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Tenuità del fatto: quando non si applica?

La Corte di Cassazione dichiara inammissibile il ricorso di un imputato condannato per false dichiarazioni sulla propria identità. L’ordinanza conferma la decisione della Corte d’Appello, stabilendo che la causa di non punibilità per particolare tenuità del fatto è stata correttamente esclusa a causa della modalità e dell’abitualità della condotta, elementi che ne precludono l’applicazione.

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Pubblicato il 23 novembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Tenuità del Fatto: Quando la Condotta Abituale Esclude la Non Punibilità

L’istituto della non punibilità per particolare tenuità del fatto, introdotto dall’art. 131-bis del codice penale, rappresenta un importante strumento di deflazione processuale. Tuttavia, la sua applicazione non è automatica e richiede una valutazione attenta da parte del giudice. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione ha ribadito i confini di questo istituto, chiarendo come alcuni elementi della condotta, come la modalità e l’abitualità, possano precluderne il riconoscimento. Analizziamo insieme la decisione per comprendere meglio i principi applicati.

I Fatti di Causa e i Motivi del Ricorso

Il caso trae origine dalla condanna di un soggetto per il reato di false dichiarazioni sulla propria identità. La sentenza, confermata in secondo grado dalla Corte d’Appello, è stata impugnata dinanzi alla Corte di Cassazione. Il ricorrente ha basato il proprio ricorso su tre motivi principali:
1. Un vizio di motivazione riguardo al rigetto della richiesta di rinnovare l’istruttoria in appello per assumere una prova dichiarativa.
2. Un vizio di motivazione sull’elemento soggettivo del reato, contestando la sussistenza della colpevolezza.
3. Un vizio di motivazione per il mancato riconoscimento della causa di non punibilità per particolare tenuità del fatto.

L’Analisi della Corte e i Principi di Diritto

La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso manifestamente infondato e, pertanto, inammissibile. Esaminando i singoli motivi, i Giudici Supremi hanno fornito importanti chiarimenti procedurali e sostanziali.

Per quanto riguarda il primo motivo, la Corte ha ricordato che la rinnovazione dell’istruttoria in appello ha natura eccezionale. Può essere concessa solo se si dimostra l’oggettiva necessità della nuova prova e la presenza di lacune o illogicità manifeste nella motivazione della sentenza impugnata. In questo caso, il giudice di merito aveva adeguatamente spiegato la superfluità della prova richiesta.

Il secondo motivo è stato liquidato come una mera riproposizione di argomentazioni fattuali già esaminate e respinte nei gradi di merito, senza costituire una critica specifica e argomentata contro la sentenza d’appello.

Le Motivazioni: la tenuità del fatto e l’abitualità della condotta

Il punto centrale della decisione riguarda il terzo motivo, relativo alla tenuità del fatto. La Corte ha ritenuto la motivazione della sentenza d’appello adeguata e immune da vizi. Il giudizio sulla tenuità del fatto, come chiarito dalle Sezioni Unite, richiede una valutazione complessa e congiunta di tutte le peculiarità del caso concreto, ai sensi dell’art. 133 del codice penale.

Il giudice deve considerare le modalità della condotta, il grado di colpevolezza e l’entità del danno o del pericolo. Tuttavia, non è necessario un esame analitico di tutti questi elementi. È sufficiente che la motivazione si concentri su quelli ritenuti decisivi per escludere o ammettere il beneficio.

Nel caso specifico, la Corte d’Appello aveva escluso la particolare tenuità dell’offesa basandosi su due elementi chiave: la modalità e l’abitualità della condotta. Questi fattori sono stati considerati sufficienti a negare il presupposto della tenuità, rendendo superflua l’analisi di altri parametri. La decisione si allinea all’orientamento consolidato secondo cui la presenza di uno solo dei presupposti ostativi previsti dall’art. 131-bis è sufficiente a precluderne l’applicazione.

Le Conclusioni

L’ordinanza in esame conferma un principio fondamentale: la non punibilità per particolare tenuità del fatto non si applica quando il comportamento dell’imputato, sebbene relativo a un reato di per sé non grave, rivela un’inclinazione a delinquere o una certa sistematicità. L’abitualità della condotta è un indicatore che pesa negativamente nella valutazione del giudice e può, da sola, giustificare il diniego del beneficio. Questa pronuncia ribadisce la necessità per il giudice di merito di effettuare una valutazione completa, ma sottolinea anche che tale valutazione può legittimamente fondarsi sugli elementi ritenuti più significativi, senza dover passare in rassegna ogni singolo criterio normativo. Di conseguenza, il ricorso è stato dichiarato inammissibile, con condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria.

Quando può essere richiesta la rinnovazione dell’istruttoria in appello?
La rinnovazione dell’istruttoria in appello è una misura eccezionale. Secondo la Corte, può essere concessa solo se l’appellante dimostra l’oggettiva necessità della nuova prova e la presenza di lacune o illogicità evidenti nella motivazione della sentenza di primo grado che quella prova potrebbe colmare.

Perché la Corte ha escluso l’applicazione della particolare tenuità del fatto?
La Corte ha confermato la decisione del giudice di merito, che ha escluso la particolare tenuità del fatto a causa della modalità e dell’abitualità della condotta dell’imputato. Questi elementi sono stati ritenuti decisivi e sufficienti per negare il beneficio, in quanto indicatori di una non-occasionalità del comportamento illecito.

Cosa comporta la dichiarazione di inammissibilità del ricorso?
La dichiarazione di inammissibilità significa che il ricorso non viene esaminato nel merito perché ritenuto privo dei requisiti di legge (nel caso specifico, manifestamente infondato). La conseguenza diretta per il ricorrente è la condanna al pagamento delle spese del procedimento e di una somma in denaro a favore della Cassa delle ammende.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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