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Tenuità del fatto: quando è esclusa per abitualità

La Corte di Cassazione ha annullato una sentenza di assoluzione per tenuità del fatto nei confronti di un’imputata accusata di otto episodi di insolvenza fraudolenta. Il tribunale di primo grado non aveva adeguatamente motivato perché la condotta, seppur ripetuta, non dovesse considerarsi abituale. La Cassazione ha ribadito che la pluralità di reati della stessa indole impone al giudice una valutazione concreta e non astratta per poter escludere l’abitualità e applicare la causa di non punibilità.

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Pubblicato il 27 dicembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Tenuità del Fatto e Comportamento Abituale: la Cassazione Annulla Assoluzione

La causa di non punibilità per particolare tenuità del fatto, introdotta dall’articolo 131-bis del codice penale, rappresenta uno strumento fondamentale per garantire la proporzionalità della risposta sanzionatoria. Tuttavia, la sua applicazione è esclusa in presenza di un “comportamento abituale”. Una recente sentenza della Corte di Cassazione ha annullato una decisione di merito proprio per la carente motivazione su questo punto cruciale, offrendo importanti chiarimenti sui criteri di valutazione del giudice.

I Fatti di Causa

Il caso riguarda un’imputata assolta in primo grado dal Tribunale per il reato di insolvenza fraudolenta, a cui venivano contestati ben otto episodi commessi nell’arco di circa otto mesi. La condotta consisteva nel farsi ricaricare carte prepagate presso diverse ricevitorie e tabaccherie, per poi allontanarsi con la scusa di dover prelevare il denaro contante, senza però fare più ritorno.

Il Tribunale aveva ritenuto applicabile la causa di non punibilità per particolare tenuità del fatto, assolvendo l’imputata ai sensi dell’art. 530 del codice di procedura penale.

Il Ricorso del Pubblico Ministero e la questione della tenuità del fatto

Il Pubblico Ministero ha impugnato la sentenza di assoluzione dinanzi alla Corte di Cassazione, lamentando una violazione di legge e un vizio di motivazione. Secondo il ricorrente, la presenza di otto episodi del medesimo reato configurava un comportamento abituale, ostativo al riconoscimento della tenuità del fatto.

Inoltre, il PM ha evidenziato come la motivazione della sentenza impugnata fosse del tutto astratta, una mera dissertazione teorica sull’istituto dell’art. 131-bis c.p., priva di qualsiasi riferimento concreto ai fatti storici contestati, al comportamento dell’imputata e agli elementi acquisiti durante il giudizio. Addirittura, la sentenza conteneva un palese errore, riferendosi a reati di furto (artt. 56, 624, 625 c.p.) anziché a quello di insolvenza fraudolenta (art. 641 c.p.) effettivamente contestato.

Le Motivazioni della Corte di Cassazione sulla tenuità del fatto

La Corte di Cassazione ha accolto il ricorso del Pubblico Ministero, ritenendo fondati i motivi relativi alla questione dell’abitualità e alla carenza di motivazione. I giudici di legittimità hanno ricordato che, secondo l’insegnamento delle Sezioni Unite, la serialità di condotte illecite è idonea a integrare un comportamento abituale. In particolare, la preclusione all’applicazione della tenuità del fatto scatta quando l’autore ha commesso almeno due reati della stessa indole, oltre a quello per cui si procede.

La Corte ha precisato che, sebbene la pluralità di reati unificati dal vincolo della continuazione non escluda di per sé l’applicazione dell’istituto, essa impone al giudice di merito un onere motivazionale rafforzato. Il giudice deve procedere a una valutazione complessiva e concreta della fattispecie, tenendo conto di una serie di indicatori:

* La natura e la gravità degli illeciti.
* Le modalità esecutive delle condotte.
* L’intensità del dolo.
* Il periodo di tempo in cui le violazioni si collocano.

Nel caso specifico, la sentenza del Tribunale era totalmente manchevole su questo punto. Si era limitata ad affermare genericamente che non vi erano elementi per desumere l’abitualità e che le modalità del fatto rivelavano una chiara tenuità offensiva, senza però mai analizzare gli otto episodi contestati. Questa motivazione, definita dalla Cassazione come una “mera dissertazione astratta”, non ha permesso di comprendere sulla base di quali elementi concreti il giudice avesse escluso l’abitualità della condotta, nonostante la palese reiterazione dei reati.

Le Conclusioni

Alla luce di queste considerazioni, la Corte di Cassazione ha annullato la sentenza impugnata, disponendo il rinvio per un nuovo giudizio al Tribunale in diversa composizione. Il nuovo giudice dovrà procedere a una nuova valutazione, fornendo una motivazione adeguata e concreta sul punto dell’abitualità del comportamento.

Questa pronuncia ribadisce un principio fondamentale: l’applicazione della causa di non punibilità per particolare tenuità del fatto non può basarsi su formule generiche o astratte. Di fronte a reati plurimi e seriali, il giudice ha il dovere di analizzare nel dettaglio gli elementi specifici del caso per spiegare perché, nonostante la ripetizione, la condotta possa ancora essere considerata di lieve entità e non abituale.

Quando un comportamento viene considerato ‘abituale’ tanto da escludere la tenuità del fatto?
Secondo la giurisprudenza citata nella sentenza (Sezioni Unite Tushaj), il comportamento è considerato abituale quando l’autore ha commesso, oltre al reato per cui si procede, almeno altri due reati della stessa indole, per un totale di almeno tre illeciti.

È possibile applicare la tenuità del fatto se una persona ha commesso più reati della stessa indole?
Sì, la pluralità di reati (anche uniti dal vincolo della continuazione) non esclude automaticamente l’applicazione dell’istituto. Tuttavia, impone al giudice di svolgere una valutazione complessiva e concreta di tutti gli indicatori del fatto (gravità, modalità, dolo, conseguenze) per motivare specificamente perché, nonostante la reiterazione, l’offesa risulti comunque di particolare tenuità e il comportamento non abituale.

Per quale motivo la Corte di Cassazione ha annullato la sentenza di assoluzione?
La Corte ha annullato la sentenza perché la motivazione del giudice di primo grado era del tutto carente e astratta. Il Tribunale si è limitato a enunciare il principio di diritto senza analizzare i fatti concreti (gli otto episodi di insolvenza), non spiegando perché la condotta ripetuta dell’imputata non integrasse un comportamento abituale.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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