Particolare Tenuità del Fatto: Quando l’Intensità del Dolo Esclude il Beneficio
La causa di non punibilità per particolare tenuità del fatto, introdotta dall’art. 131-bis del codice penale, rappresenta uno strumento fondamentale per deflazionare il sistema giudiziario, evitando la punizione per reati di minima offensività. Tuttavia, la sua applicazione non è automatica e richiede una valutazione attenta di tutti gli elementi del caso concreto, in particolare dell’elemento psicologico. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione ci offre un chiaro esempio di come l’intensità del dolo possa precludere l’accesso a questo beneficio.
I Fatti del Caso
Il caso esaminato dalla Suprema Corte riguarda un ricorso presentato da un imputato contro una sentenza della Corte d’Appello di Torino. L’imputato era stato condannato per essersi allontanato dalla propria abitazione, dove era sottoposto a una misura restrittiva, appena trenta minuti prima che scadesse il termine coperto da un’autorizzazione.
La difesa sosteneva che la condotta dovesse essere considerata non punibile proprio in virtù della sua particolare tenuità, data l’esiguità del tempo di anticipo con cui era stata commessa la violazione. La Corte d’Appello, tuttavia, aveva respinto questa tesi, ritenendo che le circostanze specifiche del fatto dimostrassero una particolare intensità dell’intento criminoso.
La Valutazione sulla Particolare Tenuità del Fatto
Il cuore della questione giuridica ruota attorno ai criteri di applicazione dell’art. 131-bis c.p. Questo articolo stabilisce che la punibilità è esclusa quando, per le modalità della condotta e per l’esiguità del danno o del pericolo, l’offesa è di particolare tenuità e il comportamento non risulta abituale.
Nel caso di specie, la Corte di Cassazione ha confermato l’interpretazione dei giudici di merito. I magistrati hanno ritenuto che l’azione dell’imputato non potesse essere considerata di lieve entità proprio a causa della sua connotazione psicologica. Allontanarsi dall’abitazione, pur con un anticipo di soli trenta minuti rispetto alla scadenza del permesso, non è stato visto come una leggerezza o una svista, ma come una precisa scelta consapevole di violare la legge.
La Decisione della Corte di Cassazione
Con l’ordinanza in esame, la Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile. La decisione si fonda sulla corretta valutazione operata dalla Corte d’Appello, la quale aveva giustamente valorizzato la “particolare intensità del dolo”. Secondo gli Ermellini, proprio la scelta di anticipare l’uscita, seppur di poco, dimostra una chiara e decisa volontà di contravvenire alle prescrizioni imposte, un elemento che mal si concilia con la ratio dell’istituto della particolare tenuità del fatto.
Di conseguenza, il ricorrente è stato condannato al pagamento delle spese processuali e al versamento di una somma di tremila euro in favore della Cassa delle ammende, una sanzione tipica per i ricorsi giudicati inammissibili.
Le Motivazioni
Le motivazioni della Corte si concentrano sull’elemento soggettivo del reato. I giudici hanno sottolineato che la valutazione sulla tenuità del fatto non può essere meramente quantitativa (ad esempio, basata solo sui minuti di anticipo della violazione), ma deve necessariamente includere un’analisi qualitativa della condotta e dell’intenzione dell’agente. La vicinanza temporale alla scadenza dell’autorizzazione, anziché attenuare la gravità del fatto, è stata interpretata come un indicatore di una volontà criminosa più marcata e consapevole. In altre parole, l’imputato ha scientemente deciso di non attendere il termine consentito, manifestando un dolo intenso che impedisce di qualificare l’offesa come “tenue”.
Le Conclusioni
Questa pronuncia ribadisce un principio importante: la causa di non punibilità per particolare tenuità del fatto non è una scappatoia per ogni violazione di minima entità. La sua applicazione richiede un’analisi complessiva che tenga conto non solo degli aspetti oggettivi (il danno, il pericolo), ma anche di quelli soggettivi (l’intensità del dolo). Un’intenzione criminosa particolarmente decisa e consapevole, come quella ravvisata nel caso di specie, è sufficiente a escludere il beneficio, anche a fronte di un’offesa materialmente contenuta. La decisione serve da monito, chiarendo che la valutazione del giudice deve sempre essere completa e attenta a tutte le sfumature del comportamento umano.
Quando non si applica la non punibilità per particolare tenuità del fatto?
Secondo la Corte, la non punibilità per particolare tenuità del fatto di cui all’art. 131-bis cod. pen. non si applica quando emerge una particolare intensità del dolo da parte dell’agente, anche se il danno o il pericolo appaiono minimi.
Perché il dolo è stato considerato di “particolare intensità” in questo caso?
Il dolo è stato ritenuto intenso perché l’imputato si è allontanato dall’abitazione appena mezz’ora prima della scadenza dell’orario autorizzato. Questa scelta, secondo la Corte, dimostra una consapevole e deliberata volontà di violare la prescrizione, anziché una mera negligenza.
Quali sono le conseguenze della dichiarazione di inammissibilità del ricorso?
La dichiarazione di inammissibilità comporta la conferma della sentenza impugnata e la condanna del ricorrente al pagamento delle spese del procedimento e di una somma di denaro (in questo caso, 3.000 euro) a favore della Cassa delle ammende.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 16305 Anno 2025
Penale Ord. Sez. 7 Num. 16305 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 04/04/2025
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME nato a LENTINI il 23/09/1969
avverso la sentenza del 26/09/2024 della CORTE APPELLO di TORINO
dato avviso alle parti; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
visti gli atti e la sentenza impugnata;
visto il ricorso di COGNOME NOME
OSSERVA
Ritenuto che il primo motivo di ricorso con cui si deduce l’erronea applicazione dell’art. 385
cod. pen. è manifestamente infondato e riproduttivo di censura adeguatamente confutata dalla
Corte di appello che ha accertato il notevole lasso di tempo intercorso tra l’orario copert dall’autorizzazione ad allontanarsi dall’abitazione e quello in cui si sarebbe trattenuto pres
l’abitazione del genitore ove il ricorrente affermava essersi recato e trattenuto senza un real stato di necessità;
ritenuto che analogo limite incontra il secondo motivo con cui si censura la ritenuta recidiva
ampiamente giustificata, non solo attraverso il richiamo ai plurimi precedenti penali da cui emergeva che il ricorrente avesse commesso reati, ininterrottamente, a partire dal 1988, tranne
che durante i periodi di detenzione, ma anche attraverso l’apprezzata spregiudicatezza tale da palesare insensibilità rispetto alle precedenti condanne e l’accresciuta pericolosità;
ritenuto che correttamente motivata risulta, altresì, la mancata applicazione della causa di non punibilità di cui all’art. 131-bis cod. pen. essendo stata apprezzata la particolare intensi del dolo da parte del ricorrente che si allontanava dall’abitazione appena mezzora prima che scadesse l’arco di tempo coperto dall’autorizzazione;
rilevato, pertanto, che il ricorso deve essere dichiarato inammissibile con la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende. Così deciso il 04/04/2025.