Tenuità del Fatto: Quando la Gravità del Reato e i Precedenti Escludono l’Art. 131-bis c.p.
L’istituto della tenuità del fatto, introdotto dall’articolo 131-bis del codice penale, rappresenta un importante strumento di deflazione processuale, consentendo di escludere la punibilità per reati considerati di minima offensività. Tuttavia, la sua applicazione non è automatica e dipende da una valutazione discrezionale del giudice. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione (n. 22175/2024) offre un chiaro esempio dei criteri che possono portare a negare questo beneficio, sottolineando il peso dei precedenti penali e della gravità della condotta.
I Fatti di Causa
Il caso analizzato dalla Suprema Corte nasce dal ricorso di un individuo, condannato dalla Corte d’Appello di Napoli. L’imputato si era rivolto alla Cassazione lamentando, come unico motivo di doglianza, la mancata applicazione nei suoi confronti della causa di non punibilità per particolare tenuità del fatto. A suo avviso, le circostanze del reato commesso rientravano pienamente nei limiti previsti dalla norma, rendendo la sua condotta non meritevole di sanzione penale.
La Decisione della Corte di Cassazione e i Limiti sulla Tenuità del Fatto
La Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso, dichiarandolo inammissibile. La decisione si fonda su un principio cardine del giudizio di legittimità: la Corte Suprema non può riesaminare le valutazioni di fatto già compiute dai giudici di merito (Tribunale e Corte d’Appello), a meno che la loro motivazione non sia palesemente illogica o contraddittoria. In questo caso, i giudici di Cassazione hanno ritenuto che la decisione della Corte d’Appello fosse, al contrario, completa, razionale e correttamente motivata, e quindi non censurabile in quella sede.
Le Motivazioni
La Suprema Corte ha evidenziato come la Corte d’Appello avesse correttamente escluso l’applicazione dell’art. 131-bis c.p. basandosi su una valutazione complessiva di tre elementi cruciali:
1. La gravità della condotta: I giudici di merito avevano considerato le modalità con cui il reato era stato perpetrato, ritenendole indicative di una certa serietà e non di una lieve trasgressione.
2. Il valore significativo del bene: L’oggetto del reato non era di valore irrisorio, ma possedeva un’importanza economica tale da non poter essere considerato trascurabile.
3. I precedenti penali dell’imputato: La presenza di un curriculum criminale a carico del ricorrente è stata un fattore determinante. Questo elemento, secondo i giudici, dimostra una certa inclinazione a delinquere che mal si concilia con il carattere eccezionale e occasionale che dovrebbe caratterizzare il fatto di lieve entità.
Questi tre aspetti, considerati nel loro insieme, hanno portato la Corte d’Appello a concludere che non sussistessero i presupposti per la non punibilità. La Cassazione ha ribadito che tale ricostruzione si basa su “apprezzamenti di fatto” che, essendo logici e coerenti, sono insindacabili in sede di legittimità.
Le Conclusioni
L’ordinanza in esame ribadisce un principio fondamentale: la tenuità del fatto non è un diritto automatico, ma una valutazione che il giudice compie caso per caso, analizzando tutti gli indici previsti dalla legge. La gravità oggettiva del comportamento, il valore del bene coinvolto e, soprattutto, la storia criminale del soggetto sono fattori che possono legittimamente portare a negare il beneficio. Per il ricorrente, la dichiarazione di inammissibilità ha comportato non solo la conferma della condanna, ma anche l’obbligo di pagare le spese processuali e una sanzione pecuniaria di tremila euro a favore della Cassa delle ammende, a testimonianza delle conseguenze di un ricorso privo dei presupposti di legge.
Quando può essere esclusa l’applicazione della causa di non punibilità per particolare tenuità del fatto?
L’applicazione può essere esclusa quando il giudice di merito valuta la condotta come grave, il bene di provenienza illecita ha un valore significativo e, in aggiunta, l’imputato ha precedenti penali.
La Corte di Cassazione può riesaminare la valutazione sulla tenuità del fatto compiuta dalla Corte d’Appello?
No, di norma la Corte di Cassazione non può riesaminare tale valutazione perché si tratta di un ‘apprezzamento di fatto’. Il suo intervento è limitato ai casi in cui la motivazione della corte inferiore sia manifestamente illogica o contraddittoria, cosa non riscontrata in questa vicenda.
Quali sono state le conseguenze per il ricorrente dopo la decisione della Cassazione?
Il suo ricorso è stato dichiarato inammissibile. Di conseguenza, è stato condannato al pagamento delle spese processuali e a versare una somma di tremila euro alla Cassa delle ammende.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 22175 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 7 Num. 22175 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 23/04/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da: NOME nato a NAPOLI il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 05/05/2023 della CORTE APPELLO di NAPOLI
dato avviso alle parti; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
CONSIDERATO IN FATTO E IN DIRITTO
Letto il ricorso di NOME, considerato che l’unico motivo di ricorso, con cui si contesta la violazione dell’art. 131-bis, cod. pen. conseguente alla mancata applicazione della causa non punibilità della tenuità del fatto non è consentito in sede di legittimità;
rilevato che la Corte di appello ha correttamente escluso l’applicazione del disposto di cui all’art. 131-bis cod. pen., non ravvisando nella condotta ricorrente gli estremi della tenuità del fatto, in considerazione della gravità condotta posta in essere, del valore significativo del bene di provenienza illeci dei precedenti penali di cui l’imputato è gravato (vedi pagg. 4 e 5 della sent impugnata); tale ricostruzione, in nessun modo censurabile sotto il profilo de completezza e della razionalità, è fondata su apprezzamenti di fatto n qualificabili in termini di contraddittorietà o di manifesta illogicità e insindacabili in questa sede.
rilevato, pertanto, che il ricorso deve essere dichiarato inammissibile con condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spe processuali e alla somma di euro tremila alla cassa delle ammende.
Così deciso in Roma, il 23 aprile 2024
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