Tenuità del Fatto: Non Basta un Reato “Lieve” per Evitare la Condanna
L’applicazione della causa di non punibilità per particolare tenuità del fatto, prevista dall’articolo 131-bis del codice penale, è uno degli argomenti più dibattuti nelle aule di giustizia. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione offre un’analisi puntuale sui criteri di applicazione di questo istituto, chiarendo perché la qualificazione di un reato come ‘lieve’ non comporti automaticamente l’esclusione della punibilità. Il caso in esame riguarda un ricorso contro una condanna per ricettazione lieve, dove l’imputato si è visto negare il beneficio proprio a causa di altri fattori ritenuti decisivi dai giudici.
Il Caso in Esame: Ricettazione Lieve e Appello in Cassazione
Un soggetto, condannato per il delitto di ricettazione nell’ipotesi attenuata (cosiddetta “lieve”, prevista dall’art. 648, comma 4, c.p.), ha presentato ricorso alla Corte di Cassazione. Il motivo principale del ricorso era la lamentata violazione di legge per la mancata applicazione della causa di non punibilità per tenuità del fatto. Secondo la difesa, il riconoscimento della natura ‘lieve’ del reato avrebbe dovuto condurre necessariamente all’applicazione dell’art. 131-bis c.p.
La Corte d’Appello, tuttavia, aveva respinto tale richiesta, basando la propria decisione su una valutazione complessiva della vicenda e della personalità dell’imputato. La questione giunta al vaglio della Suprema Corte era quindi se questa decisione fosse legittima o se violasse i principi normativi.
La Decisione della Cassazione sulla Tenuità del Fatto
La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso manifestamente infondato e, di conseguenza, inammissibile. Gli Ermellini hanno confermato la correttezza della decisione della Corte territoriale, ribadendo che la valutazione per l’applicazione della tenuità del fatto non può essere superficiale o limitata a un solo aspetto, come l’entità del danno. Si tratta, al contrario, di un giudizio complesso che deve tenere conto di tutti i parametri indicati dalla legge.
Le Motivazioni
La Corte ha articolato le sue motivazioni su due pilastri fondamentali, offrendo una guida chiara per l’interpretazione e l’applicazione dell’istituto.
La Distinzione Cruciale: Reato Lieve non è Fatto Tenue
Il punto centrale della decisione è la netta distinzione tra l’ipotesi attenuata del reato di ricettazione e la causa di non punibilità per tenuità del fatto. La Corte ha precisato che si tratta di due istituti giuridici distinti, con presupposti e finalità differenti.
* L’attenuante del reato lieve (art. 648, co. 4, c.p.): Riguarda la gravità del fatto-reato in sé, attenuando la pena ma senza eliminarne l’offensività.
* La non punibilità per tenuità del fatto (art. 131-bis c.p.): Colloca la condotta in un’area di minima offensività, talmente ridotta da rendere la sanzione penale sproporzionata e non necessaria. Per questo motivo, la sua applicazione è subordinata a una valutazione più ampia.
Confondere i due concetti è un errore: un fatto può essere di ‘lieve entità’ ai fini della pena, ma non sufficientemente ‘tenue’ da essere considerato non punibile.
I Criteri di Valutazione e la Personalità dell’Imputato
La seconda motivazione si concentra sui criteri di valutazione. La Corte ha ricordato che, per negare l’applicazione della tenuità del fatto, è sufficiente una valutazione negativa anche di uno solo degli elementi richiesti. Nel caso specifico, la Corte d’Appello aveva correttamente evidenziato diversi aspetti ostativi:
1. Modalità della condotta: Il comportamento dell’imputato aveva generato un particolare allarme sociale.
2. Intensità del dolo: La volontà criminale era stata giudicata di particolare intensità.
3. Non episodicità del fatto: La condotta non era un episodio isolato, ma si inseriva in un più ampio schema di comportamento antisociale.
4. Proclività a delinquere: L’imputato aveva dimostrato una maggiore tendenza a commettere reati.
Questi elementi, complessivamente considerati, delineano un quadro di offensività che supera la soglia della particolare tenuità, giustificando pienamente il diniego del beneficio.
Conclusioni
L’ordinanza della Cassazione ribadisce un principio fondamentale: la valutazione per la concessione della non punibilità per tenuità del fatto è un giudizio di merito complesso e multifattoriale. Non può essere ridotta a un automatismo derivante dalla qualificazione del reato come ‘lieve’. La personalità dell’autore del reato, la sua condotta pregressa e l’allarme sociale generato sono fattori determinanti che il giudice deve attentamente ponderare. Questa pronuncia serve da monito: la ‘porta stretta’ dell’art. 131-bis c.p. si apre solo per fatti che, nella loro interezza, risultano marginali e non per soggetti che, pur commettendo reati di modesta entità, dimostrano una persistente inclinazione criminale.
È sufficiente che un reato sia qualificato come ‘lieve’ per ottenere la non punibilità per tenuità del fatto?
No, la Corte di Cassazione chiarisce che si tratta di due istituti giuridici diversi con presupposti differenti. La qualifica di ‘lieve’ può attenuare la pena, ma la non punibilità per tenuità del fatto richiede una valutazione più ampia che considera anche la condotta, l’intensità del dolo e la personalità del reo.
Quali criteri valuta il giudice per negare l’applicazione della causa di non punibilità per tenuità del fatto (art. 131-bis cod. pen.)?
I criteri sono alternativi per il diniego. È sufficiente la valutazione negativa di un solo elemento, come le modalità della condotta, l’entità del danno, la non episodicità del fatto o una constatata proclività a delinquere dell’imputato, per escludere l’applicazione del beneficio.
Può esserci contraddizione se un giudice riconosce un’attenuante per la lieve entità del reato ma nega la non punibilità per tenuità del fatto?
No, la Corte ha stabilito che non c’è nessuna contraddizione. I due istituti operano su piani diversi: l’attenuante incide sulla quantificazione della pena per un fatto che resta offensivo, mentre la non punibilità presuppone che l’offensività complessiva del fatto sia talmente esigua da non giustificare una sanzione penale.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 160 Anno 2025
Penale Ord. Sez. 7 Num. 160 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 03/12/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da: COGNOME NOME nato a CATANIA il 02/01/1961
avverso la sentenza del 09/10/2023 della CORTE APPELLO di CATANIA
dato avviso alle parti; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
CONSIDERATO IN FATTO E IN DIRITTO
letto il ricorso proposto nell’interesse di NOME COGNOME;
considerato che l’unico motivo di cui si compone il ricorso, con cui si contesta violazione di legge e vizio di motivazione in ordine alla mancata applicazione della causa di non punibilità di cui all’art. 131-bis cod. pen. a favore dell’odierno ricorrente pur a fronte del riconoscimento dell’ipotesi “lieve” del delitto d ricettazione, oggi contemplata dall’art. 648, comma quarto, cod. pen., è manifestamente infondato;
rilevato che, secondo l’orientamento di questa Corte, ai fini dell’applicabilità della causa di esclusione della punibilità, il giudizio sulla tenuità dell’offes dev’essere effettuato con riferimento ai criteri di cui all’art. 133, comma primo, cod. pen., non essendo tuttavia necessaria la dettagliata disamina di tutti gli elementi di valutazione previsti, ma sufficiente l’indicazione di quelli ritenuti rilevanti, tenendo anche conto che l’operatività dell’istituto postula necessariamente la positiva valutazione di tutte le componenti richieste per la integrazione della fattispecie, cosicché i criteri indicati nel primo comma dell’art. 131-bis cod. pen. sono cumulativi ai fini del riconoscimento della causa di non punibilità, mentre sono alternativi quanto al diniego, nel senso che l’applicazione di detta causa è preclusa dalla valutazione negativa anche di uno solo di essi (cfr., Sez. 6 n. 55107 del 08/11/2018, COGNOME, Rv. 274647; Sez. 3 n. 34151 del 18/06/2018, COGNOME, Rv. 273678);
considerato che, conformandosi ai suddetti principi ed allo stesso dato normativo di cui all’art. 131-bis cod. pen., risulta, dunque, immune da vizi la motivazione della Corte territoriale che (cfr., pag. 4 della impugnata sentenza), per escludere l’applicazione dell’istituto in parola, con un giudizio tipicamente “di merito”, ha fatto riferimento alle modalità della condotta tenuta dal ricorrente (di cui ha sottolineato il particolare allarme sociale e che ha ritenuto connotata da un dolo di particolare intensità), all’entità del danno da essa derivante (non qualificabile come esiguo), alla non episodicità del fatto, a fronte di un comportamento antisociale più volte manifestato, oltre che alla constatata maggiore proclività a delinquere dell’odierno ricorrente;
rilevato che, inoltre, nessuna contraddizione sussiste con il contestuale riconoscimento dell’ipotesi attenuata di cui al comma 4 dell’art. 648 cod. pen., in quanto trattasi di due istituti differenti, la cui operatività è subordinata alla sussistenza di diversi presupposti e a differenti apprezzamenti da parte dei giudici di merito; questa Corte ha infatti avuto modo di chiarire che “la natura esigua del danno (o del pericolo) concorre a rendere non punibile un fatto che è comunque offensivo, ma essa non può essere confusa con le ipotesi di “speciale (o
particolare) tenuità” o di “lieve entità” del fatto che attenuano il reato, senza escluderne l’offensività”; si è precisato che “si tratta di concetti non sovrapponibili che collocano la non punibilità per particolare tenuità del fatto nella angusta area schiacciata tra la totale inoffensività della condotta e il reato attenuato dall speciale o particolare tenuità del fatto o dalla sua lieve entità” sicché “non è … sufficiente una valutazione di lieve entità del reato, nemmeno se valorizzata dal giudice per quantificare la pena in modo da avvicinarla più ai valori minimi che a quelli massimi” (cfr., Sez. 3, n. 17184 del 14.10.2015, COGNOME, Rv. 266754 – 01, dove la Corte ha per l’appunto precisato che la natura esigua del danno, o del pericolo, concorre, ai sensi dell’art. 131-bis cod. pen., a rendere non punibile un fatto, sicché non può essere confusa con le ipotesi di “speciale” o “particolare” o “lieve” entità del fatto che attenuano il reato, senza escluderne l’offensività; conf., Sez. 1, n. 51261 del 07/03/2017, COGNOME Rv. 271262 – 01);
rilevato, pertanto, che il ricorso deve essere dichiarato inammissibile con condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende;
P.Q.M.
dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso in Roma, il 3 dicembre 2024.