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Tenuità del fatto: no a 13 violazioni sicurezza

La Corte di Cassazione ha annullato una sentenza di proscioglimento per particolare tenuità del fatto nei confronti di un datore di lavoro accusato di tredici violazioni della normativa antinfortunistica. La Corte ha stabilito che il giudice di merito ha errato nel non valutare adeguatamente se la pluralità di reati della stessa indole costituisse un comportamento abituale, ostativo all’applicazione del beneficio, richiedendo una motivazione più approfondita e concreta.

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Pubblicato il 28 settembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Tenuità del Fatto e Sicurezza sul Lavoro: Quando Troppe Violazioni Escludono il Beneficio

La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 21280 del 2025, è tornata a pronunciarsi su un tema cruciale: l’applicazione della tenuità del fatto in presenza di plurime violazioni della normativa antinfortunistica. La pronuncia chiarisce che, sebbene in linea di principio applicabile, il beneficio non può essere concesso con una motivazione carente, soprattutto quando il numero di illeciti solleva il fondato dubbio di un comportamento abituale. Il caso riguardava un datore di lavoro prosciolto in primo grado dall’accusa di ben tredici violazioni in materia di sicurezza, una decisione ora annullata con rinvio dalla Suprema Corte.

I Fatti di Causa

Il Giudice monocratico del Tribunale di Napoli Nord aveva prosciolto un imprenditore, legale rappresentante di un opificio, da tredici contestazioni relative alla violazione della normativa sulla sicurezza sul lavoro. Le infrazioni, accertate nel corso di un’ispezione, includevano omissioni gravi come la mancata nomina del medico competente, la mancata consegna dei dispositivi di protezione individuale e l’omesso aggiornamento del documento di valutazione dei rischi. Nonostante la pluralità e la natura delle violazioni, il giudice aveva ritenuto applicabile la causa di non punibilità per particolare tenuità del fatto, prevista dall’art. 131-bis del codice penale.

Il Procuratore della Repubblica ha impugnato la sentenza, sostenendo che la serialità delle violazioni configurasse un comportamento abituale, ostativo al riconoscimento del beneficio. Inoltre, ha sottolineato che l’adempimento tardivo alle prescrizioni imposte dall’organo di vigilanza non poteva sanare l’offesa originaria, specialmente trattandosi di reati di pericolo.

La Decisione della Corte di Cassazione

La Corte di Cassazione ha accolto il ricorso del Procuratore, annullando la sentenza impugnata e rinviando il caso a un nuovo giudizio. I giudici di legittimità hanno ritenuto la motivazione della sentenza di primo grado del tutto carente e contraddittoria, incapace di giustificare l’applicazione di un istituto che richiede una valutazione complessa e approfondita di tutte le circostanze del caso concreto.

Le Motivazioni della Sentenza sulla Tenuità del Fatto

La Corte ha basato la sua decisione su diversi punti chiave. In primo luogo, ha ribadito che la causa di non punibilità per tenuità del fatto è applicabile a ogni fattispecie criminosa, inclusi i reati di pericolo come le violazioni antinfortunistiche. Tuttavia, la sua applicazione non è automatica e deve superare il vaglio di due criteri fondamentali: la particolare tenuità dell’offesa e la non abitualità del comportamento.

Nel caso specifico, la motivazione del giudice di merito è stata giudicata insufficiente perché si limitava a menzionare genericamente le “concrete modalità realizzative della condotta” e il “lieve grado di offesa”, senza fornire alcun elemento di fatto a supporto di tali affermazioni. Di fronte a tredici contravvenzioni, commesse in un unico contesto e accertate nello stesso momento, era indispensabile una valutazione rigorosa per escludere l’abitualità.

La Cassazione ha ricordato che, secondo l’insegnamento delle Sezioni Unite, il comportamento è da considerarsi abituale quando l’autore commette più reati della stessa indole. La presenza di tredici illeciti, tutti volti a violare la normativa a tutela della sicurezza dei lavoratori, avrebbe dovuto indurre il giudice a una disamina puntuale per verificare se tale serialità integrasse l’elemento ostativo. Inoltre, il riferimento all’adempimento postumo è stato ritenuto contraddittorio, poiché il giudice non ha chiarito se lo avesse considerato come una condotta riparatoria (rilevante ai sensi della Riforma Cartabia) o come un elemento di per sé non ostativo.

Le Conclusioni

La sentenza riafferma un principio fondamentale: la valutazione sulla tenuità del fatto deve essere condotta “caso per caso”, sfuggendo a preclusioni aprioristiche ma richiedendo una motivazione solida e ancorata ai fatti. Un giudice non può concedere il beneficio basandosi su formule generiche, specialmente in un settore delicato come la sicurezza sul lavoro. La decisione di annullamento con rinvio impone al nuovo giudice di procedere a una verifica dettagliata, valutando se, nel caso concreto, la pluralità delle violazioni configuri un comportamento abituale e se l’offesa complessiva possa essere realmente definita di particolare tenuità. Questa pronuncia serve da monito sulla necessità di un’analisi rigorosa prima di escludere la punibilità per condotte che mettono a rischio la salute e la sicurezza dei lavoratori.

La particolare tenuità del fatto può essere applicata se un datore di lavoro commette più violazioni sulla sicurezza sul lavoro?
Sì, in teoria è possibile, ma la decisione richiede una valutazione molto attenta da parte del giudice. Se le violazioni sono numerose e della stessa indole (cioè violano norme simili), il giudice deve verificare scrupolosamente che non configurino un “comportamento abituale”, che è una causa ostativa all’applicazione del beneficio. Una motivazione generica non è sufficiente.

Perché il successivo adempimento alle prescrizioni di sicurezza non è stato decisivo per confermare la tenuità del fatto?
Perché l’adempimento tardivo (post factum) non cancella l’illecito già commesso. Sebbene la condotta successiva al reato possa essere valutata dal giudice, specialmente dopo la Riforma Cartabia, essa è solo uno degli elementi da considerare. Non può da sola giustificare la non punibilità se l’offesa iniziale era grave o se la condotta era abituale. La sentenza ha criticato il giudice di primo grado proprio per la motivazione contraddittoria su questo punto.

Cosa significa che la motivazione del giudice era “carente”?
Significa che il giudice di primo grado ha prosciolto l’imputato senza spiegare in modo concreto e dettagliato perché riteneva il fatto di lieve entità. Si è limitato a usare frasi generiche come “concrete modalità realizzative” senza specificare quali fossero tali modalità e perché rendessero tredici violazioni un fatto trascurabile. La Corte di Cassazione richiede una motivazione basata su elementi specifici del caso.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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