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Tenuità del fatto: no se l’offesa non è minima

La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso di un imputato che chiedeva l’applicazione della causa di non punibilità per particolare tenuità del fatto. La decisione si fonda sulla valutazione della condotta, ritenuta di offensività non minima, confermando così la sentenza della Corte d’Appello. La pronuncia ribadisce che per beneficiare della particolare tenuità del fatto, l’offesa al bene giuridico tutelato deve essere realmente esigua.

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Pubblicato il 27 settembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Particolare Tenuità del Fatto: Quando un’Offesa Non È Minima secondo la Cassazione

L’istituto della particolare tenuità del fatto rappresenta una valvola di sfogo del sistema penale, volta a evitare la punizione per reati di minima gravità. Tuttavia, la sua applicazione non è automatica e richiede una valutazione attenta da parte del giudice. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione ci offre un chiaro esempio dei suoi limiti, sottolineando l’importanza del criterio dell’offensività della condotta.

I Fatti di Causa

Il caso trae origine dal ricorso presentato da un imputato avverso una sentenza della Corte d’Appello di L’Aquila. Il ricorrente lamentava, tra i vari motivi, il mancato riconoscimento della causa di non punibilità per particolare tenuità del fatto. A suo avviso, la condotta che gli era stata addebitata avrebbe dovuto essere considerata talmente lieve da non meritare una sanzione penale.

La Decisione sul ricorso per particolare tenuità del fatto

La Corte di Cassazione, con l’ordinanza in esame, ha respinto categoricamente le argomentazioni del ricorrente. Il ricorso è stato giudicato ‘manifestamente infondato’ e, di conseguenza, dichiarato inammissibile. Questa decisione ha comportato per il ricorrente non solo la conferma della condanna subita in appello, ma anche l’obbligo di pagare le spese processuali e una sanzione pecuniaria di tremila euro a favore della Cassa delle ammende.

Le Motivazioni della Decisione

Il cuore della pronuncia della Suprema Corte risiede nella valutazione del concetto di ‘offensività’. I giudici hanno chiarito che il beneficio della particolare tenuità del fatto non poteva essere concesso in questo caso specifico a causa della ‘non minima offensività della condotta posta in essere dall’imputato’.

In altre parole, la Corte ha stabilito che, sebbene ogni reato comporti un’offesa, per poter applicare questa causa di non punibilità è necessario che tale offesa sia eccezionalmente esigua. La Corte di merito aveva già ampiamente motivato su questo punto nella sua sentenza, e la Cassazione ha ritenuto tali motivazioni corrette e sufficienti. Il tentativo del ricorrente di ottenere una rivalutazione nel merito è stato quindi considerato un’istanza non ammissibile in sede di legittimità.

Le Conclusioni

L’ordinanza ribadisce un principio fondamentale: la non punibilità per particolare tenuità del fatto è una deroga che si applica solo a situazioni marginali. Non è sufficiente che il danno sia contenuto, ma è necessario che l’intera condotta, valutata nel suo complesso, presenti un grado di lesività talmente basso da rendere la sanzione penale sproporzionata e non necessaria. Questa decisione serve da monito: un ricorso per cassazione basato su tale motivo, senza solidi argomenti che dimostrino la minima offensività del fatto, ha scarse probabilità di successo e può anzi comportare ulteriori costi per l’imputato.

Perché il ricorso è stato dichiarato inammissibile?
Il ricorso è stato dichiarato inammissibile perché ritenuto manifestamente infondato. La Corte di Cassazione ha stabilito che le motivazioni addotte dal ricorrente, in particolare sulla particolare tenuità del fatto, non avevano alcun fondamento giuridico.

Qual è il motivo principale per cui non è stata riconosciuta la particolare tenuità del fatto?
La causa di non punibilità non è stata riconosciuta a causa della ‘non minima offensività della condotta’. Secondo i giudici, il comportamento dell’imputato ha superato la soglia di lieve entità richiesta dalla legge per poter beneficiare di tale istituto.

Quali sono state le conseguenze economiche per il ricorrente a seguito della decisione?
In conseguenza della dichiarazione di inammissibilità del ricorso, il ricorrente è stato condannato al pagamento delle spese processuali e al versamento di una somma di tremila euro in favore della Cassa delle ammende.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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