Particolare Tenuità del Fatto: No al Beneficio con Dolo Intenso e Precedenti Penali
L’istituto della particolare tenuità del fatto, introdotto dall’articolo 131-bis del codice penale, rappresenta un importante strumento di deflazione processuale, consentendo di escludere la punibilità per reati di minima offensività. Tuttavia, la sua applicazione non è automatica e dipende da una valutazione complessa da parte del giudice. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione chiarisce quali elementi possono ostacolare il riconoscimento di questo beneficio, sottolineando il peso dell’intensità del dolo e dei precedenti penali dell’imputato.
Il Caso in Esame
Il caso trae origine dal ricorso presentato da un imputato contro una sentenza della Corte d’Appello di Bari. L’unico motivo di doglianza era la mancata applicazione della causa di non punibilità per particolare tenuità del fatto. Secondo la difesa, il reato commesso avrebbe dovuto rientrare nell’ambito di applicazione dell’art. 131-bis c.p., con conseguente proscioglimento. La Corte di Cassazione, tuttavia, ha ritenuto il ricorso manifestamente infondato, confermando la decisione precedente e dichiarandolo inammissibile.
La Valutazione della Particolare Tenuità del Fatto
La Suprema Corte ha ribadito che il giudizio sulla tenuità del fatto richiede un’analisi congiunta di tutte le peculiarità della fattispecie concreta. Questa valutazione deve essere condotta alla luce dei criteri indicati dall’articolo 133 del codice penale, che includono:
* Le modalità della condotta.
* Il grado di colpevolezza.
* L’entità del danno o del pericolo cagionato.
Nel caso specifico, i giudici di merito avevano correttamente escluso il beneficio basandosi su due elementi cruciali: l’intensità del dolo e i numerosi precedenti penali del ricorrente. Questi fattori, secondo la Corte, dimostrano una personalità non incline al rispetto della legge e una volontà criminale non trascurabile, elementi che contrastano con la ratio della norma sulla particolare tenuità del fatto.
Le Motivazioni della Decisione
Le motivazioni della Corte di Cassazione si fondano su principi giurisprudenziali consolidati. In primo luogo, si è affermato che la valutazione sulla tenuità del fatto rientra nei poteri discrezionali del giudice di merito, il quale, se fornisce una motivazione congrua e non illogica, non è sindacabile in sede di legittimità. In secondo luogo, citando una sentenza delle Sezioni Unite (n. 13681/2016), la Corte ha ricordato che la decisione richiede una valutazione complessa e globale, non limitata a una disamina frammentaria dei singoli elementi. Non è necessario che il giudice analizzi ogni singolo aspetto previsto dall’art. 133 c.p., ma è sufficiente che indichi gli elementi ritenuti più rilevanti per escludere o ammettere il beneficio. Nel caso di specie, l’intensità della volontà criminale e la storia penale dell’imputato sono stati considerati elementi più che sufficienti per negare la tenuità del fatto, poiché indicano un contrasto significativo con l’ordinamento giuridico e, di conseguenza, un concreto bisogno di pena.
Conclusioni
Questa ordinanza conferma un orientamento rigoroso: la particolare tenuità del fatto non può essere concessa a chi dimostra una spiccata tendenza a delinquere o agisce con un’intensa determinazione criminale. La presenza di numerosi precedenti penali e un’elevata intensità del dolo sono indicatori che impediscono di qualificare l’offesa come ‘tenue’. La decisione sottolinea che la valutazione del giudice deve andare oltre la mera materialità del fatto, per considerare anche la personalità dell’autore e il suo rapporto con la legge. Per gli operatori del diritto, ciò significa che l’invocazione dell’art. 131-bis c.p. richiede un’attenta analisi non solo del reato contestato, ma anche del profilo complessivo dell’imputato.
Quando può essere esclusa l’applicazione della causa di non punibilità per particolare tenuità del fatto?
L’applicazione può essere esclusa quando, nonostante la potenziale lieve entità del danno, emergono altri fattori negativi. La Corte ha specificato che l’intensità del dolo (cioè una forte volontà criminale) e la presenza di numerosi precedenti penali sono elementi che impediscono di considerare il fatto come ‘particolarmente tenue’.
I precedenti penali di un imputato influiscono sulla valutazione della tenuità del fatto?
Sì, in modo determinante. La Corte ha chiarito che i numerosi precedenti penali sono un elemento che, insieme all’intensità del dolo, giustifica pienamente l’esclusione del beneficio, poiché indicano un comportamento non occasionale e un maggiore bisogno di pena.
Il giudice deve analizzare tutti i criteri dell’art. 133 c.p. per decidere sulla tenuità del fatto?
No. La Corte ha ribadito che non è necessaria la disamina di tutti gli elementi di valutazione previsti dalla norma, ma è sufficiente l’indicazione di quelli ritenuti rilevanti nel caso specifico per giustificare la decisione, purché la motivazione non si basi su mere clausole di stile.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 31427 Anno 2025
Penale Ord. Sez. 7 Num. 31427 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 01/07/2025
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME nato a TRIGGIANO il 03/01/1970
avverso la sentenza del 13/02/2025 della CORTE APPELLO di BARI
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO
Letto il ricorso di NOME COGNOME
ritenuto che l’unico motivo di ricorso, che lamenta la mancata applicazione della causa di non punibilità di cui all’art. 131-bis cod. pen., è manifestamente infondato a fronte di una congrua e non illogica motivazione che correttamente ritiene assente la particolare tenuità del fatto in ragione dell’intensità del dolo dei numerosi precedenti penali (si veda pag. 2 della sentenza impugnata);
considerato che per la configurabilità della causa di esclusione della punibilità prevista dall’art. 131-bis cod. pen., il giudizio sulla tenuità richiede una valutazion complessa e congiunta di tutte le peculiarità della fattispecie concreta, che tenga conto, ai sensi dell’art. 133, comma primo, cod. pen., delle modalità della condotta, del grado di colpevolezza da esse desumibile e dell’entità del danno o del pericolo (Sez. U, n. 13681 del 25/02/2016, Tushaj, Rv. 266590); che tal fine, non è necessaria la disamina di tutti gli elementi di valutazione previsti, ma è sufficiente l’indicazione di quelli ritenuti rilevanti (Sez. 6, n. 55107 del 08/11/201 Milone, Rv. 274647), dovendo comunque il giudice motivare sulle forme di estrinsecazione del comportamento incriminato, per valutarne la gravità, l’entità del contrasto rispetto alla legge e, conseguentemente, il bisogno di pena, non potendo far ricorso a mere clausole di stile (Sez. 6, n. 18180 del 20/12/2018, Venezia, Rv. 275940); che, poiché tale valutazione va compiuta sulla base dei criteri di cui all’art. 133, cod. pen., essa rientra nei poteri discrezionali del giud correttamente esercitati nel caso di specie;
rilevato, pertanto, che il ricorso deve essere dichiarato inammissibile con condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso, il giorno 1 luglio 2025.