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Tenuità del fatto: quando il ricorso è inammissibile

La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso di un imprenditore condannato per reati ambientali. La sentenza conferma che la non punibilità per particolare tenuità del fatto (art. 131-bis c.p.) non si applica in presenza di un danno significativo e di precedenti penali che configurano un comportamento abituale. Inoltre, il ricorso è stato giudicato inammissibile perché i motivi erano una mera ripetizione di quelli già respinti in appello e le richieste di benefici, come la sospensione condizionale della pena, erano state formulate in modo generico e non motivato.

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Pubblicato il 19 settembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Tenuità del fatto: la Cassazione stabilisce i limiti per l’appello

Con una recente sentenza, la Corte di Cassazione ha affrontato il tema della non punibilità per particolare tenuità del fatto, delineando con chiarezza i confini entro cui tale istituto può trovare applicazione e le condizioni di ammissibilità di un ricorso. Il caso riguardava un imprenditore condannato per reati ambientali che si è visto dichiarare inammissibile il ricorso, con importanti chiarimenti sui doveri di specificità nell’impugnazione.

I Fatti del Processo

La vicenda giudiziaria ha origine dalla condanna di un imprenditore da parte del Tribunale di Ancona, successivamente confermata dalla Corte di Appello. Le accuse riguardavano contravvenzioni in materia ambientale, in particolare la violazione dell’articolo 256 del d.lgs. 152/2006 per aver stoccato presso la propria area di attività un numero di autovetture (70) di gran lunga superiore a quello autorizzato (30).

I Motivi del Ricorso in Cassazione

L’imputato ha presentato ricorso per cassazione basandosi su tre motivi principali:

1. Violazione dell’art. 131-bis c.p.: Si lamentava il mancato riconoscimento della causa di non punibilità per particolare tenuità del fatto. Secondo la difesa, i due precedenti a carico dell’imputato erano risalenti nel tempo e non sufficienti a configurare l’abitualità del comportamento.
2. Mancato riconoscimento delle attenuanti generiche: Si contestava il diniego delle circostanze attenuanti generiche, che a dire della difesa dovevano essere concesse in virtù dell’atteggiamento collaborativo tenuto dall’imputato.
3. Mancanza di motivazione: Si denunciava l’assenza di motivazione riguardo alla richiesta di sospensione condizionale della pena.

La Decisione della Corte: la non applicabilità della tenuità del fatto

La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso interamente inammissibile, fornendo spiegazioni dettagliate per ciascun motivo. Sul punto cruciale della tenuità del fatto, i giudici hanno confermato la decisione dei tribunali di merito. Hanno sottolineato che l’art. 131-bis c.p. richiede la coesistenza di due condizioni: la particolare tenuità dell’offesa e la non abitualità del comportamento.

Nel caso specifico, entrambe le condizioni mancavano:

* Gravità dell’offesa: Lo stoccaggio di 70 veicoli a fronte di un’autorizzazione per 30 è stato ritenuto un superamento esorbitante, tale da escludere la tenuità.
* Abitualità del comportamento: La presenza di precedenti violazioni in materia di inquinamento ambientale, come risultava dal certificato penale, integrava il requisito del comportamento abituale, ostativo all’applicazione del beneficio.

La Corte ha specificato che la nozione di comportamento abituale ai fini dell’art. 131-bis è più ampia di quella della recidiva e ricorre quando l’autore ha commesso almeno altri due illeciti, anche se risalenti nel tempo.

Genericità del Ricorso e Altri Motivi di Inammissibilità

Anche gli altri motivi sono stati giudicati inammissibili. La Corte ha ribadito un principio fondamentale: è inammissibile il ricorso per cassazione che si limiti a riproporre le stesse doglianze già respinte in appello, senza una critica specifica e argomentata della sentenza impugnata. Questo rende il motivo non specifico, ma solo apparente.

Per quanto riguarda le attenuanti generiche, i giudici hanno ricordato che la loro concessione non è un diritto dell’imputato ma una valutazione discrezionale del giudice, che richiede la presenza di elementi positivi. La Corte territoriale aveva legittimamente negato il beneficio sulla base della gravità dei fatti e della personalità negativa dell’imputato, desunta dai precedenti penali.

Infine, sulla sospensione condizionale della pena, la richiesta era stata formulata in modo “assolutamente generico e postulatorio”. La Cassazione, citando le Sezioni Unite, ha affermato che l’imputato non può lamentarsi della mancata concessione di un beneficio se non ne ha fatto una richiesta specifica e motivata nel corso del giudizio di merito, soprattutto nel caso di una seconda sospensione, che richiede una prognosi ancora più favorevole.

le motivazioni

La motivazione della Corte di Cassazione si fonda su principi procedurali e sostanziali di grande rigore. In primo luogo, viene ribadito che l’istituto della tenuità del fatto non è un meccanismo automatico di depenalizzazione, ma richiede una valutazione complessa che tenga conto sia della gravità oggettiva della condotta, sia del profilo soggettivo dell’autore. La presenza di precedenti specifici, anche se non recenti, è un indice forte della non occasionalità del comportamento e quindi osta alla concessione del beneficio.

In secondo luogo, la sentenza stigmatizza la prassi di presentare ricorsi generici, che si limitano a riproporre doglianze già esaminate senza confrontarsi criticamente con la motivazione della sentenza d’appello. Un ricorso di questo tipo è considerato inammissibile per mancanza di specificità. Infine, la Corte sottolinea che i benefici di legge, come le attenuanti generiche o la sospensione condizionale, devono essere richiesti con argomentazioni concrete. Il giudice non è tenuto a ricercare d’ufficio elementi a favore dell’imputato se la difesa si limita a una richiesta meramente formale.

le conclusioni

Questa pronuncia offre importanti indicazioni pratiche. Anzitutto, conferma che la valutazione sulla tenuità del fatto è globale e non può prescindere dalla storia criminale del soggetto. In secondo luogo, essa costituisce un severo monito per gli operatori del diritto sull’importanza di redigere atti di impugnazione specifici, argomentati e non meramente ripetitivi. La richiesta di benefici deve essere sempre supportata da elementi fattuali concreti che ne giustifichino la concessione. In caso contrario, il rischio è una declaratoria di inammissibilità, con conseguente condanna al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria.

Quando un reato può essere considerato di “particolare tenuità” ai sensi dell’art. 131-bis c.p.?
Secondo la sentenza, un reato non può essere considerato di particolare tenuità se le modalità della condotta sono gravi (come lo stoccaggio di un numero di veicoli più che doppio rispetto a quello autorizzato) e se il comportamento dell’autore risulta “abituale”. Entrambe le condizioni, ovvero la tenuità dell’offesa e la non abitualità, devono essere presenti contemporaneamente.

Cosa si intende per “comportamento abituale” per escludere la tenuità del fatto?
Il comportamento è considerato abituale quando l’autore ha commesso almeno altri due illeciti oltre a quello in esame. La sentenza chiarisce che questa nozione è diversa e più ampia della recidiva, e possono essere considerati anche reati commessi in passato o successivi a quello per cui si procede, come dimostrato dal certificato penale.

Perché un ricorso per cassazione può essere dichiarato inammissibile se ripropone motivi già discussi in appello?
Il ricorso è dichiarato inammissibile perché risulta generico e non specifico. La Corte di Cassazione richiede che l’impugnazione non si limiti a ripetere le stesse argomentazioni, ma contenga una critica argomentata e puntuale contro le motivazioni della sentenza di appello. Una mera riproposizione è considerata una doglianza solo apparente, che non assolve alla funzione tipica del ricorso.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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