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Tenuità del fatto: quando la recidiva la esclude

Il gestore di uno stabilimento balneare viene condannato per occupazione abusiva di demanio. La Cassazione nega l’applicazione della causa di non punibilità per particolare tenuità del fatto, ritenendo che il reato, sommato a una precedente violazione edilizia, configuri un comportamento abituale. Secondo la Corte, i due illeciti, pur diversi, sono “della stessa indole” perché mossi dalla medesima strategia imprenditoriale finalizzata al profitto, a discapito delle norme a tutela del territorio e del bene pubblico.

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Pubblicato il 27 settembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Particolare Tenuità del Fatto: No al Beneficio se il Reato è Espressione di una Strategia Abituale

L’istituto della particolare tenuità del fatto, introdotto dall’art. 131-bis del codice penale, rappresenta un importante strumento di deflazione processuale. Tuttavia, la sua applicazione è soggetta a limiti precisi, tra cui l’assenza di un “comportamento abituale” da parte dell’imputato. Una recente sentenza della Corte di Cassazione ha chiarito come reati di natura diversa possano essere considerati espressione di un’unica tendenza a delinquere, precludendo così l’accesso al beneficio. Il caso riguarda il gestore di uno stabilimento balneare condannato per l’occupazione abusiva di demanio marittimo.

I Fatti del Caso: L’Occupazione Abusiva del Demanio

Il Tribunale di Matera aveva condannato il titolare di uno stabilimento balneare a una pena pecuniaria per aver occupato abusivamente una superficie di 250 mq di demanio marittimo. L’occupazione era avvenuta mediante il posizionamento di 34 ombrelloni, eccedendo i limiti della concessione. Si tratta di un reato previsto dal codice della navigazione, che tutela il corretto uso dei beni pubblici.

Il Ricorso in Cassazione: La Tesi della Difesa

L’imputato, tramite il suo difensore, ha presentato ricorso in Cassazione, sostenendo la violazione dell’art. 131-bis c.p. La difesa argomentava che il Tribunale aveva erroneamente negato l’applicazione della causa di non punibilità basandosi su una precedente assoluzione per particolare tenuità del fatto relativa a una violazione edilizia e paesaggistica. Secondo il ricorrente, i due reati non avevano “caratteristiche comuni”, poiché le norme violate tutelavano beni giuridici differenti: da un lato il controllo del territorio, dall’altro l’occupazione di una proprietà pubblica.

La Decisione della Corte: l’Abitualità e la Particolare Tenuità del Fatto

La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile, confermando la decisione del Tribunale. Il punto centrale della sentenza risiede nell’interpretazione del concetto di “comportamento abituale”, che osta all’applicazione del beneficio della particolare tenuità del fatto.

Il Concetto di “Reati della Stessa Indole”

La Suprema Corte ha richiamato l’art. 101 del codice penale, che definisce i reati “della stessa indole”. Non sono solo quelli che violano la stessa norma, ma anche quelli che, pur essendo previsti da leggi diverse, presentano “caratteri fondamentali comuni”. Questi caratteri possono essere desunti dalla natura dei fatti, dalle modalità di esecuzione o, come nel caso di specie, dai moventi economici del reo.

L’Unitarietà della Strategia Imprenditoriale

I giudici hanno stabilito che entrambi i reati – la precedente violazione edilizia e l’attuale occupazione abusiva – erano riconducibili a una medesima strategia imprenditoriale. Entrambe le condotte erano espressione della volontà di aumentare la redditività dello stabilimento balneare, ignorando deliberatamente i limiti imposti dalla legge. L’impulso psichico era lo stesso: privilegiare l’interesse personale a scapito degli interessi pubblici, siano essi legati alla tutela del paesaggio, al controllo dell’attività edilizia o all’uso collettivo del bene demaniale.

Le Motivazioni della Sentenza

La motivazione della Corte si fonda sull’affinità dei moventi che hanno generato i reati. La condotta dell’imputato non è stata vista come un episodio isolato, ma come parte di una tendenza a non rispettare le norme che regolano la sua attività. Questa “seriazione” tra la condotta in valutazione e i reati pregressi dimostra un’inclinazione verso un’identica tipologia criminosa, finalizzata all’incremento del profitto. Tale valutazione, secondo la Corte, è immune da censure di illogicità e si sottrae al sindacato di legittimità. Inoltre, la Corte ha sottolineato che la pena inflitta dal Tribunale, superiore al minimo edittale, già di per sé indicava una valutazione di non particolare tenuità della condotta.

Le Conclusioni: Implicazioni Pratiche

Questa sentenza offre un’importante lezione pratica: ai fini della valutazione dell’abitualità del comportamento, non è necessario che i reati commessi siano identici. È sufficiente che essi siano collegati da un filo conduttore, come un movente economico o una specifica strategia d’azione. Per gli imprenditori, ciò significa che violazioni seriali di norme diverse (edilizie, ambientali, demaniali), se ispirate dalla stessa logica di massimizzazione del profitto in spregio alle regole, possono essere considerate nel loro insieme per escludere l’applicazione della causa di non punibilità per particolare tenuità del fatto, anche per illeciti di modesta entità.

Quando due reati diversi possono essere considerati “della stessa indole”?
Secondo la Corte, due reati sono della stessa indole non solo se violano la stessa legge, ma anche se, pur essendo previsti da norme diverse, presentano caratteri fondamentali comuni desunti dalla natura dei fatti, dalle modalità di esecuzione o dai moventi economici che li hanno determinati.

Una precedente assoluzione per particolare tenuità del fatto impedisce di ottenerne un’altra?
Sì, può impedirlo. Se la precedente assoluzione, sommata al nuovo reato, dimostra un comportamento abituale e una tendenza a violare la legge, anche se per reati di natura diversa ma con moventi simili, ciò costituisce una condizione ostativa al riconoscimento di una nuova causa di non punibilità per particolare tenuità del fatto.

Perché in questo caso non è stata concessa la particolare tenuità del fatto?
Non è stata concessa perché la Corte ha ritenuto che l’occupazione abusiva del demanio, unita a una precedente violazione edilizia e paesaggistica, costituisse un “comportamento abituale”. Entrambi i reati erano espressione di un’unica strategia imprenditoriale volta ad aumentare la redditività dello stabilimento, dimostrando una tendenza a ignorare le norme a tutela dell’interesse pubblico.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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