due argomenti principali:
1. L’errata qualificazione dell’opera come “costruzione”, sostenendo che si trattasse di un manufatto precario.
2. Il mancato riconoscimento della causa di non punibilità per particolare tenuità del fatto, prevista dall’articolo 131-bis del codice penale.
La Decisione della Corte di Cassazione
La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile, confermando integralmente la sentenza di condanna. I giudici hanno respinto entrambi i motivi di ricorso, fornendo importanti precisazioni sulla qualificazione degli abusi edilizi e, soprattutto, sui limiti applicativi dell’istituto della tenuità del fatto.
A seguito della dichiarazione di inammissibilità, il ricorrente è stato condannato al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria di 3.000 euro a favore della Cassa delle ammende, come previsto dall’articolo 616 del codice di procedura penale.
Le Motivazioni: Analisi sulla non applicabilità della tenuità del fatto
La Corte ha ritenuto le censure del ricorrente infondate e orientate a una rivalutazione dei fatti, non consentita in sede di legittimità.
Sul primo punto, i giudici hanno evidenziato come la Corte d’Appello avesse correttamente motivato la natura non precaria del manufatto. Al momento di un secondo sopralluogo, infatti, questo si presentava come un vero e proprio villino, completamente arredato e suddiviso in stanze, escludendo così ogni carattere di temporaneità.
Il punto centrale della pronuncia, tuttavia, risiede nelle motivazioni relative al secondo motivo, quello sulla tenuità del fatto. La Cassazione ha ribadito che, per negare l’applicazione di tale causa, è sufficiente la valutazione negativa anche di uno solo dei criteri previsti dalla norma (modalità della condotta, entità del danno, grado della colpevolezza). Nel caso specifico, la motivazione della corte territoriale è stata giudicata pienamente adeguata perché ha valorizzato elementi ostativi dirimenti:
* La natura del fabbricato: Un’opera non trascurabile che ha inciso sul territorio.
* Le modalità della condotta: L’imputato non solo ha costruito abusivamente, ma ha anche proseguito i lavori dopo il sequestro, dimostrando una piena consapevolezza dell’illiceità e un’intensità del dolo superiore alla norma.
* L’aggravamento del carico urbanistico: La realizzazione del manufatto ha comportato un impatto negativo sull’assetto territoriale.
Conclusioni: Le implicazioni pratiche della pronuncia
Questa ordinanza consolida un principio fondamentale: la tenuità del fatto non è un beneficio automaticamente applicabile, ma richiede una valutazione complessiva che tenga conto di tutti gli indicatori della gravità del reato. La condotta successiva alla commissione del reato, come la violazione dei sigilli, assume un peso decisivo nel giudizio di particolare tenuità. Dimostra infatti una perseveranza nell’illecito che è incompatibile con una valutazione di minima offensività. Per i cittadini e i professionisti del settore edilizio, questa decisione rappresenta un monito: la gravità di un abuso non si misura solo dalle dimensioni dell’opera, ma anche dal comportamento tenuto nei confronti dei provvedimenti dell’autorità giudiziaria.
Quando un manufatto prefabbricato è considerato una ‘costruzione’ che necessita di permesso edilizio?
Un manufatto, anche se prefabbricato, è considerato una ‘costruzione’ quando non ha carattere precario ma è destinato a soddisfare esigenze stabili nel tempo. Nel caso esaminato, il fatto che fosse un villino completamente arredato e suddiviso in stanze ha escluso la sua natura temporanea, rendendolo un’opera soggetta a permesso.
Perché la Corte ha escluso la non punibilità per particolare tenuità del fatto?
La Corte ha escluso la tenuità del fatto perché la valutazione negativa anche di un solo criterio (modalità della condotta o entità del danno) è sufficiente. In questo caso, sono risultati decisivi sia la natura del fabbricato e l’aumento del carico urbanistico, sia, soprattutto, il comportamento dell’imputato, che ha proseguito i lavori nonostante il sequestro, dimostrando una piena consapevolezza dell’illiceità e un dolo intenso.
Cosa comporta la dichiarazione di inammissibilità del ricorso in Cassazione?
La dichiarazione di inammissibilità comporta che il ricorso non venga esaminato nel merito. Di conseguenza, la sentenza di condanna impugnata diventa definitiva. Inoltre, come stabilito dall’art. 616 c.p.p., se non vi è assenza di colpa, l’imputato viene condannato al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria a favore della Cassa delle ammende.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 35738 Anno 2025
Penale Ord. Sez. 7 Num. 35738 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME COGNOME
Data Udienza: 30/05/2025
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME NOME a CAPRI il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 18/12/2024 della CORTE APPELLO di NAPOLI
dato avviso alle parti; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
NOME COGNOME propone ricorso per cassazione avverso la sentenza di condanna pronunciata dalla Corte d’appello di Napoli, che lo ha ritenuto responsabile per avere installato, su suo sua proprietà, un prefabbricato e per avere violato i sigilli apposti, proseguendo nei lav completamento delle opere.
Il ricorrente deduce, con un primo motivo, l’inosservanza o l’erronea applicazione della leg penale e il vizio di motivazione in relazione alla ritenuta sussistenza dei presupposti previs Testo Unico dell’Edilizia per qualificare l’intervento come “costruzione”; con un secondo moti contesta l’esclusione dell’applicazione della causa di non punibilità per particolare tenuit fatto, di cui all’articolo 131-bis cod.pen.
In ordine alla prima doglianza, si osserva che le censure proposte appaiono inammissibili perché tendono a confutare sul piano sostanzialmente fattuale e di lettura alternativa de elementi di prova le affermazioni, puntuali, esaustive e logiche della sentenza impugnata (tra altre, Sez. 6, n. 25255 del 14/02/2012, COGNOME, Rv. 253099; Sez. 2, n. 23419 del 23/05/2007 P.G. in proc. Vignaroli, Rv. 236893). Nel caso di specie, in ordine alla qualificazione del manuf come “precario”, la Corte territoriale ha rilevato che, al momento del secondo controllo, il v risultava completamente arredato e dotato di stanze. Quanto alla responsabilità, il giudice a q ha correttamente richiamato il principio di diritto applicabile in materia di reati edilizi s quale è responsabile dell’abuso il proprietario, anche se non formalmente committente delle opere, come nel caso di specie, atteso che il COGNOME aveva la materiale disponibilità del be senza che altri vantassero su di esso diritti reali di godimento. La Corte territoriale ha, sottolineato la piena consapevolezza dell’imputato circa l’illiceità della condotta, comprovata completamento delle opere successivamente al sequestro.
Quanto all’applicazione dell’art. 131 bis cod. pen., si osserva che il giudizio di parti tenuità del fatto postula necessariamente la positiva valutazione di tutte le componenti richi per l’integrazione della fattispecie, cosicché i criteri indicati nel primo comma dell’art. cod. pen. sono cumulativi quanto al giudizio finale circa la particolare tenuità dell’offesa del riconoscimento della causa di non punibilità, mentre sono alternativi quanto al diniego, senso che l’applicazione di detta causa è preclusa dalla valutazione negativa anche di uno sol di essi (Sez. 7, n. 10481 del 19/01/2022, COGNOME, Rv. 283044; Sez. 6 n. 55107 del 08/11/2018, COGNOME, Rv. 274647; Sez. 3 n. 34151 del 18/06/2018, Foglietta, Rv. 273678). Nel caso in disamine, la motivazione della sentenza impugnata è senz’altro da ritenersi adeguata, avendo la Corte territoriale fatto riferimento alla natura del fabbricato, alle modalità di con all’aggravamento conseguente del carico urbanistico, nonché al comportamento del COGNOME, il quale ha proseguito nell’esecuzione delle opere nonostante il vincolo imposto con il sequestro.
Stante l’inammissibilità del ricorso, a norma dell’art. 616 cod. proc. pen., non ravvisan assenza di colpa nella determinazione della causa di inammissibilità (Corte Cost. Sent. n. 1 del 13/06/2000), alla condanna del ricorrente al pagamento delle spese del procedimento consegue quella al pagamento della sanzione pecuniaria nella misura, ritenuta equa, di 3.000 euro in favore della Cassa delle ammende.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso in Roma il 30/05/2025
GLYPH