Tenuità del Fatto e Ricorso in Cassazione: Analisi di una Dichiarazione di Inammissibilità
La Corte di Cassazione, con una recente ordinanza, ha ribadito principi fondamentali sia in materia processuale che sostanziale, chiarendo i limiti del giudizio di legittimità e i criteri per l’applicazione della causa di non punibilità per particolare tenuità del fatto. La decisione offre spunti importanti per comprendere quando un ricorso può essere dichiarato inammissibile e perché una condotta, seppur apparentemente isolata, possa essere considerata grave se inserita in un contesto illecito più ampio.
Il caso in esame: dalla condanna al ricorso
Un soggetto veniva condannato in primo e secondo grado per il reato di falsità ideologica commessa dal privato in atto pubblico, previsto dall’art. 483 del codice penale. La Corte d’Appello di Cagliari confermava la sentenza di condanna. Contro questa decisione, l’imputato proponeva ricorso per Cassazione, basando la sua difesa su due principali argomenti: la presunta erroneità della motivazione della sentenza d’appello e la mancata applicazione dell’art. 131-bis c.p., ovvero la non punibilità per particolare tenuità del fatto.
I motivi del ricorso: critica alla motivazione e tenuità del fatto
Il ricorrente contestava, in primo luogo, la logicità e la coerenza della motivazione con cui i giudici di merito avevano affermato la sua responsabilità penale. Sosteneva, in pratica, che la Corte d’Appello non avesse valutato correttamente le prove.
In secondo luogo, lamentava che i giudici non avessero riconosciuto la particolare tenuità del fatto. A suo avviso, l’episodio contestato era di lieve entità e, pertanto, non avrebbe meritato una sanzione penale, ma avrebbe dovuto rientrare nell’ambito di applicazione della causa di non punibilità.
La decisione della Suprema Corte
La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso interamente inammissibile, condannando il ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria. La decisione si fonda su un’analisi distinta dei due motivi di ricorso, entrambi ritenuti infondati.
Analisi della tenuità del fatto e dei motivi del rigetto
Per quanto riguarda il primo motivo, la Corte ha sottolineato che le critiche del ricorrente erano del tutto versate “in fatto”. Si trattava di una semplice riproposizione delle argomentazioni già presentate e respinte in appello, senza una vera critica giuridica alla sentenza impugnata. Il giudizio di Cassazione, come noto, è un giudizio di legittimità e non può trasformarsi in un terzo grado di merito per riesaminare le prove. Le doglianze sono state quindi giudicate non specifiche e meramente apparenti.
Sul secondo punto, quello relativo alla tenuità del fatto, la Corte ha ritenuto il motivo manifestamente infondato. Ha spiegato che la valutazione richiesta dall’art. 131-bis c.p. è complessa e deve tenere conto di tutti gli indicatori previsti dall’art. 133 c.p., come le modalità della condotta e l’entità del danno. Nel caso specifico, i giudici d’appello avevano correttamente escluso la tenuità del fatto per due ragioni decisive.
Le motivazioni
La Corte di Cassazione ha chiarito che la motivazione della Corte d’Appello era pienamente conforme alla legge. Per escludere l’applicazione dell’art. 131-bis, non è necessario che il giudice analizzi in dettaglio ogni singolo elemento previsto dalla norma, ma è sufficiente che indichi in modo adeguato gli elementi ritenuti decisivi per la sua esclusione.
Nel caso di specie, la decisione di non concedere il beneficio si basava su due pilastri:
1. Le modalità della condotta: L’atto falso non era un episodio isolato, ma si inseriva in una serie di attività illecite finalizzate a eludere la disciplina fiscale. Questo contesto ha aggravato la valutazione complessiva del comportamento.
2. L’entità del danno: Il danno prodotto dalla condotta è stato giudicato “non esiguo”, un altro fattore che osta all’applicazione della causa di non punibilità.
La presenza anche di uno solo di questi elementi negativi è sufficiente, secondo la giurisprudenza consolidata, a giustificare il rigetto della richiesta.
Conclusioni
Questa ordinanza riafferma due principi cardine del nostro sistema processuale penale. In primo luogo, il ricorso per Cassazione non è la sede per ridiscutere i fatti del processo, ma solo per contestare eventuali violazioni di legge. Le critiche generiche o ripetitive vengono sanzionate con l’inammissibilità. In secondo luogo, la causa di non punibilità per particolare tenuità del fatto non è applicabile quando il reato, pur modesto se considerato singolarmente, fa parte di una strategia criminale più ampia o quando il danno causato non è affatto trascurabile. La valutazione del giudice deve essere complessiva e non limitarsi al singolo episodio.
Quando un ricorso in Cassazione può essere considerato inammissibile?
Secondo l’ordinanza, un ricorso è inammissibile quando si limita a contestare la valutazione dei fatti già operata dai giudici di merito, risolvendosi in una ‘pedissequa reiterazione’ di argomenti già dedotti in appello e senza sollevare specifiche questioni di diritto.
Quali elementi impediscono l’applicazione della causa di non punibilità per particolare tenuità del fatto?
L’applicazione è esclusa quando la condotta, come nel caso di specie, si inserisce in una serie di attività illecite (in questo caso, per eludere la disciplina fiscale) e quando il danno o il pericolo che ne deriva non è esiguo.
È necessario che il giudice analizzi tutti i criteri dell’art. 133 c.p. per escludere la tenuità del fatto?
No, non è necessaria la disamina di tutti gli elementi previsti. Secondo la Corte, è sufficiente e adeguata la motivazione che dia conto dell’assenza di anche uno solo dei presupposti richiesti dall’art. 131-bis, se ritenuto decisivo.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 3336 Anno 2025
Penale Ord. Sez. 7 Num. 3336 Anno 2025
Presidente: NOME COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 18/12/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da: NOME COGNOME nato a NAPOLI il 27/06/1976
avverso la sentenza del 11/04/2024 della CORTE APPELLO di CAGLIARI
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
RG 35096/2024 – Consigliere COGNOME – Ud. 18 dicembre 2024
Rilevato che NOME COGNOME ricorre avverso la sentenza della Corte di Appello di Cagliari che ha confermato la condanna dell’imputato per il reato di cui all’art. 483 cod. pen.;
Considerato che il ricorso – nella parte in cui contesta la correttezza della motivazione posta a base della dichiarazione di responsabilità – contiene doglianze non consentite dalla legge in sede di legittimità perché del tutto versate in fatto e che si risolvono nella pedisseq reiterazione di quelle già dedotte in appello e puntualmente disattese dalla Corte di merito, dovendosi le stesse considerare non specifiche ma soltanto apparenti, in quanto omettono di assolvere la tipica funzione di una critica argomentata avverso la sentenza oggetto di ricorso (Sez. 2, n. 42046 del 17/07/2019, Boutartour, Rv. 277710; Sez. 3, n. 44882 del 18/07/2014, COGNOME e altri, Rv. 260608; Sez. 6, n. 20377 del 11/03/2009, COGNOME e altri, Rv. 243838).
Rilevato che il ricorso – quanto alla mancata applicazione della causa di non punibilità di cui all’art. 131bis cod. pen. – è manifestamente infondato, dal momento che la sentenza impugnata esprime una motivazione conforme a legge. Il giudizio sulla tenuità, infatti, richiede una valutazione complessa e congiunta di tutte le peculiarità della fattispecie concreta, che tenga conto, ai sensi dell’art. 133, comma 1, cod. pen., delle modalità della condotta, del grado di colpevolezza da esse desumibile e dell’entità del danno o del pericolo (Sez. U, n. 13681 del 25/02/2016, Rv. 266590), anche se non è necessaria la disamina di tutti gli elementi di valutazione previsti, essendo sufficiente l’indicazione di quelli ritenuti rilevanti 6, n. 55107 del 08/11/2018, COGNOME, Rv. 274647), sicché è da ritenersi adeguata la motivazione che dia conto dell’assenza di uno soltanto dei presupposti richiesti dall’art. 131-bis ritenuto, evidentemente, decisivo (Sez. 3, n. 34151 del 18/06/2018, COGNOME, Rv. 273678) come accaduto nel caso di specie in cui il giudice di appello ha ritenuto di escludere l particolare tenuità dell’offesa in ragione tanto della modalità della condotta (che si inserisce una serie di attività illecite volte ad eludere la disciplina fiscale), quanto del caratter esiguo del danno; la contraddizione lamentata nel ricorso non attiene alla sentenza impugnata ma, laddove effettivamente esistente, riguarderebbe la sentenza di primo grado.
Rilevato, pertanto, che il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, con la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
P. Q. M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e al versamento della somma di tremila euro in favore della cassa delle ammende.
Così deciso il 18 dicembre 2024
Il consigliere COGNOME ensore
~~ITATA
Il Presidente