Tenuità del Fatto: No all’Applicazione in Caso di Abitualità e Gravità della Condotta
L’istituto della tenuità del fatto, introdotto dall’art. 131-bis del codice penale, rappresenta uno strumento fondamentale per garantire la proporzionalità della risposta sanzionatoria dello Stato. Tuttavia, la sua applicazione è subordinata a precisi limiti. Con una recente ordinanza, la Corte di Cassazione ha ribadito che la non punibilità non può essere concessa quando il comportamento dell’imputato è abituale e l’azione delittuosa si distingue per gravità e spregiudicatezza. Approfondiamo questa importante decisione.
I Fatti del Processo
Il caso trae origine da una condanna emessa in primo grado e confermata dalla Corte d’Appello di Milano nei confronti di un imputato per reati ambientali, specificamente previsti dall’art. 256 del D.Lgs. 152/2006, e per il possesso di documenti di identificazione falsi (art. 497-bis c.p.). L’imputato, ritenendo ingiusta la decisione, ha proposto ricorso per Cassazione, affidandosi a due principali motivi di doglianza.
L’Esclusione della Tenuità del Fatto tra i Motivi di Ricorso
Il ricorrente lamentava, in primo luogo, la mancata applicazione della causa di non punibilità per particolare tenuità del fatto. A suo avviso, le circostanze concrete del reato avrebbero dovuto condurre a una declaratoria di non punibilità. In secondo luogo, contestava l’eccessività del trattamento sanzionatorio, ritenendolo sproporzionato rispetto alla condotta effettivamente tenuta.
La Decisione della Cassazione sulla Tenuità del Fatto
La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile, respingendo entrambe le argomentazioni difensive. Per quanto riguarda il primo motivo, i giudici hanno ritenuto la doglianza manifestamente infondata. La Corte territoriale, infatti, aveva correttamente escluso la possibilità di applicare l’art. 131-bis c.p. non solo per la presenza di altri presupposti ostativi, ma soprattutto in ragione di due elementi cruciali: l’abitualità delle condotte delittuose dell’imputato e la gravità e spregiudicatezza dell’azione.
Le Motivazioni della Corte
Secondo la Cassazione, questi fattori impediscono di qualificare il fatto come ‘tenue’. L’abitualità nel commettere reati è un indice della pericolosità sociale del soggetto e della sua avversione alle norme, un elemento che, per legge, preclude l’accesso al beneficio. Allo stesso modo, un’azione condotta con particolare gravità e spregiudicatezza dimostra un’intensità del dolo e un disvalore tali da rendere l’offesa tutt’altro che minima.
Sul secondo motivo, relativo alla pena, la Corte ha rilevato la sua genericità. Il ricorrente si era limitato a una critica astratta, senza confrontarsi in modo specifico con le argomentazioni dettagliate che la Corte d’Appello aveva fornito per giustificare la misura della sanzione. Un ricorso, per essere ammissibile, deve contenere una critica puntuale e argomentata del provvedimento impugnato, non una mera lamentela.
Le Conclusioni
La decisione in esame consolida un principio cardine nell’applicazione della tenuità del fatto: non si tratta di un automatismo, ma di una valutazione complessa che il giudice deve compiere analizzando sia l’aspetto oggettivo (l’entità del danno o del pericolo) sia quello soggettivo (la condotta e la personalità dell’autore). La presenza di abitualità nel reato e una particolare gravità nell’esecuzione sono ostacoli insormontabili all’applicazione di questo istituto. La conseguenza per il ricorrente è stata non solo la conferma della condanna, ma anche il pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria a favore della Cassa delle ammende.
Quando non si può applicare la causa di non punibilità per particolare tenuità del fatto?
Secondo la Corte, la non punibilità per tenuità del fatto è esclusa quando la condotta dell’imputato è abituale e l’azione è caratterizzata da gravità e spregiudicatezza, poiché tali elementi impediscono di qualificare il fatto come ‘tenue’.
Perché il motivo di ricorso sulla pena è stato respinto?
Il motivo relativo all’eccessività della pena è stato dichiarato inammissibile perché ritenuto generico. Il ricorrente non ha formulato una critica specifica e argomentata contro le motivazioni della sentenza d’appello, limitandosi a una lamentela generale.
Quali sono le conseguenze di un ricorso dichiarato inammissibile dalla Corte di Cassazione?
La dichiarazione di inammissibilità del ricorso comporta la condanna definitiva dell’imputato, che è inoltre tenuto al pagamento delle spese processuali e di una somma di denaro, stabilita dalla Corte, a favore della Cassa delle ammende.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 47117 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 7 Num. 47117 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: NOME COGNOME
Data Udienza: 27/11/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da: NOME COGNOME nato a NAPOLI il 01/11/1980
avverso la sentenza del 16/04/2024 della CORTE APPELLO di MILANO
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere COGNOME
MOTIVI DELLA DECISIONE
Rilevato che con la sentenza impugnata la Corte di appello di Milano ha confermato la pronuncia di primo grado di condanna di NOME COGNOME per i delitti di cui agli artt. 256, commi 2 e 5, d.lgs. n. 152/2006 (capo A) e 497-bis cod. peri. (capo C);
Considerato che con il primo motivo l’imputato lamenta che non è stata dichiarata la sussistenza della causa di non punibilità per particolare tenuità del fatto ex art. 131-bis cod. pen.;
Ritenuta tale doglianza manifestamente infondata poiché la Corte territoriale ha ritenuto preclusa la possibilità – al di là della sussistenza degli altri presupposti applicativi richiesti dall’art. 131-bis cod. pen. – di dichiarare il fatto non punib in forza di detta norma in ragione dell’abitualità delle condotte delittuose dell’imputato e della gravità e spregiudicatezza dell’azione, inidonea a consentire la qualificazione del fatto come tenue (pag. 5);
Considerato che, con il secondo motivo, di tenore generico, senza alcun confronto con le relative argomentazioni sottese alla decisione impugnata, il ricorrente deduce l’eccessività del trattamento sanzionatorio;
Rilevato, pertanto, che il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, con la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso il 27/11/2024