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Tenuità del fatto: quando non si applica allo spaccio

La Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 38028/2024, ha dichiarato inammissibile il ricorso di un imputato condannato per spaccio di lieve entità. La Corte ha confermato che la causa di non punibilità per particolare tenuità del fatto non è applicabile quando la condotta, seppur legata a modiche quantità, rivela un’attività sistematica e costituisce l’unica fonte di reddito, dimostrando un’intensità del dolo e un disvalore oggettivo non trascurabili.

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Pubblicato il 24 dicembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Tenuità del Fatto nello Spaccio: No se l’Attività è Sistematica

L’applicazione della causa di non punibilità per particolare tenuità del fatto, prevista dall’articolo 131-bis del codice penale, è uno dei temi più dibattuti nella giurisprudenza penale, specialmente in materia di stupefacenti. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione (n. 38028/2024) offre un importante chiarimento sui limiti di applicazione di questo istituto, stabilendo che la sistematicità della condotta, anche se di lieve entità, ne preclude il riconoscimento.

I Fatti di Causa

Il caso riguarda un giovane condannato in secondo grado dalla Corte d’Appello di Palermo per il reato di spaccio di sostanze stupefacenti di lieve entità, secondo l’art. 73, comma 5, del d.P.R. 309/90. La difesa dell’imputato ha presentato ricorso in Cassazione, basandolo su due motivi principali:

1. La violazione dell’art. 131-bis c.p., sostenendo che i fatti avrebbero dovuto essere considerati non punibili per la loro particolare tenuità.
2. Un vizio di motivazione riguardo alla mancata concessione dell’attenuante del danno di speciale tenuità, previsto dall’art. 62, n. 4, c.p.

In sostanza, la difesa mirava a ottenere un trattamento sanzionatorio più mite, o addirittura l’archiviazione, facendo leva sulla modesta entità dell’attività illecita contestata.

La Decisione della Corte di Cassazione

La Settima Sezione Penale della Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile, confermando integralmente la decisione della Corte d’Appello. La Suprema Corte ha ritenuto che l’apparato argomentativo della sentenza impugnata fosse solido e immune da censure. Ha inoltre condannato il ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria di tremila euro.

Le Motivazioni della Sentenza

La decisione della Corte si fonda su argomentazioni precise e coerenti con l’orientamento giurisprudenziale consolidato. Vediamo nel dettaglio i punti chiave.

Esclusione della tenuità del fatto: disvalore e dolo

Il primo motivo di ricorso, relativo alla tenuità del fatto, è stato respinto con fermezza. I giudici di legittimità hanno sottolineato come la Corte d’Appello avesse correttamente escluso l’applicazione dell’art. 131-bis c.p. sulla base di due elementi cruciali:

* Il disvalore oggettivo della condotta: Nonostante si trattasse di spaccio di ‘lieve entità’, l’imputato aveva effettuato ben quattro cessioni di droga nel giro di poche ore. Questa serialità, seppur concentrata in un breve lasso di tempo, è stata interpretata come un indicatore di un’attività non occasionale ma organizzata.
* L’intensità del dolo: Durante l’interrogatorio, l’imputato aveva ammesso che il commercio di droga rappresentava per lui e per la sua famiglia l’unica fonte di sostentamento. Questa ammissione ha rivelato un’intenzione criminale radicata e non estemporanea, incompatibile con il concetto di ‘particolare tenuità’ richiesto dalla norma.

La Corte ha quindi ribadito che la valutazione sulla tenuità non può limitarsi alla quantità di sostanza ceduta, ma deve considerare il contesto complessivo della condotta e l’atteggiamento psicologico dell’agente.

Inammissibilità delle censure sull’attenuante

Per quanto riguarda il secondo motivo, relativo alla mancata concessione dell’attenuante del danno patrimoniale di speciale tenuità (art. 62 n. 4 c.p.), la Cassazione lo ha ritenuto inammissibile. I giudici hanno chiarito che tale doglianza si risolveva in una mera richiesta di rivalutazione del fatto, operazione preclusa in sede di legittimità. La Corte d’Appello aveva già logicamente motivato il diniego, deducendo che il lucro conseguito e il danno cagionato da un’attività che costituiva l’unica fonte di reddito non potevano essere considerati di entità ‘irrisoria’, come invece richiesto dalla giurisprudenza per l’applicazione di tale attenuante.

Conclusioni e Implicazioni Pratiche

L’ordinanza in esame consolida un principio fondamentale: la non punibilità per tenuità del fatto non è un automatismo applicabile a tutti i reati di modesta entità. La valutazione del giudice deve essere complessiva e deve tener conto di tutti gli indici previsti dalla norma, tra cui le modalità della condotta e l’intensità del dolo.

Questa pronuncia serve da monito: anche lo spaccio qualificato come ‘lieve’ dal Testo Unico sugli Stupefacenti può essere considerato grave al punto da escludere l’applicazione dell’art. 131-bis c.p., qualora emergano elementi che ne rivelino la sistematicità e la non occasionalità, come la ripetizione di episodi in breve tempo o il fatto che l’attività illecita sia una vera e propria fonte di reddito. La decisione riafferma la distinzione tra un episodio isolato e un’attività criminale, seppur di basso profilo, che merita una risposta sanzionatoria.

Perché è stata negata la non punibilità per tenuità del fatto in questo caso di spaccio?
La tenuità del fatto è stata esclusa perché, nonostante si trattasse di spaccio di lieve entità, la condotta non era occasionale. L’imputato aveva effettuato quattro cessioni in poche ore e aveva ammesso che lo spaccio era la sua unica fonte di reddito, dimostrando un’intensità del dolo e un disvalore della condotta non trascurabili.

La ripetizione di più episodi di spaccio in poco tempo preclude l’applicazione della tenuità del fatto?
Sì, secondo la Corte, la serialità delle cessioni, anche se avvenute in un breve arco temporale, è un indice della non occasionalità del comportamento e può portare all’esclusione della causa di non punibilità per tenuità del fatto.

Perché il motivo di ricorso sulla mancata concessione dell’attenuante del danno lieve è stato dichiarato inammissibile?
È stato dichiarato inammissibile perché sollevava questioni di merito, chiedendo alla Corte di Cassazione una nuova valutazione dei fatti, cosa non consentita in sede di legittimità. La Corte d’Appello aveva già adeguatamente motivato il diniego, spiegando che il profitto derivante da un’attività che è l’unica fonte di sostentamento non può essere considerato ‘irrisorio’.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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