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Tenuità del fatto: no se la guida è pericolosa

La Corte di Cassazione ha confermato la condanna per guida in stato di ebbrezza di un automobilista che aveva tamponato un autobus. Il ricorso, basato su presunti vizi procedurali e sulla richiesta di applicazione della causa di non punibilità per particolare tenuità del fatto, è stato dichiarato inammissibile. La Corte ha stabilito che la condotta, essendo particolarmente pericolosa, non può beneficiare della tenuità del fatto.

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Pubblicato il 5 novembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Tenuità del fatto negata per guida pericolosa in stato di ebbrezza

La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 34699 del 2025, ha affrontato un caso di guida in stato di ebbrezza, chiarendo i limiti di applicazione della causa di non punibilità per particolare tenuità del fatto. La pronuncia sottolinea come la pericolosità concreta della condotta, manifestatasi nel provocare un incidente, sia un elemento decisivo per escludere tale beneficio, anche a fronte di un reato che, in altre circostanze, potrebbe essere considerato di lieve entità.

I fatti di causa: l’incidente e la condanna

Un automobilista veniva condannato in primo e secondo grado per il reato di guida in stato di ebbrezza, aggravato dall’aver provocato un incidente stradale in orario notturno. L’uomo, alla guida della sua auto, aveva tamponato un autobus di linea a Roma. Sottoposto ad accertamenti ematici in ospedale, gli veniva riscontrato un tasso alcolemico di 1,89 g/l, ben al di sopra del limite massimo consentito dalla legge.

Nei primi due gradi di giudizio, i giudici avevano ritenuto l’imputato colpevole, condannandolo a una pena di un anno di arresto e 4000 Euro di ammenda, oltre alla sospensione della patente di guida per un anno.

I motivi del ricorso in Cassazione

L’imputato, tramite il suo difensore, proponeva ricorso per Cassazione articolando tre motivi principali.

La presunta violazione del diritto di difesa

Il primo motivo lamentava un vizio procedurale. La difesa sosteneva che il giudice di primo grado avesse leso il diritto di difesa chiudendo l’istruttoria dibattimentale dopo aver ascoltato un solo testimone, senza revocare esplicitamente l’ordinanza con cui erano state ammesse altre prove e senza che la difesa avesse rinunciato alle stesse.

La richiesta di assoluzione e la tenuità del fatto

Con il secondo e terzo motivo, il ricorrente contestava la sussistenza degli elementi del reato e, soprattutto, la mancata applicazione dell’art. 131-bis c.p. La difesa chiedeva l’assoluzione per particolare tenuità del fatto, sostenendo che la condotta non fosse sufficientemente grave da meritare una condanna penale.

La decisione della Cassazione e la non applicabilità della tenuità del fatto

La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso interamente inammissibile, confermando la condanna.

Sul vizio procedurale, i giudici hanno chiarito che la mancata opposizione della difesa alla chiusura dell’istruttoria sana qualsiasi potenziale nullità. In pratica, il silenzio della parte presente in aula equivale a un’accettazione (acquiescenza) della decisione del giudice, comportando una revoca implicita delle prove non ancora assunte.

Sul punto centrale, quello relativo alla tenuità del fatto, la Corte ha respinto la richiesta con argomentazioni nette, ritenendo il motivo manifestamente infondato.

Le motivazioni della Corte

La Corte ha ribadito che la valutazione sulla tenuità del fatto richiede un’analisi complessa e congiunta di tutti gli elementi della fattispecie concreta. Bisogna considerare non solo l’entità del danno o del pericolo, ma anche le modalità della condotta e il grado di colpevolezza. Citando la giurisprudenza delle Sezioni Unite, i giudici hanno specificato che si deve tener conto di una serie di indicatori, tra cui la natura dell’illecito, la gravità delle norme violate e le conseguenze dell’azione.

Nel caso specifico, la Corte di merito aveva correttamente motivato il diniego del beneficio. L’offesa non poteva essere considerata di particolare tenuità perché l’imputato aveva tenuto una condotta particolarmente pericolosa, arrivando a impattare con la sua auto contro un autobus. Questa modalità del fatto, indice di un’elevata pericolosità e di un significativo grado di colpevolezza, è stata ritenuta ostativa al riconoscimento della non punibilità.

Le conclusioni

In conclusione, la sentenza conferma un principio fondamentale: la valutazione sulla tenuità del fatto non è automatica ma va ancorata alle specificità del caso. Nel contesto dei reati stradali, e in particolare della guida in stato di ebbrezza, l’aver provocato un incidente stradale è una circostanza che, per la sua intrinseca pericolosità, può legittimamente precludere l’applicazione dell’art. 131-bis c.p. La decisione della Cassazione rafforza l’idea che la sicurezza della circolazione stradale è un bene giuridico meritevole di una tutela rigorosa, che non ammette sconti di pena di fronte a condotte concretamente rischiose per l’incolumità pubblica.

Quando si può escludere l’applicazione della causa di non punibilità per particolare tenuità del fatto?
Secondo la sentenza, l’applicazione può essere esclusa quando le modalità della condotta sono particolarmente pericolose. Nel caso specifico, il fatto che l’imputato, guidando con un tasso alcolemico elevato, avesse causato un incidente urtando un autobus è stato considerato un elemento decisivo per negare il beneficio.

Se la difesa non si oppone alla chiusura anticipata dell’istruttoria, perde il diritto di far esaminare i propri testimoni?
Sì. La Corte ha stabilito che la mancata obiezione immediata da parte della difesa presente in aula sana l’eventuale nullità procedurale. Tale comportamento equivale a una revoca implicita dell’ammissione delle prove non assunte, con il consenso (acquiescenza) della parte stessa.

Cosa succede se un motivo di ricorso in Cassazione è generico e si limita a ripetere le argomentazioni già presentate in appello?
Un motivo di ricorso così formulato viene dichiarato inammissibile. La Corte di Cassazione richiede che l’impugnazione contenga critiche specifiche e puntuali alla motivazione della sentenza impugnata, e non una semplice riproposizione delle censure già esaminate e respinte nel grado precedente.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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