Sentenza di Cassazione Penale Sez. 5 Num. 30510 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 5 Num. 30510 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 14/05/2025
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME nato il 06/07/1986
avverso la sentenza del 08/10/2024 della CORTE APPELLO di ANCONA
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME; lette/septfEe ‘ le conclusioni del PG NOME COGNOME
7 6 il difensore L do) 9>r ,N’, AuSjz-x-’11,è,
IN FATTO E IN DIRITTO
Con la sentenza di cui in epigrafe la corte di appello di Ancona confermava la sentenza con cui il tribunale di Ascoli Piceno, in data 16.1.2024, aveva condannato NOME COGNOME alla pena ritenuta di giustizia, in relazione al reato di tentato furto continuato, aggravato in quanto commesso con violenza sulle cose.
La corte territoriale disattendeva, in particolare, le doglianze dell’appellante, in punto di richiesta di applicazione della causa di non punibilità per tenuità del fatto di cui all’art. 131 bis, cod. pen., sul presupposto, da un lato, che il fatto per cui si procede, a differenza di quanto prospettato dal prevenuto, non può ritenersi di per sé tenue, anche in considerazione del valore dei beni verso i quali era indirizzata l’azione predatoria; dall’altro, della sostanziale abitualità del comportamento tenuto nel tempo dall’imputato, espressione di non occasionale inclinazione alla violazione dei precetti penali, finalizzata al conseguimento di profitti economici di illecita provenienza e con modalità lesive delle posizioni giuridiche di interesse dei terzi, come si evince anche da una serie di condanne a suo carico derivanti dalla commissione di reati collegati al traffico illecito di sostanze stupefacenti (cfr. pp. 5-6 della sentenza impugnata).
Al tempo stesso la corte territoriale rigettava anche la richiesta dell’imputato di riconoscere in proprio favore la circostanza attenuante di cui all’art. 62, co. 1, n. 4), cod. pen. (cfr. p. 6 della sentenza impugnata).
Avverso la sentenza della corte territoriale, di cui chiede l’annullamento, ha proposto tempestivo ricorso per cassazione l’imputato, lamentando: 1) vizio di motivazione, con riferimento al mancato riconoscimento della causa di non punibilità di cui all’art. 131 bis, c.p., essendo la corte territoriale incorsa in un evidente travisamento della prova, facendo riferimento a precedenti penali desunti dal certificato del casellario giudiziale allegato agli atti del fascicolo del primo grado di giudizio, relativo, tuttavia, a un soggetto (tale COGNOME, contraddistinto da numerosi alias) diverso dall’imputato;
violazione di legge e vizio di motivazione, sul diniego del riconoscimento della circostanza attenuante di cui all’art. 62, co. 1, n. 4 c.p., posto che la corte territoriale ha confuso il danno patrimoniale subìto dal supermercato, non indicato, né calcolato, con il valore della merce oggetto del tentato furto e recuperata, di per sé esiguo, essendo pari a euro 312,47, senza tacere che il giudice di appello non ha svolto alcuna indagine in ordine al reale pregiudizio patito dalla persona offesa, diverso e inferiore al valore commerciale della merce oggetto del reato.
Con requisitoria scritta del 16.4.2025, il sostituto procuratore generale della Repubblica presso la Corte di Cassazione, nella persona del dott. NOME COGNOME chiede che il ricorso venga dichiarato inammissibile.
Con memoria del 7.5.2025, il difensore di fiducia dell’imputato, avv. NOME COGNOME nel replicare all’indicata requisitoria del pubblico ministero, insiste per l’accoglimento del ricorso, riportandosi ai motivi di impugnazione.
Il ricorso va rigettato per le seguenti ragioni.
Con particolare riferimento al primo motivo di ricorso, va rilevato che la corte territoriale ha fondato la sua decisione innanzitutto sulle modalità della condotta, ritenendo che la stessa, per come ricostruita dai giudici di merito, non potesse considerarsi di particolare tenuità, sia in ragione del suo concreto estrinsecarsi, sia in considerazione del valore dei beni cui era indirizzata l’azione predatoria.
L’imputato, infatti, evidenzia la corte territoriale con logico argomentare, si era introdotto all’interno di un supermercato allo scopo di sottrarre ben diciassette capi di abbigliamento di varia natura (pantaloni, magliette e scarpe) del valore complessivo di euro 312,47, dopo averne rimosso i dispositivi antitaccheggio, non riuscendo nel suo intento a causa dell’intervento degli addetti alla vigilanza, che lo avevano bloccato immediatamente dopo che l’Ali aveva oltrepassato la barriera delle casse, condotta, che aveva gravemente danneggiato gli indumenti di maggior valore a causa dell’esportazione dei meccanismi antifurto, con conseguente impossibilità per la società titolare del supermercato di
recuperarne il valore commerciale, considerata dal giudice di secondo grado, con motivazione affatto manifestamente illogica, espressione di una sistematica e non repentina od occasionale sottrazione di indumenti (cfr. p. 5 della sentenza impugnata).
Sulla base di tali argomenti, dunque, la corte territoriale ha correttamente escluso che nel caso in esame l’offesa possa considerarsi di particolare tenuità, facendo riferimento proprio ai parametri della modalità della condotta e della (non) esiguità del danno, valutati alla luce del disposto dell’art. 133, co. 1, cod. pen., come previsto dall’art. 131 bis, co. 1, cod. pen.
Avere escluso che l’offesa possa considerarsi di particolare tenuità, integra un elemento oggettivamente ostativo per il riconoscimento della causa di punibilità, di cui all’art. 131 bis, cod. pen., rendendo del tutto superflua ogni valutazione sul carattere abituale o meno della condotta illecita e, di conseguenza, sulla fondatezza o meno dell’eccezione difensiva riguardante l’erronea utilizzazione del certificato del casellario giudiziale relativo a un soggetto diverso dall’imputato, posto che, ai fini del riconoscimento della causa di non punibilità di cui si discute, occorre la presenza di entrambi i presupposti indicati dall’art. 131 bis, co. 1, cod pen., vale a dire la particolare tenuità dell’offesa e la non abitualità del comportamento.
In questo senso si è espressa la Corte di Cassazione nella sua composizione più autorevole, nel rilevare che la causa di esclusione della punibilità per particolare tenuità del fatto può essere sì riconosciuta dal giudice all’esito di una valutazione complessiva della fattispecie concreta, da condurre alla luce di una serie di indicatori rappresentati, in particolare, dalla natura e dalla gravità degli illeciti in continuazione, dalla tipologia dei beni giuridici protetti, dall’entità delle disposizioni di legge violate, dalle finalità e dalle modalità esecutive delle condotte, dalle loro motivazioni e dalle conseguenze che ne sono derivate, dal periodo di tempo e dal contesto in cui le diverse violazioni si collocano, dall’intensità del dolo e dalla rilevanza attribuibile ai comportamenti successivi ai fatti, fatte salve, tuttavia, le condizioni ostative
tassativamente previste dall’art. 131-bis cod. pen. per escludere la particolare tenuità dell’offesa o per qualificare il comportamento come abituale, che, ove sussistenti, rendono del tutto superflua ogni valutazione della fattispecie concreta (cfr. Sez. U, n. 18891 del 27/01/2022, Rv. 283064).
Né va taciuta, con riferimento all’atto di cui il ricorrente lamenta il travisamento da parte del giudice di secondo grado, vale a dire il certificato del casellario giudiziale relativo a Talbi Anis, la violazione del principio della cd. autosufficienza del ricorso, per cui è inammissibile il ricorso per cassazione che deduca vizi di motivazione e, pur richiamando atti specificamente indicati, non contenga, come nel caso in esame, la loro integrale trascrizione o allegazione, così da rendere lo stesso autosufficiente con riferimento alle relative doglianze (cfr., ex plurimis, Sez. 2, n. 26725 del 01/03/2013, Rv. 256723; Sez. 2, n. 20677 del 11/04/2017, Rv. 270071). Siffatta interpretazione va mantenuta ferma, come chiarito da alcuni recenti arresti, anche dopo l’entrata in vigore dell’art. 165 bis, co. 2, d.lgs 28 luglio 1989, n. 271, inserito dall’art. 7, d.lgs. 6 febbraio 2018, n. 11, dovendosi ribadire l’onere di puntuale indicazione ed allegazione, da parte del ricorrente, degli atti che si assumono travisati e dei quali si ritiene necessaria l’allegazione, materialmente devoluta alla cancelleria del giudice che ha emesso il provvedimento impugnato (cfr. Sez. 5, n. 5897 del 03/12/2020, Rv. 280419; Sez. 2, n. 35164 del 08/05/2019, Rv. 276432).
5.Infondato appare il secondo motivo di ricorso.
Vero è che, come affermato dalla giurisprudenza di legittimità, in materia di furto, la circostanza della speciale tenuità del danno non si fonda sul solo apprezzamento del valore economico della “res” (nel caso in esame, come si è detto, capi di vestiario per un valore complessivo di euro 312,47), ma su una valutazione globale delle ripercussioni che l’atto lesivo ha avuto nella sfera soggettiva della persona offesa (cfr. Sez. 5, n. 11554 del 10/02/2022, Rv. 282876).
Tuttavia, è altrettanto vero che l’attenuante del danno di speciale tenuità presuppone un giudizio complesso, che prenda in considerazione,
come fatto dalla corte territoriale, tutti gli elementi della fattispecie concreta necessari per accertare non il solo danno patrimoniale, ma il danno criminale nella sua globalità, cosicché, ai fini della sua configurabilità nel reato di furto, non possono essere ritenuti determinanti i soli parametri dell’entità lievissima del pregiudizio causato alla persona offesa e il valore irrisorio del bene sottratto (cfr. Sez. 5, Sentenza n. 344 del 26/11/2021, Rv. 282402).
D’altro canto non appare revocabile in dubbio che, ai fini della configurabilità della circostanza attenuante del danno di particolare tenuità in tema di furto, occorre che il valore intrinseco ed economico del bene sottratto sia pressoché irrilevante, circostanza di fatto la cui sussistenza può essere dimostrata con qualunque prova, anche testimoniale, non essendo necessari documenti o valutazioni peritali, e tali non possono considerarsi, in tutta evidenza, beni venduti al prezzo complessivo di 312,47 euro,
Orbene, su GLYPH questi specifici ed essenziali GLYPH profili il GLYPH ricorrente sostanzialmente tace, non avendo quest’ultimo adempiuto all’onere, gravante sull’imputato tutte le volte in cui si discute del mancato riconoscimento di una circostanza attenuante (cfr., in tema di provocazione, ex plurimis, Sez. I, 3.12.2010, n. 2663, rv. 249548), di dimostrare la sussistenza di elementi di fatto, trascurati dal giudice procedente, idonei a giustificare l’affermazione della configurabilità della circostanza attenuante di cui invoca il riconoscimento alla luce dei parametri indicati dalla giurisprudenza di legittimità.
Del tutto irrilevante deve ritenersi, infine, l’immediata restituzione dei beni ai responsabili del centro commerciale in cui si era verificato il tentativo di furto, posto che, come rilevato in un condivisibile arresto di questa Corte, in tema di furto, ai fini della configurabilità della circostanza attenuante del danno di particolare tenuità, l’entità del danno cagionato alla persona offesa deve essere verificata al momento della consumazione del reato costituendo la restituzione della refurtiva solo un “post factum” non valutabile a tale fine. (Fattispecie in cui il bene oggetto di furto era stato sottratto per breve tempo poiché
recuperato, subito dopo la commissione del reato, dalle forze dell’ordine:
cfr. Sez. 5, n. 19728 del 11/04/2019, Rv. 275922)
La corte territoriale, pertanto, nell’individuare nel valore commerciale dei beni oggetto del tentativo di furto, nel danno subìto dal danneggiamento
irreparabile degli indumenti di maggior valore e nella pervicacia dell’azione criminosa, gli ostacoli al riconoscimento della circostanza
attenuante in parola, ha reso una motivazione del tutto in linea con i richiamati principi.
6. Al rigetto del ricorso, consegue la condanna del ricorrente, ai sensi dell’art. 616, c.p.p., al pagamento delle spese del procedimento.
P.Q.M.
rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Così deciso in Roma il 14.5.2025.