Sentenza di Cassazione Penale Sez. 3 Num. 21280 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 3 Num. 21280 Anno 2025
Presidente: NOME COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 06/05/2025
SENTENZA
sul ricorso proposto da: Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Napoli Nord nel procedimento a carico di: NOME COGNOME nato in India il 05/12/1969 avverso la sentenza del 04/10/2024 del Tribunale di Napoli Nord visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME letta la requisitoria del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore NOME COGNOME che ha concluso chiedendo l’annullamento con rinvio del provvedimento impugnato; letta la memoria depositata dal difensore dell’imputato, avv. NOME COGNOME che ha concluso chiedendo dichiararsi inammissibile il ricorso
RITENUTO IN FATTO
Con sentenza emessa in data 4 ottobre 2024 il Giudice monocratico del Tribunale di Napoli nord proscioglieva NOME COGNOME da tredici violazioni della normativa antinfortunistica, accertate il 15 giugno 2021 e contestategli in qualità di legale rappresentante e datore di lavoro di un opificio sito in Casandrino, perché non punibili per la particolare tenuità del fatto.
Avverso l’indicata sentenza ha proposto ricorso per cassazione il Procuratore della Repubblica di Napoli nord deducendo inosservanza ed erronea applicazione di norme di legge.
Si censura la decisione per aver il giudice ritenuto la particolare tenuità del fatto in ordine a tredici reati contestati, tutti conseguenti a riscontrate violazion della vigente normativa anti-infortunistica, a nulla rilevando l’ottemperanza postfactum alle prescrizioni imposte dall’organo di vigilanza, avendo il ricorrente provveduto ai relativi adempimenti.
Si evidenzia che nel caso in esame vengono in rilievo più reati della stessa indole e si richiamano precedenti di questa Corte che hanno escluso la particolare tenuità del fatto in analoghe fattispecie, in cui era stata contestata la reiterazione di plurime violazioni ex d.lgs. n. 81 del 2008, anche nell’ambito di un singolo procedimento (si cita Sez. 3, n. 11992 del 2022). Si afferma che nella specie ricorrono più reati della stessa indole e sussiste il requisito della abitualità della condotta (si cita sul punto Sez. 3, n. 776 del 04/04/2017, dep. 2018, Del, Rv. 271863-01)
Con requisitoria scritta il Procuratore generale ha chiesto l’annullamento dell’impugnata sentenza.
Si rileva che le contravvenzioni in contestazione configurano un reato di pericolo, sicché la valutazione in ordine all’offesa al bene giuridico protetto deve avvenire al momento della condotta, secondo un giudizio prognostico “ex ante”, essendo irrilevante l’assenza in concreto, successivamente riscontrata, di qualsivoglia lesione e che nel caso di specie /ai fini del riconoscimento della causa di non punibilità ex art. 131-bis cod. pen., l’adempimento tardivo alle prescrizioni imposte dall’organo amministrativo, in quanto “post factum” del tutto neutro rispetto al grado di offensività dell’illecito o non rileva (si cita Sez. 3, Sentenza n. 23184 del 23/06/2020, Rv. 280158). Irrilevante è anche l’incensuratezza del prevenuto.
Con memoria scritta il difensore dell’imputato ha eccepito, in via principale, la tardività del ricorso.
4.1 Si evidenzia che il dispositivo risulta essere stato letto in data 4 ottobre 2024, senza riserva dei motivi, e che il ricorso del Procuratore della Repubblica è stato proposto il 13 novembre 2024 e quindi oltre il termine di trenta giorni decorrente dalla lettura del dispositivo.
4.2 Nel merito si richiamano le considerazioni svolte dal Giudice e si chiede di rigettare il proposto ricorso.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è fondato nei termini di cui oltre.
In via preliminare, va disattesa la richiesta, avanzata dall’avv.to NOME COGNOME difensore di fiducia dell’imputato, di dichiarare inammissibile per tardività il ricorso proposto dal Procuratore della Repubblica.
E’ principio pacifico e condivisibile quello secondo cui in tema di computo dei termini processuali, ai fini della tempestività della proposizione dell’impugnazione – nel caso di imputato presente al dibattimento e di sentenza emessa con la sola lettura del dispositivo e riserva del deposito della motivazione nel termine ordinario di quindici giorni che inizia a decorrere dal giorno successivo a quello della lettura del dispositivo – il termine per il deposito del gravame inizia a decorrere, in virtù del principio generale stabilito dall’art.172, n.4, cod. proc. pen., cui non deroga l’art. 544, comma 2, cod. proc. pen., dal primo giorno successivo alla scadenza di quello ordinario previsto per il deposito della sentenza, con la conseguenza che /complessivamente/ si tratta di quarantacinque giorni che iniziano a decorrere dal giorno seguente a quello della decisione (Sez. 4, n. 11499 del 13/02/2003, Di, Rv. 223927-01; conformi successivi anche, tra le tante, Sez. 6, n. 23608 del 27/04/2022, Di, Rv. 283273-01, che conosce qualche voce difforme, espressa tuttavia nella differente fattispecie della riserva dei motivi nel termine indicato dal giudice).
Nel caso di specie viene proprio il rilievo l’ipotesi di lettura del dispositiv all’udienza del 4 ottobre 2024, senza riserva di un termine per il deposito della motivazione della sentenza, che pertanto andava depositata (come poi è stato) in quello ordinario di legge di quindici giorni, ossia entro il 19 ottobre 2024, data da cui decorrono i quarantacinque giorni per il deposito dell’impugnazione, che, nel caso in esame, è stata presentata il 14 novembre 2024, e, dunque, tempestivamente.
Posto, dunque, che il ricorso presentato è tempestivo, esso va accolto per le ragioni di seguito indicate.
Assume il ricorrente, e converge su queste argomentazioni anche la Procura generale in sede, che la causa di non punibilità della particolare tenuità del fatto non poteva essere applicata perché nel caso di specie vengono in rilievo reati della stessa indole e quindi abituali (ben tredici contravvenzioni che violano la normativa antinfortunistica) e si cita come precedente conforme Sez. 3, Sentenza n. 23184 del 23/06/2020, Rv. 280158, in una fattispecie relativa anch’essa a più violazioni della normativa antinfortunistica. A ciò si aggiunge l’irrilevanza dell’adempimento postumo, della incensuratezza e la natura di reati di pericolo delle contravvenzioni ascritte al prevenuto, elementi, questi, che escluderebbero la particolare tenuità dell’offesa (trattandosi di reati di pericolo) o non sarebbero rilevanti per la sua applicazione (l’adempimento postumo e l’incensuratezza) e che comunque integrerebbero l’elemento ostativo della abitualità del comportamento.
2.1 Ritiene il collegio che nel caso di specie non si sia in presenza di elementi, in sé, astrattamente ostativi o irrilevanti ai fini della applicazione della causa d non punibilità.
2.1 In relazione, infatti, alla natura dei reati contestati, che secondo il ricorrente sarebbero sostanzialmente ostativi, venendo in rilievo reati di pericolo, va ricordato che, sin dalle pronunce delle Sez. U, COGNOME e COGNOME è principio ormai consolidato quello secondo cui la causa di non punibilità della particolare tenuità del fatto prevista dall’art. 131-bis cod. pen. è configurabile, in presenza dei presupposti e nel rispetto dei limiti fissati dalla norma, in ogni fattispecie criminosa.
Ciò è stato espresso, proprio da Sez. U, COGNOME, in relazione ad una fattispecie di reato con soglie di punibilità (Sez. U, n. 13681 del 25/02/2016, COGNOME, Rv. 266589-01), ma negli stessi termini si è pronunciato il supremo consesso anche con la sentenza “gemella” COGNOME, adottata nella stessa udienza, ma in relazione ad una differente ipotesi di reato (quella del rifiuto di sottoporsi all’accertamento alcoolimetrico, prevista dall’art. 186 Cod. strada) inquadrabile nei cd. “reati di mera disobbedienza” (Sez. U, n. 13682 del 25/02/2016, COGNOME, Rv. 266595-01).
Guardando, quindi, al requisito della particolare tenuità dell’offesa, se l’istituto previsto dall’art. 131-bis cod. pen., aderendo all’insegnamento delle Sezioni Unite, è applicabile ad ogni fattispecie di reato, la circostanza che nel caso in esame vengano in rilievo reati di pericolo non preclude la possibilità di un suo riconoscimento: a ben vedere, tanto il caso sottoposto al vaglio delle Sez. U, COGNOME, quanto la fattispecie oggetto delle Sez. U, Coccinniglio riguardavano due ipotesi di reato (quello di cui all’art. 186 cod. strada e quello di cui all’art. 189 cod strada) rientranti nella più ampia categoria dei reati di pericolo, fra i quali si colloca anche la tipologia dei reati ascritti all’imputato nel presente procedimento.
Come è noto, si parla di reati di pericolo per indicare quei reati in cui la condotta realizzata dal soggetto agente non produce un danno ma pone in pericolo il bene-interesse protetto dal legislatore. Sono reati, questi, nei quali la soglia di tutela viene anticipata per una scelta operata a monte dal legislatore, normalmente basata su una significativa rilevanza degli interessi protetti. I delitti di attentato, i vari delitti contro la personalità dello Stato, l’incolumità pubblica, salute pubblica, nonchè quasi tutte le contravvenzioni, rientrano nella tipologia dei reati di pericolo, nel cui ambito si collocano anche i reati di “pericolo astratto”, i cui la valutazione sulla pericolosità del fatto di reato è compiuta a monte dal legislatore, per cui il giudice è chiamato a verificare soltanto se sia stata posta in essere la fattispecie tipizzata, senza dover (necessariamente) verificare la sussistenza in concreto del pericolo.
Ebbene, anche nell’ambito di questa categoria di reati deve ritenersi che la valutazione di particolare tenuità non sia ex se preclusa, sia perché l’esiguità del pericolo è espressamente contemplata dall’art. 131-bis c.p.p., sia perché il concetto di pericolo, anche quando esso sia astratto o presunto, non impedisce una concreta valutazione del fatto storico nel suo complesso, che ben può condurre a ritenere sussistente l’offesa al bene giuridico, quand’anche non vi sia stata una sua lesione o una messa in pericolo, e ciò nonostante tale offesa non meritevole di una sanzione.
In conclusione, sul punto, proprio le due sentenze gemelle delle Sezioni Unite esprimono principi sicuramente applicabili ai reati di pericolo – ed in particolare ai reati di pericolo presunto – ma esse offrono elementi ulteriori sia sul fronte dell’indice criterio della non abitualità del comportamento (che nel caso in esame rileva, essendo contestate tredici violazioni alla normativa antifortunistica), sia più in generale sul fronte della valutazione che il giudice è chiamato a compiere ai fini dell’applicabilità della causa di non punibilità in esame
2.2 Quanto appena detto rileva anche sul fronte della non abitualità del comportamento, altro requisito che incide sull’applicazione dell’istituto e che, secondo il ricorrente, verrebbe in rilievo nel caso in esame, in cui sono contestate tredici contravvenzioni, tutte della stessa indole: come noto, infatti, uno dei due indici-criteri in base ai quali può essere riconosciuta la particolare tenuità del fatto è la “non abitualità del comportamento” ed a chiarire quando, in caso di commissione di più reati della stessa indole, non possa essere ritenuta la particolare tenuità del fatto per il quale si procede, è intervenuta ancora una volta la sentenza delle Sezioni Unite del 2016, COGNOME, che, come noto, si è pronunciata sia con riferimento al “numero” di reati della stessa indole, superato il quale non può essere riconosciuta la particolare tenuità del fatto; sia in relazione alla tipologia dei reati, essendosi la Corte chiesta se sia necessario che i reati siano stati già giudicati o se tale presupposto non sia richiesto.
Quanto al primo aspetto la Corte ha affermato che la serialità, idonea ad integrare un comportamento abituale, ostativo al riconoscimento dell’art. 131-bis c.p., «si realizza quando l’autore faccia seguire a due reati della stessa indole un’ulteriore, analoga condotta illecita». In altri termini, secondo la Corte, scatta la preclusione nel momento in cui vi siano a carico dell’autore almeno due reati della stessa indole, diversi da quello oggetto del procedimento nel quale si chiede la particolare tenuità del fatto e dunque, altrimenti detto, almeno tre reati, tutti dell stessa indole, nei quali va compreso quello per cui si procede.
Quanto alla seconda questione, il supremo consesso ha risposto dicendo che i reati idonei ad integrare un comportamento abituale possono non essere stati oggetto di condanne irrevocabili; possono anche essere successivi a quello per il
quale si procede (e ciò in quanto si verte in una disciplina diversa dalla recidiva); possono essere sottoposti alla cognizione dello stesso giudice che procede e ciascuno dei fatti singolarmente considerato può essere a sua volta tenue; possono inoltre essere stati in precedenza ritenuti non punibili per la particolare tenuità del fatto.
2.3 Tanto premesso, non può non considerarsi, nella valutazione sulla applicazione (o no) dell’istituto, che ai fini della configurabilità della causa d esclusione della punibilità per particolare tenuità del fatto, prevista dall’art. 131bis cod. pen., il giudizio sulla tenuità richiede una valutazione complessa e congiunta di tutte le peculiarità della fattispecie concreta, che tenga conto, ai sensi dell’art. 133, primo comma, cod. pen., delle modalità della condotta, del grado di colpevolezza da esse desumibile e dell’entità del danno o del pericolo. (Sez. U, n. 13681 del 25/02/2016, Tushaj, Rv. 266590-01).
Questo approccio è stato affermato anche da Sez. U, n. 18891 del 27/01/2022, Ubaldi, Rv. 283064-01 chiamata a dirimere un rilevante contrasto in seno alla Corte sull’applicabilità dell’istituto al reato continuato. Con tale decisione si è stabilito che la pluralità di reati unificati nel vincolo della continuazione non di per sé ostativa alla configurabilità della causa di esclusione della punibilità per particolare tenuità del fatto, la quale può essere riconosciuta dal giudice all’esito di una valutazione complessiva della fattispecie concreta, che – salve le condizioni ostative tassativamente previste dall’art. 131-bis cod. pen. per escludere la particolare tenuità dell’offesa o per qualificare il comportamento come abituale tenga conto di una serie di indicatori rappresentati, in particolare, dalla natura e dalla gravità degli illeciti in continuazione, dalla tipologia dei beni giuridici protet dall’entità delle disposizioni di legge violate, dalle finalità e dalle modalità esecutiv delle condotte, dalle loro motivazioni e dalle conseguenze che ne sono derivate, dal periodo di tempo e dal contesto in cui le diverse violazioni si collocano, dall’intensità del dolo e dalla rilevanza attribuibile ai comportamenti successivi ai fatti.
Deve dunque affermarsi che il diritto vivente legge la valutazione che il giudice è chiamato a compiere, valorizzando un approccio legato al caso per caso, dove sfumano aprioristiche preclusioni categoriali, in favore di un giudizio condotto sul fatto concreto nel suo complesso.
2.4 Alla luce di queste coordinate, appare del tutto carente la motivazione riportata nella sentenza impugnata in ordine agli elementi in fatto in base ai quali si è ritenuto di applicare l’istituto.
Se infatti, come detto, l’istituto è applicabile a qualunque tipologia di reato, il giudizio sul suo riconoscimento non può prescindere da una valutazione del fatto concreto nel suo complesso, che tenga conto della situazione specifica, delle
6 GLYPH
(C9
condizioni in cui sono state realizzate le condotte, della loro offensività, a maggior ragione quando, come nel caso di specie, vengono contestate tredici contravvenzioni aventi ad oggetto reati di pericolo (la maggior parte dei quali di “mera disobbedienza”, quali l’omessa nomina del medico; l’omessa consegna dei dispositivi di protezione individuale; l’omesso invio a visita medica; l’omesso aggiornamento del documento di valutazione rischi; l’omessa frequentazione di corsi di formazione; l’omessa tenuta di mezzi di estinzione di incendi spontanei etc) commesse tutte in un medesimo luogo (un opificio ubicato all’interno di un appartamento) ed accertate nello stesso momento, rispetto alle quali va verificata la sussistenza o no della identità di indole tale da integrare, in base all’interpretazione datane dalle Sezioni unite, l’elemento ostativo della abitualità del comportamento.
Nel caso di specie, la particolare tenuità del fatto è stata dedotta dalle “concrete modalità realizzative della condotta”, che tuttavia non vengono indicate, e “dal lieve grado di offesa o messa in pericolo di offesa dei beni giuridici tutelati dalle norme incriminatrici”, senza alcuna precisazione dei dati di fatto da cui ritenere tali elementi.
A ciò si aggiunge che anche il riferimento all’adempimento postumo risulta contraddittorio, non comprendendosi se esso (che non è dato sapere quando sia avvenuto ed in cosa sia consistito) sia stato considerato come una condotta susseguente al reato e dunque come elemento valorizzabile dopo la riforma Cartabia, o come un elemento astrattamente non ostativo al riconoscimento della particolare tenuità, come sembra dedursi laddove si assume che non rileva, in senso contrario al riconoscimento del beneficio, «l’omesso versamento delle sanzioni dovute per le violazioni accertate trattandosi di inadempimento di obblighi meramente formali…».
Sotto questo profilo va tenuto presente che la causa di non punibilità per la particolare tenuità del fatto, laddove consente al giudice di tenere conto della condotta del reo successiva alla commissione del reato, per effetto della novellazione dell’art. 131-bis cod. pen. ad opera dell’art. 1, comma 1, lett. c), n. 1), d.lgs. 10 ottobre 2022, n. 150, è applicabile anche ai fatti, come quello in esame, commessi prima del 30 dicembre 2022 (Sez. 1, n. 30515 del 02/05/2023, COGNOME, Rv. 284975-01) e che questa Corte, sia pur in diversa fattispecie criminosa, venendo in rilievo reati tributari, ha espresso un principio estendibile per identità di ratio anche al caso di specie, laddove ha affermato che tra le condotte susseguenti al reato suscettibili di valutazione ai fini dell’applicabilità della causa di non punibilità per la particolare tenuità del fatto ex art. 131-bis cod. pen., come novellato dal d.lgs. 10 ottobre 2022, n. 150, rientra l’integrale o parziale adempimento del debito tributario, anche attraverso un piano rateale
concordato con il fisco o l’adesione a provvedimenti relativi alla “rottamazione”
delle cartelle esattoriali (Sez. 4, n. 14073 del 05/03/2024, COGNOME, Rv. 286175-
01).
Tanto premesso, laddove si intenda valorizzare la condotta susseguente al reato, andrà tuttavia verificato, in concreto, in cosa sia consistito, quali effet
abbia avuto e quali violazioni abbia riguardato l’adempimento postumo di cui vi è
menzione nella sentenza impugnata e andrà comunque considerato che, in ogni caso, tale condotta, pur se costituisce elemento suscettibile di valutazione
nell’ambito del giudizio sulla sussistenza delle condizioni per la concreta applicabilità dell’esimente, rilevando ai fini dell’apprezzamento dell’entità del
danno, ovvero come possibile spia dell’intensità dell’elemento soggettivo (Sez. 3, n. 20279 del 21/03/2023, COGNOME, Rv. 284617-01) non potrà, di per sé sola,
rendere di particolare tenuità un’offesa che tale non era al momento del fatto, potendo essere valorizzata solo nell’ambito del giudizio complessivo sull’entità
dell’offesa recata, da effettuarsi alla stregua dei parametri di cui all’art. 133
comma primo, cod. pen. (Sez. 3, n. 18029 del 04/04/2023, Hu, Rv. 284497-01)
Alla luce di queste considerazioni, venendo in rilievo reati che non sono prescritti, si impone l’annullamento della sentenza impugnata, con rinvio per nuovo giudizio al Tribunale di Napoli nord, in diversa composizione fisica, che dovrà procedere alla verifica in fatto, onde valutare, e darne conto in motivazione, se, esclusa la presenza di cause ostative, sussistano le condizioni per riconoscere, nel caso concreto, la causa di non punibilità per la particolare tenuità del fatto.
P.Q.M.
Annulla la sentenza impugnata con rinvio per nuovo giudizio al Tribunale di Napoli Nord, in diversa persona fisica Così deciso il 06/05/2025.